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Lupo

Michele Corti, 12  novembre, 2022


Gli esperti: il lupo è in esplosione demografica in Europa ma in Italia, il paese con più lupi... sono ancora a rischio 



(12/11/2022) - In vista della riunione della segreteria permanente della Convenzione di Berna (quella che nel lontanissimo 1979 decretò il regime di super protezione a favore del lupo), il gruppo degli esperti europei dei grandi carnivori (LCIE - Large carnivore initiative Europe) ha redatto un report nel quale sono costretti ad ammettere che la crescita del lupo è un fenomeno generale in Europa, che solo in qualche paese balcanico, dove sono comunque molto numerosi, è in diminuzioe. Che nella maggior parte dei paesi è in atto una forte crescita, che non accenna a diminuire. Il report è disponibile da tempo ma i media e la politica pare non se ne siano accorti. La Convenzione di Berna e la Commissione Europea non possono però ignorare un quadro demografico che fa venir meno i presupposti per lo status giuridico di super protezione della specie. La spinta della lobby a favore di una protezione "a prescindere" è fortissima e, come testimoniano anche le prime timide e impacciate dichiarazioni dei nuovi ministri del governo italiano, ben lungi dal riconoscere che c'è un'emergenza e che non si può perdere tempo nell'attivare piani di contenimento.


Il 2 settembre è  stato pubblicato a Strasburgo il rapporto Assessment of the conservation status of the Wolf (Canis lupus) in Europe (Valutazione dello stato di conservazione del lupo in Europa).  Il rapporto è un'iniziativa della Convenzione di Berna e del Consiglio d'Europa presso cui ha sede la Segreteria permanente della Convenzione stessa.  La Segreteria si riunirà tra il 28 novembre e il 2 dicembre.

Ma ci sono speranze che quanto messo nero su bianco dagli esperti ("Il lupo nella scala di gradi di rischio per la conservazione è al livello più basso: nessun rischio") venga tradotta in una revisione della Convenzione. A nostro parere nesssuna.  Come abbiamo già notato in altre occasioni, questi organismi  sono parte attiva di una governance che sfugge al controllo delle istituzioni elettive che, bene o male, sono sotto la pressione di tutte le componenti sociali. I trattati internazionali , che già di per sé limitano la democrazia (in Italia il popolo non può esprimersi su di essi), diventano poi dele nuove burocrazie permanenti, dei centri decisionali dove lobby e tecnocrati, al riparo del controllo democratico, prendono decisioni che poi la politica è costretta a ratificare.  

Il Consiglio d'Europa è allargato a 46 stati (rispetto ai 27 della UE, la sua missione è quella di "promuovere la democrazia e di proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa"  (ovvero l'agenda neoliberale e l'imposizione della dittatura del politically correct, della censura in nome dell'incitamento all'odio ecc).  Con queste premesse, tenendo conto del peso delle lobby animal-ambientaliste nell'ambito della Convenzione,  le speranze che la Convenzione di Berna sia rivista sono pressoché nulle anche se il report del LCIE sottrae qualsiasi base di tipo scientifico al mantenimento dello status di super protezione del lupo.  In ogni caso il rapporto è un documento scottante perché certifica che non si sono più elementi, sulla base di considerazioni conservazioniste, per proteggere il lupo più di altre specie selvatiche. Qualcosa di inaccettabile per le organizzazioni animal-ambientaliste di tutta Europa che, sul mito del lupo, hanno investito massicciamente. Mai e poi mai poytanno ammettere che il lupo venga "retrocesso" al livello di una volpe, di un tasso, di un cervo.  Si tratterebbe di togliere il lupo dall'elenco delle specie strettamente protette  (Allegato  II della Direttiva Habitate) e spostarlo a quello delle specie protette  (Allegato V odella Direttiva Habitat) e dall' Appendice II all'Appendice III della convenzione di Berna.

In Italia il lupo gode di uno status speciale, di un'iper-protezione che è legge non scritta ma ferrea

