|      Dino 
                        Mazzini invita a inviare alla sua azienda attestati 
                        di solidarietà ed espressioni di riprovazione 
                        per il comportamento della burocrazia Azienda Agricola CASA CAPUZZOLA
 
 Via Verica 135    41026    Pavullo (MO)
 Tel 0536.48326 ..Fax 0536.50556
 e.Mail: info@casacapuzzola.it
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     |   (02.08.10) Il 
                        29 luglio scorso una piccola  azienda ovina dell'appennino 
                        modenese, dopo quattro anni di stragi da parte dei lupi, 
                        ha regalato le ultime pecore sopravvissute gettando 
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                        Michele Corti  (foto dal sito www.casacapuzzola.it)   Quest'anno 
                        l'azienda Casa Capuzzola di Dino Mazzini a Pavullo nel 
                        Frignano (Appennino modenese) ha subito 9 attacchi tra 
                        maggio e giugno. Quando i lupi sono arrivati sin sotto 
                        casa a sbranare pecore e le agnelle l'allevatore 
                        ha cominciato ad avere paura per la propria incolumità   
  
                         Si 
                        fa fatica a credere che la storia dell'Azienda Casa 
                        Capuzzola  sia vera. Pare una favola noir al 
                        contrario. O meglio una favola che ristabilisce la realtà 
                        del 'lupo cattivo' quello che la cultura contadina esprime 
                        nelle favole, di Cappuccetto rosso,  dei tre porcellini, 
                        di mamma capra e i sette capretti, per non citare che 
                        quelle più note e che - in forma di cartoons 
                        - fino a pochi anni fa facevano parte della socializzazione 
                        televisiva dei piccoli. Oggi non più sono perché 
                        non sono più politicamente corrette a giudizio 
                        dei verdi. Oggi 
                        'esperti' pagati con i denari del contribuente vanno 
                        nelle scuole per convincere (nell'accezione di manipolazione 
                        intenzionale) gli alunni che le favole erano false, 
                        che il lupo è buono, che sbrana la pecorella 
                        propria quando non ha di meglio e che mai e poi mai 
                        può essere pericoloso per l'uomo.  Sono 
                        le stesse balle che raccontano a proposito dell'orso. 
                        In Russia si chiama disinformatzia. E al KGB 
                        era diventata una vera arte.   
   Altro 
                        che favole! Il lupo è antropofago   Quest'anno, 
                        a marzo, una giovane donna che faceva jogging in 
                        Alaska è stata sbranata dai lupi (guarda 
                        l'articolo della BBC se non ci credi) 
                        e negli ultimi dieci anni si contano almeno venti casi 
                        documentati nel mondo. E' abbastanza acclarato che non 
                        sono solo i lupi affetti dalla rabbia ad attaccare, 
                        a ferire, a uccidere. La cosa che va evidenziata poi 
                         è che - come da esami autoptici - i lupi 
                        non si limitano a uccidere gli umani ma poi se li pappano 
                        pure, spolpandoli ben benino come le pecore (tra poco 
                        ne vedremo). Pare sconvolgente che il lupo divori 
                        gli umani ma non c'è niente di strano. Lo faceva 
                        alla grande in Europa, almeno sino al XVIII secolo. 
                        Poi ha dovuto stare schiscio perché i fucili 
                        si sono fatti sempre più potenti e precisi. E' 
                        un concetto che esprime l'insospettabile Luigi Boitani, 
                        massimo esperto europeo di lupologia, che - intervistato 
                        da Pro Natura (organizzazione ambientalista ticinese) 
                        -  alla  domanda:    In 
                        un suo recente libro sulle taglie pagate in passato 
                        per la cattura dei predatori in Ticino, Marzio Barelli, 
                        un autore ticinese, sostiene che il lupo in Europa sarebbe 
                        stato antropofago e ipotizza che lei correggerebbe oggi 
                        il suo giudizio opposto di vent’anni fa?   rispondeva: 
                           Non 
                        ho mai detto il contrario! Negli ultimi 100 anni 
                        non abbiamo prove di attacchi di lupi a persone in Europa. 
                        Ma abbiamo ottime prove del contrario fino al Sei-Ottocento. 
                        Il lupo è un animale intelligente e culturale. 
