La manifestazione di piazza Dante a Trento del 20/05/2023
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Andrea"
Il Trentino non dimentica Andrea
Il "dopo Andrea" si sta caratterizzando con una forte iniziativa
per ottenere giustizia e una radicale rimessa in discussione del progetto Life
Ursus
(21/05/2023) Chi si aspettava un calo della tensione dopo l'ondata di emozione delle prime settimane ha dovuto ricredersi. Nonostante l'incalzare di altri temi drammatici, come l'inondazione in Romagna, la morte di Andrea Papi e le discussioni sul "che fare?" (del progetto Life Ursus) continuano a tenere banco in Trentino. Nello scorso week-end sono stati ben tre gli eventi sul tema: un convegno promosso a Trento, il venerdì pomeriggio, dall'Associazione per la cultura rurale presso la sede della regione (titolo: Gestione dei grandi carnivori in Italia e in Europa. L'emergenza in Trentino Alto-Adige). La terza serata di informazione del Comitato Insieme per Andrea Papi che si è tenuta il venerdì sera a Mezzana (sul tema La gestione del progetto Life Ursus) e la manifestazione Prima noi, poi i grandi predatori che, organizzata in modo quasi spontaneo, ha visto l'adesione del Comitato stesso e di diversi sindaci e si è svolta sabato mattina in piazza Dante a Trento con il concorso di 1500 persone.
Il Comitato Insieme per Andrea è il soggetto forte che catalizza
l'iniziativa
Una prima considerazione: per quanto importanti e tempestive le iniziative sin qui organizzate (compresa la raccolta firme di solidarietà alla famiglia che Ruralpini ha lanciato immediatamente dopo la morte di Andrea raccogliendo 7300 adesioni - vai alla petizione) dovrebbero lasciare il campo ad un'unica regia con a capo il Comitato, un'entità ben riconoscibile, con finalità ben chiare che quanti più trentini impareranno presto a conoscere, un'entità senza alcun collegamento con partiti e istituzioni ma legata alla famiglia, alle comunità e alle istituzioni locali. Il Comitato, in forza della credibilità acquista grazie alla chiarezza del suo operare e alle prime uscite pubbliche (che continueranno ininterrotte allargandosi dalla val di Sole alle altre valli trentine) ha raccolto 5000 sottoscrittori e 60 mila euro (27 mila online), un risultato che definire importante appare riduttivo e che sta conferendo al Comitato la forza di una voce autorevole. Da questo punto di vista il Comitato non si pone solo quale strumento di sostegno alla famiglia e alle sue azioni per rivendicare giustizia per Andrea, ma quale soggetto che, rappresentando le comunità sulle quali è stato fatto calare sulla testa Life Ursus (e la popolazione trentina tutta), intende sollecitare le istituzioni ad affrontare e risolvere i problemi creati dal famigerato progetto.
Che la battaglia per restituire ai trentini
sicurezza e libertà non sia facile lo testimoniano le arroganti
posizioni di chi detiene non poche responsabilità per il progetto Life Ursus.
Mustoni, lo zoologo del Parco Naturale Adamello Brenta (Pnab), il soggetto che
promosse Life Ursus rivendica ancor oggi, nonostante un ragazzo sia finito al
cimitero, il pieno successo di un progetto che ha sconvolto il Trentino, che ha
comportato una serie ormai lunga di aggressioni alle persone (ma "meno
male non è mai capitato a turisti - dice cinicamente qualcuno"), che ha
innescato scontri politici e istituzionali, che dà agli animalisti la
possibilità di denigrare e cercare di danneggiare il Trentino. Che, in una parola, ha
destabilizzato il Trentino.
Life
Ursus è stata la trappola
perfetta nella quale alcune componenti della società e delle
istituzioni sono
cadute, attirate dell'esca del vantaggio economico, da un conformarsi
al politicamente ed ecologicamente corretto, dalle suggestioni del
Festival dell'economia, dalla possibilità di usare l'orso come "volano
turistico" (come continuava a sostenere, sino a qualche settimana fa,
lo
stesso presidente dell'ente di promozione turistica della val di Sole).
