Ruralpini  resistenza rurale

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Val Masino: il contadino messo sotto i piedi

































































































































































































































































In val Masino, il 2 giugno,  è andata in scena una vicenda emblematica di un certo modo di "usare" la montagna come luna park turistico, senza rispetto per i contadini. Nella val Masino della grande "riserva naturale" di 4700 ha (senza ragioni specifiche), i prati sono stati requisiti come parcheggi a pagamento dal Comune. Ma senza neppure dare il tempo all'unico contadino a tempo pieno esistente in valle di procedere allo sfalcio. Si qualifica da sé la "sensibilità ecologica" dei turisti, "affamati di natura" (come se la si potesse godere solo in determinati posti) che si sono sorbiti incolonnamenti e code per intasare la valle, trasferendo la congestione del traffico milanese. Ma è vergognoso che un comune, per "far cassa" e "vendere" il territorio,  lasci distruggere - bella educazione ambientale - quello che per il contadino è il frutto del suo lavoro. 


di Michele Corti


(05.06.20) Diversi amici valtellinesi, indignati per il modo con il quale il comune ha trattato l'unico contadino a tempo pieno della val Masino, mi hanno segnalato cosa è successo l'ultimo week-end. E così torno a parlare di val di Mello come esempio di ambiguo "ambientalismo di consumo" e di un modello turistico distorto .

Dopo settimane di clausura da contagio, nell'impossibilità di recarsi ancora in altre regioni, i turisti si sono riversati in massa nelle località più gettonate. Creando problemi di traffico e di parcheggio, tanto da suscitare tensioni. Polemiche e non solo (a Vilminore, in val di Scalve furono tagliate le gomme - due per auto - agli escursionisti), ci furono già a maggio. Il problema è legato, diciamolo subito, a una cultura ambientalista da salotto che iconizza certe località e certe valli, utilizzando la vieta retorica della "natura incontaminata". Lo dimostra il caso della val Vertova, unalaterale della val Seriana.


Il rischio del Luna Park ( o montagna "parco giochi")

Fingendo di fare "ambientalismo" e "diffondere i valori ambientali", si è creata una cultura diffusa parecchio distorta che impedisce ai sui "destinatari" di cogliere i valori dei territori (anche quelli estetici, anche naturalistici) perché continua a riproporre determinati cliché, esattamente come duecento anni fa quando si impose la visione romantica delle Alpi. Oggi è stata solo volgarizzata e falsamante "aggiornata" in termini ecologici. Ma è solo facciata. Il guaio è che, dietro la foglia di fico, che appaga la falsa coscienza ecologica, si sono applicate alla "fruizione dell'ambiente" le schizofreniche modalità di consumo e di stile di vita metropolitano. Quando abbiamo parlato (qui su ruralpini in più occasioni) contro la montagna Luna Park, i concertoni, l'uso turistico spregiudicato degli elicotteri , siamo stati criticati  come sostenitori di una visione passatista ed elitaria (anche da chi si proclama ambientalista).



Ma non abbiamo mai detto che la gente non deve andare in montagna. Quello che non va bene è la spettacolarizzazione, l'iconizzazione di alcune mete "selezionate". La frequentazione diffusa, rispettosa, consapevole, utilizzando il più possibile i piedi, la bici e i mezzi pubblici (quando ci sono), è una benedizione. Non solo non impatta ma vivifica, arricchisce.   Imparare a "scoprire" mete e realtà che non sono sotto i riflettori delle riviste patinate e dei siti più frequentati,  informandosi da soli, parlando con la gente del posto, frequantando - con calma - le botteghe, le osterie. Acquistando prodotti dai contadini. Quando si arriva in massa con colonne motorizzate non c'è alcuna possibilità di dialogo, di interazione vicendevolmente arricchente con la realtà locale. C'è solo consumo. Frenetico. Dopo ore di auto e di coda.



