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Il Silvio Zanini, l'affinatore che è il vero e proprio papà del Nostrano Valtrompia

 

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Il “Nostrano Valtrompia” D.O.P. è un formaggio semigrasso a pasta extra dura, prodotto tutto

l’anno, a partire da latte crudo e con l’aggiunta di zafferano. Le caratteristiche del prodotto al momento dell’immissione al consumo, sono le seguenti:

 

- forma cilindrica con scalzo quasi diritto: il diametro è compreso tra 30 e 45 cm e l'altezza dello scalzo varia da 8 a 12 cm;

- il peso della forma può variare da 8 a 18 kg;

- la crosta è dura e presenta colorazioni variabili dal giallo bruno al rossastro;

- la pasta si presenta dura, tuttavia non eccessivamente granulosa, e può presentare occhiatura di dimensione medio - fine uniformemente distribuita;

- la pasta ha gusto e aroma pieni ed intensi, senza percezione di note acide a maturazione minima e quando molto stagionata anche con note di pungente appena accennate;

- il colore della pasta è giallo paglierino con tendenza al giallo verde;

- il contenuto di grasso, riferito al formaggio tal quale, è compreso tra 18 e 28%;

- il contenuto di grasso, espresso sulla sostanza secca, è compreso tra 27,5 e 42%;il contenuto massimo di umidità è pari al 36% del tal quale;

la durata minima della stagionatura è di 12 mesi.

Comitato Promotore per la valorizzazione del Formaggio Nostrano Valtrompia

Via Matteotti, 327 - Gardone Val Trompia (BS) - Tel. 030.8912493

Formaggi Trevalli

 

Via Maniva, 110/a

25060 San Colombano di Collio (Bs)

teò 030 927292  fax 030 927149

www.formaggitrevalli.it

info@formaggitrevalli.it

 

 

 

(09.09.11) Un formaggio che trae la sua forza dal provenire da un'area limitata, dalla omogeneità dei produttori, dall'importanza della produzione di malga e dalla grande passione e competenza di uno stagionatore che ne è il 'papà'

 

Il Nostrano di Valtrompia:

un gioiello che merita di più

testo e foto di Michele Corti

Lo scorso anno il Nostrano di Valtrompia ha ottenuto la Dop (in attesa della definitiva ratifica comunitaria). Senza troppi clamori - come nell'indole concreta della gente della valle - è arrivato a questo riconoscimento primo tra i formaggi bresciani, prima del celebrato Bagoss e del Silter camuno-sebino che rincorre la Dop da vent'anni.

 

La visita al 'tempio' del Nostrano Valtrompia, la casera di affinamento di Silvio Zanini, vero e proprio 'papà, del Nostrano VT era stata programmata da quasi un anno. Alla fine ci sono andato con amici bresciani il 17 luglio. Perché ne parlo solo ora? Perché questa estate pastori alle prese con i lupi e Bitto storico mi hanno assorbito non poco. La passione per il Bitto storico non mi impedisce però di occuparmi (ed entusiasmarmi) per altri formaggi d'alpeggio  e per qualli di capra (con un intersse crescente anche per quelli ovini).

Del Nostrano VT avevo sentito parlare (bene) da tempo e gli assaggi che ho avuto modo di fare avevano rafforzato l'interesse per questo che, solo sino a pochissimi anni fa, sembrava il fratello minore delle valli Bresciane. Un fratello minore che ha anticipato nel riconoscimento della Dop i più celebrati (e grossi) Bagoss e Silter.

 

 

Foto: Trevalli

 

Il segreto del Nostrano VT sta forse nella sua realtà omogenea e geograficamente ristretta e nel ruolo determinante di un personaggio competente e appassionato, che ama il suo lavoro e che è realmente attaccato alla sua alta val Trompia, alla frazione di San Colombano che con la sua attività contribuisce a mantenere vitale. Altri imprenditori, più inclini a mettere sulla bilancia considerazioni esclusivamente economiche sarebbero 'scesi a valle'.

 

Su a San Colombano

 

Zanini, invece, è rimasto in quota, non solo perché qui il formaggio stagiona bene. Nella sua cantina ricolma al massimo non c'è solo il Nostrano VT. La Società Formaggi Trevalli creata da Zanini, ma di carattere assoltamente famigliare, tratta anche il Bagoss, il Nostrano Valle Sabbia oltre alla formagella di Collio e a formaggelle di pura capra e miste. La capra 'tira'; Zanini che dice che "non era tradizionale" per poi riconoscere che in passato i formaggi di capra si producevano anche se le capre "sembravano animali fuorilegge per la Forestale, le massacrava".

