(12/04/2021) In questa fine inverno/inizio primavera sono stati segnalati, nelle regioni alpino-padane, tanti e tali episodi riguardanti i lupi che diventa impossibile negare che ci si trovi di fronte a un salto di qualità, a una situazione sfuggita di mano. Tra il 18 marzo e il 4 aprile sono stati investiti sulle strade della bassa pianura lombarda ben tre lupi, tra cui una lupa gravida (chissà se hanno eseguito l'analisi genetica del feto?). Gli episodi sono avvenuti a Lodi (qui), Pavia (qui) e Mantova (qui). Nel caso del lodigiano il lupo è ritenuto responsabile di un attacco sferrato all'interno di una stalla in cui sono state uccisi 22 caprini. Quest'inverno si sono registrati numerosi episodi di presenza di lupi nei centri abitati con predazione di animali domestici anche in prossimità delle abitazioni e delle stalle.
Casi
inquietanti (nell'inerzia delle istituzioni, ipnotizzate da
WolfAlps)
Il caso più eclatante è quello di Arvier in val d'Aosta, dove tre lupi hanno stabilito la tana diurna nel centro abitato (qui). Gli abitanti sono stati costretti a tenere i bambini chiusi in casa, i forestali hanno "monitorato" (ovvero si sono limitati a osservare i lupi). Episodi inquietanti si sono registrati nella montagna veneta. A fine marzo, ad Asiago, una lupa ha tentato di aggredire un allevatore nell'ambito dell'azienda presso i suoi capi ma è stato difeso dal proprio cane (qui). Particolare ancora più inquietante si trattava di una lupa radiocollarata. I responsabili del progetto di controllo telemetrico in Veneto – gruppo Apollonio (lupologi di una diversa "parrocchia" rispetto a WolfAlps e a Boitani) negano, prove alla mano, che la lupa fosse un esemplare da loro controllato. Un fatto, confermato a più riprese dall'allevatore interrogato sul punto, che va ad aggiungersi alle numerose segnalazioni che da anni provengono da aree di nuova colonizzazione del lupo, spia di una gestione non trasparente da parte di certa lupologia. Non è finita, nel bellunese, nel feltrino, il 5 aprile, una piccola mandria bovina, spaventata di notte da "qualcosa" ha divelto le recinzioni e ha vagato per chilometri tanto da dover essere individuata con l'ausilio di un elicottero. Al momento del ritrovamento due capi erano ancora "terrorizzati" come riferito dai soccorritori (qui). Dubbi su cosa sia successo?
Il giocattolo è sfuggito di mano
Tutti
questi episodi sono indicatori di una situazione sfuggita di
mano agli apprendisti stregoni che hanno cavalcato la
reintroduzione del lupo enfatizzandone i significati salvifici
per l'ecosistema e assecondando ogni forma maniacale di
lupofilia. L'onda sollevata è stata considerata tutta acqua
portata al loro mulino ma ora rischia di ritorcersi contro.
L'aver coltivato una lupofilia irrazionale ed emotiva ora
impedisce qualsiasi approccio efficace al controllo di una
specie che sta conoscendo una crescita demografica superiore a
ogni aspettativa colonizzando ambieni fortemente antropizzati.
Tutte premesse per l'innesco di conflitti sociali che rischiano
di essere un boomerang per il lupismo. Al di là di queste
contraddizioni, legate alle eccessive concessioni fatte dalla
propaganda pro lupo all'ideologia e alla mistica ecoanimalista,
ve ne sono anche di più pesanti e strutturali legate al rapporto
tra componente scientifica del conservazionismo e Ong. Sin dagli
albori dell'ambientalismo le due componenti sono risultate
intrecciate. Non c'è comitato tecnico-scientifico in cui non
siedano i rappresentanti delle principali organizzazioni
ambientaliste (in Italia WWF e Legambiente). Molti organismi
nati all'interno di associazioni ambientaliste si sono
trasformati in organismi autoproclamatisi "scientifici" (ma
sempre ibridi per la presenza ambientalista). Gli stessi
organismi, gradualmente, sono diventati organismi ufficiali,
parte delle istituzioni piubbliche a tutti i livelli. Essere
vicini o membri delle organizzazioni ambientaliste è, per molti
accademici, un viatico per la carriera universitaria
(accreditandosi come esperti di nomina ambientaista all'interno
dei comitati scientifici e accedendo a canali preferenziali per
ottenere finanziamenti per la ricerca) . Lo stesso Boitani, che
ogni tanto ha delle uscite che contestano l'approccio
animal-ambientalista alla gestione del lupo, è nel consiglio
scientifico del WWF. Senza il progetto "San Francesco" del
WWF gli sparuti lupologi degli albori sarebbero rimasti degli
scappati di casa all'interno dell'accademia. Ora sono star. Ora,
però, l'approccio animal-ambientalista diventa ingombrante. I
lupologi si rendono conto che cavalcare l'ulteriore espansione e
invremento del lupo rischia di diventare pericoloso e di
suscitare un onda avversa. Perciò Boitani ha lanciato il
progetto LIFE BOLD WOLVES e dalle parti di WOLFALPS aspettano
che la situazione si deteriori e che, allo scadere di WOLFALPS
II, vengano pregati di lanciare nuovi LIFE (decine di milioni
assicrati) sui lupi spavaldi, sull'avvio di un'attività
contenimento (molto limnitata e comunque nelle mani dei
lupisti), sugli ibridi. Però le cose stanno precipitando e i
cinici calcoli dei lupisti si stanno rivelando sbagliati.
