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(19/3/2023) - Grazie a soggetti forniti a prezzo politico, alcuni cani pastore di origine calabrese, provenienti dal nucleo di Cristina Fraquelli, stabilito grazie alla raccolta fondi di Ruralpini (vai a vedere) e dal pastore Massimo Verbitz, sono stati trasferiti in alta Valtellina a Roberto Compagnoni di Valdisotto e in provincia di Varese a Gianni Beltrami. Tutti e quattro (fornitori e riceventi) sono allevatori di capre. Sia Compagnoni che Beltrami dispongono ora di una coppia e le prossime cucciolate saranno a disposizione , sempre a condizioni eque, a pastori che ne avessero bisogno sotto l'incalzare della crescente pressione predatoria. A questo punto, però, l'attività di questo "circolo di pastori solidali" è supportata da un'entità creata all'interno dell'Associazione Pastoralismo Alpino che ha preso il nome di Commissione cinofilia (pastorale) ed è composta da veterinari, pastori professionisti e pastori che allevano (non in forma commerciale) cani. Questa commissione si prefigge di interloquire con le istituzioni per sollecitare adeguamenti normativi e sostegni per gli allevatori/pastori che necessitano di proteggere le loro greggi/mandrie
Aiutata Cristina a difendere le sue capre

Aiutiamo Cristina a difendere le sue capre

(08/11/2021) Aiutami a raccogliere duemila euro per aiutare Cristina ad acquistare da veri pastori (che li cedono a prezzo politico), cani affidabili adatti ai pascoli dell'alto Lario. Una storia di veri allevatori di montagna che soffrono per tante difficoltà, non aiutati (a dir poco) dalle istituzioni che, nei fatti, stanno dalla parte della proliferazione senza regole dei lupi e della mafia dei pascoli. Loro si stanno aiutando da soli, ma hanno bisogno anche dell'aiuto delle persone di buon cuore, che hanno a cuore la montagna, gli animali, le capre, i cani, la gente di montagna.
Alpeggio libertà ma va difesa

Cani da difesa greggi: sfruttando l'emergenza lupi si smerciano soggetti non idonei

(2/03/2019) La lobby del lupo, che punta a eliminare la pastorizia dalle Alpi attraverso la diffusione dei grandi carnivori, caldeggia da anni l'adozione a tappeto dei cani da difesa. Lo fa perché sa bene che i pastori non solo non riusciranno a eliminare i danni da predazione ma si troveranno a fronteggiare altri problemi (la problematica "convivenza" tra cani sufficientemente aggressivi per contrastare i lupi e i turisti), tanto da gettare la spugna. Nel frattempo chi non adotta i cani, o chi li adotta ma non riesce a evitare le predazioni, viene biasimato come testardo, retrogrado o incapace (chi è causa del suo mal pianga sé stesso). Se si aggiunge che molti cani venduti come "addestrati e selezionati" sono stati "addestrati" in forza della presenza in allevamento (canino) di quattro pecorelle da compagnia, si comprende bene come la "soluzione" cani sia in realtà una trappola perfetta. Utile, non in ultimo, a dividere i pastori tra loro e a esibire come "buoni selvaggi" (da contrapporre ai "cattivi"), i pastori che accettano di fare da testimonial della felice convivenza con il lupo in cambio della fornitura a gratis di crocchette per cani della Almo Nature.
Cani da difesa vietati
(22.06.20) Non è la prima volta che dobbiamo occuparci del tema. Il pastore è stretto nella tenaglia tra lupi e gestione dei cani da difesa. Sulle Alpi problematica perché il turismo fruisce di spazi che si sovrappongono largamente a quelli del pastoralismo. Quando un comune come quello di Alagna Valsesia (zona dove i lupi sono in forte aumento) prevede pesanti limiti all'uso dei cani da difesa, scaricando sui pastori gli oneri della gestione del conflitto cani-turisti, non possiamo non fare a meno di riflettere che la "convivenza" o "coabitazione" tra lupo e pastoralismo è solo l'ipocrita formula per togliere di mezzo uno dei due elementi della "convivenza": il pastore e i suoi animali.