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Commenti e riflessioni/Sagre sputtanate

  

 

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Commenti e riflessioni: Sagre

 

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M. Corti, Riti del fieno e del latte. Alpi inizio XXI secolo

 

(24.08.10) Alla fine dell'estate si scatena l'orgia di tavolate, pseudo feste popolari, pseudo sagre. Non si salva nessun angolo d'Italia: dai luoghi di villeggiatura, dove ci sono ancora turisti, alle mete dei week-end, alle città e paesi dove la gente è rientrata ma vuole sentirsi ancora un po' in vacanza.

 

Pesanti apprezzamenti dei media sulla sagra-mania dilagante

Rischiano di farne le spese le sagre di qualità

 

testo e foto di Michele Corti

 

I media nazionali 'bastonano' il fenomeno selvaggio delle pseudo-feste e delle pseudo-sagre. Di chi approfitta della 'domanda' di convivialità, socializzazione, voglia di stare all'aperto con le 'tavolate' ma anche con  iniziative biecamente speculative o comunque destinate solo a 'far cassa'

 

Immagine emblematica in questo periodo: nelle strade di un paese si stanno allestendo le 'tavolate in piazza'

E' andata già duro Felicita Pistilli nel servizio andato in onda nel TG1 delle 20 del 21 dal titolo 'La pazza estate delle sagre' (link al video del servizio).  La giornalista ha fatto riferimento nel commento al ''clima da strapaese che celebra qualunque cosa e ogni occasione è buona per abbuffate sottocosto". Abbuffate sottocosto che non fanno bene alla salute e che sono spesso una occasione di vera e propria 'diseducazione alimentare' . Ma che fanno malissimo all'economia del turismo, alla ristorazione. E fanno male all'immagine delle sagre autentiche, un vero e proprio patrimonio culturale, turistico, gastronomico che rischia di essere confuso, screditato. Quando, invece, è una risorsa preziosa.

Dal servizio del TG1: il 'vassoio di pastica da riempire a piacimento' è l'emblema in negativo delle 'sagre'

Nel servizio si fa un po' di confusione mettendo insieme le manifestazioni comunque legate al cibo con l'elezione di 'miss chirurgia estetica'. L'immagine degli eventi popolar-gastronomici non ne esce in ogni caso molto bene.

Dal servizio del TG1: un altro emblema delle 'sagre': enormi quantità di carni alla brace (spesso congelate)

Contributi a pioggia e sagre ... del fungo di importazione

Il giorno prima del servizio del TG1 (strana casualità) aveva 'sparato' Il Giornale con un articolo in prima pagina (link all'articolo). Il Giornale riferiva per esempio che alla sagra del fungo laziale si mangiano funghi ... sloveni . In realtà niente di nuovo. Analoghe considerazioni - tanto per fare un esempio - valgono per la sagra della lumaca di Borgo San Dalmazzo e per la maggior parte delle numerose Sagre della lumaca del Piemonte e di tutte o quasi le regioni italiane dove le lumache 'locali' arrivano dall'Est. Le (pseudo)sagre sono diventate delle 'macchine' che divorano sé stesse. Gli organizzatori si giustificano: 'non possiamo utlizzare prodotto locale, arriva troppa gente'. In realtà si glissa sul fatto che il prodotto estero è quasi sempre acquistato a prezzo stracciato (non approfondiamo poi le condizioni della 'catena del freddo' ecc.). Francesco Cremonesi, l'articolosta del Giornale, con tante sagre orripilanti  in circolazione se la prende con quella della patata di Oreno (in Brianza) e si scandalizza per il contributo di 10.000€. versato dal comune. Siamo d'accordo non lui che questo contributo rappresenta un 'biglietto obbligatorio' che gli abitanti del comune sono costretti, volenti o nolenti, a pagare ma la sagra in questione non è certo delle peggiori. Ha il merito, scusate se è poco, di rilanciare la coltivazione della patata in Brianza; una coltivazione che vantava solide tradizioni... e pazienza se la 'patata di Oreno' è una cultivar olandese.

Le sagre non meritano il discredito ma ...

La sagra-mania finisce per gettare il discredito sul fenomeno del revival delle sagre tradizionali. E' un peccato perché questo revival, depurato degli aspetti deteriori, fa parte di un movimento di riscoperta della gastronomia territoriale e di riappropriazione della cultura rurale. Niente di più sbagliato che qualificarlo come un movimento 'strapaesano' perché è in linea con tendenze culturali che emergono in tutti i paesi 'avanzati'. E' un movimento di recuperò di identità alimentari e rurali, di reazione alla massificazione dei prodotti industriali, di rilancio di filiere di produzione 'cortissime' e quindi di economie locali autosostenibili, per quanto dai fatturati in sé modesti. Che poi la sagra assuma aspetti contradditori, persino schizofrenici, non deve meravigliare; siamo in un'epoca di transizione.

