º>Bitto: la politica risponde

[Bitto: la politica risponde]

 

 Alla Sagra del Bitto la politica risponde all'appello (20.09.08)

Aurorevoli esponenti istituzionali della Lega Nord al convegno organizzato presso il Centro del Bitto di Gerola Alta che mette indiscussione le Dop di montagna

Al convegno del 19 settembre che ha inaugurato - in modo certo non formale - la Sagra del Bitto 2008 la politica era presente con Giulio De Capitani presidente del Consiglio regionale e con I consiglieri Bordoni e Arosio. Merito di Ettore Albertoni ex presidente del Consiglio regionale ed ex assessore regionale per 6 anni alle "culture identità e autonomie" che ha risposto con entusiasmo all'appello a favore del Bitto storico. Albertoni da amico della montagna e da federalista attento all'importanza delle comunità alpine e delle loro vitalità culturale e sociale  stato il mattatore della serata che si poneva l'interrogativo: "Le Dop tutelano ancora le piccole produzioni storiche?". In realtà la più che decennale e nota esperienza del Bitto, ma anche quelle di tante altre Dop dimostrano che molto spesso le produzioni più legate al territorio di origine (alla montagna, ai pascoli) sono state danneggiate dalla dilatazione dell'area di produzione delle Dop e dall'allentamento dei disciplinari in nome del raggingimento di più elevati volumi di prodotto. Lo sviluppo economico per i territori di montagna più svantaggiati è stato aleatorio o del tutto assente ma la qualità (e il consumatore) ne hanno sofferto grandemente. Oltre che di Bitto si è parlato di Macagn, di Strachitunt, di Branzi. La conclusione è stata la stessa e sconfortante: le istituzioni hanno sino ad oggi sposato la causa di chi voleva produrre i formaggi di montagna in pianura, quelli degli alpeggi in fondovalle o se, come ne caso del Bitto, la produzione è rimasta ancorata all'alpeggio, di chi chi ha portato mangimi e fermenti industriali anche in alpeggio. Con essi si vorrebbe  utilizzare il nome di un formaggio che - con i metodi realmente tradizionali - può stagionare per oltre 10 anni. I produttori storici del Bitto hanno affermato chiaramente che non vogliono togliere la Dop a chi la utilizza nel resto della provincia di Sondrio ma che venga posta fine ad una situazione paradossale per la quale - essendosi essi opposti alle modifiche del disciplinare (che legittimano mangini e fermenti industriali ) ora essi non possono chiamare Bitto il loro prodotto, proveniente dall'area dove secoli fa il Bitto e nato e si è perfezionato. Questo mentre viene marchiato Bitto il formaggio prodotto anche dove, sino all'ottenimento della Dop nessuno lo produceva. Chiedono che si trovi il sistema per distinguere ufficialmente due produzioni (quella tradizionale con il latte di capra, senza fermenti e senza mangimi e quella "moderna"). Non è chiedere la Luna. I politici presenti si sono impegnati a portare la questioni anche in sede di governo regionale investendo l'assessore all'agricoltura Ferrazzi. I margini per la definizione della questione - una volta che la Regione confermi una volontà politica chiara in proposito - ci sono. In caso contrario al Salone del Gusto, quando il Bitto delle Valli del Bitto sarà "insignito" del marchio della chiocciola di Slow Food (in quanto prodotto-simbolo e alfiere della biodiversità), l'Associazione produttori Valli del Bitto dovrà annunciare l'avvio dell'azione di ricorso presso la Commissione Europea in materia di definizione non conforme dell'area di produzione del Bitto Dop.

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