A muoversi con la consueta proverbiale spregiudicatezza è
Boitani, personaggio abituato a dire tutto e il contrario di
tutto. Secondo la situazione.
Scoppia il caso degli ibridi sulle Alpi
Lo scorso inverno non è passato inosservata da parte di chi si occupa (su opposte barricate) del ritorno del lupo sulle Alpi, l'intervista di Luigi Boitani all'Alto Adige (qui). L'aspetto più interessante è che il padre della lupologia italiana ed europea spara a zero contro il "sistema". Fosse per lui gli ibridi andrebbero eliminati in modo sbrigativo perché rappresentano una minaccia mortale per il lupo, invece le normative vigenti e l'atteggiamento degli ambientalisti lo impediscono. Questa uscita di Boitani è strana Solo nel 2018, intervistato dallo stesso giornale (qui) il nostro dichiarava che gli ibridi sono una fake news
Dal
punto di vista scientifico è una assoluta cazzata. Abbiamo un
dato del 25% di ibridi circoscritto alla bassa Toscana, quasi
solo alla provincia di Grosseto. Estrapolare questo dato ed
estenderlo all’intera popolazione di lupo è semplicemente
ridicolo. Restiamo a nord: sulle Alpi italiane non è stato
trovato fino ad oggi un solo ibrido di lupo. Francesca Marucco
lavora da vent’anni in Piemonte con la genetica collaborando con
i migliori laboratori statunitensi e il problema ibridi è
inesistente. E stiamo parlando di una regione, il Piemonte, dove
ci sono 27 branchi per un minimo di 151 esemplari.
Che
Boitani sia solito contraddire sé stesso è assodato. Che il
giornalista non si sia sentito in dovere di verificare cosa
avesse detto l'intervistato alla sua stessa testata due anni
prima è una bella prova di... professionalità. In ogni
caso a smentire la fake news di un inesistente probema ibridi ci
sono pubblicazioni scientifiche, con la firma di Boitani (ci
torniamo tra poco), che sostengono che l'incidenza
dell'ibridazione è elevata, non solo nell'Italia centrale, ma
anche sull'Appennino settentrionale. Con la sua IEA
(associazione "no profit" dove figurano lui e pochissimi
collaboratori) ha partecipato non solo al progetto LIFE
IBRIDWOLF, che si svolgeva a Grosseto ma anche all'altro
progetto sugli ibridi MIRKO LUPO, con area il parco
dell'Appennino tosco-emiliano e quello del Gran Sasso. Perché
mettere in piedi progetti milionari se il problema ibridi non
esiste o è circoscritto e limitato?
In
realtà Boitani lo riteneva serio anche prima di mettere in piedi
i progetti LIFE sul tema. Prendiamo in considerazione le Linee
guida per la gestione della dimensione delle
popolazioni di grandi carnivori (Guidelines for Population
Level Management Plans for Large Carnivores) della
LCIE del 2008 (Large Carnivore Initiative for Europe) (scarica
il PDF)
edite a cura dell'IEA e redatte da John Linnel (del NINA:
Norsk institutt for naturforskning,
fondazione ambientalista privata con quadi 300 dipendenti),
Valeria Salvatori (collaboratrice di Boitani e membro dell'IEA)
e dallo stesso Boitani. Per chi non è addentro al mondo
conservazionista ricordiamo che la LCIE nasce come campagna del
WWF e del Consiglio d'Europa ed è diventata poi una commissione
specialistica della più ampia commissione per la sopravvivenza
delle specie (Species Survival Commission) dell'IUCN (Unione
internazionale per la conservazione della natura, la mega
organizzazione ombrello che raduna organismi scientifici,
organizzazioni ambientaliste, istituzioni).
In
quelle Linee guida già si diceva che: Andrebbe fatto tutto il
possibile per rimuovere dallo stato selvatico i soggetti
palesemente ibridi se si dovessero comparire e venissero
individuati. Per farlo il modo realmente efficace è il controllo
letale [abbattimento] dal momento che le possibilità di cattura
selettiva di singoli individui di un branco ibrido sono minime.
Parole chiare, senza dubbio.
