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Lupo

Michele Corti, 11 marzo, 2025
 

Declassamento del lupo

Attenzione alle manovre per neutralizzarlo


Il 7 marzo la Commissione europea, preso atto che non si sono registrate opposizioni alla decisione della Commissione permanente della Convenzione di Berna tenutasi agli inizi di dicembre 2024, che, quindi, in sede di Convenzione e di Consiglio d'Europa (che comprende diversi altri stati oltre i 27 della Ue), l'iter di declassamento si è concluso, ha approvato una proposta di modifica mirata degli allegati IV e V della direttiva Habitat (che recepisce la Convenzione di Berna) per quanto riguarda lo status di protezione del lupo. La proposta dovrà ora essere adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri.

La Commissione propone una modifica mirata agli allegati della direttiva Habitat attraverso un emendamento piuttosto semplice, così come delineato nell’articolo 1 della proposta:

cancellazione della specie Canis lupus dall’allegato IV (protezione rigorosa) e aggiunta di Canis lupus all’allegato V (protetto ma con flessibilità gestionale).

e nell' l’articolo 2

gli Stati membri avranno 18 mesi di tempo dalla data di entrata in vigore della presente direttiva modificata per attuare la decisione.

La tempistica per l’adozione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio non è ancora stata fissata, ma la Commissione si aspetta una rapida approvazione dell’emendamento e l'on. Fiocchi ritiene che la modifica possa essere approvata entro l'estate.
Spesso il decreto legislativo di adeguamento viene emanato dal governo (previo parere delle camere) anche prima di 18 mesi. Ragionevolmente, possiamo quindi prevedere l'approvazione nell'autunno 2026.


Il procedimento di declassamento è stato deciso sulla base delle discussioni e delle risoluzioni del Parlamento europeo (peraltro mai molto risolutive ed esenti da ambiguità). E' stata la Commissione che, sulla base dei rapporti scientifici compilati dagli esperti  e sulla considerazione dello stato di conservazione nei diversi paesi e a livello contintale, ha impresso una svolta.

Il primo dei rapporti in questione è quello prodotto dai soliti lupologi della LCIE (presidente il "signore dei lupi", Boitani) nel 2022. In quella occasione i paesi della UE votarono, ancora una volta (era la Svizzera che, per la terza volta lo proponeva) contro il declassamento nonostante le evidenze scientifiche a favore del provvedimento contenute nel rapporto redatto ad hoc.

I lupologi, nonostante la loro lupofilia, erano stati a malincuore costretti ad ammettere che la crescita del lupo rappresenta un fenomeno generale in Europa, che solo in qualche paese balcanico, dove sono comunque molto numerosi, è in diminuzione. Dovevano anche ammettere che, nella maggior parte dei paesi è in atto una forte crescita, che non accenna a diminuire (vai al documento). La proposta della Commissione europea del dicembre 2023 di declassamento del lupo è arrivata dopo l'esame di un'altro  rapporto degli esperti European Commission: Directorate-General for Environment, Blanco, J. and Sundseth, K., The situation of the wolf (canis lupus) in the European union – An in-depth analysis, Publications Office of the European Union, 2023, https://data.europa.eu/doi/10.2779/187513 . Basti dire che, nei 24 paesi continentali della Ue, ovvero eccettuate le isole-stato senza lupi : Irlanda, Malta - paesi che, elegantemente, si sono opposti al declassamento anche in sede di Consigli dei ministri Ue - e Cipro, si stimavano, nel 2023,  20.300 lupi. Un dato da confrontare con quello del 2012 (11.193 lupi). 



Che il WWF, la Lav, l'Enpa abbiano lanciato campagne isteriche contro il declassamento, che gli animal-ambientalisti abbiano utilizzato tutta la loro capacità di presenza sui media main stream, che abbiano lanciato petizioni e costruito sondaggi farlocchi (da loro sponsorizzati) nei quali risultava che i pastori, a larga maggioranza, sono contrari al declassamento, che abbiano presentato ricorsi alla Corte europea di Giustizia, ci sta. Temono di perdere la gallina dalle uova d'oro, la loro bandiera, il loro bancomat. Non ci sta che Boitani, che ha firmato i rapporti scientifici che attestano che lo status di conservazione del lupo non è più tale da corrispondere alle motivazioni che avevano giustificato il regime di protezione rigorosa ai sensi della Convenzione di Berna e della Direttiva Habitat, affermi che il declassamento non ha basi scientifiche. E' solo l'ennesima manifestazione della disonestà intellettuale del personaggio. Un personaggio che, mentre da studioso firma rapporti nei quali si elencano le vittime delle aggressioni da lupo in Europa (fonte), da imprenditore politico-economico del lupo (capace di portare a casa a ripetizione progetti Life milionari sul lupo, a vantaggio dell'associazione IEA costituita da lui stesso e da pochi collaboratori )  in occasione della Giornata mondiale della fauna selvatica, nell'articolo “Convivere con orsi e lupi si può”, pubblicato su La Repubblica del 3 marzo 2025, continua a sostenere che non ci sono documentazioni di attacchi del lupo all'uomo.


