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Una capra sbranata dalla lupa

 

Daniela Rigotti

 

Otten Gesine

 

Resti di un capretto

 

Resti di un capretto

 

CON IL LUPO È IMPOSSIBILE CONVIVERE

 

Da più di un secolo il lupo mancava dal nostro territorio, e proprio grazie a questo fatto si è sviluppato nel corso dei decenni un tipo di allevamento ovino, caprino e bovino che non è compatibile con la sua presenza. La sua ricomparsa, ora, ci preoccupa perché rende impossibile qualunque tipo di convivenza. Un lupo ha bisogno di 3-4 kg di carne al giorno e se la procura dove è spesso più facile: nelle greggi di pecore e capre. Le nostre fonti parlano di un centinaio di capi sbranati tra le valli Antrona, Anzasca e Bognanco. Se un solo lupo, in soli due anni, ha causato tutte queste vittime quanti danni possono arrecare interi branchi? Neanche vitelli e manze sono più al sicuro. Nel cuneese è già successo che lupi hanno predato vitelli piemontesi al pascolo. Se il lupo si dovesse stabilire sulle nostre montagne si andrà incontro a una ulteriore drastica diminuzione di piccoli e medi allevamenti, se non addirittura alla completa sparizione di chi, da sempre, porta, durante i mesi estivi, i propri animali in alpeggio.

Nel VCO, negli ultimi 10 anni, le aziende che praticano l'allevamento sono diminuite del 51%. In forte diminuzione sono anche gli animali alpeggiati. Bisogna quindi incentivare le persone che ancora utilizzano questa pratica senza creare nuovi problemi. Le conseguenze dell'abbandono sarebbero: prati non più falciati (con aumento del rischio-valanghe a causa dell'erba più alta), alpeggi desolati, perdita di sentieri, avanzamento di arbusti.

Al convegno sulla fauna selvatica e sui miglioramenti ambientali organizzato recentemente dalla Provincia, si è detto ripetutamente che le nostre montagne hanno bisogno di cure e che l'avanzamento dei bosco deve essere fermato, anche per il mantenimento della fauna selvatica (gallo, forcello, lepre, ecc). I risarcimenti possono essere un aiuto momentaneo, ma non risolvono niente. Gli animali sbranati fanno una brutta fine, ed è impossibile rimpiazzarli. Può essere disastroso, per un allevatore perdere una parte dei suoi animali, anche perché le nostre razze sono autoctone e non facilmente reperibili sul mercato.

Il lupo non porta nessuna ricchezza. E' dannoso per l'ambiente, invisibile al turista e crea diffidenza nella gente. Facciamoci memori di cosa ha portato l'arrivo dei cinghiali, altra specie che non ha niente a che fare con il nostro territorio: danni e totale perdita del loro controllo; in termini economici può essere possibile quantificarne le spese?

Anche in altri paesi della Comunità Europea il lupo è salvaguardato, ma solo fino quando non creerà danni all'uomo. Auspichiamo che il lavoro e le proprietà dei nostri agricoltori vengano tutelate.

 

Confederazione Italiana Agricoltori del Vco

CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI

UFFICIO ZONA di DOMODOSSOLA Via Amandola, 9 - 28845 Domodossola (VB) Tel. 0324.243894 - Fax 6524.248767

 

 

(26.02.11) Arrivata in Ossola nel 2002 una lupa ha provocato in quattro anni gravi perdite. Ma gli allevatori, al contrario di altre realtà, hanno reagito con determinazione organizzandosi in un Comitato. Poi del predatore si sono perse le tracce.

 

Una storia di resistenza pastorale

 

É partita dall'Ossola la resistenza pastorale contro la reintroduzione dei grandi carnivori sulle Alpi italiane sostenuta da una lobby spregiudicata che non esita a usate le tecniche della disinformatija. Oggi di fronte a segnali di nuove presenze lupine gli allevatori ossolani  tornano a mobilitarsi

 

di Michele Corti

 

Oggi gli allevatori ossolani anti-lupo, che già erano in collegamento con gli allevatori svizzeri, non sono più isolati neppure in Piemonte e in Italia. Grazie anche alla loro esperienza e alla loro combattiva testimonianza  molti colleghi piemontesi e di altre regioni si stanno scuotendo dalla rassegnazione e dalla passività.  E insieme ad un crescente numero di persone che abitano in piccoli centri di montagna, e che sono sempre più preoccupate dalla presenza di orsi e lupi, daranno vita entro la primavera a un Comitato per la difesa dai grandi predatori.