                        Il suo comportamento non sta solo iscritto nei geni 
                        ma la mamma lo insegna ai suoi cuccioli a seconda delle 
                        circostanze. Sa che un uomo con una forca è 
                        pericoloso e che uno con il fucile lo è ancor 
                        di più. In origine il lupo era un pericolo. 
                        Se più nessun uomo torcesse un capello ad 
                        un lupo, in una sola generazione lupina, cinque anni 
                        quindi, il lupo potrebbe nuovamente provare ad attaccare 
                        anche le persone, almeno dove se lo può permettere. 
                        Abbiamo i primi bagliori in Canada da dove ci vengono 
                        segnalati tre casi. Ma in Europa non abbiamo ancora 
                        alcun segno di questo tipo, finora. (link 
                        alla rivista 
                        con l'intervista) 
                           Numerosi 
                        casi di uomini (in maggioranza bambini) sbranati dal 
                        lupo in Europa   All'esimio 
                        scienziato occorre ricordare che, anche se i casi 
                        di uomini sbranati e divorati da lupi in Europa nel 
                        XX secolo sono diminuiti non è affatto vero che 
                        non si sono registrati.  E' curioso che Boitani 
                        dica che gli ultimi attacchi di lupi a persone in Europa 
                        risalgano al XIX secolo perché è 
                        co-autore di un rapporto sulla pericolosità del 
                        lupo per l'uomo a cura della lobby europea degli esperti 
                        conservazionisti  (emanazione del WWF): la Large 
                        Carnivore Initiative for Europe. Il rapporto dal 
                        titolo The fear of wolves: A review of wolf 
                        attacks on humans, [La paura del lupo. Una rassegna 
                        dei casi di aggressioni all'uomo] è stato pubblicato 
                        dal Norsk Insitutt for Naturforskning, Trondheim, Norvegia, 
                        2002. Da questo studio apprendiamo quanto segue: in 
                        Polonia nel 1937 furono uccisi 5 bambini (su 10 attaccati) 
                        nei villaggi di Tymoszewicze e Hryniewicze; tra il 1945 
                        e il 1947 a Valdimir si registrarono 10 morti per attacchi 
                        di lupi (per lo più bambini). In Spagna a Vimianzo 
                        venne ucciso un bambino nel 1957 nel villaggio di Vilare 
                        in Castrelo; nel 1958 nel vicino villaggio di Tines 
                        vennero uccisi due bambini; a Rante nel 1974 su 4 persone 
                        aggredite dai lupi 2 morirono. Nella Russia europea 
                         a Kirov tra il 1944 e il 1950 vennero uccisi dai 
                        lupi 22 tra bambini e ragazzi (tra i 3 e i 17 anni); 
                        a Oritji tra il 1951 e il 1953 vennero uccisi 4 bambini; 
                        ad Arkadek un lupo rabido aggredì 10 persone 
                        e una morì. In Lituania 11 persone sono state 
                        uccise dai lupi tra il 1900 e il 1937. In Estonia nel 
                        1980 una donna anziana è morta (per le ferite) 
                        in seguito all'attacco di un lupo rabido. Questa statistica 
                        esclude casi dubbi. Abbiamo elencato solo i casi di 
                        attacchi con esito fatale. Quelli con solo ferimento 
                        sono diverse volte tanti. Altro che assenza di attacchi 
                        da un secolo!   Ma 
                        torniamo alla favola triste di Casa Capuzzola   Casa 
                        Capuzzola è un'azienda agricola nella valle del 
                        Panaro, in comune di Pavullo nel Frignano, nel medio-basso 
                        Appennino, a 350 m di quota. Dino Mazzini da ragazzo 
                        decise che stare a vivere a Bologna non faceva per lui 
                        e - interrotti gli studi di veterinaria ma comunque 
                        con un diploma di perito agraria intasca - si mise all'opera 
                        per rimettere in piedi l'azienda che da diverse 
                        generazioni apparteneva alla famiglia ('era del trismonno'). 
                        Erano terreni abbandonati, interessati a movimenti franosi. 