Affinché le sagre autentiche non si lascino inghiottire nella deriva delle pseudo sagre, delle pseudo feste popolari è necessario, come per tanti altri fenomeni socieli e di costume con risvolti economici, sociali e culturali importanti che si introduca una regolamentazione, che si assicuri un minimo di coerenza con quanto 'promesso', con le aspettative che si alimentano.. Da questo punto di vista qualcosa si sta muovendo in Lombardia e Toscana regioni dove il problema è particolarmente sentito.

 

 

La tipologia delle sagre è molto varia. Si va da eventi in cima ad una montagna a kermesse cittadine con migliaia di persone. I criteri dovranno essere calibrati su questi diversi contesti.

Iniziative in atto e appello alle regioni

L'11 giugno scorso tra la FIPE (organizzazione di pategoria che raccoglie i pubblici esercizi nell'ambito di Confcommercio) e l'Unione nazionale delle Pro Loco è stato siglato un protocollo di intesa.  In Toscana la Fipe-Confcommercio e l'Unione delle Pro Loco hanno siglato all'inizio del mese un accordo locale. Le due organizzazioni si impegnano a valorizzare le sagre autentiche qche promuovono il territorio nel suo insieme e che fanno parte della tradizione, dove per un breve periodo dell’anno, vengono anche somministrati cibi e bevande del posto evitando la concorrenza nei confronti del ristoratore o dell’esercente locale e, anzi, stimolando il turista a tornare sul posto e ad approfittare anche in altri periodi dell'offerta lgastronomica locale. Fipe e Pro Loco chiedono alla Regione Toscana il monitoraggio delle manifestazioni autentiche e la predisposizione di una regolamentazione. Una regolamentazione delle 'feste popolari' è stata nel frattempo richiesta il 14 luglio scorso all'assessore regionale Maullu da parte della FIEPET Lombardia (Confesercenti).

Un Manifesto per le sagre

Parallelamente a queste iniziative di associazioni di categoria va segnalato il lavoro in atto per la redazione di un 'Manifesto della sagra di qualità'. L'idea del Manifesto è stata lanciata lo scorso settembre da Montecatini nell'ambito della manifestazione Territori in festival, un evento alla sua terza edizione ideato da Davide Paolini (il gastronauta) che vede largamente protagoniste le sagre . Lo scorso anno alla tavola rotonda 'Sagre: ma quali quelle autentiche' i pareri su cosa debba intendersi per 'sagra autentica' non erano risultati unanimi. Al dibattito , oltre a Davide Paolini che fungeva da moderatoree erano presenti Claudio Nardocci, addetto stampa dell’Unione nazionale Pro Loco d’Italia, Aldo Mario Cursano, vice presidente vicario Fipe-Confcommercio, Giuseppe Bellandi sindaco di Montecatini, Alberto Lupini, direttore del network “Italia a tavola” e il sottoscritto. Rispetto agli altri partecipanti era suonata un po' in distonia la posizione del rappresentante delle Pro Loco che insisteva sul significato (a suo dire) sociale delle feste popolari in termini di 'calmiere' . Le sagre da questo punto di vista consentirebbero di 'mangiare fuori' anche alle famiglie 'colpite dalla crisi'. Una posizione un po' demagogica contestata dal rappresentante della FIPE (ma anche gli altri relatori) che hanno avuto buon gioco nel dimostrare che i 'valori sociali' di tali 'sagre' trovano riscontro in altrettanti disvalori: carenza di sicurezza, igienica in primo luogo, condizioni di lavoro precarie, danno economico per le imprese (-30% di incassi nel periodo delle sagre secondo stime della FIPE toscana).

Alla ricerca di definizioni di 'sagra di qualità'

