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Alpe Dousseour e Rifugio Carbonetto (info - prenotazioni - acquisti)

 

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(05.08.12) È commovente constatare quanta passione nutrano certi giovani per gli animali e gli alpeggi. Però vi sono anche meno giovani che manifestano la stessa fresca passione e sono anche capaci di aiutarsi tra loro

 

 

Alpeggi: lupi e "pascoli rubati"

 

 

non spengono la passione

 

 

di Michele Corti

 

Quante storie in un solo alpeggio. All'Alpe Serour (Valle Stura di Demonte, CN) troviamo Federico, nato nel 1992 che ha costruito il suo sogno di allevatore partendo da bambino allevando gli anatroccoli sul balcone. A lui i lupi nel 2011 hanno dimezzato il suo piccolo gregge di pecore e quest'anno, quello delle capre. Ora è su a fare i formaggi e a proteggere le capre superstiti a prezzo di grandi sacrifici. Con lui ci sono anche diversi altri personaggi tutti animati da una grande passione per il mestiere di allevatori

 

Le condizioni in cui si lavora all'Alpe Serour nel Vallone dell'Arma in comune di Demonte non sono facili, con gli animali sotto costante minaccia dei lupi. Non solo per Federico ma anche per la numerosa "famiglia" che popola l'Alpe. È raro oggigiorno trovare così tanta gente in un alpeggio. Vediamo chi sono iniziando proprio da Federico.

 

Una passione precoce e tenace

 

Federico Desogus è nato e cresciuto a Borgo S.Dalmazzo dove viveva in un condominio di decine di famiglie come in città. Il papà poliziotto, la mamma commessa. La nonna, però, era di Roaschia, paese di grandi pastori transumanti e la sua famiglia di origine era pastorale. Ha cominciato con criceti, conigli, anatroccoli allevati sul balcone. Poi è arrivata la prima capretta acquistata con i suoi risparmi, la prima pecora (Cesirra) regalo della nonna. Federico ora a tre mucche, quanto alle capre e le pecore buona parte gliele hanno predate i lupi. Le pecore nel 2011, le capre quest'anno. Ora le capre superstiti sono blindate (lo spiega nell'ìntervista) mentre le pecore - tutte da latte di razza Roaschina - sono "in guardia" in pianura. Oltre a Federico ci sono Luca Marsigliani di Demonte (amico e datore di lavoro di Federico), la famiglia di Stefano Aglì (con moglie e figlie) e un altro allevatore con alcuni capi. Ciascuno lavora il latte da sé, alla sua maniera.

Luca è un giovane (meno di Federico ma pur sempre giovane) che ha creato quasi dal nulla una grossa stalla e che continua - caso raro in Valle Stura dove i pascoli sono tutti utilizzati da animali da carne - a produrre formaggi anche in alpeggio. Gli Aglì sono "profughi" che, cacciati dalla Val Chisone, dove caricavano da anni l'Alpe Assietta, hanno trovato accoglienza qui.

Margari esuli

Il comune ha preferito assegnare con asta l'alpe ad una associazione temporanea di scopo di cui fanno parte allevatori della pianura. Ha messo i sigilli ai fabbricati e trasferito tutte le cose degli Aglì (gli arnesi per la lavorazione del latte e gli effetti personali) in un magazzino del comune. Rimasti senza alpeggio gli Aglì - che sono veri margari senza un'azienda propria - sono rimasti "a piedi". Per fortuna che alla Fiera dei Santi di Luserna in Val Pellice, alla Mostra della Barà hanno conosciuto un allevatore della Valle Stura di Demonte che si è offerto di ospitarli nell'alpeggio che ha in gestione. Qui i margari torinesi si sono portati tutto, comprese i conigli, le capre tibetane e le oche (foto sotto).

I rudun degli Aglì sono numerosi e sono stati appesi su tre lati del fabbricato (su uno vi sono quelli di Marsigliani e di Federico)(foto sotto).

Tra i rudun ve n'è uno con una dedica particolare che gli Aglì mi invitano a fotografare. La dedica suona come un inno di battaglia: "Che Dio voglia o no alla Sietta tornerò". Intanto la parola è agli avvocati. "Ci sono già costati diverse mucche" lamentano sconsolati gli Aglì che non hanno alcuna intenzione di mollare.

