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(09.12.09)   
Per 
                        la montagna la guerra civile è stata in larga 
                        misura estranea e subita, ma la pietas per tutti 
                        i caduti e il ripristino su basi obiettive della realtà 
                        storica non possono che essere condivise e sollecitate
                        "E' caduto 
                        un Muro" 
                          
                        La 
                        trasmissione su RAI1, il 7 e 8 dicembre, del 'Sangue 
                        dei vinti' tratto dall'opera di Pansa ha un valore storico 
                        e morale enorme 
                        Premessa
                        La 
                        stragrande maggioranza delle gente di montagna non si 
                        è schierata nella guerra civile, non per vigliacceria 
                        ma perché era qualcosa di estraneo ed ostile. L'ha però 
                        subita, spesso in modo doloroso: attentati, rappresaglie, 
                        uccisioni di innocenti per motivi politici o personali 
                        che nulla avavano a che fare con la guerra e presunte 
                        esigenze 'militari' del conflitto.  
                        Al 
                        di là dei fatti più tragici la montagna ha subito per 
                        lo più per le baite bruciate (da tedeschi e GNR) e per 
                        le diffuse ruberie e angherie da parte dei 'partigiani' 
                        (che, non a caso, in montagna molti - tutt'altro 
                        che fascisti -  ricordano come 'grattigiani'). 
                        A parte che ben pochi tra coloro che si massacravano 
                        reciprocamente avevano consapevolezza delle ideologie 
                        cui si richiamavano le parti (fascismo e comunismo) 
                        va detto che esse erano e sono ugualmente distanti 
                        e ostili alla realtà rurale e della montagna. Erano 
                        (e sono) ideologie urbanocentriche, di filiazione giacobina 
                        e rivoluzionaria sia pure nelle diverse accentuazioni 
                        nazionalistiche e internazionalistiche. Il volto statalista 
                        di entrambi i totalitarismi basta a far intendere che 
                        è molto di più quello che hanno in comune che quello 
                        che le divide. Eppure quando si è simili, a volte, ci 
                        si combatte con maggiore ferocia.  
                        Da 
                        un punto di vista ruralista crediamo sia utile far emergere 
                        che la violenza è insita in ogni ideologia 'moderna', 
                        una violenza che in nome di astratti ideali di rivoluzione 
                        sociale, di esaltazione della tecnica e della capacità 
                        dell'homo faber, l'ispirazione materialista,  si 
                        traduce nella volontà prometeica di 'soggiogare' 
                        e violentare la natura e di irrigimentare le persone 
                        astraendole dalle 'comunità naturali' e inserendole 
                        in apparati 'di massa'.  L'aggressività delle ideologie 
                        moderne (fascismo e comunismo sono solo il loro volto 
                        più 'scoperto') si esplica allo stesso modo sulle 
                        comunità umane e sulle comunità biologiche. Oggi gli 
                        OGM e il largo e crescente ricorso ai pesticidi sono 
                        un esempio lampante di tale cultura. La radice del male 
                        per essere combattuta va individuata e conosciuta. 
                        Visti 
                        dalle campagne e dalle montagne i contendenti della 
                        guerra civile erano entrambi 'cattivi' e siamo ben contenti 
                        che le operazioni 'revisioniste' , che danno tanto fastidio 
                        a molti, facciano emergere la pari cattiveria. 
                        In 
                        opposizione alle ideologie disumanizzanti preme 
                        anche sottolineare che dentro entrambi i fronti vi erano 
                        anche i  'buoni'. La manichea ricostruzione storica 
                        che nega i delitti dei 'partigiani' e sostiene che tutti 
                        i 'repubblichini' fossero satanassi è inaccettabile. 
                         