                        Dino era un ragazzo pieno di entusiasmo di 23 anni quando 
                        ha iniziato a lavorare al progetto di trasformare un'azienda 
                        abbandonata dell'Appennino in un allevamento ovino biologico 
                        condotto con criteri estensivi ma 'moderni'.  La 
                        passione per la moto gli ha fatto conoscere la realtà 
                        della pastorizia britannica dove il pastore da secoli 
                        si è affrancato dall'esigenza di sorvegliare 
                        a vista il gregge. In Gran Bretagna il lupo si è 
                        estinto (o meglio è stato eliminato) nel XVIII 
                        secolo. Isola felice per i pastori, favoriti peraltro 
                        da una morfologia del terreno favorevole (quelle che 
                        chiamano 'montagne' sono panettoni) e da una piovosità 
                        ben distribuita durante l'anno che insieme alla mitigazione 
                        del clima atlantico crea condizioni ideali per l'allevamento 
                        ovino al pascolo. Anche in Appennino, però, dove 
                        l'inverno è rigido e l'estate arida con opportuni 
                        accorgimenti si può fare ovinicoltura. In primavera 
                        la produzione foraggera è abbondante e può 
                        essere sfruttata in un sistema di produzione di latte 
                        che ha un picco di fabbisogno alimentare in coincidenza 
                        con la prima parte della lattazione. Per ottenere buoni 
                        pascoli e prati-pascoli si è dovuto operare dei 
                        decespugliamenti e per contenere i movimenti franosi 
                        si sono eseguiti drenaggi, scavi di fossi di scolo, 
                        approntate opere di ingegneria naturalistica. Per gestire 
                        in modo razionale il pascolamento venne collocata sul 
                        perimetro aziendale una recinzione esterna mentre 
                         un sistema di recinti aveva consentito di suddividere 
                        i pascoli in decine di parcelle. In tutto furono stesi 
                        6 km di recinzione e piantati 3.000 pali.  Erano 
                        recinzioni finalizzate a tenere dentro le pecore non 
                        a tenere fuori i lupi. Allora di lupo non si parlava 
                        ancora anche se nell'alto Appennino la presenza era 
                        già accertata.   Un 
                        pastore ambientalista   Da 
                        adolescente Dino (dopo essere stato iscritto alla Fgci, 
                        da bravo 
                        figlio di operai comunisti bolognesi) si è avvicinato 
                        al WWF al quale è stato iscritto poi in modo 
                        continuativo dal 1989 al 2007 (perché non lo 
                        è più si capirà bene tra poco). 
                        In qualità di responsabile del gruppo WWF locale 
                        il nostro è stato artefice, tra il 1993 ed il 2007, di importanti
battaglie locali contro la cementificazione, il disboscamento, l'escavazione
selvaggia di ghiaia nei fiumi, l'inquinamento delle falde acquifere. Un
attivismo che non gli ha certo ingraziato l'amministrazione comunale. Da ambientalista 
                        Dino vedeva nella sua attività di recupero di 
                        'terreni agricoli marginali' non solo un progetto di 
                        vita e di lavoro per sé (nel solco di una tradizione 
                        famigliare riattivata) ma anche un modo per fare 'manutenzione 
                        del territorio' e 'prevenzione delle calamità 
                        naturali'; per controllare il dissesto idrogeologico 
                        ma anche per prevenire gli incendi.  E' il concetto di 'pulizia'  radicatissimo 
                        nella cultura rurale, agli antipodi da quello 'meccanico' 
                        (che si esprime nei contributi attualmente erogati 
                        dalla regione per 'trinciare' tutta la vegetazione presente 
                        per produrre 'biomasse'). Pulizia, nel senso di stewardship, 
                        accudimento, utilizzo della terra per produrre frutti 
                        e per favorire la vita di una pluralità di specie 
                        vegetali ed animali. Era evidente che l'ambientalismo 
                        di Dino era già permeato da elementi ecoruralisti 
                        che poi sarebbero venuti in conflitto (nel modo più 
                        drammatico e lacerante che si possa immaginare) con 
                        l'ecologismo da salotto urbano.    Le 
                        prime delusioni   Terminati 
                        i lavori di sistemazione, nel 2001, Casa Capuzzola si 
                        presentava come una azienda ovina 'modello', gestita 
                        in modo da ridurre al minimo il fabbisogno di manodopera 
