Ruralpini  Commenti/Strada delle malghe

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(27.08.12) Comunicare gli alpeggi

Valorizzaregli alpeggi e i loro prodotti migliori richiede nuovi linguaggi. Due fotografe giapponesi si sono cimentate nell'applicare ai nostri casari  del Bitto storico uno stile di presentazione fotografica dei produttori artigianali elaborato a contatto con i vignerons francesi, italiani georgiani. ecc.

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(06.08.12) Un libro che può dare impulso agli alpeggi

Frutto di una grande passione per gli alpeggi, la montagna e il formaggio coltivata del torinese Beppe Caldera il volume della Vivalda "Formaggi d'altura" rappresenta quello che gli appassionati degli alpeggi da tempo auspicavano: una guida degli alpeggi e dei loro formaggi dalle Marittime alle Giulie. Caldera ha impiegato 10 anni per peregrinare tra i 175 alpeggi desritti. Anche se in alcune zone sono stati riportati meno alpeggi che in altre (era ovvio che il torinese e il Piemonte fossero più rappersentati) l'opera è comunque rappresentativa della realtà dell'alpeggio di tutte le regioni alpine. Siamo certi che avrà il meritato successo e che stimolerà non poco la valorizzazione di questo enorme patrimonio di storia, tradizioni,gusto leggi tutto

 

(05.08.12) Lupi e speculazioni non spengono la passione per l'alpeggio

All'Alpe Serour in Valle Stura di Demonte(Vallone dell'Arma) troviamo Federico Desogus, nato nel 1992, che ha costruito il suo sogno di allevatore da bambino allevando gli anatroccoli sul balcone. I lupi gli hanno falcidiato capre e pecore. Ora è su in alpeggio a lavorare con l'amico margaro Luca Marsigliani, a fare i formaggi e a proteggere le capre superstiti. In alpe troviamo anche una famiglia di margari della Val Chisone (To), gli Aglì, appartenenti all'inedita categoria dei "profughi" o "rifugiati" pastorali. Tutti con tanta passione, tutti capaci di aiutarsi e sostenersi a vicenda (a proposito di certi stereotipi). Va anche detto che in questo alpeggio - uno dei pochissimi con caseificio della valle - abbiamo trovato degli ottimi formaggi (purtroppo solo vaccini perché il latte delle pecore e delle capre ci hanno pensato i lupi a farlo sparire) leggi tutto

 

(01.08.12) Alpeggi piemontesi  tra siccità e lupi

La grave siccità con il tempo secco ha ridotto nella prima parte della stagione gli attacchi dei lupi. Ma sono comunque numerosi e hanno interessato alpeggi sinora "risparmiati" leggi tutto

 

(30.07.12) Plesio (Co) Si ripete il rito dell'alpeggio

Temperature elevate anche sugli alpeggi (poco favorevoli per i formaggi). Però si guarda avanti. Ieri taglio e benedizione della prima forma all'Alpe Nesdale. E si è inaugurata la nuova struttura turistica legata all'alpeggio stesso. leggi tutto

 

(26.07.12) La storia di un alpeggio raccontata dai protagonisti (VA)

Al Passo della Forcora (VA) si terrà Domenica 29 luglio la VII Festa dell'Alpeggio. Nell'occasione alcuni dei protagonisti della rinascita di questi pascoli hanno redatto un interessante cronistoria. Che, per ora, va dal 1976 al 1990. Per la seconda puntata bisognerà aspettare il prossimo anno. La ricostruzione della storia del loro alpeggio scritta dagli amici varesini potrebbe essere di stimolo per altre realtà. leggi tutto

 