                        Il 
                        rispetto per la dignità e l'identità di ogni uomo portano 
                        a chiedere che dopo 65 anni si restituisca la memoria 
                        e la dignità umana (magari una sepoltura) a tutti i 
                        caduti. Senza un'operazione del genere i germi dell'odio, 
                        i fantasmi di una guerra civile - che non si è voluta 
                        mai chiudere definitivamente - non si placheranno, 
                        con conseguenze per la vita politica e civile che non 
                        è difficile constatare. Ecco perché  'Il sangue 
                        dei vinti' di Gianpaolo Panse e, sopratutto, il rito 
                        collettivo catartico della sua trasmissione in 
                        prima serata su RAI1 rappresentano un evento storico 
                        che va accolto come un fatto di quelli che lasciano 
                        il segno. In positivo.  
                        Una 
                        riparazione mediatica
                        La 
                        trasposizione televisiva dell'opera 'Il sangue dei vinti' 
                        di Gianpaolo Pansa non è stato solo un fatto televisivo, 
                        sia pure importante. Pansa in questi anni, nonostante 
                        scomuniche, insulti e minacce è riuscito a incrinare, 
                        se non a rompere, il muro di conformismo e la vera 
                        e propria dittatura politico-culturale dei 'padroni 
                        della memoria' (definizione dello stesso Pansa). L'ha 
                        potuto fare anche perché giornalista e scrittore di 
                        sinistra cui era più arduo chiudere la bocca (molte 
                        cose dette da Pansa erano state già scritte in opere 
                        di autori 'fascisti' e quindi condannate all'oblio). 
                         Il conformismo dominante nel mondo dell'editoria 
                        e in larga parte dei media non ha comunque esitato nonostante 
                        pedigree intellettuale e politico di Pansa  a 
                        delegittimane l'opera applicandogli l'etichetta di 'revisionista'. 
                        Ma uno storico non deve per deontologia professionale 
                        andare a 'rivedere' la storia?. Un'etichetta applicata 
                        da chi vuole applicare alla storia i filtri delle letture 
                        'politicamente corrette' e, di fatto, funzionali a chi 
                        detiene il potere. In Italia per decenni il potere è 
                        stato basato un accordo consociativo da forze politiche 
                        che si legittimavano reciprocamente in nome dell'unità 
                        antifascista. Il PCI faceva finta di non vedere la contiguità 
                        della DC con la mafia, la DC faceva finta di non vedere che 
                        il PCI continuava a ricevere finanziamenti da Mosca 
                        durante tutta la guerra fredda, da quello che un nemico 
                        che minacciava l'Europa occidentale con missili 
                        e carri armati e che 'dentro la cortina di ferro' schiacciava 
                        nel sangue i tentativi delle nazioni soggiogate all'impero 
                        russo-comuinista di recuperare la libertà.  
                        In 
                        nome della spartizione del potere e delle sfere di influenza 
                        economica, sociale e culturale i 'partiti antifascisti' 
                        hanno tenuto in vita un castello di menzogne.  Ma 
                        per tanto tempo nessuno ha potuto gridare 'il re è nudo'. 
                        Si erano inventati un Italia che combatteva a 'fianco 
                        degli alleati' mentre gli angloamericani calpestavano l'Italia 
                        come un nemico vinto e senza onore, mentre le truppe 
                        'alleate' procedevano a bombardamenti terroristici, 
                        a stupri di massa, a uccisioni indiscriminate di prigionieri 
                        inermi e di civili. Hanno 'dimenticato' che i 'partigiani' 
                        comunisti più che combattere contro i tedeschi (non 
                        c'è fortunatamente più nessuno che sostenga che la 'resistenza' 
                        abbia pesato sul piano militare) erano preoccupati di 
                        eliminare i nemici politici in vista dell'instaurazione 
                        della loro dittatura.  Hanno 'dimenticato' che 
                        tra i 'nemici del popolo'  non c'erano solo 
                        i fascisti (o quelli che faceva comodo qualificare tali) 
                        ma anche gli stessi partigiani di altro colore e fior 
                        di antifascisti. Hanno 'dimenticato', ovvero voluto 
                        dimenticare, che la maggior parte dei fascisti o presunti 
                        tali, sono stati uccisi dopo la fine della guerra, 
                        quando si erano arresi, chiusi in improvvisate carceri 
                        e lager per essere prelevati per le fucilazioni e le 
                        fosse comuni, che la mattanza è proseguita per mesi 
                        e che la guerra civile non è finita nel '45, ma nel 
                        '48 con una sequela di omicidi politici a sangue freddo, 
                        di 'nemici del popolo' spariti nel nulla (comprese decine 
                        di sacerdoti cattolici che 'resistevano' alla imposizione 
                        di un regime cominista strisciante nel 'Triangolo della 
                        morte' emiliano).  
                        Nel 
                        'Sangue dei vinti' non c'è (non ci poteva essere) tutto 
                        questo, ma vi è comunque una cosa fondamentale: grazie 
                        al potere di un mezzo di comunicazione di massa - che 
                        conferisce uno statuto di realtà anche a dimensioni 
                        del tutto virtuali - è stata almeno in parte riportata 
                        alla realtà una storia rimossa, riscritta, ri-costrutita 
                        ad uso e consumo dei vincitori. Una bella nemesi, un bel 
                        ribaltamento. 'Non erano tutti satanassi'. Ecco una 
                        delle cose che  l'opera di Pansa arrivata in televisione 
                        ha fatto capire al pubblico (e il riferimento è ai combattenti 
                        della RSI). Con qualle concessione al sentimentalismo, 
                        ma neppure troppo, oltre 5 milioni di spettatori hanno 
                        capito che i volontari, uomini e donne, della RSI 
                        non erano sadici pervertiti assetati di sangue o 
                        tutti fanatici come, per troppo tempo, opere letterarie 
                        e cinematografiche hanno teso a far credere. 
                        C'è 
                        voluto il personaggio di Lucia, la repubblichina 
                        che salva la vita a una partigiana (partigiana più  per 
                        bisogno di soldi che per convinzione, tra l'altro) e 
                        alla sua bambina, per far capire che i buoni non erano 
                        tutti da una parte. E i cattivi nemmeno.  Al 
                        di là del richiamo dei valori dell'onore e della 
                        patria (magari malintesi, ma certo sempre più positivi 
                        dei valori di chi voleva imporre una dittatura stalinista) 
                        Lucia combatte perché - per lei - il nemico 
                        è quello che bombarda le città italiane e che, sotto 
                        le bombe, le ha ucciso il marito. Perché le 'fa 
                        schifo' chi - indipendentemente dalle motivazioni - 
                        combatte con quel nemico. Per la prima volta nella storia 
                        della repubblica 'nata dalla resistenza' in un film 
                        che 'passa' sui principali canali televisivi i partigiani 
                        sono presentati in cattiva luce (ammazzano il nemico 
                        che si arrende, ammazzano persone innocenti, non si 
                        capisce chi comanda tra loro e il 'commissario 
                        politico' è un personaggio a dir poco ambiguo).  
                          
