Ruralpini 


  contatti : redazione@ruralpini.it


schiscia/clicca "mi piace"

 

 


Articoli correlati

Terrorismo fiscale antirurale
(31.07.17) In questi giorni agli intestatari di "fabbricati rurali"  (anche solo 9 mq), non censiti al catasto urbano, stanno arrivando lettere minatorie da parte dell’agenzia delle entrate. Parliamo di una gabella iniqua che colpisce chi svolge attività agricole senza essere "imprenditore agricolo" (come spesso capita ai contadini di montagna) e minaccia la distruzione di una fetta significativa del preziosa patrimonio di edilizia rurale storica.


(03.05.17) Tagliatemi la luce e l'acqua. Sono un pastore, mi arrangio
Esasperato dalla "tassa sulla televisione" (che non ha), Giuseppe Ghibaudo (Pinoulin) di Roaschia, Cuneo ha preso carta e penna e ha scritto ai giornali. Nell'italia delle pensioni d'oro e di vitalizi scandalosi un pastore, che ha lavorato una vita, rinuncia alle "comodità" della modernità.

(13.03.17) L'appello delle pastore

Una Firma a sostegno della denuncia delle pastore che non vogliono che la loro attività muoia per la burocrazia


(09.03.17) La risposta della pastora agli animalisti 
Anna Arneodo replica al qualunquismo animalista (quello del: "Tanto li rimborsano, che c...o si lamentano sti pastori"?) e ribatte: "Vi farebbe piacere che il lupo uccidesse il vostro barboncino e comprarvene un altro con i soldi della regione che vi arrivano dopo un anno?


(30.06.15) Animalismo, biocapitalismo, ecototalitarismo
Proseguiamo la riflessione sul biocapitalismo e le ideologie ambientaliste allargando la riflessione all'animalismo che in modo più esplicito e violento nega il valore della vita umana. Esso si presenta come un perfetto strumento per legittimare i paradigmi del nuovo biocapitalismo in cui l'uomo diventa una merce da fabbricare e la vita umana può essere rliminata senza particolari scrupoli (come e peggio che nei Gulag e nei Lager)

(23.12.14) Una brutta storia di business del cibo. Ma in vista tra Modena e Bologna c'è anche di peggio
Il cibo come cultura (e con esso le città e i luoghi della cultura come spazi antropologici) stanno uscendo umiliati da una corsa della mercificazione spinta del 'cibo tipico'. Essa, in vista di Expo, conosce una prevedibile accelerazione con progetti che non fanno nulla per nascondere la loro ispirazione arrogante e mercantilistica. Due di questi progetti hanno per protagoniste due città a meno di quaranta chilimetri di distanza: le "grasse e rosse" Bologna e Modena, uno ha una dimensione locale, l'altro è più ambizioso.

(30.09.14) Dalle Alpi alle Canarie  storie simili: l'Europa, la burocrazia i politici vogliono distruggere l'agricoltura famigliare
José Casatejada era un uomo che nella vita non aveva bisogno di fare il piccolo contadino per vivere: formato in Biologia, aveva un lavoro sicuro come tecnico di un parco nazionale. Decise di allevare, quasi per diletto della capre autoctone, sull’Isola di La Palma nelle Canarie.Poi, ametà degli anni ’80, si diede all’allevamento bovino: latte, formaggio fresco e stagionato.Il latte lo vendeva alla Centrale. Che però fu chiusa «sotto la pressione delle grandi lobby».I produttori di La Palma allora decisero di autogestire, assieme, il loro prodotto. Ma un’altra volta furono bloccati. «Dalla legge e da chi la applica» Intervista di Laura Zanetti e Mario Cecconi.
 
(09.09.14)  Assalto finale al territorio lombardo. La Regione vuole altri 200 km di autostrade inutili
Mentre i cantieri della Teem e della Pedemontana devastano quello che restava delle campagne milanesi e la Brianza la Brebemi si palesa opera inutile e fallimentare mentre gli agricoltori non stanno ricevendo i corrispettivi per gli espropri. Così per dilapidare altre risorse e sfasciare altri territori la Regione propone ancora 200 km di autostrade inutili. Ma utilissime per i cavatori (si parla di decime di milioni di m3), per i cementieri, per la mafia, per la politica (anche il PD sostiene la politica autostradale del centro-destra). Cremona-Mantova, Broni-Mortara le prossime vittime.
 