Si è
trattato di una trappola tesa da una tecnocrazia "verde" molto ben
attrezzata, con
connessioni nazionali e internazionali, che ha potuto mettere
facilmente nel
sacco una politica miope, spesso inadeguata (avranno mai letto i
politici
trentini gli studi di fattibilità del progetto Life Ursus? Una classe
politica
rappresentata bene da Dellai che, ai suoi tempi, dichiarava che Life
Ursus non
era per lui solo una seccatura "ereditata" della quale preferiva non
occuparsi e che, ora, afferma che "siamo tutti colpevoli" (quindi
nessuno, quindi nemmeno lui). Ben diverso l'atteggiamento di sindaci
come
quello di Mezzana, Giacomo Redolfi, che pure non aveva responsabilità
ai tempi ma che venerdì sera ha dichiarato:
"Chiedo scusa per avere anch'io minimizzato il problema". Un
atteggiamento tutt'ora raro in Trentino.
Responsabilità
Il progetto Life Ursusnon nascondeva , nelle pieghe dei documenti tecnici, che vi
potessero essere rischi di aggressioni. I tecnici (Dupré, Genovesi, Pedrotti)
erano consapevoli che nel contesto trentino il grado di rischio sarebbe
risultato molto superiore a quello della Romania, dove pure avvenivano e
avvengono quasi ogni anno incidenti mortali. Superiore non solo per via della densità
di popolazione (che in nessun comune del Trentino raggiunge i livelli di
"deserto" di certe zone montuose della Romania, per non parlare del
Canada) ma anche per una presenza turistica che è andata crescendo per via
delle numerose specialità di sport outdoor che, diventate modaiole, si sono
affiancate al classico escursionismo moltiplicando la frequentazione di boschi,
pascoli, sentieri.
Confidavano nella legge della probabilità e si aspettavano il primo morto il più tardi possibile (forse a fine secolo come disse una volta Groff con un calcolo che rapportava la dimesnione della popolazione trentina a quella rumena). Sapevano del rischio ma l'hanno accettato e quindi si sono assunti una responsabilità precisa. Per di più essi supponevano (a dimostrazione del loro avventurismo) che la popolazione obiettivo di 70 orsi si sarebbe distribuita tra la destra Adige e il lago di Como. 70 orsi su un territorio di diverse volte superiore a quello dove gli orsi (le femmine) sono rimaste auto confinate sulla base di un comportamento strettamente territoriale che gli "espertoni" non avevano previsto. Prevedevano poi una crescita della popolazione tra il 5 e il 10% che, diversamente, è stata del 15%. Ma non è finita: la popolazione degli attuali 200 orsi deriva da due soli maschi (Gaspar e Joze) e da cinque femmine (alcune hanno avuto una sola cucciolata). La variabilità genetica è quindi molto bassa e gli accoppiamenti avvengono tra consanguinei “fissando” anche certe caratteristiche comportamentali non proprio desiderabili. L’apporto genetico di nuovi orsi, arrivati spontaneamente dalla Slovenia, previsto dal progetto Life Ursus, non si è verificato. A questo punto la creazione di un corridoio che favorisse il passaggio della barriera dell’Adige (autostrada, ferrovia, statale, fiume) è poco probabile che venga mai realizzato perché verrebbe fortemente ostacolata dalle popolazioni del Trentino orientale (dove, in questi giorni,in coincidenza con una recrudescenza sospetta di avvistamenti nella provincia di Brescia, si sono rinfocolati sospetti di traslocazione segreta di esemplari in Valsugana). Gli espertoni che hanno ideato e attuato il progetto Life Ursus non possedevano, in conclusione elementi di previsione affidabili; hanno reintrodotto, sulla base di assunti labili, dati estrapolati da altre realtà, smentiti dai fatti, una popolazione di animali potenzialmente pericolosi. Le responsabilità ovviamente sono anche di chi li ha autorizzati.