A parte il ritorno della capra la gamma di prodotti affinati da Vanini si comprende bene considerando che la testata dell'alta val Trompia rappresenta il punto di incontro delle tre grandi valli bresciane (considerando anche la Camunia che però si considera un po' a parte). Trattare il più celebrato Bagoss dell'alta val Sabbia ha consentito a Zanini di rafforzare la sua attività commerciale. Piano, piano però il Nostrano VT ha preso sempre più spazio e oggi occupa la maggior parte della cantina.

Oggi la maggior parte del Nostrano VT passa di qui.  Una necessità perché per essere Nostrano VT il formaggio deve avere almeno dodici mesi ("ma è al meglio tra diciotto mesi e sdie anni spiega Zanini"). I singoli produttori non hanno la possibilità di stagionare in condizioni adeguate un numero significativo di forme e quindi è giocoforza che la produzione converga qui. Questo ha rappresentato un grosso vantaggio perché sotto l'occhio amorevole ma severo di Zanini il Nostrano VT è 'cresciuto'.

 

Il ruolo chiave degli stagionatori (non solo comemrcianti ma molto di più)

 

È successo così anche per altri formaggi: 'plasmati' dagli stagionatori che incoraggiano i produttori a migliorare, a curare di più gli aspetti carenti nella lavorazione o nel latte. In un comprensorio così piccolo non è difficile conoscere tutte le aziende che producono latte, tutti i trasformatori, tutte le malghe (sono cinque le malghe di produzione dove, però, sono monticate mucche di un numero molto pià elevato di aziende zootecniche).

Zanini il latte lo conosce. bene E riconosce che, paralellamente al suo lavoro di 'indirizzo' dei produttori verso uno standard qualitativo elevato e verso un formaggio che mantenesse ed esaltasse la personalità originaria (indispensabile con formaggi 'parenti' nelle altre valli) c'è stato un importante lavoro del Centro Latte di Brescia supportato dalla Comunità Montana. Un lavoro che ha molto migliorato i parametri igienici e tecnologici del latte. Nonostante tutto Zanini sostiene che in inverno il latte è 'più delicato' per via del mangime. È bello sentire un Presidente di un Consorzio che non ragiona con la mentalità da industriale (come spesso avviene) ma da artista del latte e del formaggio, per quanto attento al bilancioa aziendale. Troppi formaggi si sono persi per strada inseguendo la quantità (vedi il Castelmagno, tipico 're decaduto'... ma anche il Bagoss ha i suoi problemi).

 

La famiglia Zanini (Foto: Trevalli)

 

L'affinatore è un esperto che vede passare sotto le proprie mani, sotto il suo naso, sotto il suo tassellatore migliaia e migliaia di forme. La capacità poi sta nel associare i dati, nell'incrociare un vasto archivio e mappa mentali. Al di là di questo rispetto ad altri esperti l'affinatore ha anche un vantaggio. Non si limita a dare consigli che il produttore può seguire o meno a seconda dell'umore, stabilisce anche dei prezzi. Pilota la produzione.

Quello che però è stato sinora un vantaggio per far crescere un formaggio che ha un livello medio elevato (senza quegli alti e bassi che nel Bagoss e nel Silter - produzioni più eterogenee - possono provocare delusione nel consumatore più o meno esperto) oggi si rivela un limite. Lo dice apertamente Zanini che  - pur mantenendo sempre lo stesso grembiale rosso fuoco - sa cambiare la casacca dell'imprenditore per metetrsi quelald el Presidente del Comitato promotore per la valorizzazione del Nostrano VT. In questa veste sostiene che c'è bisogno di una nuova e più grande struttura di affinamento.

La nuova cantina dovrebbe sorgere a Sarezzo, in bassa valle, più prossima ad alcuni produttori e dal punto di vista della logistica più 'vicina ai mercati'. Non fa una piega e poi la cantina di Zanini 'scoppia' ("qui è al massimo", dice Zanini) che, giustamente, non può rinunciare ad una gamma consolidata con dei punti di forza per lasciare spazio solo al Nostrano VT. Ma scendendo a valle il Nostrano VT non rischierebbe di snaturarsi un po'?  La bassa valle è un territorio-fabbrica (Lumezzane, definito paesone-fabbrica con le sue metallurgie, cromature, maniglierie, valvolifici, posaterie multipiano costruite una sull'altra è persino inquietante). Giusto recuperare spazi ad una agricoltura vitale anche nei 'pori' dei territori urbanizzati (lo sostengo da un pezzo) ma non si rischia di annacquare un po' l'immagine? L'alta val Trompia è verdissima di prati e pascoli. Chi risale la valle dopo aver superato le fabbriche e le vecchie miniere scopre una realtà totalmente diversa. Un ambiente che appare come il convincente teatro della produzione di un gran formaggio di montagna.

