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(23.06.13) In
località "Stoa'na", a 1700
m, si è svolta il 9 giugno la prima mostra della
capra van Bersntol di Fierozzo, Frassilongo e Palù
del Fersina. Freddo e pioggia ma anche la soddisfazione
di constatare una rinascita ruralpina
Quando
una
capra
è
elemento
di
identità
e stimolo di iniziativa rurale
testo
e
foto
di Michele Corti
Due giovani
associazioni:
una di
allevatori
di
capre
e
l'altra
culturale
sono
protagoniste
di
un
rilancio
di
cultura
e
economia
identitaria
nel
segno della
ruralpinità.
Accade nel
cuore
della
Valle
del
Fersina/Bersntol.
Un'
isola,
non
solo
linguistica,
in
un
Trentino
che
- anche
nelle
valli
- continua
a
rincorrere
la
modernità
e
l'omologazione
alla
cultura
tecnoindustriale
La
nuova associazione di allevatori della capra del
Bersntol (De Hirtn ont de Plètzet Goas van Bersntol) è
nata solo a settembre e già per maggio
aveva in programma una prima mostra. Alla data
prevista in località nei prati alti di loc. Stoa'na nel comune di Garait-Oachlait (Fierozzo) c'erano 20 cm di neve e così
è stata spostata al 9 giugno. Il miglioramento
meteo è stato relativo perché
anche il 9 pioveva e faceva freddo. Nonostante
le condizioni poco favorevoli tutto quello che
era in programma (la valutazione e la premiazione
delle capre, il pranzo tipico, la musica, la
dimostrazione di caseificazione, l'esposizione
di prodotti) si è svolto regolarmente
anche se affrettando un po' tutto per evitare
gli scrosci.
La
manifestazione voleva distinguersi per cadere
all'inizio della stagione d'alpeggio e per essere
realizzata in quota, dove gli animali stanno
già pascolando. Un gruppo di capre locali
alpeggiate da alcuni giorni, frutto di incroci tra
l'Alpina comune e la Passiria (il tipo di incrocio
che ha rischiato l'estinzione per erosione genetica
della van Bernstrol ) ha preso parte alla manifestazione,
chiuse in un recinto con "vista" sulla
festa.
Queste
capre non solo hanno assistito alle fasi dell'evento
facendosi anche ammirare dai presenti ma hanno
in qualche modo partecipato al concorso per
la migliore capra (ovviamente non nella
categoria "capra van Berstrol".
Un modo di valorizzare tutte le risorse genetiche
locali e di non cadere nell'integralismo zootecnico.
Personalmente ho "addocchiato" alcune
capre grigie, ma anche alcune con mantello rosso,
non "passirizzate" degne di considerazione
e di rappresentare la gloriosa "Alpina
comune" in regressione ovunque, persino
nelle sue ridotte ossolane (ne riparleremo in
una prossima occasione).
La
manifestazione, al di là dei contenuti
allevatoriali, è riuscita a combinare
i caratteri della piccola mostra zootecnica,
della sagra e della manifestazione culturale.
Nello spirito "agriculturale" (e,
diciamolo pure, ruralpino) e di una economia
identitaria che una comunità minoritaria
come quella del Bersntrol, fiera della sua diversità
e dell'identificazione con un piccolo territorio, riesce
a fare propri e a mettere in scena facilmente,
spontaneamente.
Altre
comunità alpine - più permeate dalla
cultura italiana urbanocentrica - devono invece compiere
una non facile rielaborazione culturale per riuscire
a scrollarsi di dosso la subalternità alle culture
della modernità che impone la separazione tra
tecnica e cultura, tra società ed economia.
Il tutto per imporre, non è difficile da intuire,
il dominio totalizzante dell'economia globale e delle
organizzazioni politiche nazionali e sovranazionali.
La
rincorsa ai paradigmi sociotecnici dell'agroindustria
ha portato anche l'agricoltura e la zootecnia di montagna
(dirette da agenzie improntate ai paradigmi e agli interessi
agroindustriali) a scimmiottare la pianura e i sistemi
intensivi imponendo non solo razze che in montagna non
si adattano ma anche una cultura tecnicista che arriva
costringere anche le razze autoctone, le associazioni
locali di alevatori, le manifestazioni zootecniche alpine
a conformarsi ad essa. Con esiti un po' deprimenti.
Senza
entrare direttamente in polemica con l'Associazione
già costituita degli allevatori di capra Pezzata
Mochena (stabilità su un'area che comprende anche
l'altopiano di Pinè e la Valsugana e aderente
all'APOC, associazione produttori ovicaprini), gli allevatori
dell'area di origine, di quella parte della Valle del
Fersina/Bersntol che si riconosce nella cultura ancestrale, hanno
ben pensato di mantenere vivo il significato culturale
e identitario della popolazione caprina locale. È
così nata l'associaione De Hirtn ont de Plètzet Goas van Bersntol
che opera in sintonia con l’associazione
culturale “Schratl”, presieduta dal giovane Stefano Moltrer (foto sotto con
il microfono).