L'impatto ideologico, politico, simbolico del declassamento del lupo, da specie super-protetta a specie "normalmente" protetta, sarebbe devastante per il "potere verde". In Italia la questione è ancora più scottante perché, da noi, non vige il regime di super-protezione (che prevede le famose "deroghe") che consentono ai nostri vicini francesi e svizzeri (stiamo parlando di Convenzione di Berna, non di Direttiva Habitat che si applica alla Ue ma che è figlia, per quanto riguarda il lupo, della Convenzione di Berna). In Italia, come abbiamo ripetuto tante volte, vige un regine de facro di iper-protezione in quanto la legge consentirebbe di operare come in Francia o in Svizzera (le "deroghe" sono previste dalla normativa di recepimento della Direttiva Habitat e ci mancherebbe che non lo fossero), ma la vigliaccheria della politica regionale e romana  che teme l'anatema, l'interdetto, la scomunica  animal-ambientalista, si paralizza appena qualcuno osi solo parlare di una remota possibilità di controllo del lupo.  Per rendere un'idea della rapidità dell'espansione del lupo nasti considerare la situazione al 2016 (mappa sotto, da Boitani, 2018). Le presenze sull'arco alpino centro-occidentale italiano erano sporadiche. In Francia nel 2016 si contavano 250 lupi che, oggi, sono più di 1000 (erano 921 alla fine dell'inverno scorso). In Svizzera nel 2016 i lupi erano 34, all'inizio del 2022 ne sono stati stimati 180.  Si tratta di una crescita travolgente con il raddoppio ogni tre anni in molti territori di recente insediamento. Come nel caso italiano i dati dell'indagine del LCIE (maggio 2022) si riferiscono spesso a qualche anno prima. Il dato italiano è quello relativo alla celebrata indagine del 2020-2021 che, come ammesso nel rapporto LCIE non ha coperto tutto il territorio realmente occupato dai lupi. 

Le popolazioni che nella carta sono isolate si sono saldate o si stanno saldando. Sulle Alpi si osservano oggi lupi di origine balcanica e carpatica. Sui Pirenei il lupo di origine appenninica (ma sarà proprio vero?) si sta saldando con quello del nord della penisola iberica. E' ormai una grande metapopolazione quella dei lupi, con relativo scambio genetico.  Ora lo riconoscono anche i lupologinel rapporto ( The overall European wolf population can be viewed as a large metapopulation with several distinct fragments, although dispersal could theoretically connect almost all fragments, and connections are being re-established in many areas).  Ma se una specie è in forte incremento numerico, si espande su areali sempre più vasti,  vede le popolazioni un tempo separate unite da corridoi di scambio genetico chi può ancora sostenere che è a "rischio di estinzione"? Gli animalisti, per i quali conta solo l'ideologia, la mistica del lupo non rinunciano, con grande sprezzo del ridicolo a reiterare lil mantra dei lupi in via di estinzione. Solo pochi giorni fa, azzannando un poco chiaro ministro Lollobrigida, l'Enpa dichiarava: Siamo allibiti per le parole del ministro Lollobrigida. La sua proposta di abbattere orsi e lupi, particolarmente protetti dalla legge 157/92 e dalle convenzioni internazionali, non solo è contraria alla scienza ma offende il sentire di milioni di italiani che, come noto, sono da sempre contrari alle uccisioni dei grandi carnivori, il patrimonio più prezioso della nostra biodiversità, peraltro in gravissimo declino. Gravissimo declino. Come l'ideologia (e gli interesi di bottega) riesca a dare il coraggio di sostenere il contrario dell'evidenza è ammirevole, se non fosse perversione. 



Al di là dei dati più o meno aggiornati e della grande varietà di metodi adottati per i censimenti, risulta che su 34 paesi i lupi stanno aumentando in 19 e diminuendo in soli tre, tutti balcanici: Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Nord Macedonia. In diversi paesi semplicemente non ci sono dati che consentono di stabilire la dinamica della popolazione.  L'Italia, nonostante la sottovalutazione del numero di lupi, è il paese che ha la più grossa popolazione in Europa (tolta, ovviamente la Russia e la Bielorussia non considerate nel rapporto), superando la Romania (dove sono stimati 2500-3000). Con 3000 lupi in Italia, però,  nel 2019, di osservavano  8400 predazioni di ovicaprini, mentre in Francia con soli 780 di registravano 11000 casi. I lupi italiani sono meno voraci o, piuttosto, è il "sistema" più efficiente nel dissuadere gli allevatori dal denunciare le perdite o nel non volerle riconoscere? Se si pensa a quelle regioni che, senza l'esito di un tampone per l'esame del Dna, non riconoscono la predazione e il risarcimento o se si pensa ai molti allevatori che tacciono per paura di non essere trovati in regola (marche auricolari, zone di pascolo c'è da optare per la seconda ipotesi). Di certo si sa che le istituzioni competenti non agevolano gli allevatori e che, normalmente, le procedure per le denunce e le richieste di indennizzi sono talmente macchinose da far propendere chi ha solo pochi capi ovicaprini predati a tacere, a fingere di aver smarrito il capo, a sotterrarlo. Siccome i casi in tutta Italia sono migliaia è facile capire perché l'impatto predatorio è pesantemente sottostimato.