 

Dietro c'è una grande cultura zoocasearia

 

Il Nostrano nasce dalla cultura dei malghesi transumanti di qui, molto numerosi sino a pochi decenni fa. La storia della transumanza è poco conosciuta ma sappiamo che dalle numerose frazioncine, nuclei sparsi, cascine isolate collocate al di sopra dei centri dell'alta valle (Bovegno e Collio) i malghesi partivano ogni autunno per recarsi non solo a Brescia e dintorni ma anche molto più in là, nell' 'hinterland' mantovano (Volta ecc.) e persino nel reggiano. Sì, nella patria del 'Reggiano' erano i trumpilini a fare formaggi. "Alle basse" (espressione ancora usata) si producevano per lo più stracchini o 'robiole', in estate, in alpe quello che oggi si chiama Nostrano. Gente come i Paterlini (un cognome che, non a caso, è ancora diffuso nella bassa reggiana). Storie di una epopea che pare lontana ma che in realtà è vicina. Abbiamo dei blasoni, storie secolari e prestigiose di una tradizione casearia che risale a molti secoli fa ma non li sappiamo mettere in luce.

Per intanto, però, il progetto della nuova grande cantina di stagionatura appare lontano. Ci vogliono risorse non da poco. Così anche la Dop è ferma. La Dop è stata vista come un meritato riconoscimento (indicativo il titolone del Giornale di Brescia riportato sopra che scambia un po' troppo una denominazione di origine con una olimpiade) ma oggi va gestita. Ci sono da affrontare dei costi, c'è da far partire il controllo da parte dell'ente di certificazione, c'è da trasformare il Comitato promotore (che avrebbe esaurito il suo compito) con un Consorzio. Il guaio è che non c'è una 'terza via'. L'unica forma di riconoscimento pubblico serio attualmente è la Dop, un meccanismo per grandi produzioni. I prodotti di eccellenza ancorati a territori limitati reclamano da tempo un 'marchio leggero'. Altrimenti sono condannati nei limbi dei PAT, delle Deco.

 

"Non siamo strutturati per far partire la Dop, speravamo negli incentivi"

 

Silvio Zanini è una persona indubbiamente capace ma ha mantenuto doti di schiettezza. Lo dice francamente "Non siamo strutturati per far partire la Dop, speravamo negli incentivi". I politici si sono, giustamente, compiaciuti per la Dop che è un riconoscimento ad un territorio che non è solo (ex) miniere e metallurgia, pistole e rubinetti, ma che è anche allevamento, caseificio. Benissimo. Però ora che si è ottenuta la bicicletta bisogna pedalare. Non è in linea con al concretezza e con l'efficienza della gente di qui ottenere una Dop e lasciarla 'in sonno'. Lasciamolo fare in altre plaghe dove politici e notabili usano la conquista delle Dop per scopi politici ma poi, a volte, restano nel cassetto.

 

 

Zanini, però, mi fa presente che la mancata partenza della Dop non è solo legata ai tempi del progetto della grande casera di stagionatura, all'attesa di raggiungere un numero più elevato di soci produttori (oggi sono 12-15 si vorrebbe arrivare a venti), un volume maggiore di produzione (raddoppiando le cinquemila forme attuali). C'è anche un altro inghippo. Un vincolo troppo capestro del disciplinare. Quale?

Si potrebbe pensare che vincolarsi al 75% di foraggio sia molto e anche al 66,66% di foraggio locale sul totale. Ma lo scopo è valorizzare e salvare i prati e va bene così. E allora?  

 

Un boomerang la brunomania

 

Se in materia di alimentazione delle lattifere il disciplinare del Nostrano Valtrompia da punti a tutti gli altri formaggi della montagna alpina (vedi l'Appendice in fondo allì'articolo) non si può non rilevare come la scelta di vincolare almeno il 90% di vacche iscritte al Libro Genealogico della Bruna Italiana (derivata Brown Swiss) risulti non coerente con le stesse scelte rigorose in materia di alimentazione.

