Ruralpini  resistenza rurale
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Contadini  in età avanzata
L'esperienza giapponese 
 

Di recente Ruralpini ha riportato le testimonianze di giovani e giovanissimi che credono nella montagna, nell'agricoltura di montagna. Sarebbe sbagliato, però, trascurare i contadini in età avanzata che con la loro resistenza in attività rappresentano l'unica possibilità di trasmettere ai giovani le conoscenze tradizionali. Dal Giappone, un paese dove la saggezza tradizionale è rispettata, arriva un insegnamento importante: la tecnologia più avanzata può essere alleta della produzione contadina su piccola scala, in montagna. Può aiutare gli anziani a scolgere ancora un ruolo attivo. Affiancando la manualità tradizionale alla tecnolgia più sofisticata. Così, come abbiamo raccolto le voci dei giovani consegnamo ai nostri lettori anche il contributo di una coltivatrice avanti negli anni che, invece di riflessioni sulla propria esperienza personale ha preferito guardare lontano, al Giappone appunto, per trovare idee per un'agricoltura contadina che valorizzi il ruolo degli anziani.    

di Dina Picco


(15.10.20) Invecchiando e trovando molto difficile lavorare la mia proprietà, ho deciso di guardare come altre culture affrontano problemi simili e a quelli che vedo intorno a me, come l’invecchiamento della popolazione agraria, lo spopolamento delle terre alte, mentre da parte di una buona fetta della popolazione cittadina, continua la domanda di prodotti freschi, coltivati biologicamente, stagionali e dal gusto diverso da quanto offerto dalla grande distribuzione (e preferibilmente disponibili tutto l’anno!).

Mi ha incuriosita specialmente il Giappone perché vi ho trovato aspetti simili ai nostri riguardo la sua geologia e la cultura montana che ne deriva. Sono solo una persona curiosa e desidero condividere quanto ho scoperto e spero di poter ispirare o dare qualche idea a persone più capaci di me.

Guardando un sito che descrive la vita e coltivazione nella regione Nishi Awa, si può vedere la similarità della loro vita con la nostra della montagna.

Sopra: raccolta del grano saraceno, a fianco: i contadini (fonte)   

Anche loro, nei secoli, hanno avuto gli stessi scopi dei nostri antenati: produrre cibo per sé stessi e le loro famiglie, controllando le foreste intorno, mantenere la fertilità della terra ed impedirne il dilavamento. Ci sono riusciti sviluppando tecniche particolari, come l’uso di erbe che possono frenare l’acqua, paccimando il terreno senza dover creare terrazzamenti, coltivando e selezionando piante adatte al terreno, clima, piovosità del luogo e sviluppando semplici attrezzi a mano. 

Ancora oggi, mantenendo queste tecniche particolari, la ricchezza della varietà di flora e fauna è da esempio ed ha portato lo Stato giapponese a dichiarare questa zona come il primo Importante Sistema Agrario Patrimonio Giapponese (First Japanese Important Agricultural Heritage System) Preso da:  (fonte)     e poi riconosciuto dalla FAO come “Sistema Agrario Patrimonio d’ Importanza Globale” .

(immagine presa da: fonte)

Gli attrezzi, adatti al ripido terreno, erano spesso creati nei villaggi dai fabbri per soddisfare le necessità dettate dal terreno di coltura esempi presi dal sito e potevano, in caso di necessità diventare armi di difesa o di offesa.

Questa immagine (fonte) illustra la mia idea di somiglianza con la nostra realtà: il terreno, l’eta’ del contadino e gli strumenti usati: un agricoltore di 76 anni che porta parte del suo raccolto di grano saraceno che e’ stato coltivato sulle ripide colline intorno al villaggio di Sakurai ( citta’ di Tsurugi). Nonostante la ripidita’ del terreno, gli agricoltori vi fanno crescere piu’ di 140 prodotti (non elencati), mescolandoli all’ erba della pampa giapponese che trattiene l’acqua ed impedisce il dilavamento della montagna.
La semplicità degli attrezzi e la semplicità della vita di queste popolazioni sono ben esemplificate dalla vita e dal lavoro di Masanobu Fukuoka che ha lasciato in eredità al mondo la sua filosofia dell’agricoltura naturale.
E’ di grande orgoglio per queste persone poter dire che continuano una tradizione passata attraverso le generazioni per 400 anni e che ha prodotto una cucina locale, che unisce prodotti coltivati e selvatici raccolti dalle foreste intorno ai villaggi  ed una cultura folkloristica tipica, legata alle stagioni ed alle credenze religiose che portano ad un grande rispetto verso gli anziani, considerati depositari di saggezza e conoscenza (fonte).

Anche in Giappone c’è stato uno spezzettamento della proprietà, l’abbandono per ragioni di lavoro ed il trasferimento dei giovani verso la città, e quindi l’invecchiamento della forza lavoro. Tra il 1985 ed il 2018 la popolazione agraria è diminuita del 60%. Nel 2018, più di 2/3 della popolazione dei lavoratori agrari aveva 65 anni o più (fonte1fonte2). 

Nel tempo le compagnie più grandi hanno cominciato ad acquisire la terra abbandonata per poter applicare tecnologie industriali e lavorare in questo modo aree maggiori.

Come affrontare e cercare di risolvere il problema?
Le popolazioni montane sono riuscite a mantenersi producendo in piccole quantità un’ampia varietà di frutta e verdure, diversificando l’agricoltura e la raccolta di piante selvatiche, condivise tra gli abitanti del villaggio e vendute lungo la strada. Hanno anche cercato fonti alternative di guadagno dal turismo, offrendo una unica esperienza diretta della loro vita e lavoro al pubblico (fonte). 

