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(26.12.12) La farfalla avvelenata e la distorta "autonomia del principe (vescovo)" A Trento presentato sotto Natale il libro-denuncia che ripercorre i gravi scandali ambientali che hanno scosso il Trentino negli ultimi anni. Ma sono realmente fatti circoscritti come cercano di avvalorare molti? leggi tutto

 

(20.12.12) La mela dell'arroganza e dei 36 trattamenti chimici

Per difesa di "lesa Melinda" il presidente del Trentino, Lorenzo Dellai, interviene in diretta a Porta a Pora l'11 dicembre. Nei giorni successivi paginate di lodi alla salubrità di Melinda (che nella pubblicità si mangia senza lavarla o sbucciarla). Nessuno ha obiettato che l'intervento di Dellai è stato in puro stile berlusconiano. Si sorvola sulla monocoltura invasiva e sulle rese esasperate, sul fatto che nelle urine dei bambini in Val di Non ci siano residui di pesticidi e che il Trentino abbia il record di uso di pesticidi in Italia. leggi tutto

 

(10.01.11) Trento. Assistenzialismo spudorato

La mozzarella blu (ve la ricordate) è una calamità naturale? No di certo. Per quanto il direttore del 'Polo bianco' abbia dato la colpa 'al caldo'. Il problema era legato al controllo e alla manutenzione degli impianti. In una ditta privata chi sbaglia paga. Nel sistema trentino paga Pantalone, ovvero i contribuenti trentini (ma anche i vicini lombardi e veneti che finanziano l' 'autonomia). Così mamma Provincia autonoma regala 500.000 € a parziale compensazione delle perdite subite per la 'calamità' Mozzarella blu. leggi tutto

 

(16.09.10) Trentino. Chiude Fiavé. Dopo anni di polemiche e salvataggi di mamma PAT  Il caseificio di Fiavé era già stato assorbito da tempo da Latte Trento dopo il salvataggio da parte di mamma Provincia. Ora a sorpresa si annuncia la chiusura degli stabilimenti del gruppo. A solo poche settimane di distanza dal rinnovo degli impianti 'colpevoli' della 'mozzarella blu'.  Altri 250.000 € di sovvenzione pubblica gettati alle ortiche dopo le decine di milioni di euro di 'ristrutturazione' dei debiti. leggi tutto

 

(04.05.10) Trentino. Acciaieria della Valsugana: E' scontro sui 'limiti di legge' e i metodi di campionamento. Ma la contaminazione (con diossine, PCB e metalli pesanti) c'è

 I dati sulle elevate concentrazioni di diossine nelle polveri campionate dai Medici per l'Ambiente su superfici nell'ambito delle aree scolastiche di Borgo sono stati contestati dall'Istituto Superiore di Sanità. L'ISS obietta sul significato dell'analisi delle polveri e sui metodi di campionamento. E' solo l'ultimo capitolo di una battaglia tra chi vuole dimostrare che l'Acciaieria è fonte di pericolosi contaminanti e le autorità )PAT in testa) che vuole rassicurare la popolazione ('valori entro i limiti', 'livelli come a Trento'). Resta il fatto che nelle trote e nell'erba i valori dei microinquinanti sono al limite e che nel latte c'è un livello 'di fondo' lontano dalla soglia di legge ma pari a zone industriali (in una valle alpina). leggi tutto

 

Trento (13.08.09)  Gli allevatori  presentati come accattoni

I danni e le beffe. La politica provinciale ha perseguito tenacemente la chiusura di stalle e caseifici  inseguendo i modelli padani, le economie di scala, i super-caseifici, le super-mucche. Ora, agita lo spettro della 'estinzione della zootecnia' e strumentalizza con una campagna pubblicitaria shock gli allevatori presentandoli come accattoni. Intanto il caseificio di Fiavè si prepara a lasciare a piedi i conferenti biologici della Rendena (commenti di M.Corti e G.Pallante) .... leggi tutto

 

(16.03.09) Il fallimento della politica zoocasearia trentina è anche legato ad una tipicità fatta di copiature di formaggi lombardi e veneti (e anche più lontani)

 Michele Dallapiccola, capogruppo del PATT (in maggioranza) in consiglio provinciale a Trento, veterinario e presidente del Macello dell'Alta Valsugana spara a zero sulla politica provinciale che ha sinora puntato sul "Polo bianco", i maxi caseifici e le stalle sempre più grandi. Pare di sentire quei "mati" dei ruralpini... 