È ben noto che il ceppo di Bruna allevato in Italia è ricalcato su quello statunitense, originatosi nell'ambito di sistemi di produzione foraggera e di alimentazione intensivi con largo impiego di quel silomais che il disciplinare del Nostrano, giustamente, esclude. Gli allevatori sanno bene che alimentare una Bruna iscritta, quindi figlia di tori 'approvati' e portatori di caratteri favorevoli ad una fortissima produzione di latte non è compatibile con una alimentazione con solo il 25% di concentrati.

È altresì ben noto che l'elevata produzione nelle vacche si esprime in larga misura attraverso un 'picco di lattazione' (una volta si diceva la 'montata lattea'). Se non si utilizzano concentrati in misura nettamente più elevata del 25% in questa fase delicata l'animale non riesce ad ingerire l'energia necessaria per evitare un dimagrimento rapido ed eccessivo che poi pregiudica fertilità, funzionalità del sistema immunitario ecc. Sono cose che gli allevatori sanno sin troppo bene, così come sanno che sui pascoli più 'impegnativi' la Bruna attuale (Brown Swiss) non se la cava così bene come altre razze veramente alpine (Grigia, Rendena, Pustertaler, Pinzgauer). Non le sanno, a quanto pare, i funzionari regionali e ministeriali che approvano i disciplinari.

Silvio Zanini, il papà del Nostrano mi ha riferito  quando sono andato a trovarlo che il Comitato proponeva un limite massimo di 60-70% di  Bruna. Un limite che tiene conto che la diffusione non solo di Pezzata Rossa, ma anche di Grigia, Rendena, Pinzgauer e, soprattutto, dei vari incroci è in aumento ovunque sulle Alpi lombarde.  Anche in Valtrompia.

La conseguenza è semplice: diverse aziende sono 'fuori disciplinare' e, il giorno che si attiveranno i controlli del Csqa, rischiano di essere escluse dalla marchiatura. Considerato che il numero di 12-15 aziende non è certo elevato e che l'obiettivo di raggiungere le 20 aziende risulta lontano questa scelta delle istituzioni di privilegiare la Bruna risulta tale da ostacolare il decollo della Dop. Complimenti.

Le razze sono in continua evoluzione e così la composizione etnica delle popolazioni zootecniche. Un conto è salvaguardare una razza locale allevata solo in un determinato territorio (vedi Valdostana), un conto è stabilire che la Bruna rappresenti un elemento di 'legame con il territorio'. In realtà la presenza 'tradizionale' della Bruna (quella alpina, quella europea di origine svizzera) è durata pochi decenni. Le brune di un tempo, tra l'altro, oltre ad essere a prevalente attitudine lattifera (ma con buoni caratteri di produzione carne e dinamici), erano nettamente più scure delle attuali Brown, spesso di colore chiarissimo, quasi bianco. Prima del breve periodo di presenza 'tradizionale' della Bruna la val Trompia era influenzata, oltre che dal bestiame svizzero, dalle razze 'tirolesi' (il Tirolo comprendeva anche il Trentino ai tempi dell'Impero asburgico, ovvero sino al 1918). Da questo punto si deve registrare quindi una differenza con aree più occidentali della nostra regione dove l'influsso svizzero era più importante.

Le razze del Trentino-Alto Adige sono, in ogni caso, più autoctone della Bruna di derivazione Usa. Ed essendo più adatte alla struttura aziendale ed alla conformazione territoriale della val Trompia non si vede perché siano state escluse. Sarà contenta l'Anarb (l'associazione della Bruna), meno le altre associazioni di razza che potrebbero contestare una clausola monopolistica arbitraria, una violazione del principio di libera concorrenza.

 

 

Nè Nostrano VT nè Bagoss, e allora?

 

La visita al Tempio del Nostrano di VT finisce con una degustazione dei formaggi affinati dalla dittra Trevalli che lascia tutti molto soddisfatti. Poi si parte per la malga. Andiamo oltre il passo Maniva alla malga di Vaia che è in territorio di Bagolino. L'accesso, però, è molto più comodo dal Maniva: si percorre la vecchia strada militare della grande guerra che snoda il suo tracciato sul crestone tra valle Camonica e valle Sabbia e, raggiunta la Grapa de Vaia (con interessante edicola con tavola lignea raffigurante un antico malghese in abito di lana marrone e con una nicchia dove è consrcato un teschio legato alla leggenda del Lago di Vaia) si scende alla Malga di Vaia di Mezzo (solo fuoristrada). A Vaia c'è una situazione strana. I malghesi sono trumpilini, amici di Zanini, che in inverno producono Nostrano. Qui alla malga però non possono produrre Nostrano perché non sono in val Trompia. Produrranno Bagoss allora visto che sono sul territorio di Bagolino. Nemmeno, perché non sono allevatori bagossi. E allora?