Lo stato giapponese nella figura del ministro Masahiko Yamada nel 2010-11 ha promosso un reddito di base per le famiglie degli agricoltori e favorito un ritorno alla forma tradizionale di agricoltura, con piccole realtà molto diversificate nella produzione e volta a garantire l’auto sufficienza delle stesse (fonte).

Il governo seguente non approvava questo ed ha tolto il reddito garantito ed ha, inoltre, eliminato una legge locale che proteggeva la produzione indigena di semi locali, per uniformarsi alle organizzazioni transnazionali di produzioni agrarie. C’è stata l’obbligatorietà di condividere gratuitamente il sapere delle istituzioni pubbliche che sperimentavano e controllavano la qualità della produzione di sementi al settore privato, ne sono particolarmente interessate

le grosse compagnie che poi producono sementi ibride, spesso sterili. Questo problema colpisce in modo particolare le comunità collinari e montane che sono spesso depositarie di un’ampia ricchezza genetica di piante.

Lo Stato, dato l’amore giapponese per la tecnologia, ha spinto a cercare come risolvere i problemi di cui sopra attraverso le nuove tecnologie di IT( Information Technology) sperando in questo modo di poter incoraggiare i giovani verso l’agricoltura (fonte).

Come in tanti Paesi, anche in Giappone, spesso l’incontro dei nuovi arrivati, però, non è ben visto dalle famiglie di piccoli villaggi che vogliono continuare a fare quello che hanno sempre fatto e come lo hanno sempre fatto. Però sono tutti d’accordo nell’affermare che i cambiamenti climatici sono una delle maggiori minacce alla produzione agraria stabile in Giappone. E qui le nuove tecnologie possono essere utili: droni con macchine fotografiche possono controllare i campi dispersi sul territorio e la qualità del raccolto, dati dai satelliti possono informare i cambiamenti climatici e del tempo, oltre ai robot che possono raccogliere frutta come fragole o pomodori, trattori che si guidano da sé, forniti di sensori che analizzano lo stato del terreno ecc.
Lo Stato e gli studiosi giapponesi hanno una visione dell’ agricoltura che può sembrarci aliena, con un ampio uso della robotica e di nuove tecnologie, si veda, ad esempio la coltura di frutta e verdura con il sistema idroponico (fonte) oppure creando delle fattorie all’interno di grattacieli:

Allo stesso tempo c’è un aumento nell’interesse verso l’agricoltura da parte degli abitanti delle città che richiedono frutta e verdura fresca, di qualità e prodotta senza l’aiuto di un eccesso di fertilizzanti ecc.  Questo ha portato allo sviluppo di fattorie nelle città i cui prodotti sono venduti localmente e la cui produzione è anche migliore di quella delle fattorie tradizionali (fonte).

In tempi recentissimi il sistema industrializzato ha mostrato tutta la sua debolezza, quando molte persone hanno perso il loro lavoro a causa della pandemia Covid; lo stesso è successo in Giappone, ma l’agricoltura ha offerto loro la possibilità di sopravvivere, continuare a guadagnare e la speranza di poter riprendere una vita nuova in un ambiente sano scoprendo cose che erano state trascurate.

Le piccole realtà offrono verdure e frutta specifiche alle loro aree, quindi i giovani possono continuare il lavoro già fatto dalle molte generazioni precedenti, puntando sulla qualità e sull’elemento biologico; inoltre, posso usare in modo valido la nuova tecnologia, anche se la natura necessita ancora del tocco e del lavoro umano: bisogna riparare i terrazzamenti, raccogliere la frutta e la verdura, potare le piante ecc.
Un vantaggio di queste piccole realtà è che sono spesso molto resilienti ed in caso di un disastro ambientale possono reagire più prontamente di una grossa organizzazione.
I giovani puntano all’esportazione dei loro prodotti, proteggendoli con chiara etichettatura riguardo l’origine e gli ingredienti usati, similmente ai programmi tipo “DOC” del nostro vino e sono interessati a formarsi in cooperative per ridurre i costi di trasporto, ad esempio.

Per le persone anziane gli attrezzi sono stati alleggeriti, usando nuove leghe, semplificando le macchine che possono aiutare con il lavo
ro nei campi ed il trasporto dei prodotti. Mi ha affascinata l’amore dei giapponesi per la tecnologia e di come la soluzione ad un problema possa essere trovata adattando macchine disegnate per altri contesti, come si può vedere ad esempio, dal lavoro del Prof. Shigeki Toyama. Questi ha creato un esoscheletro/tuta (vai a vedere) che alleggerisce la fatica del sollevare pesi, aiuta una persona anziana a rimanere accovacciato, a lavorare le pergole di viti, tenendo sollevate le braccia, usa occhiali che posso informarlo sullo stato di maturazione dell’uva, ad esempio vedi qui.


Qual è la mia conclusione? Non ho soluzioni di fronte a problemi quali lo spezzettamento della proprietà, l’invecchiamento dei lavoratori agrari, l’abbandono della terra da parte dei giovani, i cambiamenti climatici, le decisioni politiche prese su basi emotive o sotto la spinta di grosse multinazionali, ma penso che possiamo forse prendere ispirazione da altre culture che possono avere problemi simili per usare le nostre risorse di creatività, studio, adattamento, le ricchezze naturali e quelle lasciateci dai nostri antenati sotto forma di varietà genetica delle piante e degli animali per poter affrontare a modo nostro le sfide di fronte a noi ed ai nostri figli.
 
 





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