La soluzione non può essere ricercata solo in una 'tregua' tra Pro Loco e associazioni di categoria dei pubblici esercizi. Innanzitutto perché oltre alle Pro Loco sono numerosi i soggetti che organizzano sagre e feste popolari, in secondo luogo perché la sagra autentica è qualcosa che coinvolge anche altri attori: contadini, artigiani della trasformazione alimentare, associazioni ed operatori culturali, amministrazioni locali. Se la sagra è intesa quale elemento di una politica di promozione del territorio, dei suoi prodotti ,delle sue tradizioni il rischio di 'catering sottocosto' viene automaticamente meno. Va quindi collegata e resa funzionale ad una serie di altre iniziative permanenti, ricorrenti, occasionali: rassegne gastronomiche, strade del vino e dei sapori, aziende agricole aperte, passeggiate gastronomiche. L'importante è che l'organizzazione non sia finalizzata a fini speculativi o di mero autofinanziamento di associazioni di volontariato (per quanto nobili siano i loro fini). La sagra di qualità deve essere un investimento in sé, un elemento di promozione in grado di fornire ricadute virtuose a favore  dei vari soggetti che si impegnano a promuoverla e organizzarla. Non necessariamente immediate. Un investimento che ricada visibilmente sul turista- partecipante (stimolato dalla possibilità di degustare cibi non comuni a scoprire cosa riserva il territorio in termini di prodotti e di ristorazione) ma anche sul circuito alberghiero, sulle rivendite e i produttori diretti ecc e che , una oculata 'regia' della manifestazione, può concorrere a distribuire anche sulla ristorazione. La sagra autentica, a differnza di quella 'tarocca', è un evento che richiama turismo. E' quella falsa che sottrae clienti alla ristorazione e attira un pubblico che 'muoverà' una spesa turistica minima. Nulla vieta comunque che si organizzino manifestazioni 'simil sagra' con generici scopi di socializzazione, intrattenimento, autofinanziamento. L'importante è che non si confondano con la Sagra tradizionale di qualità. Ci vuole, invece, severità per i parassiti della sagra, per chi approfitta dell'etichetta delle sagra e della festa per organizzare eventi 'mordi e fuggi' al solo fine di riempirsi le tasche a spese della dabbenaggine (del pubblico e dei publici amministratori).

Un semaforo per orientarsi

Il monitoraggio delle sagre, da affidarsi ad esperti di enogastronmia ma anche di cultura e storia locali, deve essere finalizzato a stabilire una sorta di semaforo:

 

  • rosso = evento dal connotato commerciale se non speculativo;
  • giallo: evento con generiche finalità di socializzazione in cui l'aspetto gastronomico è secondario rispetto ad alti e la somministrazione dei cibi e bevande non risponde a criteri di qualità, freschezza, artigianalità, territorialità;
  • verde = evento in grado di svolgere una funzione di promozione super partes dell'offerta alimentare e gastronomica del territorio nel rispetto di criteri di qualità, ridotta produzione di rifiuti, originalità nel servizio (non assimilabile al catering).

 

Nella valutazione dovranno contare i numeri assoluti e relativi (impatto in termini di pasti serviti sull'offerta degli esercizi delle vicinanze), la contestualizzazione (ambito urbano piuttosto che siti rurali con assenza di pubblici esercizi e con oggettive difficoltà ad ottemprare a standard normativi).

Per il 'codice rosso' deve essere prevista una rigida contingentazione e l'osservanza scrupolosa di tutte le normative fiscali, igienico-sanitarie, di sicurezza ecc., nonché piena copertura dei costi per l'occupazione del suolo pubblico, la pulizia, vigilanza ecc.

Per le manifestazioni 'gialle' (es. feste di partito o generiche feste popolari e fiere con 'tendone' per la somministrazione di pasti più o meno 'tipici') mantenimento delle agevolazioni ma limitazione delle sovvenzioni pubbliche con riferimento agli aspetti gastronomici.

Per il 'bollino verde' (sagra di qualità) massimo di agevolazioni e incoraggiamento all'erogazione di contributi sulla base del riconoscimento delle finalità di promozione territoriale, culturali, educative della sagra.

E' certo che le 1.000 sagre toscane non potranno essere tutte incluse se si intende sostenere quelle realmente meritevoli. Queste ultime potranno entrare in un circuito nazionale a garanzia di un circuito turistico di sagre di qualità che può svilupparsi solo sulla base di una rigida selezione. Queste idee fanno parte del mio contributo all'elaborazione dei criteri per l'identificazione delle sagre di qualità, Ho esposto alcune mie riflessioni ed alcune proposte in un precedente Commento ruralpino (Commenti e riflessioni: Sagre)

 

Il 24 settembre verrà presentato il 'Manifesto delle sagre'

 

Il lavoro del gruppo di esperti che sta elaborando i criteri per discriminare le sagre autentiche sarà illustrato Venerdì 24 settembre in occasione dell'apertura di Territori in Festival (ore 18 Hotel Excelsior). Verrà presentato  in quella occasione il 'Manifesto delle sagre' di qualità'. Ovviamente si tratta solo di criteri. La predisposizione di una normativa sarà compito delle regioni. Si spera, però, di fornire un contributo utile a dirimere un problema che può contribuire in modo non marginale a sostenere alcuni comparti dell'economia turistica e agroalimentare.

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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