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[Latte crudo fa bene]

 

(05.12.08) Il latte crudo fa bene ma non si dica in giro (alcuni fatti)

 

Sottoposto a rigidissimi controlli presenta rischi nettamente inferiori ad altri alimenti

Costa meno al consumatore, consente ai piccoli allevatori di sopravvivere, riduce la produzione di rifiuti e il traffico sulle strade e …. soprattutto fa bene alla salute. Viene il sospetto che tutti questi pregi agli occhi del sistema di industriale di produzione, consumo e cura siano, invece, gravissimi difetti.

Il latte crudo rispetto al generico latte alimentare presenta parametri di qualità igienico-sanitaria nettamente migliori. Dalle analisi effettuate nel 2006 sul latte degli allevamenti lombardi che vendono direttamente il loro latte emergevano valori di carica batterica totale estremamente bassi (17.700 germi /ml contro i 40.000 del totale degli allevamenti). Anche le cellule somatiche (parametro peraltro non direttamente legato a rischi per la salute del consumatore, ma indice di salute della mammella) sono risultate nettamente più basse nel latte degli allevamenti che vendono latte crudo (150.000 cellule / ml  contro oltre 300.000 degli allevamenti lombardi).

Con la circolare del 13 aprile 2007 la Regione Lombardia (seguita da altre regioni) ha poi stabilito dei parametri severissimi che impongono che la carica batterica nel latte crudo sia inferiore a 25.000 germi/ml (deve essere inferiore a 100.000 nel latte destinato a “latte fresco ad alta qualità”!) e ci sia totale assenza di un patogeno quale Staphilococcus aureus che è pericoloso solo in relazione alle tossine che può produrre (quando è in concentrazioni elevate). In assenza del rispetto di questi parametri draconiani vi è l’immediata sospensione della vendita.

Il latte crudo è quindi un “sorvegliato speciale” è le campagne sui rischi inerenti al suo consumo hanno tutta l’aria di riflettere la preoccupazione delle industrie di perdere una piccola quota del loro mercato ma, soprattutto di veder crescere il peso contrattuale (e l’indipendenza) degli allevatori. Va però detto che tanta “attenzione” lo rende un prodotto del tutto sicuro. La sicurezza è legata non solo al sistema di controlli, ma anche al perfezionamento delle macchine distributrici (oggi prodotte anche in Italia) dotate di sistemi di autopulizia e di sicurezza che interrompono l’erogazione qualora le condizioni di refrigerazione non fossero più garantite.

Veniamo ora alla superiorità del latte non pastorizzato per la salute di chi lo consuma. Già in passato era nota la maggior presenza di vitamine e la miglior digeribilità del latte crudo, ma i rischi di contaminazione con patogeni erano tali da mettere in secondo piano questi vantaggi. Oggi molti studi indicano invece una netta minore incidenza di patologie nei soggetti che si alimentano di latte crudo (specie se da tenera età).

Nel 2007 sono stati pubblicati su una rivista specializzata (Clinical & Experimental Allery) i risultati di un’ampia indagine epidemiologica condotta in 5 paesi europei su un totale di ben 14.893 bambini da 5 a 13 anni. Essi dicono che consumo di latte crudo è associato a una riduzione dell’asma (-26%), della febbre da fieno (-33%) e delle allergie alimentari (-58%). Lo studio indicherebbe che il vantaggio del latte crudo proveniente direttamente dalle stalle si mantiene anche se esso viene sottoposto a bollitura. Quest’ultimo dato secondo gli stessi autori potrebbe però riflettere dichiarazioni non veritiere dei genitori (che dichiaravano di bollire il latte per non apparire “igienicamente scorretti”).  E’ quindi probabile che oltre al riscaldamento anche il periodo intercorso tra l’emissione del latte e il suo consumo danneggi i componenti naturali del latte in grado di svolgere un ruolo di rafforzamento del sistema immunitario. Tra questi componenti vi sono dei composti (peptidi) già presenti come tali nel latte o derivati delle proteine del latte stesso (caseine e sieroproteine) per opera di enzimi (questi ultimi, a loro volta, sono delle proteine molto specializzate per scindere,  unire o comunque trasformare le molecole organiche).

Nel latte crudo però vi sono oltre a componenti in grado di agire da biomodulatori del sistema immunitario anche delle proteine che hanno azione antibatterica e in qualche caso anche antivirale. E’ logico, il latte è l’alimento per i neonati e i neonati sono privi di difese immunitarie proprie e quindi soggetti molto più degli adulti a contrarre infezioni.

Si tratta di enzimi quali la lattoferrina, la lattoperossidasi, il lisozima, la xantina ossidasi. Il calore denatura in modo più o meno grave tutte queste proteine impedendo di svolgere la loro funzione. Gli enzimi facilitano le reazioni biochimiche interagendo con le molecole di cui promuovono la modificazione formando dei complessi attraverso dei “siti attivi”.  Si tratta di un meccanismo tipo chiave-serratura: se la forma della chiave si modifica anche leggermente (per colpa del calore o di altri fattori chimico-fisici) questa non “riconosce” più la serratura. Tutto questo ci spiega perché nel latte crudo i patogeni crescono più lentamente. Spiega anche perché il latte crudo (anche non refrigerato) per diverse ore è protetto dalla proliferazione microbica. Se aggiungiamo che nel latte crudo vi è una flora batterica “buona” che può contrastare lo sviluppo di quella cattiva comprendiamo che sono tanti i fattori che riducono la pericolosità presunta del latte crudo. Negli Stati Uniti i casi di infezione da Salmonella sono 1,4 milioni, di questi quelli riconducibili al consumo di latte crudo poche centinaia. Quanto alla temutissima Listeriosi va osservato che essa è un patogeno ubiquitario e opportunista che può contaminare anche prodotti pastorizzati e si sviluppa pericolosamente quando non trova competizioni. La recrudescenza del problema della Lysteria (i primi casi mortali nell’uomo sono degli anni ’80 mentre nell’ambiente è sempre stata diffusissima) è legata alle nuove tecniche sia di allevamento (insilati) che di caseificazione dove l’uso di pastorizzazione e disinfettanti ne favorisce l’insediamento in nicchie di pericolosa presenza. Va anche aggiunto 1) che questo germe infetta quasi esclusivamente individui immunodepressi come diabetici e pazienti in trattamento con farmaci immunodepresssivi; 2) che per colpa dell’uso indiscriminato degli antibiotici la Lysteria è uno dei patogeni che sta diventando sempre più pericoloso perché resistente ai comuni trattamenti antibiotici. Ecco il paradosso: i problemi creati dal sistema agroalimentare industrializzato e da una medicina che cura col farmaco invece che puntare alla prevenzione ambientale vengono utilizzati per “frenare” un prodotto che va decisamente bene alla salute umana (e in particolare al sistema immunitario che, oggi, è indebolito da inquinamento, stili di stili di vita e di consumo).

Di fronte a tutte queste considerazioni bisogna dire chiaramente che i supposti rischi del latte crudo non possono certo controbilanciare i suoi ormai comprovati e notevoli effetti benefici.

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