 

 

Allora fanno quello che molti alpeggi dovrebbero fare per caratterizzare il loro prodotto: fanno il Vaia. Logico, no? Il Vaia differisce in qualche dettaglio dal Nostrano. Visto che tanto non lo possono marchiare i nostri trumpilini lo salano in salamoia (cosa che il rigido Nostrano VT esclude).

 

 

La recente ristrutturazione del caseificio non ha lasciato molto soddisfatti i caricatori-casari che si lamentano soprattutto per la localizzazione della sala dove avviene l'affioramento della panna. La circolazione dell'aria è insufficiente e non essendo il locale collocato a Nord come logica, buon senso e tradizione vorrebbero,  la temperatura non scende come dovrebbe. Un fatto che avevo già riscontrato in precedenti visite a questa malga del demanio regionale gestita da ERSAF.

 

 

Che delizia il burro di malga (se fatto bene)

 

Nonostante l'inconveniente lamentato la produzione di burro qui sta riprendendo importanza. È dalla fine della seconda guerra mondiale che il valore del burro rispetto al formaggio tende a diminuire. Con le produzioni di massa il trend prosegue (tanto è vero che l'industria si fa ritoccare i disciplinari delle Dop - che dovrebbero in teoria garantire metodi di fabbricazione costanti nel tempo -  per alzare le percentuali mimine di grasso. Con quello che costa il burro 'globale' proveniente dall'estero conviene più inglobare grasso nel formaggio. Ne sanno qualcosa i consumatori di Grana (Padano o Reggiano) che, a meno che non acquistino prodotto vantatao a lunga stagionatura, si trovano a grattugiare con difficoltà un formaggio ancora troppo morbido.

In alpeggio, però, le cose sono cambiate o stanno cambiando. Il venir meno del terrorismo da parte delle ASL contro il burro di affioramento di panna cruda sta favorendo il rilancio di un mercato che era quasi scomparso (mentre si fiddondeva il burro crudo di origine francese). Così il burro di Malga Vaia viene venduto  da Zanini nel suo negozio di San Colombano (che, oltre a vendere i formaggi della ditta è anche un piccolo supermercatino che garantisce un servizio sociale al paese). Com'è il burro? Ben fatto (cosa non scontata), ben impastato, senza acqua come tanti burri di malga. Lo tratta Silvio Zanini e non potrebbe essere diversamente. Un burro che regge il confronto con i celebrati francesi (detto non da me ma da chi conosce più di me i burri francesi crudi anche se ogni tanto li compro anch'io).

 

 

Appendice.

Al Nostrano di Valtrompia dieci e lode per la sostenibilità

 

Coerentemente con gli obiettivi di valorizzazione delle aziende agricole locali (di dimensioni prevelentemente piccole e solo in pochi casi medie) e di cura del territorio il Nostrano di Valtrompia prevede un limite minimo molto elevato per l'utilizzo del foraggio locale (minimo 67% della sostanza secca dell'intera razione), un limite molto basso per gli alimenti concentrati (25%) e l'obbligo dell'alpeggio o comunque del pascolo per sessanta giorni. Sono i vincoli tra i più severi previsti nell'ambito dei disciplinari delle produzioni casearie Dop della montagna alpina con l'eccezione per la quota di foraggio locale su foraggio totale della Fontina (che però non indica un limite massimo per i concentrati).

Le prescrizioni in punto di aliemntazione delle vaccine sono tanto più lodevoli quanto più si consideri che, nell’ambito degli altri disciplinari nella maggior parte dei casi non viene indicato alcun limite minimo preciso per l’utilizzo del foraggio locale.  In alcuni disciplinari non è previsto alcun vincolo esplicito all’uso di foraggio locale (Asiago, Raschera, Toma piemontese, Spressa delle Giudicarie). In un caso la quota di foraggio di origine locale è fissata (Castelmagno) ad un livello risibile pari al dieci% (anche se con la precisazione del rispetto del vincolo ‘giornaliero’ mentre in tutti gli altri casi si deve intendere riferito ad una razione media annuale). Va però precisato che nel caso del Castelmagno sono state proposte modifiche del disciplinare per elevare al 30% e poi alla ‘prevalenza’ la quota di foraggio locale nella razione.   Anche la Raschera che attualmente non prevede alcun riferimento all’origine locale del foraggio ha in itinere delle modifiche del disciplinare che introdurrebbero il vincolo della provenienza ‘per la maggior parte’ dei foraggi dall’area di produzione.