                        pur garantendo un pascolamento razionale. Era la messa 
                        in pratica di modelli di 'recupero dell'agricoltura 
                        appenninica' di 'rilancio della pastorizia', di 'aziende 
                        eco-compatibili' che politici ed 'esperti' esponevano 
                        in convegni e pubblicazioni. Peccato che le 117 pecore 
                        Suffolk di Dino vennero tutte abbattute per Scrapie 
                        (una malattia virale) nel 2002. Dopo qualche mese le 
                        norme regionali vennero modificate e le misure draconiane 
                        modificate (in altre regioni abbattimenti obbligatori 
                        indiscriminati non sono mai stati attuati). Nel 2003 
                        e 2004 l'azienda venne 'chiusa per sdegno' per protesta 
                        contro gli ostacoli frapposti dall'amministrazione comunale 
                        ad alcune opere edilizie (secondo Mazzini 'ritorsione' 
                        per aver denunciato gli abusi e le speculazioni 
                        edilizie di un vicino 'Centro turistico').  Nonostante tutte le amarezze sofferte alla fine del 2005 l'azienda aveva
però ripreso la sua attività ed aveva trovato, grazie anche ai finanziamenti
previsti dalla Comunità Europea per l'agricoltura biologica, un suo equilibrio
economicamente sostenibile. Le pecore Suffolk, da carne, erano però 
                        state sostituite dalla Sarde, da latte. Un fatto decisivo 
                        perché implica una serie di investimenti (strutture 
                        per la mungitura, caseificio, commercializzazione) e 
                        un grande impegno di manodopera. Appare chiaro che il 
                        modello di allevamento estensivo (non certo 'brado') 
                        di Casa Capuzzola non era finalizzato a 'lavorare poco' 
                        e a prendere contributi (una strategia che 'premia' 
                        in contesti ben diversi con pascoli di centinaia di 
                        ettari) ma a  valorizzare i terreni di proprietà 
                        in modo ecologico e a risparmiare sul lavoro di conduzione 
                        del gregge per poterlo concentrare su altri aspetti 
                        dell'allevamento.   L'inaspettato inizio delle predazioni   Nel 2006 iniziano i casi di predazione da lupo che 
                        hanno condotto, un mese fa,  alla liquidazione 
                        di quello che rimaneva del gregge. Tra maggio e settembre 
                        2006 scomparvero 17 pecore. Le carcasse non vennero 
                        mai trovate e nessun indennizzo per il danno potè 
                        essere chiesto. Anche se i cacciatori sostenevano di 
                        aver avvistato lupi nei dintori Dino si rifiutava 
                        di credere che, dopo un secolo il lupo, fosse tornato 
                        nel basso Appennino. L'incredulità era rafforzata 
                        dal fatto che lui era un amico del lupo, era del WWF, 
                        aveva finanziato la campagna S. Francesco per salvare 
                        il lupo.Una beffa del destino. Ma nel 2007 le predazioni 
                        si ripeterono. Vi furono due attacch: a luglio e a settembre, 
                        con una quarantina di capi uccisi o dispersi. In 
                        passato i cani penetrati nei recinti avevano fatto danni, 
                        ma limitati. Le modalità di aggressione poi erano 
                        del tutto diverse.      I cani colpivano in modo impreciso, azzannando in 
                        diverse pari del corpo. Le pecore uccise, invece, presentavano 
                        ora precisi morsi mortali alla gola. Nonostante ciò, 
                         anche a fronte di precise interrogazioni sui banchi 
                        consiliari, la Provincia di Modena sostenne che 
                        si trattava di cani e negò fermamente la possibilità 
                        della presenza di lupi a quelle quote basse dell'Appennino. 
                        Però, e qui c'è un elemento intollerabile 
                        di ipocrisia dell'istituzione, mentre nelle sedi istituzionali 
                        e sulla stampa locale si faceva di tutto per negare 
                        la presenza del lupo:   "[...] sul sito Ermes Ambiente della Regione Emilia
Romagna (dove politicamente paga di più mostrare i successi di politiche
protezionistiche e soldi dei cittadini spesi in quella direzione) quella
presenza stabile del Lupo nell'appennino modenese in più nuclei familiari è
certificata dagli stessi tecnici del servizio faunistico della Provincia di
Modena fin dall'estate 2006. La presenza del Lupo viene considerata su quelle
pagine internet un segnale positivo dello stato di salute dell'appennino" 
                        (www.casacapuzzola.it).   Di fronte a tanta ipocrisia le convinzioni politiche 
                        e ambientaliste di Dino hanno cominciato a vacillare. 