La val Masino, famosa per le sue montagne di granito, è da tempo fortemente "gettonata". Oltre alle classiche mete alpinistiche e di escursioniamo in alta quota (vedi sentiero Roma), con presenza di importanti rifugi, ci sono i "Bagni di Masino", antica località termale e, soprattutto, la val di Mello. Quest'ultima è il paradiso del bouldering ma anche la meta di brevi escursioni in un contesto di paesaggio che, una malintesa cultura "ambientalista" esalta iconicamente come "da National Park nordamericano". Una squallida espressione di colonizzazione culturale che sminuisce la bellezza delle Alpi come paesaggio antropizzato, fatto di sentieri, manufatti, baite, prati e pascoli coltivati. Il che non significa che tutto questo non si integri in paesaggi di laghi, ghiacciai, torrenti, foreste. Tutte cose che l'ideologia ambientalista (espressione dell'imperialismo culturale statunitense), disprezza, valorizzando, invece la wildness e la grande scala di paesaggi vuoti di presenza umana. 

Val di Mello: una storia pastorale

Tra le torme che "assaltano" la val Masino quanti sanno di quel monumento di architettura pastorale che è, in val di Mello, la "stalla nella roccia" di Qualido (ne abbiamo parlato qui su Ruralpini). La realtà degli alpeggi della val Masino è di alpeggi scoscesi, rocciosi, difficili ma non per questo poco importanti. Lo stesso nome della val "di Mello" ricorda che la proprietà degli alpeggi faceva capo al comune di Mello che è fuori dalla val Masino (vedi la mappa che abbiamo inserito sopra). Da Mello le mandrie risalivano passando per Caspano entrando in val Masino fino a San Martino. Cà Rogni, Panscer, Cascina Piana, Cà di Sciüma, Ràsica, erano piccoli agglomerati che rappresentavano un punto d'appoggio per gli alpeggi ma consentivano anche di prolungare il pascolo alla discesa dall'alpe negli ampi prati-pascoli del fondovalle (oggi largamente rimboschiti). In val Masino si produceva bitto (ancor oggi si produce formaggio grasso in qualcuno dei pochi alpeggi caricati). Inutile insistere che la wildness qui è inventata. Invenzione utile al luna park turistico.


Quando la fruizione "della natura" diventa business e danno ambientale

La val di Mello è particolarmente frequentata perché consente una facile passeggiata in piano.  Giusto che, anche chi non è un camminatore indefesso, possa godersi un'immersione nell'ambiente montano, ma non si deve trasformare questa possibilità in una sorta di consumismo dell'ambiente. Sui sentieri delle valli valtellinesi, pochissimo frequentati in confronto a quelli delle Dolomiti o anche solo della confinante bergamasca, ci sono tanti camminatori attempati mentre tanti giovani si limitano a non allontanarsi che per pochi passi dalle quattro ruote. E' il caso di incoraggiare questa pigrizia, questo fissarsi su poche mete e lasciare deserta buona parte della montagna? Non sarebbe meglio stabilire un numero chiuso piuttosto che requisire i prati per "somma urgenza" e creare parcheggi dove si deve falciare l'erba. Ma che ambientalismo è?  Leggete (qui sotto) l'ordinanza sindacale del 26 maggio che prevede che i prati intorno alla località San Martino siano adibiti a "parcheggio provvisorio a pagamento". Se possibile sfalciati, altrimenti... lo diventano lo stesso. Ecco una barbarie legalizzata, una devastazione con i crismi di legge (ma sarà proprio legittimo agire così?). Dove sono i motivi di forza maggiore che impongono la devastazione dei prati con frutti pendenti (il fieno da segare)?


L'assalto dei turisti è una "calamità naturale"?