(24.07.12)I margari piemontesi si organizzano

Di fronte alle gravi minacce che incombono sull'attivita dei margari (gli allevatori "pendolari" tra la pianura e gli alpeggi) è nata, il 18 aprile scorso l'ADiAlPi, l'associazione difesa alpeggi Piemonte. Difesa da cosa? Nello statuto unadelle minacce è indicata nero su bianco: la speculazione sui pascoli, l'altra (il lupo) è solo accennata ma è considerata altrettanto grave. il 9 luglio i rappresentanti dell'associazione hanno esposto le loro preoccupazioni in un incontro con il presidente Cota

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(18.07.12)Trentino. Fermalga: i conti non tornano

Ora PAT, CCIAA, Fondazione Mach esaltano la "unicità" del formaggio di malga. Hanno campionato ceppi microbici 'biodiversi' dalle poche malghe che non si sono adeguate all'uso dei fermenti industriali. E con quelli vorrebbe creare dei fermenti selezionati semi-standardizzati "per area tipica" (costo dell'operazione 500 mila €). Ma dov'è l'unicità? E poi si vorrebbe sapere a chi appartengono i ceppi isolati. Rappresentano una biodiversità creata e custodita dalle singole malghe. Appartengono (appartenevano) alla malga xy e nessun altro dovrebbe appropriarsene e usarli a piacimento

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(02.07.12) Nelle malghe della Val di Rabbi (TN) In una valle tra le più autentiche delle Alpi, lontano dal turismo di massa, ci sono malghe dove si produce ancora poìna affumicata e asni. Meritano una escursione. Intanto potete conoscerle attraverso il mio fotoracconto. leggi tutto

 

(08.06.12) In alpeggio sempre troppe speculazioni

Inizia la salita all'alpeggio e anche quest'anno non mancano notizie di pastoei e malghesi che perdono i pascoli per colpa degli speculatori. Una piaga prodotta dalle distorsioni della Pac, dai formalismi burocratici e dalla fame di cassa dei comuni montani leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(08.10.12) Sulla "strada delle malghe" che collega le lombarde val Camonica e alta val Sabbia le malghe sono ancora aperte e si munge. Un fatto che fa riflettere e che indica una potenzialità ancora largamente inespressa

 

La "strada delle malghe"

 

C'è, è stupenda, ci gravitano decine di malghe

ma grazie alla grande fantasia degli enti è solo la  "SS 345" e

"SS 669". E per valorizzare le malghe c'è solo un piccolo parcheggio

 

 

di Michele Corti

 

L'ho percorso parecchie volte il passo di Crodecodomini, sia per recarmi a delle malghe dell'ampio comprensorio pastorale sia per trasferimenti "transfrontalieri" da e verso il Trentino. Venerdì scorso sono partito dalla Valseriana, dove la sera prima avevo partecipato alla presentazione del film "Compagno orso" ad Ardesio (vai al post), per recarmi in Val Rendena, a Caderzone, dove era in svolgimento il convegno Sozooalp (Società per lo studio e la valorizzazione dei sistemi zootecnici alpini). La strada più breve era quella. Ma è stato anche piacevole percorrerla in una tiepida giornata di sole ottombrino senza traffico. E persino istruttivo. Pensavo che le malghe fossero già scaricate e, invece, ho trovato animali al pascolo e mandrie in mungitura.

 

 

Da Breno a Bagolino il percorso è di 47 km. Il vero interesse di questo percorso è rappresentato dalle malghe. I paesaggi non sono "mozzafiato", le montagne - di antica geologia, sono arrotondate, delle collinone.

 

 

Lo stesso passo di Crocedomini non raggiunge i 1.900 m. Questa morfologia è però ideale per l'attività di malga. Lungo la strada del Crocedomini, nella parallela Val Grigna, lungo la dorsale che divide la Val Camonica dall'alta Val Sabbia (percorsa dalla stessa SS 345 che proviene da Breno e che prosegue sino al Passo di Maniva e alla Val trompia) sono decine le malghe, tanto da costituire il più denso comprensorio pastorale della Lombardia e di certo uno dei più densi delle Alpi.