                        Da ambientalista conosceva il progetto Life-lupo e quanti 
                        soldi sono stati spesi. Non può fare a meno di 
                        constatare che gli 'esperti' che hanno lavorato al progetto 
                        hanno poi anche guadagnato dei soldini vendendo online 
                        libri in cui si racconta quanto sia bello e buono il 
                        lupo.  La rabbia contro qualcuno che ha vantaggi delle 
                        disgrazie altrui monta.  Il nostro allevatore, però, nel 2007 non 
                        ha ancora abbandonato l'idea di una 'convivenza pacifica' 
                        con il lupo e pensa ancora che possano essere efficaci 
                        i mezzi di 'dissuasione sonora'. Chiede quindi inutilmente 
                        alla Provinca di fornirgli delle 'radio-ecologiche', 
                        un sistema di altoparlanti alimentati a pannelli solari. 
                        Per la Provincia i lupi 'non esistono' e nion prende 
                        in considerazione la cosa. In ogni caso Dino scoprirà 
                        che il sistema di protezione acustica, collaudato in 
                        Canada, non funziona.  Intanto nel gennaio 2008 un lupo viene investito 
                        e ucciso da un auto sulla strada provinciale in prossimità 
                        dei recinti di Casa Capuzzola. La Provincia sostiene 
                        che trattasi di un individio 'in dispersione' non stabile 
                        ma offre comunque un risarcimento di 1.000 euro per 
                        i danni dell'anno precedente. L'azienda ne chiedeva 
                        10.000 e rifiuta qualla che definisce 'elemosina'. A 
                        questo punto Dino lancia una provocatoria campagna 'Adotta 
                        un lupo, alleva una pecora' 
                        . Che viene presentata così:   Vogliamo condividere con tutti i cittadini ambientalisti 
                        amanti di questo meraviglioso predatore la gioia per 
                        averlo nutrito in questi ultimi anni. Per tutti loro 
                        c'è ora una imperdibile opportunità: allevate 
                        pecore a distanza nella nostra azienda agricola. Quando 
                        la pecora sarà stata mangiata od uccisa noi vi 
                        inveieremo la prova fotografica ed il certificato veterinario 
                        di morte sbranata così avrete la certezza e la 
                        gratificazione di aver contribuito al mantenimento del 
                        lupo. Poi potete allevare un'altra pecora per avere 
                        altre indicibili soddisfazioni.    La provocazione non finisce qui e si allega un dettagliato 
                        regolamento. Al di là dell'amaro sarcasmo il 
                        fossato che divide ora Dino, che ha ancora in tasca 
                        la tessera del WWF, dalla cultura urbano-ambientalista 
                        è diventato un abisso. Nel suo sito l'allevatore 
                        esprime il senso di questa contrapposizione e la 
                        consapevolezza che la sua 'storia esemplare' debba servire 
                        a scuotere una pubblica opinione che è raggiunta 
                        solo dalla voce dei cittadini e degli 'studiosi' favorevoli 
                        al ritorno del lupo:  Quello che ci
fa piu' arrabbiare di questa storia e' che a leggere i giornali, i siti
istituzionali, le dichiarazioni dei politici, i blog, i libri che vengono
scritti da parte di cittadini improvvisati montanari, ecc.... tutti sembrano
contenti che il lupo sia tornato ed il lupo sembra solo la vittima da difendere
dalle angherie degli allevatori di ovini, anche se nessuno
vuole ammettere che i pastori ormai sono in numero inferiore a quello dei lupi. Ma
queste parole arrivano tutte da chi usa il sedere degli altri per prendere la
"supposta che fa male" e non ci mette il sedere suo. Una posizione
troppo comoda ed ipocrita perché chi ha ormai il sedere che sanguina come noi
possa tacere. Le vittime di questa situazione sono solitamente pastori che
vivono sulla terra e non sulla rete o negli uffici e nelle universita', e che
non hanno purtroppo né la cultura né le conoscenze tecniche né le amicizie
né i soldi della comunità europea per farsi ascoltare. La nostra voce può
essere quindi importante, altrimenti l'unica voce che si può leggere ed
ascoltare rimane quella dei cittadini e degli "studiosi" che sono
favorevoli a questo ritorno. Tutta gente ripetiamo che però usa il sedere
degli altri (gli allevatori e i proprietari di terreni montani) per prendere la
supposta che fa male (il lupo), non il loro.(www.casacapuzzola.it) La 
                        lotta estenuante con la burocrazia   Nel 
                        febbraio 2008, l' ormai sfiduciato Mazzini scrive 
                        alla Comunità Montana chiedendo di poter chiudere 
                        l'attività per forza maggiore rinunciando ai 
                        contributi ancora da percepire ma salvaguardando almeno 
                        quelli già percepiti in due anni di faticosa 
                        attività. Intanto si cerca di vendere le pecore. 
