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(30.05.16) La pagina facebook di Ruralpini taglia il traguardo dei 10 mila fan. Un'occasione per fare il punto sull'attività del sito e delle risorse web collegate

 

 

 

La pagina facebook "ruralpina"

 

supera i 10 mila fan

 

 

 

La pagina facebook di Ruralpini si è rivelata uno strumento efficace, capace di integrare le funzioni delle pagine web. Lo dimostra non solo il crescente numero di frequantatori e di "fan" ma anche la quantità e qualità del materiale postato e dei commenti.

I social, Facebook in particolare, al di là dei deprecati abusi del loro utilizzo, hanno svolto e stanno svolgendo una funzione sociale e culturale importante. Categorie disperse come quella degli allevatori di montagna sono in grado di "fare comunità" da una valle all'altra ma più ancora interessante è la capacità dei social di mettere in rapporto le persone trasversalmente ai ruoli precostituiti saltando barriere socio-culturali oltre che geografiche sulla base di una riaggregazione in "comunità" di interessi.

Non importa se questi interessi siano frivoli o persino funzionali al sistema (come le "tribù" di fan di un prodotto industriale) o siano di tutt'altro spessore. 

Ruralpini nasce, come le esperienze nate sul suo solco (Amamon, associazione amici degli alpeggi e della montagna, Festival del pastoralismo di Bergamo) sulla base dell'esigenza di raccordare direttamente un mondo rurale capace di resistenza ma anche di nuova vitalità con quello di chi abita in città.

Un raccordo vitale per entrambi. La ruralità (vecchia e nuova) grazie alla sua insospettata capacità di ritrovare nelle radici motivi e strumenti di resistenza e di fare innovazione dal basso assume - nel suo raccordarsi ai temi politicamente cruciali e centrali del cibo e dell' "ambiente" - un ruolo nuovo che ne ribalta la marginalità cui era stata confinata.

In raccordo con un mondo cittadino che rifiuta di continuare ad essere consumatore passivo e che intende in qualche modo partecipare attivamente alla produzione di cibo (e a una cura dell'ambiente diversa da quella del "protezionismo ambientale") la realtà rurale si pone come il soggetto più credibile di un modello alternativo a quello del neoliberismo e della globalizzazione.

 

Relazioni "eversive"

 

Piccole e piccolissime aziende, autoproduttori in rete, località che si mobilitano intorno alla tutela di risorse agricole e alimentari marcatori di identità e collanti di nuove relazioni sociali, economiche, simboliche rappresentano ambiti in grado di sottrarsi alla dittatura del mercato globale e della regolazione burocratica  che condanna alla disoccupazione, alla desertificazioni di territori un tempo capaci di produrre cibo di qualità.

Gli strumenti della rete consentono di operare entro sfere private, di relazione diretta sfuggendo in una certa misura ad una fiscalità oppressiva e a una regolazione burocratica paralizzante. Consentono alle persone di operare tra loro anche al di là dei ruoli predefiniti. Lavoro, divertimento, turismo, cultura, attività ricreativa sono tante caselle convenzionali ma tiranniche in cui il mercato ci ha intrappolati. Facendoci dimenticare che quello che conta è vivere in modo gratificante cosa che solo relazioni gratificanti (al di là del consumo) possono assicurare.

Da un intreccio di relazioni molecolari che crescono fuori dalla sfera di controllo delle istituzioni e del mercato globale possono emergere nuove "istituzioni" allo stato nascente, ovvero aggregazioni sociali che si preoccupano del bene comune (mentre le istituzioni ufficiali si occupano del bene privato delle lobby).

A dare forza a questo movimento "neorurale" vi è il "miracolo" della soprendente vitalità di permanenze culturali e produttive che sono ancora oggi in grado di passare preziosissimi testimoni. Per i neorurali alla ricerca di metodi "olistici", "naturali" per coltivare, allevare, abitare i luoghi (la casa ma anche quella "casa" estesa che riguarda la sfera del territorio umanizzato) le conoscenze tradizionali, i saperi agricoli, animali, vegetali degli antici contadini sono preziose e insostituibili. Non ci sono manuali scientifici e saperi esperti che le trasmettono. Ovviamente alla conoscenza si accompagnano in modo inscindibile i valori, le visioni e anche questa dimensione è altrettanto preziosa e, se entra in combinazione alchemica con le nuove consapevolezze, i nuovi bisogni, le nuove attese diventa una miscela vitale ed eversiva (per il regime agricolo e non solo agricolo dominante).

 

Non solo polemiche (anche se un po' sono necessarie)

 

