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Un piatto di Pietro Leemann

Lo chef Jamie Oliver nel suo orto

 

 

Il grano saraceno

 

 

Coltivazione del grano saraceno a Teglio in Valtellina

 

 

Famosi chef hanno spinto colleghi e semplici cittadini a rilanciare la coltivazione degli orti; ora ci si attende un ritorno alla terra vero e proprio grazie all'esempio di chef che desiderano ottenere di persona materie prime importanti per la loro cucina  (20.04.09)

 

Pietro Leemann chef-contadino rilancia la coltura del grano saraceno nella sua valle Maggia (Canton Ticino)

 

E' un momento importante per chi crede che non sarà l'agricoltura industriale degli Ogm e dei pesticidi a risolvere il problema di nutrire il pianeta ma un "ritorno alla terra" in grado di coinvolgere milioni di consumatori impegnati in attività di auto e co-produzione al di fuori dell'agribusiness. Quest'ultimo restringe sempre di più le terre coltivate concentrando produzioni sempre più intensive e specializzate (con largo uso di chimica, energia fossile, biotech) nelle aree più adatte alla coltura industriale.

Grandi superfici coltivate da secoli e da millenni sono abbandonate perché "marginali", non adatte alla meccanizzazione spinta (basta pensare alle nostre colline e montagne); nel frattempo si disbosca la foresta vergine per coltivare soia desinata alla zootecnia industriale (che produce carne e latte in largo eccesso rispetto ai fabbisogni di una sana alimentazione) e per impiantare colture 'bioenergetiche'.

Il numero di piante commestibili usate dall'uomo è diminuito in modo impressionante, così come si sono perse in tutto il mondo antiche varietà di piante e razze di animali domestici. Poche specie e varietà vegetali e poche specie e razze animali forniscono la maggior parte del cibo delle 'filiere' agroindustriali.  Il sistema agroalimentare industrializzato contribusce pesantemente all'esaurimento delle risorse naturali all'inquinamento e alla distruzione della biodiversità 'selvatica' e 'domestica' (agricola) tendenzialmente sostituita dai prodotti della biotecnologia.

 

Il ruolo degli chef

Sono sempre di più le persone consapevoli che i sistemi agroindustriali non siano sostenibili; non solo tra i ricercatori e gli ecologisti ma anche tra i pensatori, i politici, gli uomini di chiesa ve ne sono parecchi che chiedono di mettere in discussione il 'pensiero unico' in materia di produzione del cibo. Tra coloro che hanno maturato questa consapevolezza, e che sono in grado di influenzare la pubblica opinione, vi sono certamente gli chef famosi.

Essi hanno una forte responsabilità sulle spalle; la loro attenzione alla qualità della materia prima, alla sua origine, alle sue specificità in un mondo dove l'agroindustria porta alla standardizzazione delle materie prime alimentari e al loro impoverimento è un fatto che va al di là della cucina, sia pure di alto livello. Più il cibo dei supermercati è globalizzato e uniformato più le cucine degli chef consapevoli diventano luoghi di produzione e trasmissione di culture del cibo, dell'alimentazione e, in definitiva, dell'agricoltura. Un contraltare ai laboratori del biotech.

In un certo senso agli chef tocca un ruolo 'profetico'; devono essere gli antesignani di tendenze alimentari che vanno ben al di là delle mode e toccano i temi della salute, del benessere, degli equilibri ecologici.

Pietro Leeman a Milano con 'Joia' è stato tra i primi a proporre (1990) la cucina vegetariana e comunque 'naturale' ottenendo il riconoscimento della stella Michelin. Nove anni fa un big come Louise Passard  ('L'Arpège', un locale a 3 stelle di Parigi) ha voltato anch'egli le spalle alla carne per proporre ai suoi clienti preparazioni a base di frutta e verdure da lui stesso coltivate nel proprio 'orto'.  L'orto di Passard, 2 ha nella proprietà di un castello ottocentesco, era abbandonato da 30 anni. Passard lo fa rinascere (compiendo un'operazione di recupero storico) utilizza metodi di agricoltura biologica e lavora il terreno con un cavallo. Qui vengono recuperate antiche varietà di ortaggi, frutta, erbe. I prodotti, senza subire refrigerazione, arrivano quotidianamente direttamente al ristorante garantendo porri, sedani, barbabietole dal gusto intenso.

Una storia molto diversa, ma che è incentrata anch'essa su uno chef-ortolano, è quella di Jamie Oliver. Jamie è un giovane cuoco molto popolare in Gran Bretagna (ma anche in Italia)  in quanto protagonista di una fortunata trasmissione televisiva e autore di libri di cucina di successo. Attraverso la TV, internet e i libri  Jamie cerca di convincere i consumatori a non comprare cibi nei supermercati e a coltivare il proprio orto (anche sul balcone di casa). All'uscita del suo ultimo libro le bustine di sementi per orto furono presto esaurite (nel suo sito ora commercializza sementi e piccoli attrezzi da mini-orto). Anche lui ha ovviamente il suo orto dove ha cominciato a seminare bustine di semi provenienti dall'Italia. Al di là del successo mediatico e delle iniziative imprenditoriali Jamie Oliver è riuscito a sostituire nelle mense scolastiche le patatine fritte con le zucchine.