                        La situazione si fa insostenibile anche nel vicino Parco 
                        Faunistic di Fastà o (una coop di proprietari 
                        dei terreni) dove i lupi, nonostante le recinzioni che 
                        la cingono (antisalto per ungulati) penetrano e fanno 
                        strage di daini, caprioli e soprattutto, mufloni. Questi 
                        due casi clamorosi di aziende messe in ginocchio dai 
                        lupi non sono isolati. Sono solo i più clamorosi. 
                        Diversi altri allevatori di pecore chiudono in silenzio. 
                        Ovvio che alle 'istituzioni' e ai verdi sarebbe tanto 
                        piaciuto che anche Dino Mazzini chiudesse senza tante 
                        storie. Gli investimenti fatti, il legame affettivo 
                        con la terra e l'azienda, l'impegno assunto con i finanziamenti 
                        per l'agricoltura biologica, però, rappresentano 
                        tutti elementi che impediscono una 'uscita di scena' 
                        in sordina, alla chetichella. Spingono Dino a ribellarsi, 
                        a protestare, a contattare giornali e politici, a usare 
                        la rete. Anche a nome di chi ha meno voce e accesso 
                        di lui a questi canali.  Sono 
                        diverse le aziende che lamentano attacchi nell'estate 
                        2008. La Provincia continua a dare la colpa a i cani 
                        rinselvatichiti e occupa interi paginoni dei giornali 
                        in distribuzione gratuita per proclamare quanto sia 
                        buono, bello, utile, 
                        necessario il lupo. Alcuni allevatori devono rinunciare 
                        a tenere al pascolo anche i vitelli.  In 
                        agosto Casa Capuzzola torna ad essere 'visitata' dai 
                        predatori. Due attacchi con 21 pecore uccise e 1 dispersa. 
                        Esasperato Dino mette una taglia di 1.000 € sul lupo, 
                        non certo perché qualcuno gli porti - come un 
                        tempo - la coda a dimostrazione di averlo ucciso (finirebbero 
                        entrambi in carcere) ma per fornire prove certe della 
                        sua presenza in zona. Le forze di opposizione presentano 
                        nuove interrogazioni. Il dott. Duccio Berzi, del Centro Documentazione e Studi sul Lupo 
                        (ci sono anche lupologi 'illuminati' fuori della setta 
                        degli adoratori del lupo), presta all'azienda Casa Capuzzola 
                         due foto-trappole che vengono posizionate in un recinto. 
                        Intanto il 21 settembre i lupi aggrediscono una pecora, 
                        la portano fuori dal recinto attraverso una tubazione 
                        per il deflusso dell'acqua e la divorano completamente. 
                        Nonostante alcuni inconvenienti tecnici la fototrappola 
                        intanto fornisce il responso: ha 'beccato' una lupa. 
                        La prova che i lupi ci sono finalmente è lì 
                        e la Provincia non può più negare. I tecnici 
                        del servizio faunistico si arrendono. Dopo due anni 
                        di stragi! Mazzini il 10 
                        ottobre 2008 
                        prepara la richiesta di materiali per mettere in sicurezza 
                        le recinzioni (o almeno per tentare un 'esperimento'). 
                        Notate bene questa data. La Provincia risponde che bisogna 
                        bandire una gara e che è necessario il parere 
                        della Regione, ecc..  Nel 
                        2009 non succede (quasi) nulla. Solo due attacchi con 
                        4 pecore uccise, ma molto vicine all'abitazione e questo 
                        è un fatto inquietante. L'avvilimento è 
                        tale che la notizia non viene neppure comunicata alla 
                        stampa. Nessuna risposta in merito alla fornitura dei 
                        materiali per 'fortificare' le recenzioni sino a settembre, 
                        quando una telefonata annuncia che è 'quasi pronto'. 