(22.04.14) Un sindaco di montagna accusa
Dopo la vicenda della legge regionale piemontese sulla montagna contestata dai piccoli comuni perché annulla i finanziamenti a chi non si aggrega nelle Unioni (egemonizzate dai grandi comuni vicini alla pianura) assume un preciso significato di accusa alla classe politica la lettera inoltrata a Lido Riba, presidente dell'Uncem e massimo fautore della legge stessa
 
(27.03.14) La legge sulla montagna del Piemonte mette in discussione l'autonomia dei comuni di montagna
I piccoli comuni di montagna piemontesi ricorrono alla giustizia amministrativa contro una legge sulla montagna parte di un disegno neocentralista di cui si fanno veicoli Renzi e significative componenti del PD. Regioni e comuni sono sotto tiro con il pretesto della spending review
 
(26.03.14) Il valore culturale della gastronomia
Una risoluzione del Parlamento
europeo che sembra scritta da Slow Food esalta il valore culturale del cibo, le usanze locali, l'autenticità del gusto ecc. ecc. Facciamo valere queste buone intenzioni. Anche se si tratta solo di inviti ed esortazioni a chi ha ilpotere da parte di un parlamento poco più che consultivo: la Commissione, il Consiglio, gli Stati. 

 
(11.03.14) Il consiglio regionale piemontese in prorogazio approva una legge contro la montagna
L'hanno definita una pugnalata allespalle" i sindaci dei piccoli comuni delle Terre Alte. I finanziamenti vanno solo alle Unioni montane come desiderato dall'Uncem, dalla casta degli amministratori legati ai partiti e ai poteri forti locali che intendono lasciare ai sindaci solo poteri di rappresentanza ed espugnare l'ultimo baluardo di autonomia e democrazia: i comuni.
 
(08.01.14)Dalle Terre Alte un no a questa Europa
"Abbiamo bisogno di risorse per i bimbi, per le strade e l'Europa finanzia i lupi". E' una condanna senza appello dell'Europa della tecnocrazia quella di Alte Terre, associazione di Cuneo. Ma non basta denunciare; occorre un'azione politica unitaria.  E per l'occasione delle prossime europee si potrebbe ripetere il "miracolo del '79" che vide l'unità di un largo fronte minoranze e di gruppi autonomisti.


 


politiche


Un'altro colpo al cuore per l'agricoltura contadina.
Un patrimonio cultrurale a rischio

(20.10.17) Ruralpini lancia un appello ai responsabili dell'agricoltura (ministro e assessori regionali) perché non stiano alla finestra di fronte alla gravissima situazione determinata dall'applicazione agli ex fabbricati rurali delle nuove catastali. L'appello è sottoscrivibile da gruppi e associazioni che lo condividono (segnalare a redazione@ruralpini.it). Bisogna fare in fretta. I contadini, i pensionati, i proprietari, che non possono sopportare oneri sproporzionati e ingiusti, stanno scoperchiando i fabbricati. A rischio un vasto patrimonio di edlilia rurale storica. Prezioso non solo sotto il profilo culturale ma, spesso, anche per le opportunità di riuso per una nuova agricoltura contadina e un vero ecoturismo



Al Sig. Ministro delle politiche agricole, alimentari
Maurizio Martina
Via XX Settembre, 20 - 00187 Roma


Agli assessori regionali
all'agricoltura
Loro sedi


Oggetto: Appello per intervento su grave situazione venutasi a creare in materia di accatastamento dei fabbricati ex rurali e relativa tassazione IMU .

