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Cibo territoriale  /  Cultura ruralpina



Il Natale dei contadini

Un rito che non scompare: la macellazione del suino


di Michele Corti


(23.12.18) A novembre, a Natale nella società contadina si celebrava la festa della macellazione del maiale. Sacro e profano nel mondo contadino si intrecciavano senza contraddizione. Natale è festa di morte e di rinascita (del sole), per il cristianesimo della nascita di un Dio destinato a morte sacrificale. Se il cristianesimo festeggia la fine dell'anno il 31 dicembre, il calendario celtico, che ha lasciato un segno profondo sulla cultura contadina, specie lombarda, festeggiava il capodanno l'11 novembre (non a caso vi è stato sovrapposto San Martino, santo cimiteriale ma della schiera dei "santi militari", prontamente adottati quali forti protettori dai contadini - in particolare allevatori - costretti ad abbandonare i culti tradizionali (Michele, Fermo, Giorgio, Magno, Chiaffredo, Sebastiano).

Il sacrificio del maiale in questo tempo di passaggio, e di intreccio tra vita e morte, è del tutto coerente; così il capodanno si festeggia tutt'oggi (vegani esclusi) con un pasto rituale a base di salumi cotti (zampone).    

Qualche anno fa si temeva che il rito della macellazione del suino, così importante nella società contadina, fosse destinato all'estinzione sull'onda dell'igienismo paranoico che ha caratterizzato la fase  (non esaurita) dell'agroindustrialismo.  Ridottisi qualche anno fa a soli due suini i limiti per la macellazione "a domicilio" sono stati portati in Regione Lombardia a quattro suini, nettamente al di sotto di quello che prevede (sette animali) la provincia autonoma di Bolzano, notoriamente più sensibile alle esigenze dei piccoli produttori agricoli. La normativa lombarda  vigente (Decreto Direzione Generale Sanità n. 9405 del 23/10/2012) vale anche per le aziende agricole che non sio sono dotate di un macello aziendale  consente la macellazione presso il domicilio del privato di animali della specie suina e degli ovi-caprini di età inferiore a 6 mesi. I suini possono essere macellati a domicilio:  di norma nel periodo novembre – marzo;  in numero massimo di 4 suini per allevamento calcolati dal 1° gennaio al 31 dicembre. Possono essere macellati a domicilio i suini allevati per almeno i 30 giorni precedenti presso il luogo dove avviene la macellazione e quelli acquistati vivi  procedendo però in questo caso alla macellazione presso il locale annesso all’allevamento stesso.
La macellazione a domicilio dei suini deve essere effettuata da operatori dotati di un adeguato livello di competenze per l’esecuzione di dette operazioni senza causare agli animali dolori, ansia o sofferenze evitabili.
Tutte le parti della carcassa e le frattaglie degli animali macellati, compreso il sangue, devono essere sottoposte successivamente alla macellazione ad accurata ispezione dal personale veterinario al fine di giudicarne la loro idoneità al consumo alimentare umano e ad effettuare i prelievi per l’esecuzione dell’esame trichinoscopico.


La macellazione del maiale quale rito della società contadina

Riporto alcuni brani del capitolo Il maiale, alle pagine 297-317 del mio libro Dieta alpina (A. Carminati, M. Corti, Dieta alpina. La cultura alimentare della montagna lombarda. Dimensione storico-etnografica, produzione e racconti d'oggi, Sant'Omobono, Edizioni Centro Studi Valle Imagna, 2018).


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Si cercava di macellare in luna calante, in giornata fredda e asciutta, tra novembre e febbraio, spesso facendo coincidere l’evento con il periodo di Natale o di Sant’Antonio, evitando però la macellazione il 17 gennaio. All’interno del ciclo annuale del lavoro contadino la macellazione del maiale rappresentava un evento complesso, che richiedeva la presenza di specialisti, spesso itineranti. In loro assenza la qualità e la conservabilità dei prodotti lasciavano spesso a desiderare e si rischiava di compromettere tante fatiche e prodotti. L’operazione richiedeva quindi elementi di competenza specialistica, tramandata di padre in figlio, e di impegno corale. Come per gli altri grandi eventi della vita contadina (quelli legati alle raccolte), uomini e donne, giovanissimi e anziani, avevano ciascuno un compito, nel contesto di una o più giornate frenetiche in cui si lavorava in modo instancabile perché non era possibile ritardare certe operazioni, necessariamente concatenate tra loro. La macellazione del maiale richiedeva anche la collaborazione di più famiglie contadine. Si trattava di una collaborazione su vari piani: spesso le famiglie piccole (o più povere) avevano collaborato sin nell’allevamento e nell’ingrasso di un suino in comune. Essenziale, per il buon andamento delle operazioni, era, in ogni caso, il poter disporre di numerosa manodopera. Al termine delle lunghe e faticose operazioni di macellazione e insaccatura nessuno di coloro che non appartenevano alla famiglia e che avevano partecipato alla “festa”, tornava a casa a mani vuote: In queste giornate ci si faceva aiutare da parenti e amici come per la vendemmia e la sera tutti gli “aiutanti” se ne tornavano a casa con alcuni prodotti della giornata; c’erano sempre una salsiccia e un salame e, a volte, anche qualche pezzo di carne e di frattaglie. La cooperazione tra famiglie si esprimeva anche nella fase di consumo, dal momento che, onde evitare sprechi e/o un’abbondanza eccessiva quanto effimera, era bene cedere “a ruota” le parti più deperibili o, nei mesi successivi alla macellazione, organizzare delle cene con i vicini. Le altre famiglie avrebbero ricambiato. Così, il periodo di fine autunno, rappresentava un periodo di inconsueta abbondanza di carne fresca, grassi e proteine animali. I prodotti più nobili (salami da consumare crudi, coppe, pancette, prosciutti) e il prezioso lardo, che avrebbe rappresentato il condimento principale, erano destinati a durare per tutto un anno. La macellazione del maiale era una “festa del sacrificio” perché la morte del maiale, di cui nulla sarebbe stato sprecato,  era realmente una condizione per assicurare la vita del gruppo parentale (e non solo per soddisfare appetito e golosità). L’epoca della macellazione era determinata dalla necessità di conservazione della carne, che richiedeva il sopraggiungere del freddo, ma coincideva anche con l’esaurimento del ciclo della vegetazione e la fine dell’annata agraria, accentuandone i significati simbolici.


