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Commenti/Carcoforo e i microcomuni

 

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(24.09.11) Valsesia  (Vc) Il convegno "Cucina delle Alpi" a Carcoforo ha  fornito numerosi  stimoli

Elemento centrale dell'identità alpina la cucina riflette le soluzioni 'ecologiche' (quindi comuni)  ai problemi di utilizzo delle risorse alimentari disponibile. Le numerose relazioni presentate al convegno mettono però anche in evidenza, differenze importanti sia nel tempo che nello spazio. Promosso dalla rete degli 'Incontri tra/montani' il convegno ha saputo stabilire un nesso tra la storia e il presente. Che si parlasse di cereali, formaggi, rape o patate la prospettiva di tutti gli interventi è stata quella di una storia in divenire, che può 'ripescare' nel passato insegnamenti ma anche risorse preziose. leggi tutto

 

(22.09.11) Piccoli comuni: sventato pericolo. Ora parliamo della montagna

Mariano Allocco interviene sul tema dei piccoli comuni per attaccare l'Uncem e per sollecitare soluzioni. Difendere i comuni – istituzione sociale prima che politica - non significa difendere la classe amministrativa attuale. Presi dalla rincorsa a interessi personali e particolari, legati a caste politiche ed economiche che hanno altrove i loro centri di interesse, subalterni all’ideologia 'progressista' e 'ambientalista' urbana molti amministratori lasciano che la montagna diventi un deserto verde. Va anche rimossa la cultura della sfiducia e un deleterio campanilismo che – anche a causa del fallimento delle comunità montane - impedisce di unire le forze. leggi tutto

 

(24.05.11) Meno stato più comunità nelle Terre alte

Dalle scuole parentali agli alberghi 'informali' delle 'donne di montagna', ai gruppi di consumo arrivano segnali della volontà delle terre alte alpine di voler tornare a gestirsi sulla base delle mai sopite tradizioni di gestione comunitaria. Lo stato, la burocratizzazione e istituzionalizzazione di ogni aspetto della vita economica e sociale, devono fare un passo indietro. E le terre alte diventeranno un modello vitale.  leggi tutto

 

(26.09.11) Attraverso qualche impressione fotografica di una visita a Carcoforo (79 abitanti) alcune riflessioni in tema di piccoli e piccolissimi comuni di montagna

 

Microcomuni vivono (Carcoforo)

testo e foto di Michele Corti

 

Nell'intervallo del convegno La cucina delle Alpi (svoltosi sabato scorso, 23 settembre) ho approfittato per una fugace visita al paese di Carcoforo (dove ero già stato in due occasioni). La piccola dimensione a quanto pare non è una condizione che condanna a priori una comunità di montagna. A Carcoforo ci sono associazioni attive, iniziative culturali. Un equilibrio tra turismo e agricoltura

È proprio vero che la piccola dimensione è elemento che di per sé condanna una comunità alla asfissia, che è sempre auspicabile l'accorpamento? Che 'chiudere' i piccoli comuni di montagna rappresenti un vantaggio e un risparmio? La crisi attuale impone delle riflessioni. La montagna nella crisi può subire un ulteriore arretramento (sino alla desertificazione) se si continua a valutarla alla luce di un paradigma in cui essa rappresenta un elemento di debolezza intrinseca, una realtà dove 'manca qualcosa' rispetto alla 'norma' che è data (che lo si dichiari o meno) da un modello sociale urbano.

Assogettata alle regole pensate e imposte dall'industria, dalla città e dalla pianura (basti pensare al pretesto igienista per chiudere le piccole attività agroalimentari) la montagna risulta 'svantaggiata', 'dipendente', necessita un sostegno assistenziale a compensazione. Lo stato ha storicamente tolto alla montagna con una mano per ridare qualcosa, fatto cadere dall'altro, con l'altra.

Oggi sulla base della necessità di rientro del debito come non pensare che anche la montagna non venga colpita dai 'tagli'. Da più parti si sostiene che la montagna 'va chiusa' che non si possono più assicurare i servizi. Intanto si è cominciato a lanciare l'idea (poi ritirata, ma intanto il sasso è stato lanciato) dell'abolizione dei piccoli comuni. Un segnale. La mia idea è che la montagna può uscire dalla crisi rafforzata se recupera autonomia, se ha la forza di tornare a vivere secondo un proprio modello 'meno stato più comunità'. Il tema è di quelli 'pesanti' e converrà affrontarlo in modo appropriato. Qui mi limito a qualche considerazione sui piccoli, anzi piccolissimi comuni quali esempi di una nuova vitalità della montagna.