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(08.12.09) Modello zoocaseario industrialista ormai alla frutta

La Val di Ledro (Trentino occidentale) 'molla' il Caseificio di Fiavè. E' solo l'ultimo atto della crisi che si trascina da anni del caseificio spina dorsale del modello industrialista imposto alle Alpi distruggendo il tessuto della zooetecnia alpina e dei caseifici artigianali e che basa la sua falsa economicità sui sostegni pubblici. Oggi la rigidità dei sistemi industrializzati non regge l'impatto con la crisi e la internazionalizzazione leggi tutto

 

(09.09.09) Trento (Bleggio-Lomaso-Fiavè) Il CIGE ribatte a Mellarini sul modello 'padano'

 La Provincia Autonoma di Trento (PAT) finanzia una nuova maxi stalla nel Lomaso e poi dice di tutelare l'ambiente e di non volere l'agricoltura industriale. Riportiamo la lettera aperta del presidente del CIGE (Comitato iniziative Giudicarie esteriori), Alvaro Armellini, indirizzata all'assessore all'agricoltura della PAT, Tiziano Mellarini.

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(04.04.09) Lomaso-fiave' (Tn)

Sfuma definitivamente il mega impianto di biogas a Fiave'. i "rompiballe" (Cige, Nimby Trentino e Ruralpini) avevano ragione.

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(20.08.08) Caseificio Fiavè annega nei debiti I costi sono elevatissimi. A cosa sono serviti sostegni e fusioni?  vai a vedere


Per approfondire

Ci sono soluzioni per i problemi della zootecnia del Lomaso- Fiavè? Sì, se si coinvolge la comunità e si ripensa al ruolo del territorio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(28.08.13) Dopo un periodo di "quiescienza" riesplodono in Trentino gli impanti a biogas consortili. La trappola per incatenare gli allevatori ad un sistema zoocaseario economicamente e ambientalmente insostenibile

 

Dalla val di Non alla Valsugana

 

la fregola del biogas

 

di Michele Corti

 

arrivano i piazzisti di lusso a promozionare il biogas in val di Non. Tra pometi chimici e l'immagine di una montagna idilliaca tenuta su con lo scotch dell'orso Yoghi importato dalla Slovenia, di una tipicità alimentare che sa troppo spesso di prodotto industriale

 

Povera val di Non: non basta la monomelindacoltura (dai 40 trattamenti con pesticidi Consigliati dalla Fondafione Mach, braccio operativo di Mamma Provincia Autonoma in agricoltura). Non basta che i pesticidi utilizzati nei meleti siano sati oggetto, anche questa estate, di roventi polemiche. Non basta la notizia - esplosa a ferragosto - della presenza di pesticidi anche oltre i limiti di legge nel rio Robosc (vai al post di pesticidinograzie), un torrente che ha la disgrazia di attraversare i pometi. Ma anche povera Valsugana, dove resta aperto il problema dell'acciaieria di Borgo, mentre non sono dimenticati gli scandali della discarica nell'ex cava Monte Zaccon di Marter, comune di Roncegno e dei fanghi contaminati del bio-compostaggio (poi chiuso) di Levico.  

Si vede che tutto questo non basta, ci vuole anche il biogas. Sia in Val di Non che in Valsugana.

Un biogas da grandi impianti consortili presentato qualche giorno fa in un convegno alla Mendola come un affare irresistibile per gli allevatori, per i residenti, per tutti.

La meteostar per incensare il progetto di biogas consortile nonesa

Per "lanciare" i progetto del grande impianto consortile si chiama la meteostar televisiva Luca Mercalli. Il quale si spreca in elogi. Ma il presidente della Società italiana di metereologia lo sa che con questa trovata si fossilizza per 20 anni un sistema zootecnico ancor meno sostenibile di quello della pianura padana e che con la montagna non c'entra niente? Lo sa che la maggior parte dell'alimentazione delle stalle nonese viene da centinaia di chilomentri di distanza? Certo anche le aziende padane utilizzano la soia globalizzata ma almeno la maggior parte del foraggio se la coltivano (male o bene) da sole. Sull'autostrada del Brennero c'è un bel traffico di fieno, mangimi e misceloni. Alla faccia delle emissioni! Lo sa il Mercalli che i grossi allevamenti nonesi interessati al biogas per "spingere" la produzione non mandano più le vacche (Frisone come nella pianura padana) al pascolo rimpinzandole di mangimi e misceloni anche in estate?  Ma il pascolo - chieda agli specialisti se non ci crede - è un sink di CO2 e di CH4 senza contare che l'erba di pascolo  cresce  senza concimi chimici, pesticidi, lavorazioni del terreno e che ogni unità foraggera ottenuta dal pascolo sono emissioni e inquinamenti risparmiati.