Parola d'ordine: minimizzare, edulcorare, nascondere
Come se non bastasse PAT, PNAB, MUSE hanno sistematicamente cercato di minimizzare (continuano a farlo) la pericolosità degli orsi sino a censurare, nelle loro pubblicazioni, e sulle pagine Grandi Carnivori, del sito ufficiale della PAT, casi di aggressioni mortali avvenuti in Europa. Hanno inoltre emanato raccomandazioni che possono essere valide nel caso di falsi attacchi da parte di orsi non determinati ad attaccare duramente. Diversi degli aggrediti (hanno dichiarato che l'orso "voleva uccidermi". Il caso Papi, che non può più parlare, conferma l’accanimento e la determinazione a uccidere con la ricostruzione della dinamica dell'interazione tra l'orso e il ragazzo che emerge dalle ferite sul corpo , le tracce di sangue sul terreno, la posizione degli oggetti). In questi casi gravi le indicazioni della PAT espongono a comportamenti pericolosi controproducenti e concorrono ad aumentare il rischio. Tutto in omaggio alle loro "dottrine", all'esigenza, di "far digerire" la presenza dell'orso anche ricorrendo alla mistificazione, alla manipolazione, al secretare fatti in grado di contraddire le "dottrine" (sino ad intimare di tacere alle persone a conoscenza di fatti circa la pericolosità degli orsi ). Di qui una serie di comportamenti che possono essere inquadrati come omissioni, abusi, falso ideologico. Pur sapendo che in diversi incidenti avvenuti dal 2014 in poi le vittime avrebbero potuto non uscirne vive, i responsabili della politica ursina sono andati avanti come prima, senza avvertire l'esigenza di cambiare le cose, di fare autocritica. Per questo è fondamentale che si analizzino di nuovo tutti gli incidenti, per capire se il caso Papi rappresenti una "circostanza rara e sfortunata" (come dicono i possibili colpevoli della morte di Andrea) e, al contrario un evento che, solo per casi fortuiti, non si è avverato prima in un contesto di presenza di animali decisamente pericolosi lasciati liberi di uccidere. Così dovrebbe ragionare la magistratura (speriamo che lo stia già facendo).
Troppi elementi dell’impatto dell’orso semplicemente ignorati (poi si dice che “si può convivere”)
Aggressioni note ma non considerate, "incontri ravvicinati" ignorati, danno biologico subito da parecchi soggetti protagonisti di aggressioni e di "incontri spiacevoli" anch'esso ignorato, presenza di orsi negata (anche se testimoniata e provata da cittadini). Una vera inchiesta dovrebbe scoperchiare il vaso di pandora di comportamenti poco limpidi della PAT, e della Forestale al fine di capire i nessi tra questi e la morte di Andrea, al fine di capire se i comportamenti di tali soggetti (una volta dipanata la catena di responsabilità) non abbiamo volontariamente esposto a rischio mortale i fruitori del territorio. Ma anche per capire se - al di là dei rischi di lesioni e di perdita della vita - non sia stato portato, per via di comportamenti, azioni, omissioni, anche un vulnus oggettivo alla fruizione dei beni privati, e all'esercizio della libertà personale. Un vulnus per i quali cittadini singoli, associazioni (pensiamo alle Asuc), comuni possano costituirsi in giudizio. A confermare la cattiva fede dei responsabili delle istituzioni provinciali deve essere notato anche che essi, pur di mantenere in piedi (di fronte a fatti tragici) la tesi che l'orso sia "poco pericoloso", che esso "attacchi solo se provocato o disturbato", si sono inventati "finte" e "false" aggressioni anche quando il malcapitato subiva il contatto fisico con il plantigrado, operando giochi di parole e sofismi per edulcorare la realtà e adattarla all'ideologia "orsista". Un atteggiamento inaccettabile da parte di funzionari pubblici che dovrebbero garantire l'oggettività e la trasparenza dell'azione amministrativa. Funzionari che, peraltro, sono sempre al loro posto (vedasi Claudio Groff). Sarà una battaglia lunga quella del Comitato. Esso, deciso a fare luce sulle responsabilità che hanno portato alla morte di Andrea, dovrà scavare in una materia opaca e melmosa . Ha già chiesto al Consiglio provinciale di istituire una commissione speciale di inchiesta, ma non ci si potrà aspettare la verità solo dalla buona volontà dell'organo politico. Occorrerà studiare carte, sollecitare la testimonianza delle persone, per fare emergere le eventuali colpe.
