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(05.01.12) A Gandino (BG) rivive il mais (melgone) contadino.

Nel cuore dello storico distretto tessile della montagna bergamasca è arrivato al traguardo un serio progetto di filiera per il recupero e la valorizzazione del melgone "Spinato di Gandino". Dopo anni di lavoro con il coinvolgimento di parecchi attori e della comunità a sei contadini è stato assegnato il marchio. Un modello per altre realtà. leggi tutto

 

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(18.04.12) La lana ha ripreso un po' di valore. Buon segno

Nella società che trasforma le cose preziose in rifiuto la lana ha "valore negativo". Significa che per la logica perversa del mercato globale un bene che ha un elevato valore di utlità vale meno di nulla. Nonostante un accenno di ripresa del prezzo mondiale (legato al costo crescente del petrolio e dei trasporti e alla possibilità di usaere la lana nella bioedilizia). la tosatura delle pecore -indispensabile per il loro benessere - costa di più del ricavato della lana. In uno di quelli che rimangono i centri storici lanieri delle Alpi, a Gandino nella val Seeriana bergamasca, lo storico lanificio Ariete della famiglia Pasini intravede nuove possibilità di valorizzazione della lana nell'ambito degli accessori da letto. Ne parlano con Anna Carissoni i Pasini della giovane generazione.

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(05.01.12) A Gandino (BG) rivive il mais (melgone) contadino.

Nel cuore dello storico distretto tessile della montagna bergamasca è arrivato al traguardo un serio progetto di filiera per il recupero e la valorizzazione del melgone "Spinato di Gandino". Dopo anni di lavoro con il coinvolgimento di parecchi attori e della comunità a sei contadini è stato assegnato il marchio. Un modello per altre realtà. leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

(07.06.12) A Gandino nell'omonima valle laterale della Val Seriana i coltivatori del mais Spinato cercano campi da arare. Ma non è facile trovarli e ci si accontenta di piccoli fazzoletti di terra tra i capannoni.  Coltivati con amore.

 

 

Quando l'agricoltura urbana

 

si fa in montagna

 

di Michele Corti

 

 

L'espansione dell'urbanizzazione e i capannoni hanno in larga misura sottratto all'agricoltura i pochi terreni pianeggianti adatti alla coltivazione dei cereali. La difficoltà di recupero dei terrazzamenti (un tempo arati e oggi a prato) costringe i neo-coltivatori a recuperare piccoli campicelli tra case e capannoni. Così anche in montagna, anche se può sembrare paradossale, l'agricoltura assume oggi caratteri "urbani" e partecipa al movimento in atto nel mondo per fare sì che le aree urbanizzate siano sempre di più in grado di produrre almeno una parte del cibo che consumano. Si tratta di una esigenza pressante in considerazione della crescita della popolazione mondiale e della sua concentrazione nelle città e nelle "conurbazioni".

 

Un tentacolo della grande area metropolitana

 

Gandino rappresenta l'estrema propaggine della conurbazione lombarda costituita dal triangolo Milano-Varese-Lecco che si prolunza a est lungo la fascia pedeontata sino a Bergamo e Brescia e che risale anche le vallate a Nord di queste ultime città caratterizzata da una intensa e precoce industrializzazione. La Val Gandino è una valle laterale sul lato orografico sinistro della Val Seriana. La città lineare che da Bergamo si incunea nella valle piega in Val Gandino e si arresta di fronte alle montagne. Gandino rappresenta una realtà interessante perché nello stesso territorio in alto ci sono gli alpeggi e in basso le fabbriche ma anche un nucleo urbano di antica data. Le due cose non sono in contrasto, anzi! La ricchezza di Gandino è basata sul tessile che è ancora in parte caratterizzato dal lanificio. Qui c'è il Lanificio Ariete della famiglia Pasini, il più grosso impianto del Nord Italia per il lavaggio della lana dove tutt'oggi finisce la lana "nostrana" dei greggi transumanti bergamasco-camuni. In passato la posizione strategica di Gandino sulle vie della transumanza faceva sì che un gran numero di pecore venissero tosate qui mettendo a disposizione dell'industria della lana una grande copia di materia prima. I lanieri di Gandino (cupertì per via della produzione delle coperte di lana) costruirono ingenti fortune girando l'Italia e l'Europa e producendo sia tessuti ordinari che di lusso (qui è stata affinata la tecnica della colorazione dei tessuti scarlatti con la cocciniglia, una tradizione duratura considerato che Garibaldi è venuto qui a far tingere le camicie dei suoi). Testimonia del passato splendore alcuni palazzi signorili e la magnifica Basilica sovrastata da un imponente campanile e riccamente decorata all'interno.

 

La crisi del tessile ha portato a ripensare l'identità locale

 

In tempi recenti lo sviluppo industriale ha comportato non solo cementificazione ma anche l'abbattimento delle mura e delle porte dl borgo medioevale (ne rimane una sola) al fine di "far passare i camion". Ora che la crisi morde ci si rende conto che lo sviluppo ha anche distrutto valori che in nuovi contesti tornano ad essere importanti. Con al crisi del tessile la comunità di Gandino ha operato un ripensamento della propria ricca storia intuendo che anche un'area di antica industrializzazione può puntare sul turismo. Gandino oltre alla Basilica ha diversi musei (dell'arte sacra, dell'archeologia tessile, delle suore Orsoline, dei presepi) oltre ad un centro strorico che - a parte l'abbattimento delle mura - ha mantenuto largamente intatta la fisionomia originale. Ha anche risorse legate alla montagna (il Monte Farno è stata una delle prime stazioni sciistiche lombarde).