La lezione di Fiavè dimenticata

Pare che la lezione dell'altopiano di Lomaso-Fiavè non sia servita a nulla. Dopo anni di polemiche il primo grande progetto di biogas consortile trentino venne decisamente affossato (2008), non solo per l'opposizione del locale Comitato No biogas (uno dei primi sorti in Italia), ma anche perché nel frattempo stava fallendo il più grosso caseificio del Trentino, sito proprio a Fiavè. Un fallimento (se ne parla nei post indicati nella colonna a fianco) che ha ingoiato tanti milioni di fondi pubblici e che ha indotto non pochi allevatori a ritenere meglio "far da sé", non solo per la vendita o la trasformazione del latte, ma anche per quella dei loro reflui zootecnici. Oggi, però, gli incentivi sono molto più alti di qualche anno fa e non mancano i personaggi del sottobosco tecnico-politico-amministrativo-professionale che spingono per riaprire la stagione dei biogas consortili. Ma nel contesto dell'economia zoocasearia trentina che senso ha? Ovviamente  queste riflessioni strategiche non interssano molto a chi brama guadagni immediati. Ma parliamo di impianti destinati a durare 20 anni (e che incassano parecchie risorse pubbliche, oltre a "succhiare" dai tapini utenti elettrici).

L'Adige, 25 agosto 2013

Affarone per chi?

Gli esperti convocati al Passo della Mendola (e i media, vedi sotto) hanno sottolineato l' "affarone" dei 96 € (lordi) per vacca. Una cifra che serve a far brillare gli occhi agli allevatori ma che è solo la minima parte del guadagno (che evidentemente va in altre tasche). Gli allevatori forse non si rendono conto che perderanno la loro libertà imprenditoriale. Per 20 anni saranno vincolati a conferire liquame. Niente differenziazioni, niente conversioni a sistemi più sostenibili come stanno facendo moltissmi allevatori alpini. Sono ormai sempre di più quelli che, tanto per cominciare, cambiano razza (passando da Frisona e Brown Swiss a Pezzata rossa, Grigia, Pinzgauer, OB) e abbandonano il sistema di alimentazione "spinto" recuperando prati e  pascoli. Recuperata autonomia imprenditoriale e uno "stile produttivo" consono alla montagna gli allevatori mandano anche a quel paese le "centrali" che gli pagano 45 centesimi il latte e pensano a lavorarsi il loro latte (anche perché, riducendo mangimi e intrugli, e aumentando pascolo e fieno è tornato un buon latte).

Poca lungimiranza

Purtroppo gli allevatori che preferiscono restare aggangiati all'ideologia produttivista, della palingenesi tecnologica - di cui il biogas rappresenta l'apogeo - non si rendono conto dei reali termini economici del problema. Quello che il "sistema" (industrial-bancario-politico-tecnoburocratico-clientelar-parassitario) gli regala come premio di partecipazione al business del biogas  se lo riprende con gli interessi pagandogli meno il latte (tanto hanno il biogas, tiriamogli pure il collo...) e continuando a produrre nel grande "polo bianco" del sistema caseario industriale trentino caratterizzato da poca efficienza, storie di buchi ripianati da "mamma provincia" e scarsa qualità dei prodotti (la famosa mozzarella che è stata anche blu). Difficile non rendersi conto che quando ti vincoli per vent'anni a conferire migliaia di tonnellate di merda poi diventi un servo della gleba, non poi cambiare rotta. Anche se i prezzi dei mangimi andassero alle stelle. E lo sanno tutti che le produzioni mondiali, europee, nazionali sono in calo, che la popolazione cresce e crescono le agroenergie e i biocarburanti. Ma senza mangimi tutto questo sistema "pompato" non gira più. E sono poi cos' sicuri i biogassisti e gli allevatori che cascano nella trappola che tra venti anni in Italia ci sarà una situazione tale per la quale i consumatori accetteranno ancora di essere vessati da un sistema speculativo di (pseudo) "energie rinnovabili"? Ci sono nazioni che hanno annullato il proprio debito sovrano, figuriamoci se in caso di rivaltamento politico sull'onda del fallimento del sistema paese saranno garantiti gli incentivi pregressi delle "tariffe onnicomprensive" e dei certificati verdi.
 Quanto al turismo non ci vuole molto a demolire in qualche anno l'immagine di una valle (e del Trentino intero). Le proteste dei nonesi, stufi di essere esposti alla deriva dei pesticidi impiegati per produrre le mele, stanno piano piano facendosi sentire in tutto il Trentino e anche più in là. Aggiungasi che se la Val di Non diventa la valle del biogas  poi non basteranno gli orsi in fotografia sui poster a fare green washing.


 


 

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