 

Il lupo fa strage ma 'sono i cani randagi'

 

Il lupo (una lupa) è apparso in Ossola nel 2002 e ha fatto strage: 140 capi ovicaprini nel giro di quattro anni. Ha causato l'abbandono di diversi pascoli che anche dopo il 2006 (quando è 'sparito') non sono stati più utilizzati. Per gli allevamenti ovicaprini, già in forte crisi, è stato un duro colpo. Come da copione le 'istituzioni' e gli 'esperti' (di parte ambientalista, ovviamente) si affrettano a 'calmare gli animi'. Il lupo, dicono gli 'esperti' non è pericoloso, fa danni minimi che possono essere prevenuti. La 'colpa' dei danni registrati a danno degli allevatori viene attribuita ai cani randagi (un fenomeno pressoché assente in Ossola) anche quando nel 2003 viene confermata la presenza della lupa (nome in codice F31).

 

 

L'arrivo del lupo in Ossola non passa sotto silenzio. Otten Gesine, un'allevatrice di capre che, insieme a Daniela Rigotti pratica l'alpeggio in Valle Antrona all'Alpe La Beola, non esita a scrivere alla stampa locale per denunciare le conseguenze di una presenza che riempie di gioia biologi, e guardiaparchi. Tutta gente che ha fine mese ha una busta paga sicura e che dal lupo ha tutto da guadagnare. Si capisce perché per loro è 'affascinante'. Ma vediamo cosa scrisse Otten nell'autunno 2002.

 

 

Valle Antrona, località La Beola, 24 novembre 2002

BENVENUTO IL LUPO: ADDIO GLI ALLEVATORI DI PECORE E  CAPRE

UNA CONVIVENZA NON È POSSIBILE

 

Cosa succede. Sento le capre arrivare di corsa; sono solo 14 invece di 49 e tutte molto spaventate.

Non ha senso andare adesso a vedere dove sono le altre, comincia a fare buio. Il giorno dopo troviamo le capre in alto nelle rocce, riusciamo a tirarle fuori ma manca la Pichinja una capretta di 9 mesi. Andiamo su e giù lungo il pendio roccioso per vedere se è caduta, ma non troviamo niente. Passata una settimana. Incontro un altro allevatore con le sue capre sono molto nervose, non le ha trovate tutte, in compenso un mio capretto da solo, impaurito. Solo con fatica è riuscito a portarle giù, perde  sangue in faccia perché è caduto. Ha visto le mie capre ma solo un gruppo di 11.  Ci chiede cosa succede. È davvero tornato il lupo? Salgo a cercare le capre. Un gruppo è su

a 1900m, li si riesce ad arrivare. Le altre sono in un posto irraggiungibile. Versa destra vedo dei corvi girare nel cielo, arriva anche l’aquila. Vado lì, trovo un capretto sbranato e parzialmente mangiato sul collo, il petto aperto privo di organi, le gambe davanti non ci sono più. Sarà successo ieri. Risalgo dalle capre. Un capretto zoppica, ha la gamba posteriore sinistra ferita. Vorrei portarle giù ma si rifiutano di passare su i pendii erbosi aperti. Quando poi sentono le altre capre su nella ripida roccia, partono di corsa per raggiungerle e mettersi al sicuro. Al sicuro da chi?  E come faccio a portarle giù prima che arriva la neve? Scendo alla baita facendo un altro sentiero. Trovo la zampa un capretto, da colore dei pelo è quello che è rimasto della Pichinja. Vi rendete conto cosa vuoi dire salvaguardare li lupo?

Le capre e le pecore hanno finora pochi nemici naturali:  l'aquila che prende piccoli agnelli o capretti e la vipera. Il ritorno dei lupo cambierebbe tutto. Chi ha un cane di taglia grossa può immaginare cosa mangia un lupo. Il tipico allevatore di pecore e capre ossolano non rimane giorno e notte insieme al suo gregge. Le capre vengono chiamate alla mattina e la sera per essere munte sì nutrono liberamente scegliendo l’erba migliore che garantisce la qualità di un formaggio fatto in alpeggio. Noi non abbiamo la tradizione del pastore abruzzese di grandi greggi di pecore che si sposta con loro e i suoi cani maremmani, unici nel’affrontare il lupo. Succede però anche li che vengano sbranate pecore. Nessun soldo mi può pagare i danni: capretti morti che sono stati allevati con amore e lavoro, capre che non stanno più giù vicino alla stalla o nei boschi belli il che vuol dire rischiare la vita per portarle in basso. Nell’ultimo ECO RISVEGLIO [il giornale locale] un articolo scrive che le imprese agricole sono diminuite di 47% nell'ultimo decennio, soprattuttosono calate le aziende che praticano l’allevamento: 51% in meno.