Ibridi
sulle Alpi, la lupologia prima nega, poi si arrende
Per alcuni anni la lupologia e il lupismo militante hanno negato la presenza di ibridi sulle Alpi. Un anno prima che Boitani dichiarasse che gli ibridi alpini sono fake news, Legambiente Veneto si preoccupava di lanciare una campagna sugli ibridi "arma di distrazione di massa". Nel 2018 Boitani era quindi in sintonia con gli ambientalisti: chi parla di ibridi vuole intorbidare le acque, i lupi arrivati sulle Alpe sono purissimi come la Levissima. Avrebbero continuato (Legambiente, Boitani, WolfAps) a negare la presenza di ibridi sulle Alpi se non fossero arrivate le segnalazioni dei cacciatori.
I
cittadini devono essere consapevoli che il lupismo organizzato,
ben lubrificato dai milioni di WolfAlps spende i soldi pubblici
non per produrre conoscenza sulla reale presenza del lupo ma per
nasconderla. Il tutto per consentire la sua ulteriore
espansione. Più lupi più potere per i lupisti, più lupi più
soldi. Domani incasseranno per sparare ai lupi, oggi si
preoccupano di diffonderli ancora il più possibile. Un gioco
d'azzardo. Un gioco in cui si sono cacciati sopravvalutando le
loro capacità, la loro furbizia. Promuovere come ha fatto
WolfAlps la colonizzazione del lupo sulle Alpi è qualcosa che
sconvolge la vita di intere comunità sino ad espropriarle
dell'uso del territorio, che modifica i termini del rapporto tra
popolazioni e territorio, che cambia i rapporti tra le
istituzioni, che mira a svuotare ulteriormente il potere degli
organi elettivi a favore dei centri di potere centralistici e
tecnocratici. Nel XIX secolo i grandi interessi economici, la
tecnoburocrazia, il potere statale aggredirono la montagna con
la scusa della "protezione del bosco". Oggi c'è il lupo. Tutto
sulla stessa scia. Cancellare la presenza di comunità autonome,
della piccola attività economica, della civiltà rurale. Ma per
portare avanti un progetto politico del calibro di WolfAlps ci
vuole del personale all'altezza. Forte di competenza scientifica
plurispecialistiche ma anche di cultura politica, sociologica
ecc. Ovvio che dietro ai personaggi di medio calibro pieni di
spocchia di WolfAlps c'è qualcuno ben più attrezzato di loro
(dentro il Ministero, l'Ispra, i cc forestali) ma è altrettanto
chiaro cha anche chi manovra dietro le quindi si è autoconvinto
di essere troppo bravo e infallibile grazie alla facilità con la
quale hanno portato a casa i milioni dei fondi comunitari e,
soprattutto, alla facilità con la quale le istituzioni si sono
fatte mettere nel sacco, trasferendo, a partire dalla regione
Piemonte, prerogative e competenze a un autority che non non è
stata stabilita da nessuna legge ma che è molto più potente di
tante istituzioni. Questa autority è WolfAlps, o meglio la rete
implicita, di relazioni tentacolari, di catene di comando de
facto, stabilita da WolfAlps. Una rete che fa capo alla
centrale e bypassa spregiudicatamente, anche forzando i limiti
della legittimità, le istituzioni alle quali fanno riferimento
dirigenti, funzionari, dipendenti degli enti che sono entrati
nell'orbita di WolfAlps. Ci troviamo di fronte a un potente Ente
Nazionale Lupi con autorità che scavalca quella delle
istituzioni alla luce del solo che, mai come in questo caso, si
rivelano pallide finzioni, facciate che nascondono i reali
centri di potere. Tutto questo potere da alla testa.
Così si è pensato da parte dei "signori del lupo" che si
potessero prendere in giro all'infinito i poveri villici
raccontando le favole dei lupi timidi e schivi, le storie che
attribuiscono sempre ai "cani randagi" la colpa di tutto. E la
colpa più grave attrivuita ai cani randagi è l'ibridazione del
lupo. Ma sulle Alpi non esistono cani randagi, solo cani mal
custoditi. Sulle Alpi il gioco di dare la colpa ai
cacciatori e ai pastori per l'abbandono dei cani non
funziona. Così se appaiono ibridi è molto imbarazzante per la
lupologia (e il lupismo in generale). Perché è inevitabile
arrivare alla conclusione che gli ibridi sono, in questo
contesto, il risultato di una non-gestione del lupo che consente
ai singoli e ai branchi di entrare nei centri abitati. Qualche
volta i cani sono sbranati, qualche altra volta la lupa si
accoppia con il cane.