Una casistica incompleta delle aggressioni
Vediamo la serie delle aggressioni note: Zanella (Dimaro 2014), Maturi (Pinzolo 2014), Molinari (Cadine di
Trento 2015), Zadra (Zambana 2015), Metlicovez (Terlago di Valle
dei laghi 2017), Balasso (Andalo 2020), C. e F. Misseroni (Monte
Peller di Cles 2020), Cicolini (Val di Rabbi 2023), Papi (Caldes
2023). Parliamo di 10 persone aggredite. Tra queste si segnalano un morto
(Andrea Papi) e un invalido (Molinari che ha perso l'uso di un braccio e di una
mano). Tra gli altri feriti Metlicovez ha dovuto sottoporsi a numerose cure e
trattamenti di riabilitazione. Oltre a queste aggressioni (quella di Zanella
che pure è stato atterrato da un'orsa e lo ha sovrastato tanto che il
malcapitato ha dichiarato di essersi sentito prossimo alla morte, non è mai
stata scandalosamente considerata come tale dalla PAT) vi sono moltissimi altri
episodi secretati. Solo dopo la morte di Andrea è emerso che, in una zona
vicina, a Croviana, un anno prima, JJ4, l'orsa responsabile degli attacchi ai
Misseroni e ad Andrea (ma anche di un falso - ma drammatico - attacco a due
forestali, anch'esso "emerso" solo dopo la morte del giovane di
Caldes) era stata protagonista anche di un attacco a un ciclista che se l'era
cavata lanciando la bicicletta sul muso dell'orsa. Quante altri fatti nascondono
la PAT e i forestali?
Sono decine i casi di persone che hanno avuto "incontri ravvicinati" con gli orsi: ciclisti, podisti, escursionisti, semplici cittadini che camminavano nel bosco. In alcuni casi sono stati riportati dai media, in alcuni casi non è successo nulla solo per la preparazione atletica e la prontezza di spirito dei malcapitati.
Tre anni fa, un incontro ravvicinato tra un
"runner" della stessa età di Andrea e un orso (che lo aveva
inseguito) era avvenuto proprio a Caldes, il paese di Andrea. Era anche lui del
paese. Un elemento che si aggiunge a tanti altri nell'indurre a qualificare
come "tragedia annunciata", colpevolmente non prevenuta, la morte di
Andrea.
Si sapeva che in zona giravano orsi pericolosi; perché non si sono adottati provvedimenti? Quando il Tar ha bloccato l'ordinanza di cattura di JJ4 perché, sapendo che c'erano in circolazione anche altri soggetti, e che la probabilità di incontro con un podista è tutt'altro che remota, non si è chiusa l'area? Per paura del turismo? Per non far sollevare la popolazione? Si è giocato con la vita. Si è giocato alla roulette russa. Ma non è lecito farlo.
Tra gli aspetti che non sono mai stati considerati della “coesistenza” con una
popolazione di orsi divenuta troppo numerosa vi sono anche le conseguenze che,
al di là delle lesioni fisiche, hanno riportato gli sfortunati che si sono
imbattuti nell'orso. Un podista inseguito dall'orsa
a Malga Brigolina (Trento) è arrivato all'ospedale Santa Chiara in stato di
shock.