Tabella 1. – Formaggi Dop della montagna alpina e previsioni dei disciplinari di produzione in punto di legame con il territorio assicurato dall’utilizzo dei foraggi locali.

 Formaggio

Quota foraggi locali

Quota minima foraggio locale su razione 

Quota minima foraggio locale su foraggio totale 

Nostrano Valtrompia

La razione alimentare del bestiame, è costituita da erba e/o fieno di prato polifita in percentuale almeno pari al 75% della sostanza secca totale; I capi devono essere alimentati con erba e/o fieno di prato polifita contenenti essenze prative spontanee, provenienti dal territorio per almeno il 50% del fabbisogno giornaliero della razione totale, espressa in sostanza secca. Durante il periodo compreso tra giugno e settembre viene praticato l’alpeggio o il pascolo per non meno di 60 giorni.

50%

67%

Asiago

n.i.

n.i.

n.i.

Stelvio

“tecnica alimentare basata prevalentemente sull’utilizzo di foraggi ottenuti nell’ambito del territorio delimitato".

51%?

n.i.

Montasio

L’alimentazione delle bovine oltre i cereali soprattutto mais e orzo, si basa su foraggisecchi, verdi e gli insilati che provengono principalmente dalla zona di produzione. 

n.i.

51%?

Castelmagno

L’alimentazione del bestiame deve essere costituita da almeno il 10% giornaliero di foraggi freschi od affienati, ottenuti in zona di produzione, al fine di tutelare un legame con il territorio (sic)

10%*

n.i.

Raschera

L’alimentazione base del bestiame vaccino ed eventualmente ovino e caprino deve essere costituita da foraggi verdi od affienati che derivano da prato, da pascolo o da prato-pascolo e da fieno di prato polifita**

0%

0% **

Montasio

L’alimentazione delle bovine oltre che i cereali soprattutto mais e orzo, si basa su foraggi secchi, verdi e gli insilati che provengono principalmente dalla zona di produzione.

n.i.

51%?

Toma piemontese

n.i.

n.i.

n.i.

Fontina

L’alimentazione delle lattifere dev’essere costituita da fieno ed erba verde prodotti in Valled’Aosta. E’ possibile l’utilizzo dei mangimi concentrati conformi alla normativa vigente

n.i.

100%

Spressa delle Giudicarie 

alimentazione con fieno di prato stabile in cui le essenze prevalenti sono graminacee. La razione alimentare delle bovine può essere integrata con mangimi semplici o composti in misura non superiore al 50%.

0%

0%

Casera Valtellina

l'alimentazione delle bovine da cui deriva il latte deve essere costituita prevalentemente da essenze spontanee ed erbai, eventualmente affienati, dell'area delimitata

51%?

n.i.

* richieste di modifica in itinere, prima al 30%, poi a ‘prevalente’

** Richiesta modifica L’alimentazione base del bestiame vaccino ed eventualmente ovino e caprino deve essere costituita da foraggi verdi o conservati, oppure da foraggi affienati chederivano da prato, da pascolo o da prato pascolo e da fieno di prato polifita provenienti per la maggior parte dalla zona geografica delimitata.    

Tabella 2. – Formaggi Dop della montagna alpina e previsioni dei disciplinari di produzione in punto di legame con il territorio assicurato dalla  provenienza del latte da determinati tipi genetici

 Formaggio

Razza

Nostrano Valtrompia

Il latte proviene dalla zona di produzione ed è ottenuto da vacche di razza bruna iscritte al libro genealogico, per almeno il 90% del totale. Il restante 10% può derivare da soggetti di altre razze o meticci.

Asiago

n.i.

Stelvio

n.i.

Montasio

n.i.

Castelmagno

Barà Pustertaler, Bruna, Pezzata Rossa d’Oropa, Pezzata Rossa, Montbeillard, Grigio Alpina, Piemontese, Valdostana e loro incroci.

Raschera

n.i.

Toma piemontese

n.i.

Fontina

Valdostana (Pezzata rossa, pezzata nera, castana)

Spressa delle Giudicarie 

Rendena (razza autoctona), Bruna,Grigio Alpina, Frisona e Pezzata Rossa.

Casera Valtellina

Razze tradizionali nella zona*

* Bruna, Frisona, Pezzata Rossa e loro incroci

 

           

 

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