Boitani
o non conosce la geografia o ha la memoria corta o ... Il
progetto LIFE MIRKO LUPO, progetto sugli ibridi, nel 2018 ha
recuperato e radiocollarato una lupa vittima di un incidente
stradale nelle Alpi liguri. Per via delle solite contraddizioni,
quelle ormai croniche e dalle quali il lupismo non riuscirà più
a liberarsi (ma che fa pagare alle sue vittime: in primis gli
allevatori) l'hanno "battezzata" Luna, con un nome
accattivante che punta – per promuoverne in modo distorto
l'accettazione – a umanizzare il selvatico o, quantomeno a
"domesticizzarlo". Contribuendo alla cultura animalista della
confusione di statuti tra uomo e animale tra domestico e
selvatico, facendo di tutti gli animali dei pet, diventa poi
difficile spiegare che gli ibridi sono una minaccia, che vanno
rimossi. Ma i primi a dare il cattivo esempio sono loro, come
quel guardiaparco di un parco piemontese aderente a WolfAlps che
si fa filmare mentre "balla con i lupi". Luna,
radiocollarata, è stata poi vittima di un cinghiale nel 2018,
non molto lontano da dove era stata rinvenuta la prima volta, al
confine tra la provincia di Savona e quella di Cuneo nelle Alpi
Marittime. Passano due anni e un lupo biondo appare in val di
Susa. Sin dall'agosto è segnalato dai cacciatori attraverso il
blog Nuovo Cacciatore Piemontese di Alessandro Bassignana.
Quando ornai la notizia si diffonde sui social, WolfAlps,
attraverso i guardiaparco delle Alpi Cozie decide che è
preferibile ammettere la presenza dell'ibrido (sotto in una foto
con un esemplare "regolare").
Quest'anno, a febbraio, l'ibrido appare ancora, prima a gennaio e poi, ripetutamente, nel fondovalle valsusino, dove è stato immortalato in compagnia di altri due soggetti "regolari".
Quanto è ibridato il lupo italiano?
Dopo che, sulle Alpi, dopo i biondi apparsi a Ovest, appariva nel Tarvisiano (Friuli) un melanico (mantello completamente nero), è uscito uno studio del gruppo di Ciucci, che alla Sapienza di Roma ha preso il posto di Boitani, che confermerebbe precedenti indagini che indicavano come molto estesa la commistione genetica con il cane domestico della popolazione lupina appenninica. (Santostasi, N.L., Gimenez, O., Caniglia, R., Fabbri, E., Molinari, L., Reggioni, W. and Ciucci, P. - 2021-, Estimating Admixture at the Population Scale: Taking Imperfect Detectability and Uncertainty in Hybrid Classification Seriously. Jour. Wild. Mgmt.. https://doi.org/10.1002/jwmg.22038).
I
risultati, che hanno avuto larga eco sulla stampa,
confermano quanto osservato a Grosseto da Salvatori e altri
(conpreso Boitani) (Salvatori, V., Godinho, R., Braschi,
C. et al. High levels of recent wolf × dog
introgressive hybridization in agricultural landscapes of
central Italy. Eur J Wildl Res 65, 73
(2019). https://doi.org/10.1007/s10344-019-1313-3. Questo studio,
indica una percentuale di individui con commistione genetica
vicina al 50%.
Il perché questi risultati, che non sono affatto sorprese perché anche in passato alcuni studi suggerivano percentali di commistione genetica elevate (sino all'80%) anche se la maggior parte si fermana a stime del 15-20% . Restano pochi dubbi, però che l'ibridazione, che non riguarda tanto la presenza di F1, ibridi di prima generazione quanto l'introgressione delle varianti genetiche canine "spalmate" nel genoma delle generazioni successive (per incrocio degli ibridi di prima generazione con la specie parentale lupo), rappresenti un fenomeno massivo. Un fenomeno, qui sta la gravità, irreversibile. Prodottosi non quando il lupo era ridotto ai minimi termini, come qualcuno pensava fino a poco tempo fa, ma durante la fase di ripresa. Quando, uscito dalle ridotte appenniniche in cui era sopravvissuto, la specie si è espansa verso nuovi areali più antropizzati. Si stima che il grosso della introgressione sia avvenuto nella fase tra gli anni '80 e il 2000 (Galaverni M. Caniglia R, Pagani L, Fabbri E, Boattini A, Randi E. Disentangling Timing of Admixture, Patterns of Introgression, and Phenotypic Indicators in a Hybridizing Wolf Population. Mol. Biol. Evol. 2017;34:2324–39).
Perché è grave l'ibridazione?
