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(28.08.12) L'arrivo dei lupi nella regione della Lozére, a sud del Massif Central, oltre a far ricordare a José Bové che è stato un pastore ha indotto persino il Corrierone a scoprire che il lupo è un problema (se minaccia il Roquefort)

 

Incredibile!  Il Corrierone con i

 

pastori (del Roquefort)

 

di Michele Corti

 

L'articolo apparso ieri sul Corrierone è quasi storico: il lupo presentato per la prima volta dai media come un serio problema che minaccia la pastorizia e i migliori prodotti caseari. Non poteva non essere accompagnato da una gragnuola di commenti adirati dei lettori politicamente corretti: i pecoroni pro-lupo, farciti dei soliti luoghi comuni di un animal-ambientalismo dagli argomenti sempre più logori

I lupi sono dovuto arrivare sui pascoli della Lozére (nel centro-sud della Francia) a fare strage di pecore da latte destinato alla produzione di Roquefort, perché il Corrierone si accorgesse che sono un problema. Incidentalmente la Lozére si chiamava Gévaudan e La Bête du Gévaudan è il lupo più famoso del mondo (a meno di credere che fosse una misteriosa creatura) che uccise in pochi anni tra 1764 e 1767 decine di persone.

 

 

La notizia è offerta ai lettori in uno stile giornalistico-romanzesco facendo credere che un orda selvaggia da steppa siberiana di 250 lupi si sia spostata dall'Italia alla Francia (se queste cose le dicono i blogger gli mandano l'ambulanza, siccome il Corrierone è "autorevole" può spararle impunito):

"250 lupi italiani (!?) distribuiti in 20 branchi, che hanno attraversato i confini francesi nel 1993 dirigendosi verso la zona di Auvergne e verso i Vosgi"

Da morire dal ridere. Però si coglie il problema attuale:

"... stanno iniziando a minacciare quelle pecore così preziose per la produzione casearia e in generale per l’economia locale". Il lupo "minaccia il Roquefort, soddisfazione di tanti palati del mondo intero, impedendo alle povere pecore della zona francese della Lozère, centro nevralgico di produzione del formaggio blu, di pascolare liberamente nei prati. E produrre un Roquefort come si deve a servizio dell’umanità".

Povera pecora (finalmente!)

 

Beh, almeno un risultato è stato ottenuto. Grazie alla gola qualcuno si accorge che in tutta questa faccenda della reintroduzione del lupo chi è "povera" è la pecora (e il pastore con lei). E, novità assoluta per la grande stampa italiana, si parla in termini allarmistici dell'espansione e proliferazione del lupo:

"Recentemente si sono verificati infatti una trentina di attacchi complessivi e il bilancio rovinoso è di 62 ovini morti e 73 feriti. In realtà non tutti sono stati attribuiti ai lupi, ma secondo gli allevatori la coesistenza con il predatore, che è bene ricordare è una razza (!?) protetta, sta diventando impossibile. E del resto che la presenza del lupo si stesse intensificando nelle zone circostanti era cosa già nota. Bastava leggere Le Figaro non molti giorni fa per capire che il temuto carnivoro in Francia sta crescendo a un tasso galoppante. Complici le politiche di protezione della biodiversità, le ultime statistiche a riguardo segnalano (con orgoglio, si intende, e Roquefort permettendo) la presenza di 250 lupi nell’anno 2011-12 nel Paese d’Oltralpe, ovvero il doppio rispetto a sei anni fa". 

È quasi commovente che il Corrierone dia la parola ai pastori, sia pure quelli della Lozére:

"Christian Robert, 48 anni, ha un gregge di 550 pecore della specie (!?) Lacaune, il cui latte è da sempre dedicato esclusivamente alla produzione del Roquefort. Secondo una tradizione millenaria, il latte viene lasciato invecchiare nelle grotte del Monte Combalou, alle spalle dello storico villaggio Roquefort-sur-Soulzon. D’estate le pecore del signor Robert pascolano liberamente e felicemente nelle zone della Causse de Méjean. Ma nelle ultime settimane si è seminato il panico: si sono verificati cinque attacchi che hanno portato a tre morti e a quattro feriti tra gli ovini. E il principale sospettato è il lupo. «La situazione è diventata insostenibile - ha dichiarato Christian Robert – devo montare di guardia ogni due ore». Senza contare tutte le restrizioni che “il codice del lupo” (le norme sulla protezione dell’animale stabilite nel 2004) impone a chiunque (a meno che non si tratti di persone autorizzate), rendendo la battaglia decisamente impari. "

I problemi sono quelli. Ma si accorgeranno il Corrierone e la Busiarda (La Stampa di Torino)che riguardano anche i pastori a cavallo del confine alpino?