La festa della macellazione del maiale aveva anche profondi risvolti sociali: rappresentava un elemento di coesione e solidarietà tra le famiglie sia nella fase di macellazione e lavorazione delle carni che in quella del loro consumo, occasione di scambi e di convivialità. Va tenuto presente che, molto spesso, le famiglie non erano in grado di alimentare il maiale (gli scarti alimentari erano pochissimi perché non si sprecava nulla) e dovevano perciò consorziarsi tra loro per acquistare e ingrassare un maiale. Quando, invece, la famiglia riusciva a macellare il proprio maiale offriva ai vicini, nei giorni dopo la macellazione, delle cene a base delle parti non destinate a conservazione. Sicura che, le altre


Al termine del lavoro, si cenava, spesso con una “rituale” minestra d’orzo, con la quale si utilizzavano parti come le orecchie, il musetto, i piedini, il codino; altre volte, con la trippa o con polenta e salsiccia fresca60 accompagnata da una minestra ordinaria. [...] Per consumare il tutto [le parti deperibili] organizzavano anche delle cene in compagnia di amici e parenti


Ancora oggi la macellazione del suino è occasione per aiutarsi tra giovani allevatori. Anche l'arte del norcino è tutt'altro che in rarefazione e non pochi giovani - finite l'epoca della grande attrattiva di fabbriche, cantieri edili, uffici - si rendono conto che le professionalità tradizionali del mondo rurale hanno un futuro meno incerto di altre occupazioni. Quella che sembrava una pratica da amarcord da vecchie foto in bianco e nero possiamo documentarla come un fatto attuale e in ripresa. Di seguito una sequenza di macellazione con qualche immagine di insaccatura.


Il suino, legato per una zampa  al paranco elettrico che ne solleverà  il corpo, viene stordito con la pistola a proiettile captivo. La macellazione a domicilio risparmia all'animale lo stress del trasporto e dell'attesa nelle "camere della morte". Viene ucciso da chi lo ha accudito. In un certo senso è vitgtima di un tradimento ma, così, non si allarma per la presenza di estranei. Non solo si risparmiano all'animale molte ore di stress ma si evita il peggioramento della qualità delle carni connesso con lo stress da macellazione.


L'animale viene dissanguato. Il cuore pulsante dell'animale ancora vivo , consente la fuoriuscita della maggior quantità di sangue possibile, premessa fondamentale per la qualità igienica delle carni.


Una volta dissanguato il corpo del maiale viene sottoposto alla lunga operazione di "pelatura". La pelle, bagnata con acqua bollente viene pulita dalle setole con un coltello affilato. Operazione fondamentale per la qualità di quei prodotti della norcineria che sono avvolti di cotenna (cotechini).



Oggi come in passato per far bollire l'acqua si utilizzano grandi contenitori predisposti prima della macellazione. Il corpo per l'operazione di "pelatura" viene disteso su delle assi (un tempo dei tavolacci o delle scale a pioli).




Una volta pelato il maiale viene re-issato con il paranco e lavato con acqua fredda. Le setole residue vengono eliminate con il coltello o fiammeggiandole  (un tempo si usava la paglia).






Il grosso suino (il classico "pesante" della tradizione) inizia ad essere sezionato .



Le cavità viscerali vanno attentamente svuotate degli organi facendo attenzione che gli organi digestivi non siano lacerati contaminando le carni del contenuto intestinale.  L'intestino verrà poi ripulito con l'acqua per utizzarte il "budello" per insaccare.

La sezionatura viene effettuata con coltello e seghetto (qui viene segato lo sterno per aprire la gabbia toracica)



Dopo aver rimosso vescica, reni, intestino, stomaco tocca al fegato, ai polmoni e al cuore. Le frattaglie fresche si presteranno a preparare i piatti della tradizione.




I visceri, allontanati con cura, senza lacerarli, vengono ora accuratamente lavati dal sangue.


L'operazione di macellazione si completa con il taglio della testa, degli zampetti e la divisione della carcassa in due mezzene.



Qui vediamo solo le operazioni di insaccatura. Si utilizza il budello come da tradizione. Prima di questa operazione vi è un lungo lavoro di macinatura e impasto delle carni con il grasso e le cotenne  (impasto variabilein funzione dei diversi prodotti. Si tratta di operazioni molto delicate che sono prerogativa del norcino. Oltre alla giusta miscela di carni e tagli grassi e trgli ricchi di connettivo e cartilaginei, il norcino deve "indovinare" la giusta aggiunta di sale, di pepe e di alti aromatizzanti. C'è sempre l'ingrediente segreto.



Ogni tipo di insaccato, in funzione della composizione e della pezzatura, dovrà asciugare per un tempo adeguato. Poi, se destinato alla stagionatura dovrà conservarsi in locale freddo non troppo umido (i formaggi hanno altre esigenze). Qui vediamo il norcino confezionare le filze delle salamelle con lo spago.





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