º>I nemici della filiera corta

[Nemici delle filiere corte]

 


E' boom dei mercati contadini, degli abbonamenti spesa, dei GAS, dei distributori del latte crudo e ...

L'industria e tutta la macchina burocratica delle "filiere" comincia a innervosirsi e a sparare a zero contro le "maledette filiere corte"

La "filiera corta" è un'idea di successo. La crisi economica spinge una parte dei consumatori verso l'hard Discount ma un'altra, sempre più consistente, cerca altre strade anche perchè è sempre più consapevole che la crisi è crisi globale di un modello di produzione e consumo che è sempre meno compatibile con la salute del pianeta e ... del consumatore stesso.  L'idea che gran parte del valore aggiunto dei beni alimentari sia rapprersentata dai costi di trasporto, distribuzione, packaging e ... pubblicità sta pericolosamente (dal punto di vista della megamacchina agroalimentare globale) insinuandosi nelle teste della gente.

 

Il "pubblico" comincia a capire che dentro le tante confezioni accattivanti, dietro l'apparente varietà di gusti, di varianti light, classic, soft, ci sono sempre le stesse cose, gli stessi ingredienti, gli stessi additivi, gli stessi aromi naturali ... artificiali.

 

E allora ecco la corsa alle nuove forme di creatività commerciale che i produttori agricoli, spesso copiando formule che in altri paesi hanno avuto da anni successo, mettono in campo. Alla moltiplicazione dei distributori automatici del latte crudo fa riscontro quella dei mercatini contadini. Ogni sindaco si sente in dovere di seguire questa tendenza e, molto più concretamente, di assecondare l'aspettativa degli amministrati che desiderano il "loro" mercatino. A fianco di queste iniziative, che hanno attirato l'attenzione dei media, ve ne sono altre che con meno clamore rappresentano rivoluzioni ancora più significative: parliamo degli abbonamenti spesa e dei GAS (gruppi di acquisto solidale e sobrio). L'abbonamento spesa consente al consumatore di avere un rifornimento di prodotti freschi di stagione da produttori che "ci mettono la faccia" le cui aziende e I cui campi è invitato a visitare. In cambio della rinuncia dello sfizio di scegliere oggi un frutto tropicale domani una fragola di serra il "pacco spesa" ha una composizione variabile in funzione delle raccolte del momento secondo un "paniere" di massima concordato preventivamente. Il produttore non deve buttare via niente non deve cedere al grossista ad un prezzo "fatto dal mercato". Vantaggi per entrambi gli attori di questo scambio che non è solo economico.

Ma torniamo ai mercati contadini e alla vendita di prodotti a km zero.

 

Da qualche mese è in atto una campagna mediatica che tende a "raffreddare" i consumatori. Il refrain è sempre lo stesso "i prezzi sono alti, la qualità non è poi tanto diversa da quella del buon vecchio supermercato". Il "Giornale" ha dedicato un articolo al "Bluff dei mercati agricoli" già da settembre (18.09.08). Dopo si sono succeduti servizi e interviste su varie reti televisive.

 

Ma c'è anche chi all'interno del mondo agricolo sta cominciando a sparare a zero contro un fenomeno che mette in discussione centri di potere economico e politico consolidati. Le "filiere lunghe" dell'agroalimentare non sono fatte solo di industriali e di GDO (con i "poveri produttori agricoli" alla base delle stesse). Sono fatte innanzitutto di grossi produttori agricoli che hanno spesso interessi nelle organizzazioni di trasformazione e distribuzione a valle e che applicano all'agricoltura la mentalità dell'industriale (o del commerciante), ma soprattutto da una componente di organizzazioni (Consorzi di  commercializzazione, tutela, valorizzazione, promozione) che gravano sia sui produttori che su Pantalone (il consumatore-contribuente).

 

I non tanto reconditi pensieri in materia di filiera corta dei rappresentnati di queste filiere sono stati ben rappresentati dalle recenti esternazioni di Mario Schianchi, presidente delle Strade dei vini e dei sapori dell'Emilia Romagna (non c'erano abbastanza Consorzi, bisognava istituzionalizzare anche le Strade, un altro collettore di contributi pubblici!): Scianchi paventa una catastrofe economica nel caso le "filiere corte" prendessero consistenza minacciando forse tutte le cadreghe come la sua degli infiniti Enti.

 

Pensate per un attimo al danno che potrebbe derivare alla nostra economia se si pensasse veramente di dare corpo al km. zero; uno spot pubblicitario, uno slogan di un ambientalismo datato, una enunciazione azzeccata, ma priva di contenuti e soluzioni. (...). Pensare di invitare tutti al consumo locale, significa vanificare gli sforzi intrapresi dalle nostre associazioni di promozione del prodotto, rinnegare il percorso delle nostre filiere agroalimentari, togliere dal bilancio Paese l’agroalimentare italiano nel mondo.

 

Queste esternazioni assomigliano troppo a quelle dei rappresentanti del mondo produttivo valtellinese che il 28.11.08 nel corso di una riunione hanno manifestato a proposito dei distributori del latte crudo, una forte preoccupazione rispetto ad un fenomeno che, senza l’adozione di opportuni criteri programmatori e di meccanismi di effettiva garanzia, rischia di arrecare seri danni al sistema produttivo ed a quello della distribuzione, senza reali e duraturi vantaggi e garanzie per il consumatore. In quella occasione, presenti le coop agricole e la Coldiretti si è paventato come la vendita diretta possa "distruggere la filiera" . Catastrofe!

 

All'unisono con Schianchi, che inorridisce al pensiero di quale minaccia rappresenti la filiera corta per le "filiere" (quelle serie, quelle hard). Pensiamo per un attimo ai cooperatori dell’ortofrutta emiliano romagnola, al parmigiano reggiano, al prosciutto di Parma, per non pensare all’uva di Puglia, alla viticultura toscana, piuttosto che alla mela trentina.  

Per questi signori l'agricoltura è fatta solo dai grandi numeri, dalle monocolture (la mela si fa solo in Val di Non irrorandola di pesticidi che entrano sin nelle abitazioni), il latte si fa solo nella pianura padana allagando i terreni di liquami che non si sa più dove spanderli (e i nitrati vanno in falda), in certe zone della Toscana non si sa più dove piantare vigneti e le colline sono una selva di pali di cemento con l'erosione favorita dalla lavorazione a ritocchino per meccanizzare il tutto ecc. ecc. L'idea che la mela si faccia in tutte le regioni (l'Italia è fatta di montagne) che il latte (e imaiali) non si concentrino in una parte della pianura padana, che il benedetto km zero aiuti a despecializzare e deintensificare un'agricoltura che continua a consumare montagne di pesticidi (in atesa degli OGM) appare molto fastidiosa. Sì perchè un'agricoltura despecializzata e deintensificata può far vivere lo stesso i  piccoli produttori rendendo largamente inutili gli apparati che forniscono mezzi tecnici, consulenze, servizi di promozione e commercializzazione, ecc. ecc. Non costringe a produrre quantità a prezzi bassi per far contente le "filiere", rende il singolo produttore libero (non solo dal grossista ma da tutti gli enti e le agenzie che campano nell'immenso spazio tra contadino e consumatore). Eversivo. Sparare a zero, mobilitare i media, gli esperti, gli scienziati. Vade retro filiera corta.

 


 


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