Il merito dell'articolo del Corrierone è quello di far capire che ad opporsi al lupo non sono degli antiecologisti ma degli ecologisti veri, i contadini, i pastori che non usano pesticidi, che mantengoni i pascoli, habitat ricchi di biodiversità:

"Christian Robert ha ottenuto anche l’appoggio di José Bové, paladino della produzione locale (e tenace difensore di questa tipologia di formaggio), leader del movimento no-global e deputato europeo, il qual ha dichiarato che in queste zone la difesa dei prodotti locali e dell’agricoltura costituisce una priorità. Ora la battaglia è aperta e la dialettica lupo-uomo, o forse sarebbe meglio dire lupo-formaggio, vede schierate due fazioni contrapposte, entrambe con le loro ragioni. I gruppi di difesa della fauna selvatica parlano di incitamento alla distruzione di una specie in pericolo, mentre i produttori francesi continuano a lottare per difendere il loro formaggio". 

E così si comincia a capire che c'è un ecologismo contadino (Vandana Shiva ha dichiarato senza appello che "l'unico ecologismo è quallo contadino") e un ecologismo urbano. Quest'ultimo persegue obiettivi simbolici e di immagine che poco o nulla hanno a che fare con la tutela degli ecosistemi e della biodiversità danneggiando i soggetti sociali protagonistri di sistemi di produzione in equilibrio, rinnovabili.

Reazioni indignate

L'articolo, apparso ieri 27 agosto nella sotto-sezione "Animali" della sezione "Scienze" (umh!!), ha comunque risvegliato bruscamente i lettori animal-ambientalisti in pantofole del quotidiano milanese dalle fantasie "onirico-ecologiste" nelle quale piace loro cullarsi. E hanno reagito indignati, con una raffica di commenti tutti a difendere lo "splendido animale" che "riporta l'equilibrio della natura" ad assolverlo, come da copione, negando che il lupo uccida, dando la colpa ai cani, dicendo che tanto c'è l'indennizzo, che basta difendere bene le pecore ecc. Le solite tiritere che, una sistematica ed abile campagna mediatica  messa in atto da anni dalle lobby ambiental-animaliste, ha finito per far a ripetere come a dei pappagalli ammaestrati alle schiere dei lupofili da salotto.

Grazie al Roquefort, formaggio conosciuto in tutto il mondo (ma i lettori del Corrierone sapevano che è ovino?) si comincia a parlare anche sui grandi media del lupo in termini di "negatività" . Forse, però, il tutto sarebbe pasato sotto silenzio sui media italiani se non ci fosse stato di mezzo anche un personaggio altrettanto noto come José Bové che, prima di diventare un politico a tempo pieno ovvero eurodeputato (verde !?) ha fatto l'allevatore di pecore... nella Lozére. Bové ha sollevato che attirandosi gli strali degli animal-ambientalisti si è schierato senza se e senza ma dalla parte dei pastori rivendicando il diritto all'autodifesa (con il fucile). In realtà la dichiarazione "shock" di Bové è del primo di agosto. Meglio tardi che mai.  Fino ad oggi le 5.000 pecore (in larghissima misura da carne) uccise dai lupi in Francia nel 2011 non facevano abbastanza notizia; non parliamo delle 500 perdite di ovicaprini registrate nel solo Piemonte nel 2011 (altrove in Italia non esistono nemmeno le statistiche).

Va comunque dato atto al Corrierone di dimostrarsi molto più sensibile al grido di dolore dei pastori (per ora solo francesi) rispetto alla Busiarda. Quest'ultima dovrebbe, in teoria, occuparsi di più di quello che succede a pochi km dalla redazione di Torino. Invece questa estate su la Busiarda sono state pubblicate a più riprese paginate intere dedicate al lupo (in termini positivi, si intende).


 

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