º> Fiave' annega nei debiti

[Fiavè]

 


48 milioni di debiti per il Caseificio di Fiavè

Nonostante poli bianchi, fusioni ed economie di scala i costi di gestione sono insostenibili (20 agosto).

 

Passa a stento il bilancio della coop, ma le valutazioni dei revisori sono impietose e i sindacati temono fortemente per i posti di lavoro.  Psicodramma in vista dell'imminente appuntamento elettorale per il rinnovo del consiglio della ricca PAT (provincia autonona di Trento)?

E' probabile che ci siano manovre per mungere ancora la tetta di mamma provincia cui il sistema cooperativo ha "storicamente" generosamente attinto. 

Il Presidente Dellai si propone per la terza volta alla guida, forte di un "partito del presidente" (Unione per il Trentino = Margherita non confluita nel PD), con la prospettiva di un ulteriore consolidamento di un sistema che non ha mai visto alternanza e che si basa su un consenso molto "strutturato" e basato sulla gestione dei flussi di denaro pubblico.

Macon la situazione economico-finanziaria del maxi caseificiola PAT può permettersi di tamponare le falle senza rischiare i contraccolpi di un fallimento solo dilazionato e le conseguenti accuse di sperpero del denaro pubblico? Difficile. Ed ecco che si affaccia la soluzione della svendita alla potentissima centrale sudtirolese MILA con il declassamento del Caseificio di Fiavè da perno ed asse portante del tanto decantato POLO BIANCO trentino a centro di raccolta della materia prima. Sono le conseguenze perverse di una filiera sempre più slegata dal territorio e costretta (ma era negli assunti della industrializzazione zoocasearia) a misurarsi ad armi impari con il mercato globale. Mangimi e foraggi che arrivano da centinaia di km di distanza, formaggi che viaggiano nelle reti della GDO nazionale.

Utilizzando silomais a go go la zootecnia della zona di Fiavè e Lomaso non può nemmeno entrare nella filiera del Grana Padano Trentino (trentingrana) che gli insilati li esclude (almeno quello!).

La strada da seguire sarebbe quella della differenziazione produttiva e del biologico puntando a produzioni caratterizzate per il loro legame con la montagna (cereali minori, ortaggi, frutta). A Fiavè erano famosi I fagioli e le favorevoli condizioni agronomiche potrebbero consentire al piccolo altopiano protetto dalle montagne da ogni lato di presentarsi come un distretto di agricoltura di qualità e bio. I mercati del vicinissimo bacino turistico del Garda, di Comano, Ponte Arche potrebbero assorbire senza difficoltà produzioni differenziate e con elevato valore aggiunto grazie alla trasformazione artigianale locale (gli immobili del caseificio a qualcosa potrebbero tornare a servire!). Ci sarebbe in più un indotto e un flusso turistico attratto dall'immagine di un "altopiano biologico" e dalla possibilità di incanalare parte della produzione nei "centri benessere" della zona che rispondeono all'esigenza di un segmento in espansione del mercato turistico. In zona si aprirebbero possibilità di occupazione qualificata non solo nel settore della produzione agricola e alimentare ma anche dell'ospitalità turistica e dei servizi. In zona c'è la torbiera con il sito palafitticiolo più importante delle Alpi meridionali (oggi a pochi passi si distribuiscono pesticidi come documentato a fianco), castelli, pievi, bellissime case rurali che contrastano con la squallida architettura zootecnica, la plastica, i copertoni usati, le selve di silos di mangime del paesaggio "agricolturale" (non "rurale" per favore) del Lomaso-Fiavè. Vi sono bellissimi itinerari ciclabili e Rango "uno dei borghi più belli d'Italia".

Va poi detto che le grandi aziende zootecniche si misurano con problemi ambientali che, biogas o non biogas ,non hanno via di uscita. La centrale a biogas peraltro ha agito da catalizzatore dell'opposizione al modello "duro" di economia zoocasearia a senso unico e ha resa ancora più evidente la sua crisi.

Anche la sostenibilità sociale della zootecnia intensiva viene meno. Molto spesso, nonostante il fatturato, il ricambio generazionale non è assicurato. Le fabbriche del latte sono tristi con animali tristi (sul benessere ci sarebbe parecchio da dire). Perchè I giovani (ragazzi e ragazze) dovrebbero avere voglia di subentrare ai genitori che hanno accettato (e qualcuno promosso) scelte sbagliate?. Non da ultimo si  creata una contrapposizione che vede i grossi agricoltori fare quadrato intorno alle loro "istituzioni" ma che li isola nel contesto di una comunità che si sta rendendo conto che la strada per valorizzare il territorio passa dal ridimensionamento e dalla ristrutturazione di una zootecnia industrializzata insostenibile. Sia ben chiaro che nessuno tra coloro che propongono una svolta è contro la zootecnia, ma si vuole una zootecnia diversa a vantaggio di tutti: prosuttori, abitanti, animali, consumatori, ambiente.

Questo lo sfondo su cui si staglia la crisi del Caseificio di Fiavè, la cui presenza ha spinto al massimo l'ampliamento delle stalle e che ora rischia di trascinare queste ultime nella sua crisi industriale.

La posizione dei politici che si ripropongono alla guida della PAT sulla questione Fiavè (crisi del caseificio e progetto maxi centrale a biogas) rappresenta un banco di prova in vista delle imminenti consultazioni elettorali. Chissà che non ci sia un ripensamento e un po' di coraggio anche da parte della classe politica e delle lobby che le ruotano intorno?

Impietosa la valutazione dei revisori

«presenta una situazione di squilibrio finanziario ed economico, debolezze strutturali, carenze nell'organizzazione e nei controlli interni, che ne condizionano significativamente l'efficienza operativa e la redditività»

 

 

 

 

approfondimenti

 

 

 

 

 

 


 

La realtà di Fiavè denunciata dal CIGE

Una delle tante grandi stalle

Tricea di silomais con pneumatici usati e botte per lo spargimento dei liquami

Irrorazione di pesticidi a poche decine di metri dalla torbiera delle palafitte

Zootecnia intensiva e .... un castello