Non sarebbe meglio salvaguardare questa specie in estinzione invece di creare ulteriori problemi? E non pensate che un turista gradisce molto di più un gregge di capre, la vista di un cervo, un formaggio sano piutosto di una carcassa mezza mangiata o la caccia alle pecore da parte di un lupo?    

GESINE OTTEN

 

Tranquillizzare, evitare allarmismi: la tattica subdola dei verdi

 

Quando la lettera apparve sul giornale con grande e insolita sollecitudine tre guardie della provincia , un guardiaparco e il biologo Rotelli piombano alla 7.30 del mattino a casa di Otten. Vogliono sapere di più della 'loro' lupa. A loro sta a cuore il lupo, non importa nulla delle capre (bestie che al 'potere costituito' e ai suoi agenti hanno sempre dato fastidio e che da secoli hanno cercato di 'sradicare').

Nel 2003 si susseguono altri attacchi e nella primavera successiva, di fronte al montare della collera degli allevatori le 'autorità' organizzano una serie di incontri per 'rassicurare' i pastori. I quali, però, non si lasciano 'anestetizzare' dal solito copione che viene recitato in tutto il mondo gli ecologisti urbani, gli scienziati 'conservazionisti', i politici e gi amministratori 'politically correct' . La lobby del lupo (e dei grandi carnivori in generale ha scritto persino manuali di disinformatija dove si spiega come prendere per i fondelli i pastori, cercando di convocarli senza la presenza di leader o di rappresentanti di organizzazioni, blandendoli persino con rinfreschi e gadget. La manfrina, trita e ritrita, recita che: "la convivenza è possibile", che i cani o i recinti risolvono tutto, che è il venir meno di una 'autentica cultura pastorale' che causa un grave impatto del predatore.

 

 

Quando i lupofili si trovano di fronte pastori combattivi le loro strategie studiate a tavolino fanno cilecca

 

In Ossola, però la banda del lupo ha trovato pane per i suoi denti: allevatori e, soprattutto, allevatrici che amano profondamente i loro animali e che sono ben consapevoli della mala fede dei lupofili. La conformafione delle montagne ossolane, come quella delle vicine valli ticinesi, non consente di realizzare recinti e di utilizzare mute di cani da guardiania. Montagne ripide, molto rocciose nelle fasce alte e molto 'sporche' (con forte presenza di neovegetazione arborea e arbustiva nelle fasce più basse).

 

 

Nella primavera del 2004 il lupologo Rotelli insiste nel sostenere ,in un incontro a Bognanco, che gli attacchi dell'autunno precedente sono da attribuire a 'cani randagi' scatenando l'ira degli allevatori che si sono dati appuntamento per 'rompere le uova nel paniere' e impedire che le Istituzioni possano svolgere opera di 'anestetizzazione'. Oltre ad una presenza combattiva di allevatori locali che interrompono il lupologi al grido sarcastico "Viva il lupo e abbasso i prati tagliati" a Bognanco interviene anche  Jurgen Rohmeder. il leader del movimento anti-lupo del vicino Vallese nonché farmacista di Bitsch. Jurgen nel 2003 ha guidato una 'marcia su Berna' di centinaia di pecore per protestare contro la presenza del lupo. Ai rappresentanti delle istituzioni il vallesano chiede una sola cosa: "Tenete il lupo in Italia". Duri anche gli interventi degli allevatori ossolani. "I nostri capretti sono stati sbranati, non vogliamo più allevare carne per il vostro lupo" dice senza mezzi termini Daniela Rigotti. Il sindaco, invece, cerca di calmare le acque e invoca 'soluzioni per la convivenza'. Ma gli allevatori non ci cascano.