Quale strategia la lobby può mettere in campo per bloccare l'attuazione in Italia del declassamento?

L'Italia è stato uno dei paesi a votare a favore del declassamento; è anche quello che ha più lupi in tutta l'Unione Europea e, per di più, con una popolazione in costante crescita che sta colonizzando aree di pianura ad agricoltura intensiva, coste, aree urbane, segno di una saturazione delle aree montane e di collina interna che spinge il surplus demografico a cercare nuovi spazi anche in zone con assenza o scarsità delle prede "convenzionali" della specie. Come ammettono anche i rapporti sopra citati, la colonizzazione di ambienti fortemente antropizzati determina l'insorgere del fenomeno dei bold wolves (lupi spavaldi che hanno perso ogni timore nei confronti dell'uomo, che siano stati abituati da offerte alimentari e socializzati o meno). La presenza dei lupi nelle città, l'intrusione nei giardini, nei cortili, negli annessi alle abitazioni è diventata ormai frequente. I lupi sono avvistati ogni giorno in aree abitate anche in pieno giorno. In queste condizioni diventa improponibile non recepire il declassamento nella normativa nazionale (dpr 357 del 1997 di recepimento della direttiva Habitat e legge 157 del 1992). Si deve cercare di operare d'astuzia, sfruttando i punti deboli della politica.


Il precedente delle deroghe

Negli anni scorsi ne abbiamo sentite di tutti i colori in tema di deroghe. Assessori regionali, consiglieri, onorevoli e senatori si erano fatti convincere dalla burocrazia (regionale o ministeriale) che "le deroghe non si possono applicare". Continuavano a ripeterlo, per giustificare davanti agli allevatori e ai cittadini che "le regioni hanno le mani legate" anche in barba al fatto che, senza dare pubblicità alla cosa, le regioni (e in qualche caso anche i parchi nazionali) le deroghe le stavano utilizzando. Sono state utilizzate in Puglia, Abruzzo, Lazio, Marche, Veneto, Piemonte (che noi si sappia). Di solito per catturare lupi che avevano aggredito delle persone, a volte solo perché si erano dimostrati "confidenti". Tutto era tenuto sotto traccia. Per giustificare il mancato ricorso alle deroghe, veniva anche detto che: "Non è possibile se non viene approvato il Piano lupo". Era una balla colossale perché, come già detto, più o meno di nascosto, le regioni le deroghe le hanno applicate. In realtà, in una delle diverse versioni delle "Linee guide per l'applicazione delle deroghe" emanate dalla Commissione europea, era scritto che: "l'applicazione delle deroghe può essere avegolata dalla  redazione di piani di azione nazionali". Veniva comunque precisato che, comunque, le deroghe potevano essere applicate in ogni caso, precisazione doverosa perché uno strumento interpretativo non può porre condizioni limitative di applicabilità di una norma. Era solo una raccomandazione (in quanto la Commissione avrebbe potuto valutare più facilmente le relazioni nazionali, che vengono redatte ogni due anni, a posteriori, dagli stati membri, alla luce di criteri nazionali espliciti). Tanto bastò che in ambito politico si spargesse la fake della condizionalità delle deroghe al piano lupo. Più grossolanamente, alcune regioni giustificavano la loro inerzia raccontando che: "In Italia le deroghe sono attuate dal Ministero". Una fake che presuppone la non conoscenza del titolo V della Costituzione e del dpr 357/97 di recepimento della direttiva Habitat. In Italia le deroghe le chiedono le regioni e i parchi nazionali (che sono riusciti a infiltrarsi nella norma) e sono autorizzate dal Ministero dell'ambiente sentito il parere dell'Ispra. L'ultima fake riguarda la necessità di adottare le misure di difesa passiva. La Regione Veneto ha approvato un progetto da 400 mila euro (beneficiarie le Università di Padova e di Sassari) con la motivazione che, non potendo essere applicata la deroga dove non ci sono cani, reti, pastori