 

Rispunta l'agroalimentare

 

Per completare un'offerta turistica convincente a Gandino si è pensato di puntare anche sull'agroalimentare. E qui si è risfoderato un altro primato: quello di località bergamasca dove la coltura del mais vanta maggiore antichità. Il forte radicamento della cultura della coltivazione del "melogotto" da polenta ha infatti consentito un reuperare - tutt'ora in atto - che ha comportato un notevole impegno, ma anche la soddisfazione di poter vantare una delle più vecchie varietà di mais italiane che consente di ottenere una polenta dalle ottime caratteristiche organolettiche. Lo sforzo - affiancato dall'impegno di Paolo Valotti dell'ex-Istituto di cerealicoltura di Stezzano - è stato sostenuto un po' da tutto il paese: pro loco, scuole, amministrazione comunale, coltivatori. Sono risultati fondamentali anche i trasformatori: i quattro fornai che hanno lanciato un biscotto ("melgotto") con un minimo di 30% di farina di Spinato e il Ristorante centrale che, oltre a promuovere la polenta ha inventatoi la "spinata" (né pizza né piadina). Il tutto all'insegna della De.co.

 

 

Ora mancano i campi

 

Ora che lo Spinato ha avuto successo e che - anche grazie ad una efficace campagna di comunicazione - la domanda è  cresciuta e i turisti (ma anche la gente del posto) chiedono la farina, i biscotti, la "spinata", il rischio è che manchi la materia prima: il melgotto. Trovare campi non è facile, sia perché i conduttori sono restii ad arare i prati sia perché di spazio in piano a Gandino, tolto l'edificato, ce n'è ben poco. Così si semina in mezzo alle fabbriche. A coltivare il campo della foto sopra è Clemente Savoldelli. Discendente dei Savoldelli di Cà Parécia che hanno mantenuta la semente dell'antica varietà Clemente ha un'impresa di macchine per edilizia e coltiva per pura passione. Una passione forte visto che vorrebbe cercare nuovi spazi e che ha seminato anche a fianco alla propria abitazione in una sottile strisca di terra tra le case. Trovare nuovi campi non è vacile. Basti dire che quello della foto sotto è il più grande in assoluto. Gli altri sono francobolli.

 

 

Tra i tanti campicelli di Gandino ce n'è uno di valore storico particolare. È quello della foto sotto dove si vede il mais in emergenza sullo sfondo di un'ala di Cà Parécia (quella che non ha purtroppo mantenuto le caratteristiche originali). Cà Parécia è un po' il santuario dello Spinato, la cascina abiatata dai cugini Giacomo e Andrea Savoldelli cui si deve la sopravvivenza dello Spinato.

 

 

Giovanni Savoldelli (nella foto sotto nella corte di Cà Parécia) è figlio di Giacomo Savoldelli ed è il "coltivatore custode", responsabile della distribuzione del seme e "interfaccia" tra il gruppo di sei coltivatori e Paolo Valotti, il tecnico che segue (con grande passione) il progetto.

 

 

Uno scampolo di ruralità dove le generazioni si incontrano

 

Tra i coltivatori dello Spinato vi è un solo agricoltore in condizione professionale. Vi è però anche un pensionato-coltivatore che si sente un "agricolo" in servizio effettivo. È Guido Castelli (anni 78) che con l'aiuto dei nipoti manda avanti la piccola azienda con una stalla con cinque vacche da latte piccole estensioni di terreno per lo più a prato.

 

 

La casa (sotto) e la stalla di Castelli sorvono in una delle pochissime "aree agricole" del paese. Uno scampolo di campagna.

 

 

I terreni come si vede nella foto sotto sono per lo più terrazzati e mal si prestano all'utilizzo delle macchine agricole. Un tempo erano investiti a mais, frumento e erba medica. Questa piccola area verde sopravvissuta si estende tra l'area di nuova edificazione di Gandino e la frazione di Barzizza (foto sotto).

 

 

In questo angolo rurale sopravvivono pratiche che nelle aziende agricole "moderne" anche di montagna sono scomparse da lungo tempo. Sotto vediamo il fienile dove è conservato il fieno sfuso. Siamo a maggio ma c'è ancora una bella scorta e il fieno ha ottimo colore e profumo. Per tagliarlo Guido usa il tradizionale taglia fieno a mano(foto sotto)..

 

 

Le poche vacche presenti stanno alla larga e godono anche di una dieta "di lusso" (almeno rispetto agli standard odierni): buon fieno ed erba fresca appena tagliata. A fine giugno usciranno anche al pascolo. Il nostro contadino-pensionato ricava - per autoconsumo - ottime "formaggelle della Val Gabdino" ma anche un po' di stracchini all'antica. Quello che colpisce è che i nipotini alla domanda "Che mestiere vorreste fare da grandi" rispondo all'unisono: "I contadini come il nonno". Merito del nonno ma anche delle scuole che da anni a Gandino portano i ragazzi a seguire le fase della lavorazione del "melgotto". Qui dove il tessile e l'edilizia sono "stamaturi" i valori si sono già ribaltati e i futuri contadini aiutanti del nonno sono prababilmente invidiati dai compagni.

 

 

 

 

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