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Latte del Guatemala



Laura Zanetti, di solito corrispondente dal Trentino, si trovava in Guatemala come infermiera volontaria. Prima di rientrare in Italia, a combattere il virus nella trincea dell'ospedale Papa Giovanni di Bergamo, ci ha mandato questo articolo. Anche in Guatemala, l'interesse per i contadini, per la lavorazione artigianale del latte l'ha portata a visitare delle realtà locali. Qui le note delle sue visite





di Laura Zanetti



(15.03.20) Sono al secondo viaggio in Guatemala.  Quello di quest’anno mi ha permesso di visitare una piccola aldea di montagna e successivamente una finca nella zona bassa del Petén, mettendo così a confronto la zootecnia in uno stato del Centro America. Eccoci quindi a Lliano de la Virgen a 1500 di altitudine, che non li senti per via di un caldo quasi tropicale. Sulla strada sterrata, che porta all’aldea di San Raymundo, mi attira una corte con sul fondo tre  vacche e due vitelli. 

Incontro Erminio Boc, indigeno, all’inizio molto riservato, ma che quando gli racconto che sulla montagna italiana la zootecnia non è poi così diversa da quella guatemalteca, se non addirittura più complicata, mi accoglie con simpatia e si racconta: sono figlio di ganadores [allevatori] che mi hanno trasmesso la loro passione per gli animali. Ora di vacche  ne ho solo tre".

Gli chiedo perché non la razza “sencano” ( la vacca con la gobba) arrivata dal Brasile. Mi risponde che preferisce la “hoster” [holstein?], ma soprattutto la Jersey perché da più latte.





Chiedo ad Erminio se le sue vacche portino un nome. Le cerca con gli occhi appoggiandoli su quella dal manto bruno, simile alla nostra rendena. Risponde: solo lei chiamo Mariposa. È una Jersey davvero buona da latte. E ancora: Vivo giù con la famiglia vicino all’ospedale americano, ma alle 6 del mattino sono già qui. Tengo que ordeñar. Devo mungere. Le mungo una sola volta al giorno. Dagli 8 litri a 11 litri per animale, mai di più. Con una parte del latte, per tre mesi, allevo i due vitelli. Che sono praticamente attaccati alle mammelle della madre. 

Chiedo: qui non si usa l’anello al naso per evitare la suzione No no, qui nessun anello, ma li allontano se esagerano.




Quindi Erminio, l’anno venturo qui ci saranno 5 vacche? No - risponde - i vitelli, li vendo quando hanno un anno di età per 3000 teczales. Il prezzo di una vacca poi dipende dalla razza. Solitamente il prezzo si aggira sui 5000 teczales. Per quanto riguarda il latte, dopo lo svezzamento dei vitelli, lo porto a casa. Mia moglie fa formaggio e requeson (ricotta), che in parte vende, in parte è per uso familiare.



Le sue vacche, Erminio, quanto vivono ? Fanno 7 vitelli,  fai un po’ i conti”, però possono andare avanti ancora qualche anno. Poi mi accompagna a vedere lo spazio scosceso, oltre la corte, con platani qua e là e la terra pronta per la semina del maíz, dove le vacche vanno a pascolare. Che si cibano anche degli scarti della pianta del granturco e di qualche pugno al giorno di integrazione.  Attendiamo l’arrivo delle piogge tra aprile e maggio. E con loro,  l’erba verde.

Mi indica poi i suoi attrezzi di lavoro: il machete, due tipi di zappe e il rastrello. Non ho il trattore. Sono un piccolo contadino. Curo la mia terra solo a mano.





È il momento del beveraggio. Erminio preleva da un bidone colmo d’acqua del suo pozzo, un secchio  per animale. Poi controlla l’ora e mi avverte che deve andare alla chiesa evangelica per la riunione  serale. 

Ultima domanda don Erminio: si può vivere con tre vacche e due vitelli? È soddisfatto del suo lavoro?

Si, si può vivere. Mia moglie poi cuoce e vende tortillas ogni giorno. 

Quando c’è la passione per gli animali si è felici. Ma anche quando la famiglia ha una sua disciplina.