Chi è profano di biologia potrebbe pensare che la salvaguardia della "purezza" genetica di una specie selvatica sia una forma di ossessione da puristi. Che gli animali cambino e si evolvano coevolvendosi con l'ambiente anche per mezzo dell'inbridazione è un fatto assodato, ma qui si parla di ibridazione antropogenica, legata a fattori umani. Il lupo, sia che venga protetto, sia che venga perseguitato è sottoposto a fattori antropici, a maggior gagione con riguardo alla possibilità di accoppiarsi con i cani domestici. Questa ibridazione, in tempi comunque ben diversi dall'evoluzione naturale, è palesamente disadattativa, negativa per il lupo. Il cane ha un patrimonio genetico molto simile a quello del lupo di cui è la forma domestica, la stessa specie, ma le diversità sono cruciali. Ciò che è adattativo alle condizioni di domesticità è disadattativo per quelle selvatiche. L'animale domestico perde quei caratteri che consentono al selvatico di essere sempre vigile, di essere estremanente reattivo. Il selvatico è un animale adrenalinico (l'ormone della fuga e dell'attacco) e utilizza molta energia per questo. Energia che il domestico può destinare alle produzioni, al lavoro, alla crescita perché la protezione umana rende meno importante la reattività. Il cane ha acquisito una cadenza riproduttiva diversa (può figliare due volte l'anno). Ma la sua fecondità diventa un handicap in condizioni selvatiche: al grande fabbisogno per la gestazione corrisponde una scarsissima probabilità di sopravvivenza dei cuccioli, uno spreco di energie che costa caro in termini di possibilità di sopravvivenza di una popolazione di cani rinselvatichiti. Il lupo viene presentato come una macchina meravigliosa, frutto di millenni di coevoluzione, una specie che può avere un ruolo importante nell'ambiente in forza di queste sue caratteristiche. Non ci vuole molto a capire che tutta questa "mistica biologica" (di certo enfatizzata) perde di fondamento se il lupo diventa un mezzo cane, non è più lui. Cadono le argomentazioni per le quali le esigenze di conservazione del lupo sono state imposte a spese di altre istanze naturalitiche, economiche, sociale. La specie prioritaria tanto esaltata, la legittimità dei tanti quattrini spesi per il lupo, del potere acquisito dalla lupologia e dal lupismo, i danni subiti dai "villici", le sofferenze degli animali sbranati, i sacrifici dei pastori (mantenere i cani da guardiania, montare i recinti, trasportare le reti, montare la guardia ai greggi e alle mandrie, dormire in montagna in una baracca per non allontanarsi dagli animali ecc. ecc.) se già tutto, messo su un piatto della bilancia, appariva di un peso sproporzionato, a maggior ragione tutte le pretese e le arroganze del lupismo diventano indifendibili se il risultato di tanta protezione, di troppa protezione è ... la prospettiva (tutt'altro che teorica) dell'estinzione genomica del lupo. L'ibridazione del lupo sulle Alpi incute il terrore al lupismo perché rappresenta l'annuncio di una nuova ondata di introgressione genetica. Su la popolazione dei lupi alpini è derivata (come dice la lupologia) da una popolazione appenninica, allora ha una identità genetica già compromessa. Se questi non-del-tutto-lupi vann incotro ad estesi fenomeni di ibridazione... rimane solo un mezzo cane. Che non merita protezione. E i lupisti meritano di essere presi a pedate non di ricevere altre milionate.
Cosa si fa per impedire l'ibridazione?
Tanto
per cominciare è bene osservare che l'ibrido è protetto. Parebbe
una contraddizione, ma è così. In Italia la giurisprudenza si è
espressa a favore dell'estensione della protezione della fauna
selvatica a quella nata allo stato selvatico. Quindi il figlio di
una lupa accoppiatasi con un cane che alleva i cuccioli ibridi in
natura è protetto ai sensi della L. 157 /92. A favore della
protezione degli ibridi si era espressa anche la LCIE (vedi sopra
: Guidelines for Population Level Management Plans for Large
Carnivores, 2008)(PDF).
La motivazione è che se l'ibrido non fosse protetto quei cattivoni
dei cacciatori e dei pastori potrebbero trovare delle scappatoie
per sopprimere i lupi e farla franca. Ma questa appare una
motivazione più ideologica che gestionale se il pericolo di
ibridazione è elevato. La lupologia, vedi le Linee guida elaborate
dal progetto LIFE IBRIDWOLF (2015) curate da Anna Bocci e Luigi
Boitani (PDF),
sostiene che, qualora il rischio di ibridazione sia elevato e le
popolazioni di lupi siano in stato di consistenza soddisfaciente è
preferibile commettere l'errore di rimuovere per sbaglio un lupo
(errore di Tipo I) piuttosto che rischiare di lasciare un ibrido
allo stato selvatico (errore di Tipo II). Se si volesse veramente
togliere gli ibridi si toglierebbe la protezione. Oggi il lupo è
in crescita demografica e qualche rimozione in più, aggiunta alle
tante illegali, non cambierebbe nulla. Invece se i cacciatori
togliessero gli ibridi farebbero un servizio eccellente per il
lupo. Sì, ma i lupologi e la lupisteria non incasserebbe milioni
per far finta di risolvere il problema degli ibridi... e non vi
viene il sospetto che ai lupisti non interessi un fico secco del
lupo? Ad avvalorare il sospetto c'è un altro elemento: i lupologi
in Italia sanno che applicare le deroga alla direttiva Habitat
significa mettersi in aperto contrasto con le organizzazioni
animal-ambientaliste che raccolgono consensi, tessere e
finanziamenti sbandierando la loro politica del "il lupo non si
tocca". Una politica che non prevede eccezioni, neanche per gli
ibridi. L'abbattimento dei lupi (a maggior ragione degli ibridi)
per motivi di tutela faunistica (in questo caso la protezione del
lupo dal rischio di ibridazione) sarebbe ampiamente giustificato.