A Vezzano, nel 2010, nei pressi del paese, due nonni con i nipoti si sono imbattuti in un'orsa con i cuccioli, l'uomo è rimasto fermo, la donna si è messa a correre ed è caduta (succede anche ai forestali). L'orsa è arrivata a meno di un metro e la donna è rimasta terrorizzata. Casi di questo tipo sono stati frequenti ma sono stati tenuti nascosti per opera dei forestali che intimano alle vittime di tacere. Così, la PAT Ufficio Grandi Carnivori, il Muse (Museo delle Scienze di Trento), il Pnab e tutto il circo dell'orso che, oltre a Life Ursus (devastante per le sue conseguenze ma in sé "economico") hanno usufruito dei finanziamenti di altri svariati progetti Life, hanno potuto a lungo mantenere la finzione dell'orso "quasi innocuo". Andava bene a tanti: operatori turistici, politici, “naturalisti”. Tra questi ultimi vi sono personaggi come Mustoni che, invece di fare autocritica, esaltano Life Ursus come un “grande successo” e approfittano della situazione per fare campagna elettorale contro Fugatti (non esente, peraltro, egli stesso come i predecessori da serie responsabilità). Purtroppo quello di Mustoni non rappresenta un caso isolato ma rispecchia l'atteggiamento di una casta autoreferenziale che si ritiene infallibile e al di sopra dei comuni mortali, al di sopra della democrazia. Lo dimostrano le dichiarazioni di altri naturalisti che hanno il cattivo gusto di parlare ancora oggi di "rischio limitato".
Quelle ombre su altre tragedie
Marco Zadra, che ebbe una terrificante avventura con un orso (stava correndo su un sentiero), si è salvato solo perché, inseguito da un grosso esemplare (un maschio con tutte probabilità che “aveva una testa grande come un televisore”) decise, per sfuggire agli artigli, di buttarsi in un precipizio. Grazie alla sua preparazione atletica, e all'esperienza di discese di pendii molto ripidi, riuscì a cavarsela. Se, per qualche ragione, la sua spericolata ricerca di salvezza non avesse avuto un esito fortunato, il suo corpo esanime sarebbe stato trovato alla base della forra. E allora perché non si è indagato sulla possibilità che vittime di cadute in montagna in circostanze che lasciano dubbi sulla loro dinamica (luoghi conosciuti, buone condizioni meteo) non possano essere state inseguite dall'orso? Il caso che viene indicato come particolarmente sospetto è quello di due ragazzini tredicenni morti in val Daone. Perché i ragazzini stavano scendendo lungo un ripido pendio alla cui base vi sono due salti di roccia di 20 m rivelatisi mortali? Non è stato mai chiarito. Lungo il pendio venne trovata la scarpa di uno dei due. Perché si è trovata lì? La perdita di una scarpa è compatibile con una fuga precipitosa non con qualche gioco incauto. Però sono stati seppelliti al più presto senza autopsia? Perché la magistratura non è intervenuta?
Avanzare dei sospetti sulla trasparenza e correttezza della PAT e dei suoi organi in materia di gestione degli orsi appare più che giustificato. Non sono pochi i casi di persone che raccontano di fatti inerenti agli orsi, nei quali essi sono stati coinvolti, e per i quali i forestali hanno chiesto (imposto) il silenzio. Pochi hanno acconsentito di divulgare con il proprio nome le notizie sui fatti che li hanno visti testimoni. La maggior parte, temendo di "esporsi" e di subire ritorsioni, per non “mettersi contro” la PAT o il PNAB, ha preferito restare nell’ombra (“qui lo dico e qui lo nego”). Non merita un’indagine anche questo aspetto?
Infine, in materia di trasparenza e
di informazione ai trentini (e ai turisti), molto vi sarebbe da dire sul numero
di orsi "ufficialmente dichiarati" dalla Pat. Il senatore Spagnolli,
già dirigente dell'Ufficio fauna della provincia di Bolzano, ha recentemente
dichiarato che gli orsi in Trentino sono 150-200 mentre la Pat si ferma a stime
di 100 (a volte130 tenendo conto dei cuccioli). Da notare che, il 16 luglio
2017, il sito di informazione La Voce del Trentino riferiva di aver
raccolta dalla viva voce di alcuni forestali la confidenza che gli orsi fossero
già allora 130 (quando ne veniva dichiarata meno della metà). Aggiungevano che
il numero veniva tenuto segreto per evitare proteste della popolazione e
allarmare il comparto turistico e che l'ordine di fornire numeri
"rassicuranti" proveniva direttamente da funzionari della PAT.