 

Una strada e un compresorio di malghe che potrebbero diventare una delle attrattive principali della Lombardia alpina

 

Tutto questo è valorizzato? Molto poco. Con tutte le "strade del vino, dei sapori e dei formaggi" (ornai inflazionate) a nessuno è venuto in mente che se c'è una strada delle malghe è proprio questa che collega Breno (cuore della produzione del formaggio Silter) con Bagolino (patria del Bagoss).

 

Intanto la strada fa indubbiamente bene alle malghe che possono vendere buona parte della produzione direttamente spuntando prezzi tripli rispetto a quelli all'ingrosso. Fa tanto bene che a ottobre si pascola e si munge (e con i prezzi dei mangimi che corrono fa ancora più bene). Sulla strada si incontrano gli alpeggi di Bazena, Bazenina, Cadino Dossi, Cadino Banca, Gaver, Campas ma parecchie altre sono raggiungibili attraverso brevi tratti di sterrati che si diramano dalla strada statale. I pascoli appaiono ben utilizzati e le vacche utilizzano il ricaccio.

Dove il cotico è stato pascolato si presenta ancora verde mentre le zone umide o con prevalenza di infestanti (e comunque poco pascolate) si caratterizzano per il color rugginoso delle foglie e lamine fogliari secche.

 

 

La commercializzazione diretta consente di valorizzare il latte mediante una varietà di offerte al consumatore

 

Sarà la buona possibilità di smerciare formaggio e burro di malga, sarà la crescente richiesta di ricotta registrata ovunque sugli alpeggi, sarà il "lancio" del fiurit - il fiore della ricotta, un prodotto di consistenza poco più che liquida da consumarsi in tempi brevi che stupisce il consumatore per il suo gusto da dessert goloso (è arricchito di grassi rispetto alla normale ricotta) ma al tempo stesso freschissimo. Il fiurit era parte della dieta dei pastori non potendo essere conservato come la ricotta (che veniva affumincata) ma un tempo si cercava di produrne poco per non compromettere la resa in ricotta (maschèrpa o poìna). Ora è divenuto una specialità che si assapora o si acquista solo in malga. Insieme al burro di maga finalmente sdoganato dopo decenni di criminalizzazione igienistica, fiurìt e maschèrpa sono in grado di offrire un "paniere" che non limita al prodotto principale (bagoss o silter) la produzione di malga. La proposta di questo paniere la vediamo illustrata nella tabella segnaletica-espositore della foto sotto, integrato da un rustico ma efficace cartello scritto a mano.

Questa "comunicazione" è stata realizzata a Malga Cadino della Banca che ha il pregio di essere quella più visibile dalla strada. Qui è stato realizzato anche un "PARK" segnalato sempre un po' artigianalmente. Un "privilegio" che le altre malghe non condividono. Al più, alle diramazione delle piste forestali che conduono alle malghe sono stati collocati altri cartelli "ruspanti" che segnalano la vendita di "formaggi tipici". Un po' riduttivo se si pensa che qui si producono signori formaggi quali il Bagoss e il Silter.

 

Una valorizzazione ancora pesantemente insufficiente

 

C'è quindi moltissino da fare. Dove sono i tavolini da pic-nic" Quelli che il Sig. Parco dell'Adamello dissemina altrove con sin eccessiva generosità (tanto che in alcune situazioni i proprietari delle baite vicine si lamentano per l'eccesivo afflusso di picnichisti non adeguatamente supportato dalla disponibilita di W.C.). La "strada delle malghe", che le varie istituzioni (Comunità Montane, Ersaf, Parco, Bim) non hanno ancora pensato di chiamare come il nome che merita è una grande risorsa turistica.