 

 

La rabbia degli allevatori fa 'sputare la verità' agli 'esperti'

 

Dopo due settimane dall'incontro di Bognanco a Verbania il 15 maggio 2004 il Rotelli ammette che le vittime della lupa F31 sono 73. Nell'incontro di Verbania oltre ai rappresentanti degli animalisti (LAV) e di Legambiente e all'onnipresente Rotelli, responsabile del Progetto lupo nel VCO, il fronte della lupofilia schiera anche un sociologo (Valerio Pocar) e il comandante della Polizia Provinciale che ricorda che la protezione del lupo è un 'obbligo di legge' (che scoperta!) e che la provincia si è mossa per facilitare la 'convivenza' assicurando i risarcimenti.

 

 

I risarcimenti (novanta euro) sono arrivati dopo anni e nessuno ha compensatio i capi spariti, le ore perse per cercare gli animali dispersi ed impauriti, le conseguenze dello stress, le aumentate spese di foraggio per la fine anticipata dell'alpeggio, la perdita dei migliori capi destinati alla rimonta, le mungiture saltate e i conseguenti danni ecc. ecc.

 

 

In ogni caso l'ammissione stessa dell'attribuzione alla lupa di 73 predazioni che è venuta solo dopo la ribellione aperta degli allevatori che, invece di rassegnarsi e di farsi infinocchiare dagli 'esperti' e dai verdi, hanno pensato bene di  scrivere ai giornali, di fare pressing sulle organizzazioni agricole per farle prendere posizione.

 

 

L'attivismo degli allevatori smuove anche i sindacati agricoli

 

Dopo l'incontro di Bognanco vengono contattati i sindacati agricoli. Il sostegno della Coldiretti c'è, ma è tiepido. La CIA si sbilancia di più e in un articolo alla stampa locale e al giornale della organizzazione piemontese parla apertamente contro la presenza del lupo che "non porta nessuna ricchezza. E' dannoso per l'ambiente, invisibile al turista e crea diffidenza nella gente". La CIA paventa il tracollo degli allevamenti.

 

 

E arriva a sostenere che:

 

"Se il lupo si dovesse stabilire sulle nostre montagne si andrà incontro a una ulteriore drastica diminuzione di piccoli e medi allevamenti, se non addirittura alla completa sparizione di chi, da sempre, porta, durante i mesi estivi, i propri animali in alpeggio. Nel VCO, negli ultimi 10 anni, le aziende che praticano l'allevamento sono diminuite del 51%. In forte diminuzione sono anche gli animali alpeggiati. Bisogna quindi incentivare le persone che ancora utilizzano questa pratica senza creare nuovi problemi. Le conseguenze dell'abbandono sarebbero: prati non più falciati (con aumento del rischio-valanghe a causa dell'erba più alta), alpeggi desolati, perdita di sentieri, avanzamento di arbusti."

 

Nel comunicato la CIA mette anche in evidenza l'incongruenza tra i proclami a favore dei 'miglioramenti ambientali' e la presenza del lupo:

 

"Al convegno sulla fauna selvatica e sui miglioramenti ambientali organizzato recentemente dalla Provincia, si è detto ripetutamente che le nostre montagne hanno bisogno di cure e che l'avanzamento dei bosco deve essere fermato, anche per il mantenimento della fauna selvatica (gallo, forcello, lepre, ecc)".

 

La conclusione è chiara: con il lupo è impossibile convivere.

 

 

 

La primavera del 2004 vede, dopo queste vicende, il sorgere del Comitato per la salvaguardia degli allevatori dai grandi predatori. Le idee sono chiare e forte il livello di consapevolezza della natura politica e ideologica dello scontro in atto, uno scontro che non riguarda una 'presenza faunistica' ma due visioni contrapposte: quella della montagna-wilderness del tutto spopolata e quella della montagna dove viene assicurata la continuità di una presenza dell'uomo pastore, coltivatore, boscaiolo. "Lo scopo del comitato è quello di fare una difesa politica ed ideologica degli allevatori professionali e amatoriali contro i danni provocati dal lupo. Ma ci sono anche rivendicazioni molto concrete: obbligo di segnalare ai sindaci la presenza del lupo sul territorio al fine di allertare la popolazione; corretta informazione del pubblico con divulgazione dei filmati e delle foto dei danni del predatore (non diffuse con il pretesto del loro carattere 'crudo' che potrebbe impressionare i bambini); analisi del Dna su tutte le prede in modo da escudere la responsabilità di cani.  Tutti punti che vanno a mettere in discussione la strategia degli ambientalisti che desiderano che le notizie sulla presenza del lupo siano vaghe e ancor meno desiderano che il pubblico conosca le conseguenze della predazione. Ovvio che di fronte a immagini di stragi di poveri anilami domestici il consenso costruito con i documentari alla Geo & Geo con i teneri lupacchiotti, i lupi innamorati e gli ululati alla luna andrebbe a farsi benedire.