Siamo seri. Si può chiudere. Dei pannelli luminosi sulle superstrade (36 e 38) segnalavano che la val Masino era "al completo" invitando ad andare altrove. Poi la stradale ha dovuto bloccare l'accesso alla valle ai non residenti. Ma gli inviti non bastano. Perché succede questo? Perché non si pianifica una politica di accessi regolamentati e si è dovuto gestire l'emergenza? Perché ci sono interessi turistici miopi che pensano di approfittare del pienone senza capire che così si squalifica, alla lunga, una destinazione (almeno nei confronti dei turisti più consapevoli). Perché questi interessi sono recepiti dalle amministrazioni locali mentre quelli dei contadini no. Tanto sono quasi estinti, non contano nulla, chissenefrega dei contadini. I loro prati, però, fanno comodo. Il loro lavoro di pulizia e manutenzione fa comodo.


Nell'ordinanza si prevede che il proprietario dei prati che non vuole subire la loro occupazione, deve delimitare e rendere visibile la sua area. Ebbene: Stefano Villani, l'unico contadino a tempo pieno della valle (ci sono però degli agriturismi in val di Mello) non solo ha fatto presente al comune che non riusciva a segare il prato per il 2 giugno (l'erba non era neppure del tutto matura) ma ha comunque delimitato con nastro come da ordinanza. Niente da fare. Il prato è stato requisito e occupato dalle auto. 110 autovetture a 7 € l'una.  In seguito il contadino ha piazzato una trattrice all'ingresso.


Come qualificare tutto questo? Un malcostume, senza dubbio, ma inserito in una cattiva gestione complessiva della "Val di bello da bere". Poco più di un anno fa abbiamo parlato di val di Mello a proposito di un'intervento contro il quale sono state raccolte 50 mila firme (vai a vedere l'articolo). L'Ersaf, l'ente regionale, che gestisce  varie aree protette vuole realizzare un percorso per disabili. In val Masino, spendendo un sacco di soldi (sprecati se poi non si fanno manutenzioni regolari) l'ente (da molti giudicato inutile, e che deve in qualche modo giustificare la propria esistenza e i lauti stipendi di una ventina di dirigenti a Milano) aveva già realizzato, ai Bagni, il "bosco sonoro" e un percorso attrezzato. Al nuovo percorso, che comporterebbe interventi invasivi dove ci sono guadi e passaggi tra grandi passi (sostituiti da una strada), si sono opposti per primi i rappresntanti dei disabili che non ci stanno a essere usati a pretesto del solito intervento che serve a far girare soldi (400 mila €).


E se andiamo più indietro, all'origine dell'attivismo dell'Ersaf c'è la creazione , dieci anni fa, di una riserva di ben 4700 ha (vedi qui l'articolo di ruralpini del 2009) per la gioia degli ambientalisti che gongolano ogni volta che, senza motivo, si chiude un territorio alla caccia e lo si apre ai business "verdi". Ovviamente c'era l'assenso degli amministratori comunali, come al solito abbagliati dal miraggio dei finananziamenti europei (come se non fossero soldi nostri) e regionali, dal business ambientalista. L'altro motivo per il quale il comune fu spinto ad appoggiare la Riserva fu l'argomento delle captazioni idriche. Ma possibile che si debba subire ricatti di questo tipo? Che per non far vampirizzare l'acqua sino all'ultima goccia serva creare dei baracconi come le aree protette? Solo un cieco non vede che questo ambientalismo, oltre a indurre nuovi consumismi, è l'alibi per abbandonare il territorio "non protetto" a ogni forma di sfruttamento idrico, cementificazione, asfaltizzazione.

 

Il contadino italiano senza difesa
(03.03.2020) Le organizzazioni agricole in Italia non svolgono un ruolo efficace di tutela politico-sindacale. Condizionate dal loro incarnare altre funzioni, spesso in conflitto di interessi con quella che - in teoria - dovrebbe essere principale.  Erano - la Coldiretti in particolare - organizzazioni di massa, funzionali al consenso politico; sono diventate centri di servizi, in ultimo organizzazioni para-commerciali. leggi tutto


 

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