Con la presente si sollecita il Suo intervento in sede politica su una materia (la tassazione dei fabbricati rurali ) che, pur esulando dalle competenze agricole - in quanto materia tributaria - comporta serie ripercussioni economiche per un grande numero di ex coltivatori, pensionati , produttori agricoli accessori, non in possesso della qualifica di imprenditore agricolo ma in grado di generare una non trascurabile quota di produzione agricola che rappresenta, attraverso la produzione per autoconsumo e la vendita diretta un importante integrazione al reddito delle famiglie rurali. Tale produzione agricola è connessa alla riproduzione di importanti valori sociali e culturali nonché ad una capillare opera di manutenzione territoriale, suscettibile di ridurre i rischi di calamità naturali.

La normativa catastale relativa al trasferimento al catasto dei fabbricati urbani dei fabbricati che hanno perso la qualifica rurale comporta:

  • La minaccia di pesanti sanzioni in caso di mancato accatastamento (la mancata/ritardata presentazione della pratica Docfa corrisponde ad una sanzione di importo variabile tra 1.032 a 8.264 €);

  • Elevati costi per le operazioni di accatastamento affidate ai professionisti (sproporzionati rispetto al valore di mercato, spesso nullo, dei manufatti)

  • La prospettiva di una importante tassazione a carico di immobili non suscettibili di produrre reddito applicazione di categorie che non tengono conto delle caratteristiche e delle funzioni di detti fabbricati.

È importante sottolineare come tali conseguenze vadano spesso a incidere, specie nelle aree svantaggiate, su soggetti a basso reddito in quanto percettori di modeste pensioni agricole i quali, oltre tutto, risultano proprietari, in forza di successioni ereditarie, di più fabbricati o parti di fabbricati.

Tali soggetti stanno procedendo in molti casi alla rimozione delle coperture dei fabbricati di cui sono titolari al fine di rientrare nella previsione di esenzione per gli immobili in cat. F2 (improduttivi di reddito per fatiscenza). Ciò comporta la perdita di un enorme patrimonio rurale, con valore di testimonianza storica e generatore di valore paesaggistico, identità locale, attrattiva turistica. Esso rappresenta non solo un valore culturale ma anche una risorsa potenziale per il rilancio delle attività agricole in aree montane e svantaggiate da parte di giovani desiderosi di avviare nuove iniziative nell’ambito della produzione di prodotti di qualità specifica e di nuove forme di turismo rurale .

Per i motivi sopra indicati riteniamo che i responsabili della politica agricola nazionale, primo tra tutti il ministro delle politiche agricole, non possano non intervenire sulle criticità evidenziate facendo presenti in sede governativa le loro gravi conseguenze

La invitiamo pertanto a farsi portavoce delle seguenti richieste

A) misure di esenzione per i fabbricati rurali di cui alle seguenti categorie:

1-Tutti gli immobili appartenenti a pensionati ex imprenditori agricoli, non utilizzati per altri scopi oltre quello agricolo o inutilizzati.

2- tutti gli immobili rurali utilizzati per l’ agricoltura e non oggetto di interventi di ristrutturazione integrale o cambio d’ uso appartenenti a persone che svolgono l'attività agricola a titolo accessorio non in possesso dei requisiti per la qualifica di imprenditore agricolo e comunque con reddito annuo inferiore a 6000 euro utilizzabili solo per attività agricola purché con le seguenti caratteristiche:

a. tutte le costruzioni destinate all’agricoltura costruite ante 1942 e non oggetto di ristrutturazione, con struttura invariata tipica agricola e usate o utilizzabili unicamente per l’attività agricola anche qualora inserite nei centri abitati

b. tutte le costruzioni destinate all’alpeggio, o esclusivamente per operazioni stagionali legate alla raccolta e conservazione di prodotti del fondo non utilizzabili o utilizzate per altre attività.

c. I fabbricati espressione delle forme tipiche dell'architettura locale dei luoghi (es. trulli, baite alpine a block-bau) e di valore storico realizzate tra XIII e XIX secolo.

B) Iniziative tese a mitigare gli effetti

  1. Semplificazione delle pratiche e dei relativi oneri,

  2. alla sospensione dell’obbligo dell’accatastamento per tutte le costruzioni adibite ad attività di produzione agricola per autoconsumo o comunque su piccola scala fino a che non saranno stabilite tariffe d’estimo e attribuite a tali immobili categorie eque e aderenti alla realtà.

