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Cultura rurale

Michele Corti, 8 giugno, 2022

A Pandino una festa che celebra il fieno e i prati

A Gradella di Pandino, questo fine settimana, è stata organizzata una inedita Festa del fieno e dei prati stabili. Un evento che si colloca nel solco delle feste del fieno che da vari anni, vengono celebrate in località di montagna ma che vuole tenere insieme la celebrazione della cultura rurale con la trattazione del fieno e del prato quali elementi attualissimi di ordine tecnico, ecologico, politico.

Il borgo rurale di Gradella (la stella indica la Corte Sant'Anna dove si svolgerà la Festa)

Alla Festa, oltre alla rievocazione delle tecniche tradizionali di fienagione,ci saranno  le dimostrazioni in campo delle macchine più moderne, con impressionante capacità di lavoro. L'attenzione, però, sarà rivolta soprattutto alla qualità della lavorazione, ovvero del fieno prodotto, che - a sua volta - condiziona la qualità del latte e dei latticini da esso ottenuti.  Non ci sarà quindi una stridente contrapposizione tra la parte tecnica attuale e quella rievocativa perché la prima sarà attenta agli aspetti qualitativi, alla filiera, ai valori ambientali, la seconda scevra da atteggiamenti da "presepe vivente" ma attenta a far comprendere come si sono evolute le tecniche nel tempo, partendo dalle operazioni base, quelle fatte a mano che  aiutano a comprendere quale lavoro facciano le macchine e come le macchine stesse si sianosviluppate. Un'unica manifestazione quindi che aspira a risultare originale. Del resto non avrebbe avuto senso replicare le Feste del fieno della montagna.

Nelle condizioni attuali una logica di filiera che parta dal prato stabile e arrivi al formaggio, che sia capace di ottenere, nel suo complesso, una netta differenziazione di valore per unità di prodotto è condizione per assicurare la sostenibilità economica di questi sistemi. C'è da riflette sul fatto che il latte-fieno della Mila sia consumato nelle scuole lombarde scalzando prodotti km zero ma con caratteristiche qualitative diverse.

Il paesaggio dei prati stabili lungo le sponde del fiume Tormo

Ovviamente tutto ciò ha importanza a patto che, oltre che sul lato della remunerazione del latte, si riconosca, in termini di premialità (pensiamo ai piani di sviluppo rurale delle regioni), che queste pratiche agricole virtuose sono capaci - a differenza del sistemi monocolturale maidicolo - di fornire servizi ambientali tangibili (fissazione di CO2, depurazione delle acque, biodiversità, qualità del paesaggio, carico di composti chimici nelle acque, conservazione della fertilità a lungo termine dei suoli).

Nel valorizzare il prodotto fieno di prato stabile di pianura (anche attraverso la tutela della denominazione di origine) si opera anche a favore delle aziende zootecniche della montagna. L'ulteriore contrazione dei prati stabili, prevedibile in assenza di iniziative, priverebbe di un apporto indispensabile per il razionamento quelle aziende vincolate all'uso del fieno in quanto conferenti il latte per la produzione di formaggi tipici.


Non è difficile comprendere come l'attuale movimento commerciale del fieno verso la montagna, iniziato già dagli anni Sessanta con l'inizio delle trasformazioni delle struttura agricola che avrebbero visto la rapida scomparsa delle piccole stalle, normalmente autosufficienti per la produzione foraggera, rappresenta una forma di complementarietà tra montagna e pianura. In precedenza, questa complementarietà sie realizzava trasferendo in inverno le mandrie di montagna nelle cascine della bassa: era la transumanza dei bergamini, fenomeno plurisecolare che ha determinato il trasferimento in pianura di un numero consistente di famiglie che stabilirono in pianura tecniche di allevamento e caseificazione. Non a caso nel Cremasco, nel cui ambito di colloca il Pandinasco, il formaggio tipico è il salva cremasco dop, uno stracchino nato sulle Orobie (che si differenzia dal taleggio per avere lo scalzo alto il doppio).