Oltre alla voluta sottovalutazione della predazione, la lupologia riesce ancora a sostenere che sull'Arco alpino, nonostante la spettacolare crescita dalle Alpi francesi al Fiuli, il lupo è ancora "quasi in pericolo". Lo conferma il rapporto della LCIE per la Convenzione di Berna. Che sulle Alpi con 1900 luci si consideri ancora il lupo, sia pure al livello minimo, "a rischio" (near threatened) è spudoratamente legato al desiderio di poter continuare a incamerare i milioni dei progetti Life Wolf Alp che svanirebbero altrimenti. La cosa appare scandalosa perché, nel complesso, il rapporto sostiene che in Europa non c'è più alcun rischio per la conservazione del lupo. Come si spieghi un'area tra quelle del continente dove i lupi sono più numerosi e dove crescono a ritmo travolgante ci sia ancora un minimo di rischio lo si spiega solo con il fatto che, per quanto riguarda le Alpi è Boitani a pontificare e i colleghi europei non hanno certo il coraggio di contraddirlo pur sapendo i motivi (la gallina dalle uova d'oro del progetto Wolf Alp, Wolf Alp bis, Wolf Alps ter della Marucco, pupilla di Boitani). 

Per riuscire a sostenere che sulle Alpi c'è ancora un tantino di rischio, Boitani deve arrampicarsi sugli specchi Dispersion over a large range, fragmentation among several countries, and the first signs of hybridisation (North-East in the western Alps of Italy and France, and eastern Alps of Italy) justify its assessment in category Near Threatened.  Ma se gli ibridi li hanno lasciati scorazzare per anni? Se solo quest'anno hanno iniziato a catturarne e sterilizzarne qualcuno? Se il "biondo" che era stato avvistato in Val d'Ossola per essere tolto di mezzo ha dovuto commettere l'errore di espatriare in Svizzera dove è stato prontamente sparato? E che motivo di rischio è per i lupi  la "divisione in diversi paesi"? Forse che ai lupi si nega l'ingresso in quanto clandestini? Non possono circolare liberamente? 

Per quanto riguarda gli Appennini dove gli stessi lupologi ammettono che è stata raggiunta la saturazione (infatti li si trova ovunque nelle vicine pianure, città, aree costiere) la spudoratezza di Boitani non è da meno. The Italian peninsula wolf population is estimated to number 2020-2645 individuals. The shape of the range is narrow and elongated, mainly restricted to the Apennines mountains. In spite of the recent increase in numbers and range, the Italian peninsula wolf population is locally vulnerable to local extermination from human pressures (poisoning, shooting) and the locally high prevalence of wolf-dog hybridisation. The stochastic nature of these events suggests that the current positive status of the population may easily be reversed. [La popolazione di lupi della penisola italiana è stimata in 2020-2645 individui. La forma della catena è stretta e allungata, ristretta principalmente alle montagne dell'Appennino. Nonostante il recente aumento del numero e dell'estensione, la popolazione di lupi della penisola italiana è localmente vulnerabile allo sterminio locale per pressioni umane (avvelenamento, fucilazione) e alla prevalenza localmente elevata dell'ibridazione cane-lupo. La natura stocastica di questi eventi suggerisce che l'attuale stato positivo della popolazione può essere facilmente invertito]. Lo stivale è lungo e stretto (ma va?), i lupi sono confinati nelle montagne appenniniche (balle!), localmente la popolazione è vulnerabile per via dello "sterminio" (applausi per la comicità) con armi da fuoco e veleno. Tartufesca l'osservazione che per una probabilità statistica lo status positivo possa essere facilmente ribaltato. Ma chi ci crede. C'è una certa probabilità possa cadere addosso un asteroide sull'Italia. Ma quale persona di buon senso può ritenere che oggi in Italia i lupi possano rapidamente tornare a diminuire? Non è esaltata la capacità di adattamento della specie?  E poi ancora il mantra degli ibridi, la cui diffusione è responsabilità delle politiche animaliste e del regime di super-protezione che ha consentito ai lupi di frequentare impuniti le aree antropizzate e di entrare in contatto con i cani. 

In conclusione, però, il rapporto, che è opera anche di esperti più onesti di Boitani, con riferimento all'Europa intera  conclude che ... the magnitude of the numbers and the changes in the last decades allow the conclusion that wolf numbers in Europe have increased during the last decade and the overall positive trends appears to be stable or increasing. The conservation status at European scale is undeniably positive and the species can be classified as “Least Concern” in the IUCN Red List system when the assessment is made at the continental scale [ l'entità dei numeri e delle dinamiche negli ultimi decenni consentono di concludere che il numero di lupi in Europa è aumentato nell'ultimo decennio e che le tendenze complessivamente positive sembrano essere stabili o in aumento. Lo stato di conservazione a scala europea è innegabilmente positivo e la specie può essere classificata come “Least Concern” nel sistema della Lista Rossa IUCN quando la valutazione è effettuata a scala continentale].

Resta solo una speranza: che anche sulla base di queste conclusioni, sempre più paesi facciano pressione sulla Convenzione di Berna e sulla Commissione europea per adeguar lo status giuridico alla realtà dello stato di conservazione. Una volta modificata la Convenzione e la Direttiva, l'Italia - il paese con più lupi in Europa - si troverebbe in difficoltà a mantenere un regime i iper-protezione che è solo motivato dall'ideologia e dagli interessi delle lobby.

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