  3. la proroga, in attesa indispensabili adeguamenti delle categorie, dei termini per l’accatastamento dei fabbricati rurali di almeno 12 mesi.






il documento di supporto all'appello

Una minaccia grave al patrimonio rurale storico italiano (documento a supporto dell'appello ai responsabili politici agricoli perché si attivino in materia di accatastamento e tassazione dei fabbricati rurali)



In Italia vi sono quasi un milione di intestatari di un fabbricato rurale o di porzione di esso che risulta in posizione irregolare. Questa situazione è la conseguenza di improvvide misure tese ad aumentare il gettito fiscale stravolgendo in modo illogico una normativa consolidata. La Legge 133/94 ha infatti stabilito l’inventariazione al Nuovo Catasto Edifici Urbani anche le costruzioni rurali modificando (in modo irrazionale) i requisiti per il requisito di ruralità degli immobili stessi ristretto ai soli i fabbricati utilizzati dagli imprenditori agricoli, che nelle zone di montagna e interne svantaggiate rappresentano una minoranza dei soggetti che esercitano a vario titolo qualche attività di coltivazione e allevamento.


Per la norma attuale sui fabbricati rurali esiste solo la realtà agricola professionale, specializzata (o il “neoruralismo” da Mulino bianco)

Va chiarito che i fabbricati ex rurali, anche se non funzionali all'attività di un imprenditore agricolo, continuano a non corrispondere ai criteri della “unità immobiliare urbana”. Il Nuovo catasto edilizio urbano (NCEU) istituito con legge 1249/1939, modificata dal D. Lgs. 514/1948, all'art. 5 definisce unità immobiliare urbana (da accatastare al NCEU): “ogni parte di immobile, intero immobile o complesso di immobili che, allo stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”. Le trasformazioni dell'economia agroalimentare intervenute negli ultimi decenni hanno condannato all'espulsione dal mercato non solo singole piccole aziende ma anche interi territori caratterizzati da un'intensa attività agricola nelle epoche passate. Questi processi hanno determinato un profondo stravolgimento della funzionalità dei fabbricati rurali. Alle relazioni già organiche tra terreni, fabbricati e attività agricola è subentrato un fenomeno generalizzato di perdita di tali relazioni : le operazioni colturali si sono ristrette alle superfici più facilmente accessibili attraverso le reti viarie e coltivabili in modo meccanizzato, le strutture zootecniche si sono adeguate alle moderne modalità di stabulazione e si sono evolute in relazione all'incremento dei capi allevati. Le poche imprese agricole rimaste attive utilizzano molto spesso superfici (a volte anche fabbricati) di cui non sono proprietarie e per le quali non hanno stipulato contratti d'affitto registrati. D'altra parte le attività di coltivazione e di allevamento, esercitate a titolo diverso di quello di impresa agricola, e le attività di auto-produzione (che spesso, per soggetti a basso reddito, hanno finalità economiche e non solo di “passatempo”) utilizzano “lacerti” dell'antico patrimonio di fabbricati rurali, anche al di fuori di qualsiasi relazione organica con dei fondi. Una situazione che riflette la natura “diffusa” di quella che era l'azienda contadina di un tempo che poteva disporre di piccole superfici di terreni sparsi nel territorio e di altre superfici utilizzate in forma comunitativa (gli usi civici e altre forme collettive).

La normativa attuale in materia catastale intende ignorare non solo la storia ma anche la realtà presente. Se, in passato, la realtà della vita rurale era inscindibile dall'attività di produzione agricola (e di trasformazione agroalimentare), le spinte della globalizzazione e la legislazione europea hanno prodotto una scissione tra la dimensione agricola (sempre più basata su un'agricoltura specializzata, se non industrializzata) e quella rurale. La dimensione rurale però non ha assunto, o ha assunto solo in parte, quei connotati idealizzati che sono presupposti dalle “politiche di sviluppo rurale”. Casali, baite, masserie sono stati trasformati in seconde case, B&B, “ritiri” di artisti, scrittori, laboratori artigianali, ovvero in strutture capaci di reddito o in strutture residenziali, altri sono stati utilizzati per le attività di agriturismi, fattorie didattiche, aziende biologiche e biodinamiche (tutte inquadrabili quali imprese agricole) ma la maggior parte non ha potuto essere utilizzata per queste finalità. La maggior parte non è utilizzata per alcuno scopo in grado di produrre reddito o per finalità residenziali ma è ancora oggetto di manutenzione sia per motivi affettivi sia nella speranza di consegnare il bene ad un erede interessato a destinare a nuove funzioni il fabbricato.