Oggi una dimostrazione di falciatura a mano dei prati in pianura può apparire qualcosa di nostalgico di tempi lontanissimi. Prevenendo certe critiche diciamo subito che nessuno pensa di proporre il ritorno al faticosissimo lavoro del falciatore. Però non si vuole nemmeno proporre la falciatura a mano solo come un presepio vivente, come un "fossile".  Va intanto precisato che la falciatura a mano si è praticata anche nelle grandi aziende della bassa lombardia, sino all'immediato secondo dopoguerra. La falciatrice operata dal cavallo non presentava un bilancio netto tra vantaggi e vantaggi rispetto a quella manuale da sostituire quest'ultima. E' stata solo la BCS (Baldini . Castoldi - Speroni) nata in quel di Abbiategrasso, terra di prati e marcite e di piccole aziende condotte da ex transumanti, a sostituire ila falciatura a mano. Non a caso la BCS (la motofalciatrice per antonomasia, stella fissa nell'immaginario rurale) nasce nel 1943 quando vi era scarsità di manodopera per via della guerra.

Gradualmente entrata in funzione nelle aziende più grandi, la BCS, continua a essere usata anche in pianura qua e là. Non si è estinta neppure la cultura della falce (della ranza), tanto che il revival di questi tempi trova ancora disponibili a passare il testimone delle tecniche non poche figure rurali. Sotto Angelo Colombo dell'azienda agricola Regolè di Cassano d'Adda (Milano) che mostra come si batte la lama della falce (il manico l'ha appeso con una corda a un ramo di un albero che ombreggia la postazione fissa di battitura). Niente archeologia: saperi vivi.


La falce, in ogni caso, sia in montagna che in pianura, ha ancora un suo spazio nel contesto di piccole aziende o di quell'attività che viene molto erronamente definita, con sprezzo, "hobbistica" (solo perché non c'è nessuno che se ne assuma la advocacy) ma che spesso contribuisce alla manutenzione del residuo spazio rurale più delle grandi aziende. Chi mantiene qualche animale (conigli, capre, pecore)  non usa certo il decespugliatore che maciulla l'erba trasformandola in rifiuto (se non viene compostata). Senza considerare l'inquinamento prodotto dai piccoli motori a scoppio (specie se a due tempi) dei tagliaerba e dei soffiatori (già proibiti nelle città della California) e il fastidio procurato ai vicini.  Chi sostiene che "falciare a mano è stupida nostalgia" dovrebbe considerare che, spesso, le "cose morte" hanno un valore formativo. Perché studiare il latino se è una lingua morta (non del tutto se qualcuno la vorrebbe come lingua ufficiale europea del dopo brexit)? Perché è all'origine delle lingue parlate, ovviamente. Il suo valore educativo non viene certo messo in discussione (semmai si discute quanto e quando deve essere studiato, non certo di abolirlo tout court dagli studi superiori).

Festa del fieno a Monno in Valcamonica

Ma ciò che vale per la mente vale anche per il corpo (senza dimenticare che ogni attività manuale complessa è al tempo stesso un esercizio fisico e mentale). Il perdere alcune manualità che facevano parte della formazione delle generazioni rurali del passato rappresenta un impoverimento (vale per le tecniche di produzione alimentare, per le tecniche di lavorazione del legno, per la realizzazione di muri), una perdita di autosufficienza, di autonomia.

A tutte queste considerazioni si unisce il valore di emblema dei valori e della cultura rurale che ha assunto la falciatura a mano. Se, da noi, le manifestazioni di rievocazione della falciatura a mano sono espressione culturale (ma anche di affermazione di un'identità sociale minacciata, dai boschi che avanzano, dai lupi, dallo spopolamento), altrove ha assunto anche una dimensione sportiva, agonistica con gare e campionati. Non solo in provincia di Bolzano e sulle Alpi ma anche in Inghilterra un paese dove le pratiche contadine sono state precocemente sostituite dalla meccanizzazione delle farm. Ci sono anche dei campionati europei di falce.