Carcoforo oggetto della nostra visita si è conteso qualche anno fa il primato di 'comune più piccolo d'Italia' con Morterone (Lc) e Pedesina (So). Nessuno di questi microcomuni è però moribondo, anzi resistono forse meglio di altri. I piccoli paesi hanno spesso un fascino legato alla loro conservazione quasi 'fossile', al loro essere stati al riparo dalle correnti turistiche. Nel caso di Carcoforo non è così perché il turismo data dalla 'prima era turistica' alpina, quella degli alpinisti, dei viaggiatori attratti dai paesaggi romantici dei pittori. Ci sono una romantica villa-castelletto e un albergo di fine ottocento con la sua brava cuspide metallica a impreziosire e slanciare verso l'alto la facciata segnalando la natura di edilizia turistica del fabbricato. Poi, fortunatamente per il mantenimento dell'identità architettonica del paese, c'è stato un buco. Il turismo si è per molto tempo dimenticato di Carcoforo. Solo di recente sono stati realizzati un brutto albergone e una distesa di villette, ma entrambi staccati dal nucluo urbano. Cià che ha di bello Carcoforo (e che spiega perché attira un turismo 'selezionato' e non invasivo) è il mantenimento della sua sky-line, contrassegnata dalle architetture vetero-turistiche ma, soprattutto, dall'aguzzo campanile della parrocchiale.

 

Varcato l'arco della buona  accoglienza eretto nel 1743 si entra in un nucleo che ha conservato la presenza della ruralità alpina non solo nelle forme architettoniche, ma anche nella  presenza fisica della dimensione agricola che si coglie - proprio appena varcato l'arco - attraverso gli intensi profumi di fieno che promanano da una grande dimora rurale sulla sinistra. Questo profumo che ci accoglie e ci avviluppa rappresenta un po' il manifesto di un paese che vuole sopravvivere restando in qualche modo fedele a sé stesso, non rinnegando - come hanno fatto molte, troppe comunità alpine la loro matrice rurale. Al convegno di sabato scorso, proprio qui a Carcoforo si è parlato del nesso demografia umana e zootecnica. Forse a qualcuno una correlazione tra le sue farà un po' storcere il naso. Di fatto la curva della popolazione umana e bovina in Valsesia sembrano strettamente parallele. Anche ad Alagna, dove si potrebbe pensare che il grande boom turistico potesse slegare il trend demografico dalla consistenza delle attività agropastorali.

 

 

Le cose non stanno diversamente altrove. Nelle valli di Cuneo, segnate drammaticamente e precocemente dallo spopolamento patologico le poche nascite dei cuccioli d'uomo sono legate alla presenza di allevatori e neo-allevatori che così tengono vive scuole (sia pure spesso trasferite a valle) e comunità. Molti pensano che la sopravvivenza della montagna sia legata a una nuova colonizzazione di un melting pot di genti di lontana e varia origine, cultura, religione. È il sogno perverso del melting-pot che deve agire da abrasivo di ogni identità e appartenenza: tante culture nessuna cultura (tranne quella imposta dai centri di potere), tante religioni nessuna religione, tante lingue materne nessuna lingua materna e solo la lingua di stato. È sempre il vecchio sogno giacobino oggi trasferito dalla versione nazionalista a quella mondialista. Chi si frega le mani pensando alla definitiva 'pulizia etnica' delle genti alpine (che barba questi particolarismi!) non tiene conto che stare in montagna, vivere sulle Terre alpe non è cosa che si improvvisa, che si può realizzare senza una lenta integrazione che consente ad almeno alcuni elementi della cultura locale dello 'stare in alto' di mantenersi. Sempre al convegno di Carcoforo di tre giorni fa si diceva che solo chi vuole essere 'montanaro per scelta', solo chi ha un progetto e si vuole integrare nella cultura locale può resistere a vivere nei paesini.

 

"Si sperava che le famiglie dei romeni che si erano stabiliti nei paesi in quota restassero, che con i loro bambini si potessero rinforzare le presenze scolastiche, invece  un po' per la freddezza degli abitanti un po' per incapacità di adattamento hanno finito per scendere a Varallo"

 

(Varallo è la capitale della Valsesia con forte presenza di comunità immigrate). È vero che c'è un problema di apertura degli ultimi autoctoni nei confronti dei 'forestieri' ma i casi di persone che si sono trasferite in valle con un progetto e felicemente integrate (i 'neo-osti', i 'neo-caprai' 'milanesi') dimostrano anche che il 'rigetto' non è assoluto. In realtà anche il famoso film 'Il vento fa il suo giro', girato a Prazzo in val Maira mette in evidenza sì il rischio che le piccole comunità implodano e si chiudano nelle loro diffidenze ma anche l'insufficienza di un approccio supponente di chi arriva da fuori. Continuare a demonizzare ogni aspirazione identitaria come 'chiusura', 'egoismo' o peggio non aiuta a favorire rapporti di integrazione. È proprio lo scarso rispetto per le identità locali che fa scattare meccanismi difensivi di chiusura. Qui siamo in terre Walser e di scarso rispetto per le identità ne sanno qualcosa.