Il 14 febbraio mi porta nel Petén, uno dei 22 dipartimenti del Guatemala, famoso per i siti Maya. Si parte da Flores, la capitale. Ho la fortuna di avere come guida Estuardo López Ortiz, di professione taxista, che conosce il suo territorio come nessuno. Ci dirigiamo verso La Savana e La Libertad per raggiungere un piccolo caseificio artigianale. Un’ora e mezza di strada tutta in pianura. Estuardo mi indica gli alberi fioriti di Madrecacao. Sembrano peschi. Sono commestibili, ma con giudizio. Se ne consumi in eccesso ti fanno addormentare.

Più avanti pascolano le pecore Borrego, una razza da carne.Estuardo mi fa l’elenco dei prodotti agricoli di cui è ricco il Petén: maíz, fagioli, papaia, meloni, agrumi, angurie, zucche. Ma in questa zona fertile a farla da padrone è la zootecnia. Estuardo precisa che nella zona ci sono tante piccole stalle e grandi fincas con anche 1500 capi di bestiame sia da latte che da carne, compresi i tori e i bufali. Quasi tutte di proprietà dei ricchi ladinos.

Il latte, posto in bidoni di alluminio, viene venduto di buon mattino nelle piazze dei 14 municipi di Petén da piccoli commercianti che lo distribuiscono ai consumatori per 7 teczales al litro.

Va detto che tutta la zona ha una terra particolarmente fertile. Chiedo a Estuardo quali siano i punti di debolezza della zootecnia Peteña: innanzitutto la raffineria, di proprietà francese, che butta fuori fumi densi che certo non fanno bene all’erbatico. Poi i numerosi serpenti che con i loro veleni uccidono molti capi di bestiame.

Stiamo ora arrivando a La Sabana dove ci attende Olga Juares e la figlia Brenda Variento, le casare della zona. Da 10 anni portano avanti il caseificio di famiglia che raccoglie il latte delle piccole stalle, assicurandone la loro sopravvivenza.





Latte di un’unica mungitura, che arriva puntuale alle 6 del mattino e versato in 8 contenitori in plastica della capienza di 45 litri ognuno.

Qui viene lasciato riposare per 7 ore affinché affiori la panna ( che in Guatemala si consuma leggermente acida e salata). Sono le 13 e, raccolta la panna, si aggiunge in ogni contenitore, senza alcun riscaldamento, la pastiglia di caglio.  












40 minuti esatti ed ecco affiorare la cagliata che ben strizzata viene fatta passare in un piccolo mulino che funziona a diesel. Olga, con l’aiuto di un sottocasaro,  raccoglie via via in un ciotolone di legno la cagliata sminuzzata, la sala e con molta cura compone pezzi di circa 2 libbre ( 7,5 etti). Tutti già prenotati e venduti giornalmente.










E’ ora il momento del requeson ( ricotta ). Brenda esce con secchi di siero rimasto negli otto  contenitori, che versa in due grossi pentoloni sopra due focolari. Chiedo se ci sia aggiunta di acidificante. No, lo lasciamo bollire per qualche ora, poi raccolto il requeson, il liquido rimasto lo diamo ai maiali . E racconta che in tutta la zona  della piccola zootecnia si munge una sola volta al giorno e il pasto degli animali è semplicemente erba.




Bene! Ora ci spostiamo nella finca Los Lunares di proprietà di Ramón Lunare e Lesbia Garcia: 50 vacche da mungitura, 50 vitelli da carne, 30 vacche gravide, 3 tori. Ettari ed ettari di campi ad erba, ma anche di maíz ceroso. 

Qui l’alimentazione e già più intensiva. Ogni animale partorisce 8 vitelli, poi va venduto. Lesbia come Olga e Brenda fa formaggio e requeson ogni giorno, mentre il marito accudisce la mandria.





La domanda è : quanto rende una finca grande come la vostra?

Lesbia risponde: rende molto bene solo se è di tua proprietà. È tutto questo territorio è un’eredità ricevuta dai miei suoceri. Con i guadagni ora abbiamo acquistato un’altra finca qui vicino.

Sorride Luis Armando, anni 10. Che mi invita a vedere i suoi animali e mi assicura : "si da grande porterò avanti l’azienda dei miei genitori”






































































































































































































































































contatti: Whatsapp  3282162812    redazione@ruralpini.it

 

 

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