Servono cose che costano una frazione di tante spese inutili

 

Vorremmo vedere mappe con la localizzione delle malghe. Segnaletica che informa che la malga tale è a 10 piuttosto che a 30' di cammino, che è gestita da Pinco e che il casaro è Caio e che si vende questo e quello. Vorremmo che anche le malghe non visibili dalla strada "fruisssero" di piazzole e parcheggi per invogliare il turista a raggiungerle. Vorremmo vedere mappe con la localizzazione delle malghe. Segnaletica che informa che la malga tale è a 10 piuttosto che a 30' di cammino, che è gestita da Pinco e che il casaro è Caio e che si vende questo e quyello. Vorremmo che anche le malghe non visibili dalla strada "fruissero" di piazzole e parcheggi per invogliare il turista a raggiungerle.

Ci sono govani malghesi che si danno da fare. Una strategia coordinata potrebbe moltiplicare l'efficacia delle loro azioni

Per gli enti (Comunità Montane, Ersaf, Parco) le malghe continuano in larga misura a rappresentare una realtà marginale. La politica regionale le ha tenute su con lo scotch dei contributi ma senza investire in modo organico in multifunzionalità. C'era più propensione (almeno finché la finanza pubblica ha potuto essere allegra) per le infrastrutture, utili se si investe anche in formazione, conoscenza, comunicazione, animazione, azioni turistiche e promozionali. Inutili e destinate all'obsolescenza se ci si limita agli interventi materiali. Questi ultimi, però, erano più graditi in quanto consentivano di distribuire spesa pubblica.

I giovani malghesi che hanno preso la strada della qualità, della vendita diretta, della multifunzionalità si sono emancipati dalla sudditanza psicologica, politica e culturale a consorzi, sindacati, agenzie tecnoburocratiche. Hanno compreso che oggi conta di più gestire relazioni dirette con i consumatori che dipendere dai contributi e dalle burocrazie (coop, consorzi, Apa, organizzazioni agricole). Ci sono arrivati da soli anche senza i "sobillatori".

 

Malghe "sovversive"?

 

Se queste esperienze si generalizzassero, se un consistente numero di malghesi e allevatori di montagna imboccassero una posizione di indipendenza, di stile produttivo sganciato dalle filiere e dalle culture produttivistiche e industrialiste la critica all'agricoltura industriale ne risulterebbe alquanto rafforzata. Finché sono i "neorurali" a contestare il sistema agri-industrialista quest'ultimo non ha motivo di impensierirsi. Ma quando vetero-rurali e neo-rurali si saldano con gli "imprenditori agricoli pentiti", che scelgono di essere liberi contadini togliendosi dagli ingranaggi della dipendenza economica dalle filiere e dalle burocrazie, allora le cose cambiano. Così la valorizzazione delle malghe diventa un terreno politico come insegna la vicenda dei "ribelli del Bitto" che rappresentano un caso collettivo di rottura con tutto il sistema agroistituzionale che, dalle parti della DG agricoltura, non vogliono certo veder replicato.

A difendere gli interessi e l'ideologia del core business dell'agroindustria lombarda, di un sistema agrozootecnico tra i più intensivi al mondo - parte di un sistema globale in cui le danze le dirigono attori transnazionali - c'è tutto il "sistema", a partire dalla DG agricoltura e dal suo braccio operativo, l'ipertrofico e invadente (nei confronti di imprese private ma anche di amministrazioni locali) Ersaf. Provincie e Comunità Montane vanno - volenti o nolenti - a rimorchio. La strategia consiste nel ghettizzare tutto quello che non è espressione del core business agroindustriale  nell'ambito di un innocuo e subalterno "giardino dei balocchi" (fattorie didattiche, piccole aziende bio, piccoli agriturismi) e nello "sterilizzare" tutto quello che potrebbe risultare "perturbatore" del sistema.

Così in Lombardia, che ha il più grande patrimonio di alpeggi con produzione di latte e di formaggi d'alpeggio, tutto questo - proprio perché tutt'altro che marginale - deve restate sottotraccia. E così si perdono grandi occasioni turistiche e di economia gastronomico-territoriale. Se ne rallegrano in Valle d'Aosta e in Trentino.


 

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