Segni di identità. Anche la statua del cacciatore alpino (con targa 'a ricordo delle nostre tradizioni') parla di identità. Chissà quanti cittadini condizionati dalla demonizzazione della caccia da parte ambientalista (avviene solo in Italia) storcono il naso. L'averla realizzata rappresenta una manifestazione di autonomia da parte di una comunità che non si fa condizionare dal turismo che - come si sa - è un fattore potente di indebolimento delle identità rurali e locali. La statua sorge a fianco della chiesa parrocchiale. La pulizia all'interno della chiesa è impressionante (come in certe chiese delle valli bergamasche). Ma la pulizia e il decoro 'urbano' non interessano solo la chiesa. Ad ogni cantone sono state collocate targhe in ceramica smaltata semplici ed eleganti che recano i nomi delle vie e dei vicoli.

Sin qui, però, niente di particolare; sono tanti i nostri paesi che curano le indicazioni viarie. Quello che a Carcoforo colpisce è che le abitazioni private sono contrassegnate  con targhe simili (sotto un esempio).

Anche a Carcoforo non si riesce ad evitare una certa congestione segnaletica. Quella della foto sotto, però, assume un carattere storico e parla molto di Carcoforo. Parla degli antichi percorsi intervallivi (per la valle Anzasca e per la val Mastallone), di una lunga tradizione di escursionismo (la vetustà della targa Cai lo attesta), delle forme moderne di turismo (la GTA - Grande traversata delle Alpi). Sempe a favore di una cura attenta per la propria memoria la nuova targa che inserisce una doppia denominazione della piazza aggiungendo a quella 'moderna' (piazza comunale) quella antica che rimanda ai tempi dei mulattieri, ai muli quale fondamentale mezzo di trasporto. A proposito di trasporti va ricordato che la stretta valle che porta a Carcoforo è tutt'oggi soggetta a cadute di valanghe e che solo in tempi molto recenti, grazie all'elitrasporto, si è potuto evitare l'isolamento invernale.  

La casetta del Municipo (foto sotto a sinistra) si presta ad alcune considerazioni. Nei microcomuni dove la casa comunale non è solo la sede dell'amministrazione ma svolge altre funzioni (emplematica la cessetta delle lettere (vedi anche il municipio di Morterone in provincia di Lecco, sotto a destra): è sede della protezione civile, della Pro loco, delle associazioni. È il fulcro della vita sociale, della comunità. La chiusura delle amministrazioni comunali autonome avrebbe certo delle ripercussioni sulla capacità di iniziativa delle aggregazioni locali.

 

 

A Carcoforo oltre alla Pro Loco c'è anche il gruppo Walser e la Libroteca. Un'idea per fornire servizi librari dove non è certo possibile la gestione di una sia pur piccola biblioteca comunale. In una piccola comunità è possibile anche l'autogestione. Uno va, prende un libro in prestito e fa da autobibliotecario. Credo che la tentazione di fregarsi i libri non esista, un po' perché in un posto così piccolo c'è il rischio di essere scoperti, un po' perché quello che è comunitario viene considerato un po' tuo e non 'del comune' ('cosa di tutti, cosa di nessuno'). Vedete che non ci sono solo svantaggi nei microcomuni?

A Carcoforo chi vuole ristrutturare una vecchia abitazione deve attenersi scrupolosamente a criteri di conservazione. Le seconde case turistiche sono state realizzate discoste dal vecchio nucleo abitato, invece chi intende insediarsi nel 'cuore' di Carcoforo sa che dovrà compiere un atto di amore dedicando tempe e denari al consolidamento strutturale nel rispetto di materiali e forme architettoniche. Ciò nonostante c'è un mercato immobiliare (foto sotto).

Sotto un esempio di dimora tradizionale oggetto di restauro conservativo. A cosa sarà destinata? Il grande fienile è vuoto. Tornerà all'uso agricolo? Diventerà abitazione? Intanto è salvata.

 

 

           

 

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