Ma all'Ispra, al Ministero, nella cerchia lupologica nessuno ha il
coraggio di rompere il tabù.
A
complicare le cose c'è, in Italia, la legge quadro sugli animali
d'affezione e sulla prevenzione del randagismo (la 281 del 1991).
Essa ha proibito la rimozione dei cani randagi mediante controllo
letale e imposto, anche per i cani vaganti in montagna, la cattura
a cura dei comuni. Nonostante l'anagrafe canina, i microchip e le
sanzioni il randagismo non è diminuito e i canili (e i rifugi
gestiti dagli animalisti) si sono moltiplicati (con ingente spesa
di altre risorse pubbliche). Ma con la telenarcosi è difficile
rimuovere i cani vaganti nell'ambiente selvatico. In base al DM
del 16 aprile 1996 poi gli ibridi catturati, in qunto animali
pericolosi (ma se sono innocui come agnellini!) non possono essere
detenuti nei canili ordinari ma in strutture con determinati
requisiti e riconosciute. Sia per le problematiche normative
e la complessità delle procedure aurorizzative, che per la
reperibilità e capienza di queste strutture che per i costi del
mantenimento degli ibridi, gli stessi progetti LIFE finanziati per
contrastare l'ibridazioni sono stati le classiche montagne che
hanno partorito il topolino, dei fallimenti ma non si dice perché
non deve venire all'orecchio di chi deve finanziare nuovi LIFE.
Così si punta a sterilizzare l'ibrido e a rimetterlo in
circolazione. Peccato che la detenzione, in attesa dei risultati
degli accertamenti genetici non sia breve (specie se si mandano i
campioni per gli laggiù nel Montana).
Boitani
LCIE si preoccupa che, nelle more della detenzione l'ibrido si
abitui al contatto con l'uomo ma poi Boitani IBRIDWOLF manda i
campioni negli Usa. A complicare le cose ci sono proprio gli
accertamenti genetici. E i nostri lupologi se la prendono con la Raccomandazione
n. 173 del 2014 del Segretariato permanente della Convenzione di
Berna in materia di lupi ibridi (scarica il PDF).
Queste Raccomandazioni sostengono l'esatto contrario di Boitani e
IBRIDWOLF, ovvero che è preferibile l'errore II (lasciare in
natura un ibrido) piuttosto che l'errore I (rimuovere per errore
un lupo). Come è possibile questo mistero? Semplice, i
nostri lupologi hanno sostenuto sino all'estremo che i lupi
italiani non superavano il numero di mille. Secondo le
classificazioni IUCM essi erano ancora pochi anni fa in condizione
di vulnerabilità il che presupponeva particolari attenzioni e un
canale prioritario di finanziamento per i progetti sulla loro
protezione. Il Segretariato permanente della Commissione di Berna
(gli organismi cambiano ma le persone, quantomeno quelle che
compongono i comitati scientifici, sono sempre le stesse che
cambiano un gran numero di casacche) non poteva che basarsi sui
dati forniti a livello nazionale . Se l'Italia, paese chiave per
la valutazione dello status del lupo in Europa, dichiarava nel
rapporto Specie e habitat di interesse comunitario in
Italia: distribuzione, stato di conservazione e trend,
Rapporto Ispra 194/2014 ( a cura di Pietro Genovesi) che i lupi
erano solo 800-1300, era logico trattare il problema degli ibridi
adeguatamente a uno scenario di lupi ridotti a piccole
popolazioni. La cautela che ne consegue in cosa complica le cose?
Nella necessità dei famosi accertamenti genetici che costringono a
mantenere i sospetti ibridi detenuti in attesa di giudizio. Un
fatto che diminuisce di molto le possibilità di catturarli e
rilasciarli sterilizzati e che apre le porte al rischio di
rilasciare lupi o ibridi diventuti "confidenti" con l'uolo, quindi
pericolosi. In realtà la Raccomandazione è formulata in modo che
venga attuato un accertamento fenotipico e/o genetico. Le Linee
guida di IBRIDWOLF prevedono solo tre casi di presenza di
caratteri fenotipici in grado di consentire la diagnosi
dell'ibrido:
1) presenza del 5° dito (sperone) sugli arti posteriori;
2) presenza di unghie depigmentate o biancastre (anche solo alcune);
3) macchie di colore anomalo sul manto (bianche o nere).
Vale
la pena sottolineare come, pur recando la firma di Boitani, queste
indicazioni escludano un altro carattere: il mantello nero
(melanismo).
Oggi
Boitani sostiene (vedi l'intervista all'Alto Adige) che tuttii
soggetti neri sono ibridi e che vanno rimossi senza accertamento
genetico. Sostiene anche che se l'accertamento genetico decreta
che il soggetto è un lupo va rigettato. La cosa lascia
perplessi. I risultati degli studi sul tema sono
contradditori. Alcuni studi concludono che il carattere è legato a
ibridazione con il cane (sia pure risalente a qualche generazione
prima) (Caniglia et al. Black coats in an admixed wolf
× dog pack is melanism an indicator of hybridization in wolves?