                        Dal momento che in autunno c'è abbastanza lavoro 
                        da fare Dino non sollecita più di tanto e comunica 
                        che aspetterà la comunicazione scritta in merito 
                        all'effettiva disponibilità del materiale. Nessuna 
                        risposta, invece, da parte della Comunità Montana 
                        in relazione alla richiesta di cessare l'attività 
                        per 'forza maggiore'. Unica nota positiva: la Regione 
                        ha, nel frattempo, deciso di ammettere ad indennizzo 
                        anche i costi per l'incenerimento delle carcasse che 
                        spesso superano l'indennizzo (a valore carne secondo 
                        mercuriali) tanto che i pastori, specie se vi sono costi 
                        di trasporto notevoli, rinunciavano alle domande.    Tragico 
                        epilogo nella primavera del 2010   L'11 
                        maggio di quest'anno avviene la prima di una serie impressionante 
                        di 9 aggressioni cadenzate che costringono Dino a regalare 
                        le ultime pecore sopravvissute. Ma quale moralità, 
                        quale 'equilibrio ecologico' c'è in una situazione 
                        in cui i lupi si appostano intorno ad una azienda e 
                        quando l'appetito si fa sentire entrano in una proprietà 
                        cintata e si servono come a un supermercato? E' predazione? 
                        O è solo un allevamento all'aperto del lupo 
                        alle spalle di un allevatore e per la goduria degli 
                        imbecilli che stanno in città pensando che così 
                        l'Appennino è tormato per incantesimo 'un ambiente 
                        di alta qualità ecologica'? Ma l'Italia non è 
                        un paese civile e quando un gruppo di pressione o una 
                        corporazione la fa da prepotente il buon senso, il diritto 
                        di proprietà, la morale vengono calpestate senza 
                        tanti complimenti. Se poi la vittima è il contadino 
                        e ancor più il pastore collocato dalla cultura 
                        urbana al gradino più basso della scala sociale 
                        ... In 
                        qualsiasi paese civile le guardie venatorie sarebbero 
                        intervenute a sparare ai lupi. In Svizzera il problema 
                        sarebbe stato risolto all'inizio alla 25^ pecora sbranata. 
                        Pam.  L'ultimo 
                        episodio di predazione è del 21 giugno. Aggressione 
                        dopo aggressione le pecore superstiti (e, in particolare, 
                        le agnelle) sono state portate in luoghi sempre più 
                        sicuri. Niente da fare. In ultimo i lupi sono arrivati nella 
                        vigna-giardino di casa, a 20 m dalla abitazione. A 
                        questo punto si alza bandiera bianca. Comincia a serpeggiare 
                        la paura per l'incolumità delle stesse persone 
                        che dimorano nella casa. I lupi appaiono sempre 
                        più sfrontati e arrivano a colpire in un 
                        ambiente, l'intorno della casa, con tanti elementi artificiali e 
                        recanti le tracce umane ... che in "teoria" dovrebbero risultare quantomeno scoraggianti per un predatore che a sentire alcuni che scrivono libri e fanno convegni ha paura dell'uomo e sarebbe solito nutrirsi sempre di cinghiali e caprioli, mangiando le pecore solo quando proprio non sa più cosa mangiare... 
                        (www.casacapuzzola.it)
                         Poi 
                        vi è il rischio di sanzioni penali per inosservanza 
                        delle norme sul benessere animale. Pare assurdo ma è 
                        così. In occasione degli ultimi episodi al veterinario 
                        che constata i motivi dei decessi, recide la testa per 
                        l'esame della Scrapie, ed esegue le constatazioni del 
                        caso, si aggiunge il veterinario provinciale che nel 
                        verbale scrive:   Visto il numero di
episodi di p.redazione dal 12 maggio 2010 a tutt'oggi, vista la delibera della
Giunta Regionale prot. n. 416/02 e succ modificazioni, si prescrive la messa in
atto di idonee misure in funzione delle necessità per il caso specifico al fine
di garantire un riparo adeguato dai predatori così come previsto dal D 
                        Leg
146/2001.   
   E' 
                        colpa di Dino - secondo la burocrazia - se i lupi gli 
                        hanno sbranato le pecore nei recinti, sin sotto casa. 