                          
Dove 
                        l'erba è più verde
                        La 
                        trasmissione su RAI1 del 'Sangue dei vinti' risponde 
                        anche a quella esigenza di pietas per i caduti 
                        che, a distanza di 65 anni, si è voluto negare. Le vulgate 
                        resistenziali con il loro castello di menzogne antistoriche 
                        impedivano che si addivenisse non solo a gesti, 
                        non solo di riconciliazione, ma di pura pietà e ricordo 
                        dei vinti uccisi. Non esistevano. Non avevano dignità 
                        di combattenti, erano dei 'mostri', tanto mostri da 
                        non poter esistere italiani così, quindi si è inteso 
                        farli 'sparire per sempre'. Riportare in vita i fantasmi, 
                        dare un nome e una sepoltura a coloro che sono stati 
                        'cancellati', la cui identità è finita per sempre in 
                        una fossa comune segreta era, e rimane, scomodo, troppo 
                        scomodo. Per questo le ultime scene del film hanno un 
                        valore straordinario, umano, morale e politico. 
                        Lucia finisce in un 'carnaio unano' (noto alla figlia 
                        della 'partigiana' salvata da Lucia e individuato dalla 
                        crescita più rigogliosa dell'erba di un prato). Lì sono 
                        finiti i suoi resti dopo dopo essere stata stuprata e 
                        seviziata da un nemico senza pietà e senza onore (non 
                        poche ausiliarie sono finite così: seviziate e violentate 
                        dagli 'eroici' partigiani). Le parole e le immagini 
                        di quella scena vanno al di là del fatto televisivo, 
                        sono una parziale e tardiva riparazione per il tanto 
                        sangue dei vinti sparso.  
                          
                          
                          
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                        25 
                        aprile: liberazione o mattanza?: una battaglia troppo 
                        in anticipo sui tempi (1994) 
  
                          
                          
                           
                          
                        
                            
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                                     Sopra 
                                    a sinistra: un capo partigiano uccide un 
                                    prigioniero; a destra: finte e improbabili 
                                     partigiane (notare il look e 
                                    le pettinature) per le strade di Milano, 
                                    in realtà comparse dello studio fotografico 
                                    Publifoto che appaiono in diverse 
                                    foto di scene di finti combattimenti insieme 
                                    al titolare Vincenzo Carrese. In realtà 
                                    a Milano era in atto una mattanza contro 
                                    un nemico ormai inerme (3.500 uccisi solo 
                                    in città). Alcuni delitti di vinti e di 
                                    innocenti di quel 'glorioso' 25 aprile 
                                    recano l'illustre firma di Sandro Pertini. 
                                    A 
                                    fianco a sinistra: massacro sul Carso; a 
                                    destra fossa comune a Bologna. 
                                 | 
                             
                         
                           
                         
                        
                            
                                
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                                         A 
                                        fianco a sinistra: camionata di prigionieri 
                                        fucilati a Genova; a destra: per le 
                                        strade di Milano nel 'glorioso' 25 aprile. 
                                        Sotto: 
                                        a sinistra alpini della RSI ad Aosta, 
                                        a destra bersaglieri della RSI in Friuli. 
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