In molti casi, però, la realtà rurale è ben diversa da questa realtà (la realtà turistica, “neorurale” “neoagricola”) l'unica che parrebbe sussistere sulla base ad una normativa che non prevede alternative tra agricoltura produttivistica specializzata e una ruralità di “consumo” (secondo immagini da Mulino bianco). Le cose stanno in modo molto diverso. Moltissimi fabbricati rurali lontane dagli abitati, senza accesso viario, senza possibilità di allacciamento alle reti di distribuzione dell'energia elettrica e agli acquedotti non sono suscettibili di produrre reddito. Mantenuti per gli scopi già indicati (affezione, prospettive di nuovo utilizzo in futuro) questi immobili (e i terreni annessi o limitrofi) sono spesso utilizzati da piccoli coltivatori (pensionati, part-time, disoccupati) con reddito ricavabile inferiore a 6000 €. Non si tratta in molti casi di attività esercitate a titolo ricreativo ma di integrazione del reddito, di produzione agricola al fine di alleggerire le spese per i consumi alimentari famigliari. Questa ruralità “sommersa” viene ignorata dalle norme attuali che imporrebbero spese elevate per l'accatastamento e l'assoggettamento di questi immobili al pagamento di Imu e Tasi come le seconde case della “neoruralità”.



Una norma palesemente ingiusta

L'incomprensione della varietà tipologica e delle relative funzionalità del patrimonio edilizio rurale ha determinato una situazione paradossale nella quale piccoli edifici di montagna, di campagna dovrebbero essere accatastati al catasto urbano alla categoria C/2 (magazzini) o a quella C/6 (autorimesse). Quest'ultimo è il caso delle stalle, assimilate ai vecchi stallazzi del tempo dei carri e delle carrozze. Che senso ha tassare pesantemente un manufatto rurale che, a causa della propria ridotto consistenza e ubicazione non può più fornire un reddito agricolo ma non è al tempo stesso suscettibile di produrre altri redditi? Eppure piccoli edifici rurali siti lontano da abitati e strade verrebbero tassati come magazzini e autorimesse cittadine.

Nell'applicazione della tassazione ai fabbricati rurali (o ex rurali) si ravvedono elementi palesi di ingiustizia se non di incostituzionalità. Viene a cadere il principio della proporzionalità della tassazione, del rapporto con la capacità contributiva, dell'eguaglianza dei cittadini in punto di carichi fiscali. Il perché è evidente. Prescindendo dalla totale capacità di produrre reddito di alcuni dei fabbricati che si vogliono sottoporre a tassazione l'iniquità della norma emerge con evidenza anche in rapporto a quelli utilizzati dai piccoli produttori agricoli di montagna e delle altre aree svantaggiate. In questo caso lo sfortunato contadino che utilizza un fabbricato di una località scarsamente accessibile ma sita in un comune turistico (quali quelli dove esistono rinomate località sciistiche e che adottano aliquote elevate) si troverebbe a pagare 2/3 volte tanto rispetto a comuni che adottano le aliquote minime. Ma il prezzo al quale il contadino vende il suo fieno, il suo latte sono uguali). Il piccolo produttore spesso non riesce ad avvantaggiarsi dei canali di vendita diretta ai turisti e si trova ad esitare i suoi prodotti in un mercato di prossimità che, più facilmente, non è disponibile a riconoscere un prezzo più elevato di quello praticato dalla grande distribuzione, con una palese violazione dell’art.53 della Costituzione.



Il patrimonio a rischio

Le considerazioni sopra svolte spiegano perché molti proprietari abbiano già provveduto, per sottrarsi all'accatastamento al NCEU catasto dei fabbricati urbani, a scoperchiare i “manufatti isolati” al fine di rientrare nella casistica di esenzione. Quali e quanti sono i manufatti, spesso con valore di testimonianza storica e di patrimonio culturale materiale e paesaggistico, che rischiano questa sorte?