 

Dal campo alla cucina

Non sono pochi in Italia gli chef che hanno un proprio orto, producono in proprio vino, olio ed altri prodotti. Andrebbero adeguatamente segnalati. La notizia che un famoso chef vegetariano come Leemann si dedichi alla coltivazione del grano saraceno è però di quelle che segnano una svolta e si inserisce in un clima positivo messo in moto con l'iniziativa di Michelle Obama di creare un orto alla Casa Bianca (non a caso Leemann, molto colpito dall'iniziativa della first lady,  ha scritto a Michelle per invitarla a perorare con forza  un nuovo stile alimentare alla Casa Bianca e in America). Quello che la prossima estate Leemann farà è molto importante: reintrodurre nella sua valle Maggia (Canton Ticino), dove vive la famiglia e dove trascorre i week-end, un ettaro a grano saraceno. Il grano saraceno (vedi box sotto) è una coltura simbolo del 'ritorno alla terra'. In montagna ovunque sull'arco alpino era molto popolare (a partire dal XVI secolo). Famosa è la 'polenta bigia' citata nei Promessi Sposi e famosi sono alcuni piatti (a partire dai Pizzoccheri e dalla Taragna valtellinesi). Non essendo in grado di fornire alte rese la coltura del 'saraceno' è stata 'snobbata' dall'agricoltura intensiva e in mancanza dello sviluppo di varietà e tecniche 'moderne' ha subito (da noi) un totale abbandono.

In montagna grano saraceno e cerali (segale in primo luogo) sono stati abbandonati anche perché non competitivi rispetto alla produzione zootecnica che ha finito per essere in molte valli l'unica attività legata alla terra. Nelle valli, però, anche la zootecnia - se non sostenuta dagli interventi pubblici o se non in grado di fornire produzioni di qualità che si differenziano da quelle di pianura - conosce da tempo fenomeni di crisi. Con il km 0, le iniziative delle filiere corte, la spinta alla differenziazione produttiva e al recupero delle tradizioni, le vecchie produzioni (incluse le castagne e la viticoltura 'marginale') possono tornare a vivere. Cambiano, infatti,  i termini economici della loro produzione e i vincoli soffocanti del produttivismo (non conviene coltivare questo, non conviene coltivare quest'altro ...) vengono meno. Il grano saraceno, così legato a tanti utilizzi gastronomici, ha buoni motivi per essere una delle colture candidate ad iniziative che vanno nelle direzioni sopra ricordate anche perché è in grado di regalare bellissime fioriture (di color bianco candido) che possono contribuire non poco a creare un paesaggio dal variegato cromatismo e a rendere la montagna bella, viva, attraente. In attesa che le istituzioni e le organizzazioni ufficiali agricole si mettano lentamente in moto l'iniziativa di uno chef anticipa tutti e costituisce un pungolo.

Questa estate daremo notizia degli eventi che avranno per protagonista il grano saraceno di Leemann. Arrivederci in Valle Maggia.

 

 

Il grano saraceno. Fagopyrum esculentum Moench. Non si tratta di un cereale ma di una chenopodiacea; coltivazione e utilizzi, però, sono molto simili a quelli dei cereali. La coltivazione del grano saraceno sulle Alpi è stata quasi ovunque abbandonata ed è un vero peccato. Il grano saraceno proveniva anni fa dalla ex-Yugoslavia, oggi quasi tutto dalla Cina (la pianta è originaria di questo paese). Era una tipica coltura di sussistanza, a ciclo molto rapido  adatta anche a terreni poveri e quindi quasi ovunque (tranne nei terreni troppo fertili dove alletta facilmente). Il ciclo molto rapido seminata dopo il raccolto di una coltura principale. Nonostante questi pregi ha il grave difetto agli occhi dell'agricoltura moderna di presentare basse rese (15-20 q.li per ha di granella). Pertanto non sono state sviluppate tecniche e varietà 'moderne' e la coltivazione in Occidente è sempre più regredita (la meccanizzazione delle operazioni di raccolta è difficile). Se la quantità producibile per ettaro è scarsa notevoli sono però le sue caratteristiche nutrizionali. Il contenuto in proteine è decisamente elevato, 14% contro 9% del frumento tenero e 8,5% della farina di mais; le proteine hanno il più alto valore biologico del regno vegetale, in particolare la lisina, aminoacido essenziale è rappresentata in quantità superiori a quelle dell’uovo. Infine la farina di grano saraceno è ricca di fibra e di sali minerali. Il grano saraceno è una buona fonte di fibre e minerali, soprattutto manganese e magnesio. E' componente principale di molti piatti della cucina tipica di alcune zone montane che attualmente sta uscendo dai propri confini. Un ulteriore ampliamento della domanda potrebbe essere favorito da una adeguata informazione alimentare circa le proprietà nutrizionali e dietetiche (tra l'altro è totalmente privo di glutine) e dalla facilità con cui si inserirebbe a pieno titolo nel circuito di commercializzazione dei prodotti biologici. Il rilancio del grano saraceno è attualmente in corso non solo a Teglio in Valtellina (la patria dei pizzoccheri) ma anche in alcune zone del Piemonte (anche colline dell'alessandrino). A Teglio si produce il grano saraceno del presidio Slow Food secondo metodi di agricoltura biologica. http://www.furmentun.it/  Azienda Agricola Il Cembro. Teglio (SO)

 

pagine visitate dal 21.11.08

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