Ruralpini dal 2013 ha lanciato il servizio gratuito di bacheca "cerco/offro lavoro" per sostenere le attività di alpeggio e più in generale di allevamento in montagna che devono confrontarsi con la scarsità di manodopera. Anche in un contesto di elevata disoccupazione generale e, soprattutto, giovanile la disponibilità a svolgere certe mansioni e la capacità a farlo non sono affatto scontate. Spesso, però, assistiamo all'involuzione delle pratiche agricole (in montagna la meccanizzazione e la chimicizzazione hanno limiti oggettivi, per fortuna) perché domanda e l'offerta non si incontrano. Sono centinaia i giovani (e i meno giovani) italiani e non che si sono rivolti al servizio "Lavoro in alpeggio" . Decine e decine le aziende. Queste ultime attraverso la pagina "offro" (quasi 100 mila richieste) nel giro di pochi giorni trovano, di solito, il collaboratore di cui sono alla ricerca. In cambio devono avere la pazienza di ricevere e vagliare decine di telefonate di aspiranti. Un po' faticoso ma i feed back ricevuti sono positivi. I datori di lavoro sono soddisfatti. Chi "cerca" più difficilmente riesce a trovare anche se ultimamante diversi ci stanno segnalando che "hanno trovato la malga".  Il servizio è integrato dalla pagina facebook "ruralpini" e da quella "ragazzi in alpeggio". La maggiore interattività di fb (con gli strumenti della messaggistica) rappresente, almeno nel nostro caso, un ottimo complemento alle pagine web che hanno molto traffico convogliato dai motori di ricerca.

Attraverso la pagina fb "ruralpini" avvengono molti scambi di idee e di informazioni. Molto simpaticamente c'è chi posta foto dei propri animali, delle proprie baite, di sé stesso con il gerlo di fieno, dei parenti e genitori che "facevano la vita ruralpina". È un intreccio di memorie di progetti, di idee che è ancora ad uno stato fluido ma che potrà certo trovare delle forme di espressione, per costruire progetti dal basso. Da Ruralpini sono nate già diverse esperienze come Amamont (l'associazione transfrontaliera amici degli alpeggi e della montagna) e il Festival del pastoralismo di Bergamo, senza contare l'impulso alle feste dell'alpeggio e di altre iniziative, ma forse più importante di tutte, la creazione della rete dei Territori del cibo.

 

Un momento del Festival del pastoralismo: autoproduzione del corno musicale da pastore

 

Partecipare non assistere, fare rete e non gossip

 

Oggi comunichiamo troppo e non ci si parla più. Un'affermazione questa che ha un fondamento di verità ma che riflette un po' la posizione di chi aveva già accesso a canali privilegiati. In ogni caso i social consentono di coltivare relazioni forse un po' frettolose ma con tante persone che distanti. Oggi ci sono pastori che con lo smart phone sono in contatto tra loro e con molte persone e questo potrebbe anche aiutare a superare quella condizione di inferiorità politica che dipende anche dalla difficoltà di raccordo, dalla dispersione. Perché quando al ministro Martina i rappresentanti ufficiali degli agricoltori parlano di lupo, di aziende in ginocchio, di necessità di riequilibrare un po' il regime di super protezione del carnivoro, egli fa spallucce? Perché il piano lupo lo scrivono gli animal-ambientalisti e i pastori lo subiscono? Perché sono antropologicamente inferiori agli illuminati "verdi" (come essi da bravi giacobini amano pensare)?  No di certo.  I pastori hanno scarsa visibilità sociale e politica per molte ragioni sociologiche ma anche perché sono  dispersi e non in grado di esprimere posizioni sull'arena pubblica, di avere voce. Con i social questa ingiustizia sociale verrà forse in parte colmata.  Ma oltre a parlarsi tra loro i pastori hanno l'esigenza di parlare con i cittadini, senza filtri.

C'è un ampio settore di "cittadini" (ma oggi la cultura urbana è arrivata anche nei paesi di montagna dove si fa la spesa al supermercato) che è sensibile ai temi della neoruralità cogliendo in essi una via per affrontare i problemi centrali della nostra epoca del cibo e di un ecosistema sempre più compromesso in modo ben più veritiero e serio di quanto proposto dal regime dominante : più tecnologia, più mercato, più capitalismo green. Ci sono cittadini che stanno accorgendosi che la "rinaturalizzazione" (a spese dei contadini e delle comunità rurali del mondo) è un comodo alibi e grimalello per un capitalismo neoliberista che nel mentre è sempre più spietato indossa - grazie alla vendita simoniaca delle ecoindulgenze da parte dei verdi - la maschera green.

Queste persone sono incuriosite dalla cultura rurale vecchia e nuova e da quanto si agita in un mondo contadino che contro ogni previsione non accetta di sparire. Non chiedono solo fruizione culturale e turistica o enogastronomica (anche perché stufi di proposte che si traducono solo in ulteriori forme di mercificazione). Chiedono di partecipare, di interagire, di relazionarsi direttamente a queste realtà. Lo spirito del Festival è un po' questo. le conferenze, i convegni verranno gradualmente "superati" a favore di attività interattive come i laboratori che consentono alle persone di imparar facendo, di utilizzare le mani, di discutere e fare amicizia.  Ruralpini (con il Festival, Amamont e altre associazioni ed enti) vuole fare di più. Gli eventi in città, per quanto partecipati e stimolanti (anche quest'anno e più degli anni scorsi il festival propone la presenza degli animali in città, il contatto con i piccoli produttori) sono propedeutici ad esperienze in montagna, a contatto con la realtà rurale. Oltre ai ragazzi che vogliono passare l'estate in alpeggio si può fare esperienza di altre iniziative.  Così si sta sperimentando la proposta di attività di "non turismo", eventi n cui alpigiani, abitanti e attori locali insieme ai partecipanti interagiscono. La prima proposta è il "Cammino dei bergamini" una 2 o 3 giorni escursionistico culturale tra Valsassina e Valle Imagna .

 

Se avete idee o proposte e commenti andate sulla pagina fb ruralpini

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