Va subito precisato che ricadono sotto l’ingiunzione di regolarizzazione, e alle relative pesanti sanzioni in caso di inadempienza, i titolari di manufatti di minuscole proporzioni (il limite al di sopra del quale il manufatto ricade nell’obbligo di regolarizzazione è di soli 8 mq). Sono quindi assoggettabili alla tassazione non solo molti casotti per il ricovero di attrezzi agricoli, ma anche fienili, pollai, porcilaie, piccoli edifici per la sosta del latte, l’essiccazione delle castagne, l’accumulo della neve. Sono innumerevoli le peculiari tipologie di manufatti che la civiltà rurale delle diverse regioni agrarie del paese aveva nel tempo elaborato a supporto delle attività agrosilvopastorali. E questo da solo varrebbe a giudicare con severità una normativa che cala una mannaia su una realtà complessa e fragile senza neppure preoccuparsi di analizzarla.

A differenza dell’agricoltura specializzata di oggi quella del passato era polivalente, intrinsecamente multifunzionale. Ne discende che anche la più piccola azienda famigliare possedeva una pluralità di fabbricati, utili - nell'ambito dei cicli agrari annuali - alle diverse esigenze della produzione, immagazzinamento, trasformazione dei prodotti agricoli, al ricovero di animali, attrezzi, scorte utili alle diverse attività. In montagna l’esigenza di utilizzare le diverse fasce altimetriche e la difficoltà di trasporto inducevano ad utilizzare e trasformare sul posto i prodotti. Di qui, per esempio, la presenza di un numero elevato di piccole stalle-fienile e di piccoli fabbricati per la conservazione e lavorazione del latte (ma si potrebbero ricordare anche i manufatti utilizzati per le operazioni legate alla viticoltura e ad altre produzioni agrarie). Tutto questo patrimonio edilizio è in larga misura in stato di degrado ma vi sono manufatti in buone condizioni statiche che rischiano di essere privati delle coperture da parte dei proprietari per evitare i costi dell'accatastamento e la prospettiva di un prelievo fiscale a carico di beni non suscettibili di produrre reddito.



La normativa che mette a rischio i fabbricati rurali è in contrasto con la legislazione che tutela il patrimonio culturale e paesaggistico

I manufatti in discorso fanno parte di quel patrimonio ascritto a pieno titolo alla categoria dei beni culturali. come riconosciuto dalla Legge 378/2003 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale” (G.U. n 13 del 17/01/2004) che all’ ART. 1 si prefigge di “... valorizzare le tipologie di architettura rurale,quali insediamenti agricoli, edifici o fabbricati rurali, presenti sul territorio nazionale,realizzati tra il XIII e il XIX sec., che costituiscono testimonianza dell’economia rurale tradizionale”.

La Convenzione europea sul paesaggio di Firenze del 2000 impegna i firmatari a tenere conto del paesaggio in tutte le politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta su di esso (art.5). Più in generale l’impegno alla tutela del patrimonio culturale materiale è stato formalizzato con la firma della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale di Parigi del 2003. Il patrimonio di edilizia storica rurale è espressamente oggetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 Legge 6 luglio 2002, n. 137) che alla parte seconda, titolo uno, capo uno, art. 10 comprende tra gli oggetti della tutela: “le architetture rurali aventi interesse storico o demo etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale”.

Elemento chiave delle politiche di sviluppo rurale, il patrimonio dell’edilizia rurale storica è oggetto di provvedimenti di censimento e tutela da parte di diverse regioni che hanno introdotto misure di esenzione e particolari previsioni ai fini della sua conservazione. Tali beni, però, potrebbero essere in un prossimo futuro riutilizzati dai proprietari, dai loro eredi, da degli acquirenti intenzionati a sviluppare nuove attività agricole e agrituristiche. La legge nazionale sull’agriturismo (96/2006) vede, non a caso, tra le proprie finalità (art. 1) non solo per offrire la possibilità di integrazione e diversificazione del reddito agricolo ma anche il “recupero del patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche”. Il patrimonio edilizio rurale storico rappresenta infatti una componente fondamentale del paesaggio.