                        Non si parla di animali 'bradi', 'incustoditi' ma di 
                        pecore che pascolavano su terreni recintati di proprietà 
                         con tanto di cani da difesa (due maremmani). Ciò 
                        nonostante è' lui il carnefice. Il lupo, si sà, è ontologicamente innocente. 
                        Dino deve chiudere le pecore in stalla, sorvegliarle a vista. E' antieconomico? 
                        Problemi suoi. E' lui che deve smettere di tenere le 
                        pecore. Non si vorrà forse 'togliere' il lupo 
                        che gode di uno status di intoccabilità (che 
                        esiste solo in Italia e che va molto oltre le previsioni 
                        della Direttiva Habitat e della Convenzione di Berna). 
                        Oppure l'allevatore 
                        dovrebbe stendere una rete metallica altissima, antisalto, 
                        anche interrata, tipo Auschwitz (con costi insostenibili) 
                        o un reticolato elettrico (che, lungo chilometri, 
                        implicherebbe una manutenzione molto onerosa). Il lupo 
                        libero di scorazzare e le pecore e i pastori nel ... 
                        lager.   
                        E tutti gli investimenti fatti? L'azienda del trisnonno? 
                        Quanti secoli sono passati da quando il lupo era libero di scorazzare 
                        da queste parti e da quanti secoli l'uomo con il suo lavoro ha sistemato 
                        e messo a frutto 
                        queste terre? Rispondono i lupofili: sì ma prima 
                        c'era il lupo! Anche la tigre con i denti a sciabola 
                        se è per quello. Basta far girare indietro un 
                        pò di più l'orologio del tempo. La questione 
                        del 'chi c'era prima' e dei 'diritti del lupo' è 
                        di lana caprina, non si stanno contrapponendo diritti 
                        del lupo di ieri o di oggi ma semplicemente interessi 
                        sociali ben reali nell'attualità. Ai verdi fa 
                        comodo nascondere che ogni conflitto è tra attori 
                        umani anche quando si tirano in mezzo entità 
                        metafisiche quali la Natura, l'Ambiente. I verdi non 
                        vogliono che il contadino, il pastore possano disporre 
                        del territorio (sul quale peraltro possono vantare anche diritti 
                        di proprietà); vogliono esercitare il loro 
                        potere, il controllo sul territorio: quali animali ci 
                        devono essere e quali no, quali attività umane 
                        siano ammissibili e quali no, persino come deve gestire 
                        le sue pecore un pastore.  Dino si sente espropriato. E forse prova 
                        gli stessi sentimenti di un contadino russo o ucraino 
                        'collettivizzato'.  Nel 
                        frattempo (prima degli ultimi episodi di predazione) 
                        la Provincia comunica che il materiale per le reti è 
                        pronto e si chiedono perché non è stato 
                        ritirato visto che era pronto da tempo. L'ultima 
                        beffa crudele arriva dopo che le ultime pecore 
                        se ne sono andate. Arriva finalmente la risposta della 
                        Comunità Montana alla richiesta di poter cessare 
                        l'attività per 'forza maggiore'. La lettera raccomandata 
                        del 22 giugno 2010 cita il parere negativo della 
                        regione (fornito già da 10 mesi!). Sono passati 
                        14 mesi dalla domanda.   L'azienda 
                        deve continuare l'attività pena la restituzione 
                        di 20.000 €, che sono stati investiti in strutture ora 
                        inutili visto che le pecore non ci sono più. 
                        Mazzini è costretto ad inventarsi un allevamento 
                        biologico di asini.    
   Gli 
                        asini hanno il vantaggio di tirare calci micidiali capaci 
                        di uccidere le bestiacce fameliche, ma di reddito 
                        ne forniscono poco. Almeno i terreni resteranno puliti, 
                        non ci sarà pericolo di incendio boschivo e 
                        non si dovranno rimborsare i finanziamenti. Si sta pensando 
                        anche a trasformare l'azienda in una struttura per cavalli 
                        anziani a fine carriera. Una mesta conclusione. Dopo 
                        queste vicende, però, Dino Mazzini non se la 
                        sente di stare zitto. E ha collocato sulla sua proprietà 
                        grandi striscioni di protesta. E' anche pronto a portare 
                        la testimonianza della sua incredibile e vergognosa 
                        storia dove possa servire. E' diventato un militante 
                        contadino.   
   
     
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