Eur J Wildl Res - 2013 - 59:543–555 DOI
10.1007/s10344-013-0703-1). Al contrario, in altri, si sosttiene
che la presenza del manto nero non è necessariamente legata a
episodi di ibridazione (Apollonio, M., Mattioli, L. &
Scandura, M. Occurrence of black wolves in the Northern Apennines,
Italy. Acta Theriol 49, 281–285 - 2004-.
https://doi.org/10.1007/BF03192528). Noi ci limitiamo a
osservare che, putroppo, la lupofilia/lupomania imperante, che
tanto ha fatto comodo anche ai lupologi garantendo il consenso ai
loro progetti e un mercato a tutto ciò che parla di lupo (fiction
o divulgazione che sia), ha moltiplicato la presenza di centri
faunistici che detengono lupi, anche esotici. L'episodio di St.
Martin Vesubie dello scorso hanno ha determinato l'immissione
involontaria allo stato selvatico di sette soggetti canadesi neri.
Uno non è stato catturato e si trova probabilomente in provincia
di Cuneo. I suoi eventuali figli sarebbero lupi al 100%. Se
apparissero soggetti neri, così come sono apparsi in Friuli non
varrebbe la pena indagare attraverso accurate analisi genetiche?
Sarebbe
anche il caso di controllare meglio il crescente movimento di lupi
verso e da i Centri di recupero. Verso quello del Monte Adone, per
sempio, si stanno coinvogliando i numerosi lupi che sono vittime
di investimenti stradali. Capire meglio quanto tempo stiano in
questi Centri, che contatti abbiano con il personale, quanto venga
a costare tutto ciò contribuirebbe a fare un po' di chiarezza su
una governance del lupo che presenta molti aspetti contradditori.
Ci si mettono anche gli animal-ambientalisti
Come
se non bastassero le difficoltà frapposte alla rimozione degli
ibridi dall'iper garantismo pro lupo (ma viene da dubitarne) della
normativa vigente e dalle complicazioni burocratiche, ci si
mettono anche gli animal-ambientalisti. La storia della lupa di
Potenza è nota ed ha assunto toni surreali ma emblematici
dell'atteggiamento ambientalista. Prima Legambiente ha criticato
il comune per non intervenire ed impedire che la lupa si
accoppiasse con i cani (si vede i lupisti non gradivano questa
esibizione che degradava la loro sacra lupa, bandiera della natura
vindice, alfiere della biodiveristà, specie prioritaria a ... lupa
da marciapiede). Poi quando il comune è intervenuto, ha catturato
e sterilizzato l'animale, apriti cielo: "Come si permette con
un'ordinanza di bypassare le serie di autorizzazioni dell'Ispra e
del Ministero, come si permette di gestire la fauna selvatica" (qui).
Forse agli ambientalisti scocciava anche che facessero
il giro dei social immagini che documentano un fenomeno di
ibridazione nella sua dinamica: una lupa che entra in un abitato e
che, per via di carenze normative, iper-garantismo animalista, si
accoppia tranquillamente con i cani. Non con quelli dei cacciatori
e dei pastori brutti sporchi e cattivi ma con quelli
"residenziali".
Ancora
più chiarificatore un episodio avvenuto nel Grossetano dove gli
animalisti hanno contestato la cattura degli ibridi.
Articoli
Ruralpini sullo stesso tema
Il lupo dilaga nella
pianura padana
(21/03/2021)
Nell'ultimo
mese dell'inverno si sono moltiplicati gli avvistamenti del
lupo nella pianura padano-veneta. Dalla periferia di
Modena alle vie centrali di Marostica il lupo appare in pieno
giorno, E nelle campagne fa anche stragi. L'animale "elusivo"
è ormai presente solo nella propaganda lupista mentre le
"autorità" balbettano, ripetendo i mantra lupisti, di
monitoraggi (= far nulla) e "risolvono" il problema con il
coprifuoco per gli animali domestici e la sorveglianza ai
cassonetti. Servono, invece, protocolli su come affrontare una
presenza sempre più invadente. Senza vigliaccheria.
La Germania applica
nuove regole sul lupo
(24/02/2021)In
Germania,
nella Bassa Sassonia, un lupo è stato abbattuto legalmente
qualche giorno fa per tutelare gli allevamenti dai gravi e
ripetuti attacchi predatori. È la prima volta che accade.
Quello che appare un fatto eccezionale è lanticipazione di
un auspicabile ritorno alla normalità (come sottolineato dallo
stesso ministro dell'ambiente della Bassa Sassonia), un
ritorno al buon senso che suggerisce che animali pericolosi e
dannosi non possono essere lasciati proliferare con licenza
di predazione. In
Italia,
che non è un paese "normale", occorrerà ancora del tempo.