Alla Festa del fieno a Pandino le dimostrazioni di falciatura a mano (che daranno anche la possibilità a chi fosse interessato di apprendere i primi rudimenti dell'arte) si inseriscono in un percorso di attività rievocative dal vivo finalizzate a illustrare l'evoluzione delle tecniche. Nell'ambito di queste dimostrazioni ci sarà spazio per gli "anelli intermedi" della meccanizzazione con l'uso delle BCS d'epoca e dei motoranghinatori. Non mancherà l'altro elemento che insieme al lavoro manuale e a quello meccanizzato hanno costituito la storia dei sistemi di fienagione: l'uso del cavallo. Oltre che per le operazioni di andanatura il cavallo sarà impiegato per il trasporto, esattamente come nella foto sopra di un secolo fa. Alle operazioni di rastrellatura e spandimento del fieno (che non richiedono l'uso di un attrezzo da taglio da maneggiare con attenzione) potranno partecipare anche ragazzi ed adulti. I rastrelli saranno di plastica (più leggeri  e meno pericolosi di quelli di ferro), i forconi rigorosamente di legno., preparati per l'occasione dall'artigiano camuno Gianmaria Fontana, che realizza anche manici da falce.  Il forcone a due denti di legno, utilizzato sino a non molti anni orsonono in montagna, sarà anche in vendita. Poi una volta completate le operazioni pomeridiane, rimesso il fieno in mucchi e andane ai ragazzi sarà data la possibilità di fare la corsa ad ostacoli tra le andane e di fare le capriole sui mucchi di fieno. Altri giochi con il fieno ed altri materiali saranno possibili in un'area all'ombra della Corte Sant'Anna.


La siccità, mai così grave a memoria degli anziani, non consente di presentare i prati al meglio. La scarsissima irrigazione e le scarsissime piogge hanno consentito solo la crescita di una rada coltre di loietto. Anche il prato della corte contigua (sotto), una volta tagliato ha l'aspetto secco della foto sotto. Nello spiazzo, dove c'era l'aia, verrà montata la tesnsostruttura per i convegni e per la ristorazione. Nell'area a prato, all'ombra degli alberi funzionerà anche il bar.

Per il programma dei convegni (vai a vedere) e per il menù (vai a vedere) si rimanda sito Pastoralismo alpino. Qui ci limitiamo a sottolineare come il menù sia realmente a tema: dalla carne ovina di greggi che, in inverno, frequentano le aree tra Serio e Adda (potendo disporre oltre alle stoppie e superfici marginali soprattutto dei prati stabili), al prosciutto dell'alta val Seriana stagionato sul fieno (il "Botto").


Tra i formaggi quelli della tradizione della montagna (val Brembana, val Taleggio, Valsassina): Branzi FTB, strachitunt dop, robiola di monte della Valsassina (formaggi di latte di montagna con alimentazioni con importante base di fieno di prato stabile) e una innovazione in tema: il formaggio con i fiori (coltivati in montagna all'ombra della Grigna). Questi fiori, accuratamente preparati (foto sotto) sono inseriti nella pasta del formaggio e la profumano in modo particolare.


L'alimento più "in tema" con la Festa del fieno è sivuramente il gelato al fieno, preparato appositamente per la Festa da Giovanni della Cremeria Unika di Crema (un laboratorio che usa solo materie prime fresche e bio). Fieno tagliato a mano (ecco un uso della falce) con cura, accuratamente essiccato e manipolato (sotto un sacchetto nel laboratorio di Crema). Fieno di montagna, nato in alta val Seriana e sceso a Crema lungo il Serio e qui immersosi nel latte (fresco e bio). Per i dettagli della storia del gelato al fieno vai a vedere.

Chiudiamo sperando di aver trasmesso un po' delle suggestioni che hanno spinto a realizzare la Festa. A chi deve fare fieno su grandi e piccoli appezzamenti, a mano, con la bcs, con l'ultimo modello di falciacondizionatrice, auguriamo di avere acqua per bagnare in pianura e sole in montagna.




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