Dare la colpa ai cani poi  è la solita parola d'ordine dei lupofili che non hanno molto interesse a chiarire quando a colpire è il lupo o i cani.

 

 

La guerra del lupo continua

 

Nel 2005 la 'guerra del lupo' si riaccende, non solo perché  le predazioni sono continuate ma anche perché l'on Valter Zanetta, facendosi interprete del disagio degli allevatori presenta una interpellanza alla Camera. Apriti cielo. Gli animalisti inscenano una protesta in Consiglio provincviale (il Caretti era anche consigliere provinciale). Come da soliti copioni gli animal-ambientalisti si travestono da lupi e in Consiglio inscenano una gazzarra 'ululando' contro Caretti reo di essere 'nemico del lupo' (pare di essere tornati ai tempi dei 'nemici del popolo'!).

 

 

La reazione degli allevatori non si fa attendere. In occasione dell'incontro pubblico a Baceno su: "Fauna selvatica e attività turistiche: c'è spazio per tutti sulle Alpi?" gli allevatori, che gli organizzatori, Rotelli in testa, si erano ben gyuardati di invitare, irrompono in forze ma protestando civilmente. Sono sessanta; distribuiscono volantini  e brandiscono i manifesti in francese del Comitato europeo per la difesa del pastoralismo contro o grandi predatori (vedi sopra).

 

 

Le immagini 'crude', che la lobby del lupo riesce a censurare, sono qui esibite apertamente.

 

 

Lo slogan del manifesto è molto chiaro e viene ripetuto dai 'manifestanti': "Il lupo non mangia gli arbusti". Dopo un po' di confusione i cartelli vengono fatti togliere e la conferenza ha inizio. Gli allevatori ascoltano in silenzio. Alla fine Otten Gesine cerca di portare la discussione sul lupo ma Rotelli la zittisce dicendo che "è fuori tema".

 

 

La ribellione paga: le Istituzioni correggono il tiro e il lupologo esce di scena

 

Nel 2005 a marzo solo in Val Formazza in diversi a vengono uccisi 29 capi, nove sono feriti e 5 dispersi. A Bognanco durante l'estate si sono registrate 18 perdite. Anche a Montescheno si trovano resti di una capra e di una pecora. In quest'ultimo comune le pecore alpeggiate erano 300; nel 2005 calano a 15. Il Comitato distribuisce volantini in cui si chiede che il Verbano-Cusio-Ossola sia dichiarato zona non adatta all'insediamento del lupo. Nelle loro comunicazioni gli allevatori del Comitato informano anche sui costi del progetto lupo e sui recenti casi nel mondo di attacchi di lupi alle persone.

A marzo 2006 la tensione è alta e viene convocato un incontro il 17 marzo a Fabbrica di Villadossola sul tema: "Lupo e gli aiuti concessi agli allevatori". Il clima è cambiato. L'assessore Caretti sostiene che se la presenza del lupo aumenta bisognerà pensare ad abbattimenti. Rotelli, il lupologo sin qui protagonista del Progetto lupo nel VCO non c'è più. Al suo posto parlano le responsabili del monitoraggio: Chiara Passalacqua e Francesca Marucca. Quest'ultima ammette che la soluzione dei recinti nel VCO è inapplicabile. Nei mesi successivi, però, non succede più nulla. La lupa pare svanita nel nulla. Dopo aver causato 140 perdite di capi ovicaprini forse qualcuno ha provveduto a farsi giustizia da solo.

 

Un piccolo bilancio

 

La storia che abbiamo raccontato insegna che l'azione collettiva degli allevatori anche solo a livello locale non è senza effetti. Le strategie dei , che puntano a negare la presenza del lupo fina a quando è ormai stabilmente insediato e che fanno credere ad una possibile convivenza, falliscono quando si trovano di fronte ad una reazione consapevole e con un minimo di organizzazione e chiarezza sugli obiettivi e i termini del conflitto.