"Trovare un alpeggio a norma per la lavorazione del latte è difficilissimo". In passato il latte si lavorava ovunque perché la Piemontese era razza a duplice attitudine e veniva regolarmente munta in alpeggio. Si caseificava in ambienti "primitivi", sotto le trune. "La pulizia ci vuole dove si lavora il latte, ma per la stagionatura vanno meglio le cantine di una volta, con la terra battuta" sostiene Stefano Aglì che continua a non usare i fermenti selezionati (a differenza di Federico che avendolo imparato a scuola usa le "bustine").

Qui non ci si piange addosso ... ma si fanno formaggi e altri latticini

Al Serour si fanno numerosi tipi di formaggi. Federico lo scorso anno lavorava anche il latte delle sue pecore Roaschine. Adesso le capre superstiti agli attacchi dei lupi non hanno quasi più latte. Non possono pascolare liberamente e sono spaventate. I "tomini" che fa Federico sono di latte vaccino. Poi c'è il Nostrale, formaggelle e delle forme quadrate "ma non è Sola". Tutti i formaggi dell'alpe si possono acquistare sul posto (insieme a latte fresco, burro, yogurt, ricotte) e al mercatino contadino di Demonte del giovedì. Si trovano anche al Rifugio Carbonetto (sulla strada asfaltata a 1 km dall'alpeggio) gestito da Anna, la mamma di Federico. Tra le varie mansioni di Federico c'è anche quella di aiutare la mamma a servire al rifugio.

Alla sera bisogna "blindare" tutti gli animali (capre, caprette nane, oche, vacche, vitelli, asini). Lo spazio per i bovini (sotto) è molto ristretto considerato che vi sono più mandrie da sistemare. La cosa importante è evitare le incursioni dei lupi che continuano a passare di notte ("i cani ululano, ma di paura, rintanati nelle cucce"). I lupi potrebbero attaccare vitelli, capre, oche, asini e tutti devono essere ben protetti.

Proporzionalmente più spaziosi i recinti notturni per gli altri animali (specie dopo che le pecore hanno dovuto essere mandate al sicuro in pianura e che le capre sono state ridotte in numero dagli attacchi.

Sopra lo spazio per le capre, sotto quello delle oche.

A Dousserour i lupi combinati alla siccità rendono al vita molto difficile a queste persone che meriterebbero di meglio, per la loro determinazione ad andare avanti, per la loro passione per produrre formaggi artigianali (e che formaggi ...). Per i legami di amicizia, stima, solidarietà che hanno saputo stabilire tra loro smentendo gli stereotipi dei margari invidiosi, gelosi, chiusi.

In realtà qualcuno un po' chiuso c'è. Come i vicini d'alpeggio. Il loro pascolo (foto sopra) è molto ampio e pulito (con molte meno pietre e cespugli). Forse per questo i margari si sentono al sicuro e tengono le vacche che devono partorire sul pascolo. Qui nascono i vitelli. Questi margari non credono a Marsigliani e a Federico, dicono che i lupi non ci sono e che - nel caso - si tratta di cani. Quando toccherà a loro se ne pentiranno.

Epilogo

Pecore in pianura a mangiare fieno e mangime per far scorazzare liberi i lupi. Per non farsi mangiare dai lupi le capre superstiti Federico le tiene di giorno nelle reti e di notte "attaccate a casa". Cambia la posizione delle rete quattro volte al giorno per tentare di dare da mangiare un minimo di erba fresca. In un terreno ripido e tutto sassi. Chi ama il lupo in buona fede dovrebbe andare su da Federico e aiutarlo a spostare le reti. In Francia decine e decine di giovani ambientalisti volontari lo fanno. In Italia il WWF ha declinato l'offerta di fornire volontari per aiutare i pastori liquidandola come "demagogia". Un estemporaneo tentativo di Legambiente in Lombardia è finito dopo due notti di "servizio".

Chissà se qualche fan dei lupi ha almeno il coraggio di andare a Dousserour (ci si arriva comodamente dalla strada del Vallone dell'Arma). Dovrebbe andare a trovare Federico e da questo ragazzo capirebbero come stanno le cose.

 

 


 

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