Il 4 dicembre 2024, in un incontro pubblico sul lupo a Erbezzo (Verona), il sen Paolo Tosato, che pure dichiarava, sinceramente, di comprendere i problemi degli allevatori, ripeteva la fake: "In Italia le deroghe non possono essere applicate". Di fronte alle proteste di chi scrive, ribadiva che "me lo hanno detto al Ministero dlel'ambiente". A settembre, un mese e mezzo prima, la Regione Veneto (o meglio, la squadra catture dell'Università di Sassari, in una regione notoriamente piena di lupi) aveva catturato la "lupa del Pieve" e l'aveva segretamente trasferita all'Università di Udine.  Il Ministero aveva autorizzato anche l0'abbattimento, ma la Regione, per viltà, ha, come in altri casi, optato per la soluzione politicamente meno problematica. Un politico non avrebbe il dovere di informarsi, di leggere le norme, di documentarsi? Cosa li paghiamo (meglio che negli altri paesi europei) per fare? Perché bevono le menzogne che gli propina la burocrazia contigua alle lobby animal-ambientaliste?


Dribblare il declassamento

Con questi vergognosi precedenti, possiamo pensare che la politica ignava, che sente più il fiato sul collo  delle potenti lobby animal-ambientaliste (le organizzazioni professionali agricole è come se non esistessero quando si tratta di fare una battaglia di questo tipo), rinunci a continuare a prendere in giro gli allevatori italiani e le popolazioni rurali, esasperate per la crescente invadenza e spavalderia dei lupi?Nel mentre stanno tenendo buoni i soggetti rurali con il declassamento, stanno pensando a come renderlo inoperativo.


Sopra: la mappa della presenza. Non vengono però dichiarati i dati numerici per regione (eppure il monitoraggio costò 1,5 milioni di euro)


L'Ispra,  rispondendo a una sollecitazione del ministro Picchetto Frattin, ha pubblicizzato delle "quote" di possibili abbattimenti per regione. Sul significato di questa mossa torniamo dopo. Ci sono dei numeri per il Piemonte, il  Trentino, il Veneto, la Toscana, l'Emilia Romagna.  In Piemonte si potranno abbattere - al massimo-, bontà dell'Ispra, da 10 a 17 lupi. Ovviamente, dal momento che siamo sempre in regime di deroghe, solo se ne combireranno di cotte e di crude. Qualcuno ha parlato di "piani di abbattimento" (era carnevale). In Piemonte dal 1° gennaio al 6 marzo sono stati stirati stecchiti sulle strade 25 lupi. Gli scorsi anni sono stati 75 all'anno. Dal momento che gli studi dei lupologi ci dicono che la mortalità stradale rappresenta circa la metà di quella totale, in Piemonte sarebbero morti negli ultimi anni sui 150 lupi all'anno. Servono dei salti mortali tripli carpiati per conciliare questa mortalità con la ridicola stima di 330 lupi presenti in Piemonte nel 2020/21 (e non ancora aggiornata per il 2023/24 per l'inammissible ritardo di Life Wolf Alps). Su questa ridicola stima si calcola, intanto, il "prelievo" del 3-5%.Più ritardano le nuove stime e più bassa è la quota.

Per capire come la "concessione" dell'Ispra sia una solenne presa in giro, basti ricordare che il Piano lupo del ministro Galeltti del 2017 prevedeva una quota massima del 5%. Quindi l'Ispra, con il dilagare dei lupi tra il 2017 e oggi, cosa fa? Tira ancora il freno. Se, in Piemonte, queste "quote" che non compromettono il buono stato di conservazione della specie", sono ridicole e offensive per chi subisce i danni da parte dei lupi (in gran parte non denunciati per sfiducia nelle istituzioni ritenute - giustamente - pro lupo). Ci si chiede poi cosa ne sarà delle regioni dove l'Ispra non ha prodotto una stima? Chi si ricorda il monitoraggio del 2020-21 sa che, per tutte le regioni appenniniche in blocco si calcolavano 2400 lupi. Come è possibile allora stabilire quote per la Toscana e l'Emilia-Romagna? Perché, ci sono monitoraggi regionali. E dove non ci sono? Nella Regione Abruzzo, grazie all'insistenza di Dino Rossi (presidente del Cospa Abruzzo e vice-presidente dell'Associazione nazionale per la tutela dell'ambiente e della vita rurali) lo zooprofilattico ha finalmente fornito i dati dei lupi vittime degli incidenti stradali: sono 100 all'anno, più che in Piemonte. Logico che in Abruzzo ci siano 1000 lupi . La Toscana dichiara 500-800 lupi. In Emilia Romagna sono poco meno che in Toscana. Siamo, prudenzialmente, a 200o lupi. Chi crede che nelle Marche, Umbria, Lazio, Puglia, Calabria, Basilicata ce ne siano solo 400. I numeri non tornano.


