º>Ticino: no ai lupi

[No al lupo dal Ticino]


In alcune valli la convivenza con il lupo è impossibile. I contadini ticinesi dicono no al lupo. Si firma sino al 31 agosto la petizione antilupo (16.08.08)

Nella Lombardia (italiana) i pastori colpiti da gravi e ripetuti assalti degli orsi alle loro greggi sono circondati dal muro di silenzio e ricevono al massimo la solidarietà di qualche sindaco di piccoli comuni di montagna. Nella Lombardia elvetica le cose vanno molto diversamente. Dopo l'apparizione del lupo nel 2001 nel 2006 una petizione per impedire l'insediamento del predatore aveva raccolto 5.000 firme. Quest'anno il lupo è apparso in tre valli, ha colpito qua e là durante l'estate e pare essersi insedediato in Leventina. Sul numero e l'identità di genere dei lupi vi sono peraltro dubbi. I danni sono stati limitati ma l'allarme sociale è  forte. In Svizzera i contadini godono di un riconoscimento sociale nettamente più elevato che in Italia e molto sono consapevoli che i grandi predatori rappresentino una minaccia mortale per l'agricoltura di montagna che si deve misurare già con gravi problemi, primo tra tutti la prospettiva di una riduzione del livello di sostegno pubblico. Insomma la soglia di attenzione per questi problemi è alta, per fortuna. Anche se i lupi sono pochi e non fanno i danni che in Italia sono causati dal'orso e la lupo (specie a Cuneo) la società locale di valli come la Verzasca e la Maggia ha ben pensato di mobilitarsi, prima che sia troppo tardi. E' poi lodevole che anche i colleghi contadini dei aree meno colpite e di settori non interessati abbiano espresso una solidarietà non formale agli allevatori ovi-caprini delle valli. L'Associazione dei comuni della Valle Maggia, la Federazione ticinese dell'allevamento ovi-caprino, l'Unione contadini ticinesi hanno pertanto promosso una petizione cui si potrà aderire sino al 31 agosto. vai

Va tenuto presente che la morfologia delle valli ticinesi (in particolare della Verzasca) vanifica le tanto propagandate (dai verdi e dai lupofili, ovviamente) misure di "protezione passiva". Come si può trasportare le reti su ripidi pendii? Ma poi dov'è lo spazio con pendenza limitata per posarele, come si fa a infiggere I picchetti di sostegno nella roccia? Il discorso è analogo per quelle valli della Lombardia italiana occidentale dove l'allevamento caprino è particolarmente diffuso (l'Alto Lario Occidentale e la Valchiavenna). Negli ultimi anni, anche grazie a progetti Interreg con l'Italia, sono state investite molte risorse per rilanciare l'allevamento della capra Nera di Verzasca una razza autoctona a rischio di estinzione che viene incentivata sia in Svizzera che in Italia (sia a Varese che a Como). Che senso ha promuovere un tipo di allevamento utile alla conservazione di un presidio umano in montagna, alla promozione della biodiversità, alla qualificazione e caratterizzazione di prodotti della gastronomia territoriale (vedi i Cicitt della valel Maggia Presidio Slow Food) se poi si costringono gli allevatori a smettere, a scendere a valle, ad abbandonare la montagna? Che senso ha ristrutturare fabbricati rustici come esempi di architettura contadina inserita in un paesaggio culturale se questo si deve trasformare per un disegno autoritario e colonialista nella wilderness? Tra le "misure" di tutela delle greggi ve ne sono alcune da rispedire al mittente. A parte la difficoltà di radunare grossi greggi in Verzasca e non solo (cosa che rende assurdo l'eventuale sussidio per personale in più, sarebbe sempre ingiustificato economicamente) si propone di adottare in modo sistematico i mastini da difesa. Ma proprio in Ticino questa estate questi cani hanno predato delle capre e spaventato i turisti. Facciamo notare l'assurdità di promuovere l'agriturismo nella versione alpestre e pastorale se poi gli escursionisti rischiano di essere aggrediti da cani potenzialmente pericolosi. L'ultima delle misure che vengono proposte per mitigare e lenire i danni da presenza lupi è quella del sussidio all'acquisto di foraggi. Ma il senso del pastoralismo e dell'allevamento estensivo è l'utilizzo ecologico delle risorse foraggere spontanee? Si vuole rinchiudere anche le capre nelle stalle come le mucche super-produttive alimentate con foraggi importati magari da centinaia di km di distanza. E' ecologico? E' sostenibile? E poi tutte queste belle misure "pro greggi" che efficacia hanno quando gli alevatori del bestiame minuto si vedono nell'impossibilità di essere risarciti per I capi le cui carcasse non possono essere rinvenute perchè precipitati nei burroni. E le nostre valli - di qua e di là dei confini - sono ripide e rocciose e i burroni non mancano. Quindi ben venga l'iniziativa politica degli amici ticinesi nell'auspicio che anche altri settori della società si sveglino dalla narcosi protezionista (indotta da overdose di documentari naturalistici mielosi e da lussuose riviste patinate). Nell'auspicio anche che ci si muova anche in Italia. Ovviamente ci si deve muovere senza illudersi dell'appoggio delle organizzazioni agricole che in Italia sono purtroppo subalterne (culturalmente e politicamente) al blocco di potere urbano.

 

 

 

 

Ma in Svizzera (come in altri paesi) esiste anche la possibilità di controllare i predatori famelici

Rispetto ad altri paesi la Svizzera ,su sollecitazione di alcuni cantoni più colpiti dal ritorno dei grandi predatori, ha adottato una politica più garantista nei confronti della pastorizia (e meno garantista nei confronti del lupo). Nel 2004 ha la Svizzera proposto senza successo alla Convenzione di Berna (sic!) di rendere meno rigorosa la protezione di questo carnivoro declassandolo da specie "assolutamente protetta" (Allegato II) a "specie protetta" (Allegato III).

Pur nel regime di protezione garantito dalla Convenzione di Berna, la Strategia Lupo Svizzera concede la possibilità ai Cantoni d’autorizzare l’abbattimento di singoli esemplari che causano danni rilevanti ad animali da reddito, dopo avere consultato la Commissione intercantonale, alle seguenti condizioni: il lupo deve avere predato almeno 25 animali da reddito nell’arco di un mese;oppure avere predato almeno 35 animali da reddito (il mimite era di 50 nella versione precedente del 2002)  nell’arco di quattro mesi consecutivi.

In casi eccezionali giustificati, i Cantoni possono adattare opportunamente i criteri (numero di animali predati, intervallo di tempo, area in cui si sono verificati i danni) alle condizioni locali e regionali, d’intesa con la Commissione intercantonale. Va detto, però, che nessun Cantone ha "osato" appellarsi a questa posssibilità.

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