La strategia dei verdi ha successo quando i pastori non dispongono di risorse quali collegamenti con esponenti politici, gruppi organizzati di pastori di altre regioni e nazioni. In Ossola si sono trovati di fronte degli allevatori e, soprattutto, delle neo-allevatrici molto motivate, che non solo amano profondamente  i loro animali ma sono anche consapevoli di fare un allevamento ecologico in sintonia con i principi di un ecologismo autentico.

Cos' come nel caso di Dino Mazzini in Emilia i più convinti attivisti anti-lupo sono persone dalle profonde convinzioni ambientaliste che si sono rese conto che l'ambientalismo urbano e quello contadino sono due cose agli antipodi (e che il primo è in larga misura una facciata che nasconde posizioni del tutto incoerenti con la tutela degli ecosistemi concreti che, in Europa, sono il larga misura agroecosistemi).

 Di fronte ai primi capi sbranati nel 2002 in Ossola la reazione è stata immediata ed è sorto un piccolo movimento che ha costretto le istituzioni a cambiare atteggiamento.  A favore della 'rivolta' degli allevatori ossolani ha giocato anche un fattore 'geopolitico'. Il lupo colpisce anche nei confinanti cantoni Vallese e Ticino dove - come in tutta la Svizzera - vive la regola (Stategia lupo) della venticinquesima pecora (o capra). Quando un esemplare di lupo eccede la quota di 25 capi predati è lui ad essere eliminato. Invece in Italia un lupo può uccidere 1.000 pecore ma non viene toccato.

 

Prospettive

 

Dal 2006 al 2011 il lupo in Ossola non ha più colpito. Però all'inizio del 2011 si sono registrati segni della presenza del lupo sempre più inquietanti. Un giovane maschio è finito sotto un treno ma ce ne potrebbero essere altri. Il Comitato degli allevatori ossolani ha un po' smobilitato ma I contatti con il Comitato svizzero non sono cessati. All'incontro di Moretta (Cn) del 19 febbraio 2011 s'è creato un collegamento tra il Comitato ossolano e i gruppi piemontesi nonché con i pastori lombardi e alcuni pastori pesantemente colpiti dal lupo in Emilia e in Toscana. L'esperienza del Comitato ossolano sarà molto utile in sede di costituzione di un Comitato nazionale che comprenderà anche le realtà che in questi anni (a partire dal Trentino occidentale) hanno sofferto per la presenza degli orsi.  Sono finiti i tempi in cui il boss dei lupologi dichiarava (era il 2007):

 

"I lupi in Italia uccidono ogni anno dalle 2.000 alle 2.500 pecore, gli indennizzi toccano quota un milione di euro l'anno; quando raccontiamo questi numeri in altre parti d'Europa o in Nord America ci chiedono come mai vi siano ancora lupi in Italia". 

 

Fino a ieri i lupofili hanno potuto contare su una sostanziale passività e rassegnazione dei pastori. Sul loro isolamento gli uni dagli altri e dal mondo della politica, della cultura dell'accademia. Restava la reazione violenta e primitiva del bracconaggio, utilizzato dai lupologi per delegittimare le proteste dei pastori, per isolarli dal conetsto sociale, per ratificare la loro subalternità culturale, sociale e politica. Ora le cose stanno cambiando.

I pastori hanno capito che devono unirsi per non essere vittime della strategia del carciofo. Valle dopo valle il lupo consolida la suapresenza. Dove non è ancora arrivato o è appena arrivato si tiene l'allarme basso in modo da non consentire di organizzare una reazione. Dove è arrivato da tempo si punta alla rassegnazione, a farlo passare per una delle 'calamità naturali' che l'umile contadino o pastore deve sopportare per destino storico. Così tra rassegnati e inconsapevoli le forze della protesta sono ridotte al minimo. Ma anche da questo punto di vista le cose stanno cambiando. Unire le forze, portare a conoscenza dell'opinione pubblica le conseguenze e la realtà della predazione in tutta la sua crudezza, concordare con i pastori degli altri paesi una strategia per farla finita con il 'regime di assoluta protezione' del lupo che era giustificato negli anni '70-'80 ma che ora rappresenta solo una minaccia grave per la sopravvivenza dei sistemi pastorali. E poi chiedere che si faccia chiarezza sui dati della presenza del lupo che gli 'esperti' continuano a nascondere indicando in 600-700 lupi la popolazione italiana e in 50 quella piemontese quando gli esperti stessi sanno bene che le stime sono da raddoppiare.

 

                   

 

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