Il patrimonio dei fabbricati rurali quale valore prezioso in sé e quale strumento di implementazione di importanti valori sociali ed ambientali

Vogliamo però attirare l'attenzione anche su un altro aspetto che i responsabili politici dovrebbe tenere in conto ai fini di sostenere misure correttive rispetto a quanto posto in essere sul piano tributario. I fabbricati rurali costretti ad essere trasferiti al catasto urbano non sono più utilizzabili per la produzione agricola su larga scala per i motivi sopra illustrati ma vengono tutt’ora utilizzati da una molteplicità di soggetti che, pur non disponendo della qualifica di imprenditore agricolo, rappresentano nelle aree di montagna e interne del paese una categoria numerosa che concorre non solo all’auto-produzione, che oggi alimenta circuiti locali che spesso non remunerano in modo adeguato il contadino, ma che ha spesso le potenzialità di alimentando delle micro-filiere di produzione agroalimentare tipica locale. L'utilizzo di metodi di produzione tradizionali a basso impatto ambientale, l'attività implicita di capillare manutenzione del territorio (con le implicazioni indubbie sulla prevenzione degli incendi boschivi e dal rischio idro-geologica) l'azione preziosa di conservazione dell'agro-biodiversità animale e vegetale, la perpetuazione di saperi locali connessi a produzione, trasformazione, consumo dei prodotti agroalimentari, le occasioni – spesso spontanee ma non per questo meno importanti - di convivialità, educazione ambientale, rurale, alimentare , l’alleggerimento dell’onere dei servizi sociali, rappresentano altrettanti elementi di una generazione di utilità pubbliche, di valori sociali, culturali, ambientali che si aggiungono all'elemento di conservazione del patrimonio culturale materiale e immateriale rappresentato dal patrimonio rurale storico in sé.

Non a caso la “Legge quadro sull’agricoltura contadina”, attualmente all’esame del parlamento, si prefigge di riconoscere e valorizzare una fascia di produzione agricola oggi non riconosciuta e costretta nel “sommerso”, punta esplicitamente a facilitare il riuso dell’edilizia rurale esistente (mediante apposite deroghe agli strumenti urbanistici) ai fini di fornire all’agricoltura contadina un’importante opportunità.


Conclusione

Il danno economico, sociale, culturale, ambientale di una imposizione fiscale sulle categorie di fabbricati già ricompresi nel catasto terreni e non oggetto delle esenzioni previste per gli imprenditori agricoli, è e sarà molto grave. Come abbiamo richiamato tale insensata applicazione della tassazione degli immobili contrasta esplicitamente con gli impegni assunti anche in sede internazionale dall’Italia per la tutela del paesaggio e della cultura materiale e immateriale. Un fatto incomprensibile se si consideri che il paesaggio rurale (con le produzioni alimentari ad esso indissolubilmente legate) rappresenta una delle risorse fondamentali per l’economia turistica del paese, un vero giacimento culturale che costituisce il portato di una civiltà rurale diversificata e sedimentata in tempi lunghi, delle continuità storica degli insediamenti e della loro densità (specie se confrontata a quella di altri paesi). Non è difficile intuire come, a fronte delle entrate aggiuntive per l’erario il danno subito dall’economia del paese, è incomparabilmente maggiore. Al fine evitare le conseguenze sopra indicate, tenendo conto della necessità di operare con urgenza dei correttivi come quelli suggeriti al fine di scongiurare gli interventi di demolizione segnalati in tutta Italia come lamentato anche dagli amministratori locali delle aree montane e interne del paese


È urgente un intervento finalizzato a fermare queste normative insensate, che causano la distruzione dei fabbricati rurali, come in merito chiede un intervento anche Uncem Piemonte che con lettera in data 25 settembre 2017 (Prot. n. 147) segnala alle competenti autorità le problematiche derivanti dall’ applicazione di norme inadeguate alla realtà rurale.





 

 

counter customizable
View My Stats

 Creazione/Webmaster Michele Corti