A cosa serve la mossa dell'Ispra?

Chi segue da tempo la politica del lupo in Italia non ha potuto fare a meno di chidersi il significato della mossa dell'Ispra. Esso va letto alla luce del declassamento che, come detto all'inizio, non potrà non essere messo in attoentro il 2026. Nonostante le tappe del declassamento procedano regolarmente e non possano esserci più ostacoli (il ricorso della lobby alla Corte europea di giustizia è una mossa ad uso degli sprovveduti che effettuano donazioni per "salvare il povero lupo"), c'è, tra i politici, in particolare tra i sottosegretari all'agricoltura, qualcuno che cerca ancora di convincere i politici regionali ad approvare il Piano lupo. "Ci vorranno anni per il declassamento". Una fake. L'Europa deve solo approvare quei due articoletti citati all'inizio: il lupo passa dall'allegato IV all'allegato V della direttiva; la modifica deve essere recepita entri 18 mesi. Come si fa a sostenere che ci vogliono gli anni? Il motivo, invece, è chiaro: accettare un Piano lupo nel 2025, con tutti i vincoli del regime ante declassamento, con la necessità di sottostare all'autorizzazione ministeriale e, soprattutto con la necessità di dover dimostrare caso per caso che sussistono: la gravità e la reiterazione dei danni, l'uso di cani e altri presidi. Il tutto con il miraggio, ovvero con la cigliegina di quel 3-5% di abbattimenti massimi (ecco la funzione di esca dell'uscita estemporanea dell'Ispra) che si incaricheranno i tanti paletti che saranno messi di mezzo a vanificare del tutto. Non è la scelta tra un uovo oggi e la gallina domani, è la presa per i fondelli pura e semplice.


Con il declassamento, invece, le regioni potranno tranquillamente gestire il lupo, prescindendo da singoli casi, ovvero gestendo la specie sulla base della sua abbondanza, delle dinamiche di popolazione, dell'entità dei danni provocati: ci sono tot lupi? Bon, per ripristinare un equilibrio serve toglierne il tot %. Fine della mistica del lupo, fine della pacchia per il sottobosco che specula sul lupo. Ovviamente, chi ci ha marciato per anni, tenterà il tutto per tutto per non arrivare a questo. Fortunatamente, le regioni stanno subendo sempre di più le sollecitazioni dalle categorie e dalle comunità locali, esasperate dalla presenza incombente dei lupi e dai danni da essi provocati. Se, sino a qualche anno fa, l'effetto del ricatto animalista poteva pesare in modo determinante sul comportamento delle regioni, oggi vi sono spinte che lo controbilanciano e che diventeranno sempre più forti. In un contesto di discredito del Green deal e di tutte le politiche pseudoambientaloiste. Chiamiamolo effetto Trump.

In conclusione: usando il mitico declassamento, inseguito da anni, per dimostrare che la politica non ha lasciati soli gli allevatori e qualcosa si è ottenuto, si cerca di tenerli buoni e, così ammansiti, di rimandare il più in là possibile l'effettiva messa in opera del declassamento stesso. Abbiamo visto che è da 10 anni che si discute inutilmente di Piano lupo. Ogni volta che si è arrivati a una conclusione, una o più regioni si sono sfilate (di solito per tutelare a oltranza il lupo). Ultimamente si è sfilata, sostenendo che il Piano non garantiva gli allevatori, non risolveva il problema degli ibridi ecc., la Regione Piemonte (ma era la giunta precedente che, dopo anni, aveva iniziato a capire il problema e a non ascoltare solo i funzionari faziosi, con i nuovi amministratori c'è da lavorare).

Qualche segnale positivo è però arrivato, negli ultimi mesi, dalla Toscana e dalla Lombardia, con delle mozioni dei consigli che chiedono effettettivi monitoraggi utili alla gestione, con dati numerici aggiornati e per aree omogenee e l'attribuzione certadelle predazioni a ogni tipo di animale (ma anche delle aggressioni alle persone), al lupo piuttosto che a ibridi o cani . Confidiamo che, almeno queste regioni, si rifiutino di cadere in una trappola che condannerebbe a morte gli allevamenti estensivi sopravissuti e comprometterebbe la permanenza delle comunità rurali nelle loro sedi.






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