Prof. Cavallero: troppi
lupi
(23/02/2021)
A
cosa
sono servite, si chiede l'autorevole agronomo torinese, tante
acquisizioni scientifiche, tanti studi sui pascoli e sulla
loro gestione se poi si deve
sacrificare tutto alla crescita senza freni del lupo? E
chiarisce che, nel contesto
alpino, il grande predatore rappresenta una minaccia per la
biodiversità alpina
Non solo Covid. In
montagna emergenza lupi
(21/02/2021) Enzo Bacchetta del Comitato salvaguardia
allevatori ossolani, già amministratore locale di Bannio
Anzino, in valle Anzasca, denuncia l'insostenibile situazione
della sua valle (ma è lo stesso in tante altre). La politica
ha lasciato degenerare la situazione per colpevole,
vergognosa, dolosa abdicazione dei poteri pubblici alla lobby
del lupo.
Contenere il lupo si può
(le norme vigenti)
Basta alibi. Le regioni hanno il diritto/dovere di
monitorare e controllare la fauna (ancorché iper-protetta),
anche il lupo e l'orso. Nei modi previsti dalle normative.
Vediamole e facciamo chiarezza.
Cuneo. Colpo di mano
della banda del lupo
(11/02/2021) Istituiti nel 2019, uno per una farfalla, l'altro
per il Bosso (la comune pianta delle siepi), i SIC (varietà di
area protetta) di Comba di Castelmagno e del Vallone dell'Arma a
Demonte ora diventano "aree di protezione assoluta delle
cucciolate di lupi" introducendo pesanti vincoli che mettono una
camicia di forza alle attività forestali, pastorali, turistiche.
Sotto il controllo (anche poliziesco) del Parco Alpi Marittime
(WolfAlps). I comuni hanno pochi giorni per poter opporsi
(chiamala democrazia).
Un
parco
contro WolfAlps
(29/01/2021)
Mauro
Deidier, neo presidente del parco delle Alpi Cozie (Torino),
parco partner di Wolf Alps, ha scritto alla "centrale" del
progetto-istituzione, il parco delle Alpi Marittime, per
manifestare il suo dissenso. Nella sua circostanziata e densa
lettera, rileva come Wolf Alps operi in modo poco trasparente e
impieghi una quota sostanziosa della pioggia di milioni ricevuti
per consulenze e comunicazione, una "comunicazione" che viene
effettuata, come loro stessi riconoscono, in forma di
manipolazione, anche dei bambini. Dall'articolo link alla
lettera integrale del dr. Deidier.
Loup e vourp. Il colpo
alla nuca alla montagna
(08/02/2021) Anna Arneodo torna a parlare di cultura alpina e
di lupo. Ripercorrendo le tappe della progressiva "resa" delle
Terre alte. Per esse il lupo è il colpo di grazia, sparato
consapevolmente e cinicamente, per quanto nascosto da spesse
cortine di ipocrisia, a una vittima già a terra.
In Piemonte il lupo è un
problema sociale e politico
(19/01/2021) Alcuni
comuni e unioni montane delle provincie di Torino e Cuneo
chiamano in causa la regione Piemonte in tema di lupo.
Contestano la sua inerzia e l'appiattimento sulle posizioni
delle lobby animal-ambientaliste. Il vice presidente Carosso
risponde sostenendo che in Italia il lupo è gestito bene, che
ci sono poche predazioni e tutto andrà bene dopo che saranno
noti i risultati del censimento dei lupi orchestrato dal
solito Wolf Alps. Abdicazione della politica (come volevasi
dimostrare).
I danni del lupismo
(21/12/2020) Due fatti
di cronaca mettono in evidenza come il lupismo rappresenti una
patologia sociale con gravi conseguenze. Dalla donna sbranata
dai simil-lupi cecoslovacchi (reincociati con il lupo?) alla
fuga di sette lupi neri canadesi del luna park del lupo
francese al confine con la provincia di Cuneo.
Si allarga alla Valsesia
il movimento NO LUPI
(29.07.20) "O noi o i
lupi". WolfAlps, sempre più autority del lupo
istituzionalizzata - e Regione Piemonte sono stati contestati
anche in Valsesia in nome della resistenza rurale (dopo la
protesta in Ossola di un mese fa). Nessuna fiducia
nell'opportunismo della politica e delle istituzioni. Va
intensificata la protesta per rompere la cappa di piombo di
censura e manipolazione.
CAI: che brutta figura
(il lupo da alla testa)
(19.07.20) Il GGC
(gruppo grandi carnivori del Cai) fiancheggiatore di WolfAlps,
con il "bando"per "allevatori virtuosi" (a favore della
convivenza con il lupo) ha rimediato una magra figura. Il
bando ha raccolto solo 23 domande in tutta Italia. Non solo,
ma il Cai ha fatto orecchio da mercante quando Nina
Liebhardt,una pastora ossolana, ha rifiutato il premio
per non prestarsi a una strumentalizzazione contro i pastori.
L'abbiamo intervistata all'alpe Ratagina in val Agarina in
questi giorni.