Stefano Moltrer
con alcuni amici ha fatto rinascere l'associazione "Schratl"
nel 2011. Dall'incontro con Adriano Moltrer e altri
allevatori storici di capra Pezzata mochena è
nata l'idea di un'associazione che, prendendo spunto
dalla risorsa simbolica e agriculturale della capra
locale, si faccia promotrice a 360° di iniziative per
valorizzare e identificare il territorio, la cultura e l’allevamento e
l'artigianato tipico della Valle dele
Fersina/Bernstrol (Adriano nella foto sotto
è quello che sorride, come spesso gli capita
da personaggio che trasmette positività. al centro
Albino Iobtrabizer, decano dei pastori della Valle del Fersina-Bersntol.).
Attraverso un concorso è
stato identificato un logo che rappresenti tutti questi
significati. Frutto di un sapiente uso della grafica
il logo - molto "pulito" - rimanda alla morfologia
della valle con una "B" che è anche
un cuore, orientato come la valle, con riconoscibili
i due distinti versanti e chiaro rimando al simbolo
del Sacro Cuore di Gesù e alla tirolesità.
La
cura dei dettagli è quella che racconta dello
spirito che è sotteso alle iniziative pubbliche
che si fanno espressione e manifestazione di una cultura,
di un programma sdi azione locale. Il "ring"
realizzato con legname locale e l'arco di rami d'abete
intrecciati non sono solo materiali "rinnovabioli"
e a km 0 ma rimandano al legame che unisce l'attività
zootecnica con quella forestale quale unico modo di
gestire al meglio le risorse. Troppe mostre zootecniche,
anche di razze e popolazioni locali, vedono l'uso dei
tubi Innocenti. Un linguaggio industriale che stride.
In
coerenza con la tradizione anche i premi. I più
ambiti rrano rappresentati da campanacci con collari
decorati in stile tirolese; il più ambito, assegnato
alla "capra d'oro" consisteva in una pregevole
campana di fusione dal suono limpido e argentino.
Tale
premio è stato assegnato, ma era difficile che
non potesse essere così, alla "mamma delle
Pezzate mochene" ovvero a Rosina Paoli del villaggio
sottostante di Kamaovrunt
(sotto con un altro allevatore storico, Pio Ionstrabizer,
figlio di Albino). Senza il nucleo di capre della Rosina
- che avevano conservati i caratteri descritti da pubblicazioni
storiche quali caratteristici della capra Pezzata mochena
- la popolazione locale sarebbe estinta.
Sono passati non pochi anni da quando Massimo Pirola
scomparso improvvisamente 15 mesi fa (vedi
il ricordo) mi accompagnava dalla Rosina per studiare
le caratteristiche delle capre Mochene. Massimo sarebbe
soddisfatto di come stanno andando le cose: oltre 200
capi e una ventina di allevatori. Si potrebbe fare di
più, ma per una popolazione che era quasi scomparsa
non è poco.
Sotto
Rosina Paoli con una sua capra nel ring. Nonostante
la giornata non proprio propizia non erano poche
le famiglie con ragazzi che sono arrivate a
piedi per partecipare all'evento (come si vede
dalla foto).
Tra
i protagonisti della rinascita della capra Bernstrol
non può non essere citato Bruno Glisenti
che a questa capra aveva dedicato la tesi di
laurea. Bruno, dottore forestale e coltivatore
di piccoli frutti, continua a seguire la razza
come esperto, per pura passione.
La
pioggia che ha disturbato la manifestazione
mi ha impedito di illustrare altri aspetti interessanti:
i vari eventi musicali (tra una pausa e l'altra
degli scrosci, la dimostrazione di cagliatura
del latte ecc.). La foto sotto - scattata da
sotto il tendone della ristorazione - oltre
alla pioggia mette in evidenza l'attaccamento
alla più ampia identità tirolese di
questa piccola comunità.
In
modo perfettamente speculare a quanto accade
nelle manifestazioni zootecniche delle valli
provenzali del Piemonte dove la bandiera che
sventola è quella occitana (sotto foto
archivio Ruralpini). Le "piccole patrie"
sono di certo diverse e più autentiche dalle
entità politiche a cui a volte si rivolgono,
e che rischiano di riprodurre in piccolo
l'ideologia nazionalista, ma è ovvio
che il richiamo ad esse è in sacrosanta
polemica contro Roma, Parigi, Bruxelles. Ma
qui entreremmo in considerazioni politiche che
ci porterebbero lontano. Per me è un
privilegio poter sentirmi a casa nella Bernstol
piuttosto che a Coumboscuro, ancora più
piccola realtà di caparbio attaccamento
alla cultura ancestrale, ma aperta al nuovo
e al mondo e capace di saldare arte, letteratura,
musica identitarie alla realtà rurale.
Ai
partecipanti alla mostra (allevatori e giudici)
è stata consegnato come attestato la
"pergamena" di cui alla foto sotto.
Parole che non rischiano di cadere nella
retorica perché rivolte a persone che
le merito (spero anch'io).