Ruralpini  

 

Materiali/La montagna nella crisi

 

Home

Mi presento

Attualità

Alpeggi

Ruralismo

Osterie

Foto

Link

 

Condividi l'articolo su Facebook

Articoli correlati

 
(01.10.11) Montanari dissodatori di ieri, montanari di oggi, montanari futuribili
Giancarlo Maculotti è l'animatore degli Incontri Tra/Montani che la scorsa settimana a Carcoforo (alta Valsesia) sono giunti alla ventiduesima edizione. Le riflessioni che ci consegna a commento del convegno si inseriscono nel dibattito sulla 'chiusura della montagna' innescato dalla serpeggiante proposta di abolizione dei piccoli comuni. Vanno però al di là delle vicende istituzionali vissute in prima persona da Giancarlo in quanto sindaco di Cerveno, un paese di 700 abitanti nella media Valcamonica. Toccano i temi della 'montagna triste', dei giovani che non ci sono o che se ne vanno, della problematica venuta di 'nuovi montanari'. Un contributo disincantato e stimolante  al dibattito che Ruralpini ha aperto su: "La montagna nella crisi" leggi tutto
 
(27.09.11) La montagna dentro la crisi: verso la desertificazione o un recupero di autonomia e di identità?
I recenti dibattiti sulla chiusura dei piccoli comuni e sui ‘costi’ del mantenimento della popolazione montana impongono una reazione. Se la montagna fosse libera dall’oppressiva regolamentazione burocratica e dai vincoli che le impediscono di valorizzare le proprie risorse (umane, energetiche, faunistiche ecc. ) potrebbe fare a meno del tutto delle elemosina delle istituzioni ‘superiori’.  Riprendere autonomia, capacità di autogestione, identità è, per la montagna, la strada per evitare di divenire un deserto verde e per uscire rafforzata dalla crisi. Ruralpini lancia la proposta di un convegno su questi temi.  leggi tutto
 
(26.09.11) Carcoforo (Vc) Microcomuni vivono
I piccolissimi comuni spesso si dimostrano vitali. Carcoforo (79 abitanti) ha associazioni culturali, una libroteca, organizza convegni. La propria cultura materiale e immateriale è oggetto di attenta conservazione e c'è anche un alpeggio attivo con agriturismo e vendita diretta di autentici prodotti locali. Attraverso alcune impressioni fotografiche il volto di un paese che vive leggi tutto
 
(22.09.11) Piccoli comuni: sventato pericolo. Ora parliamo della montagna
Mariano Allocco interviene sul tema dei piccoli comuni per attaccare l'Uncem e per sollecitare soluzioni. Difendere i comuni – istituzione sociale prima che politica - non significa difendere la classe amministrativa attuale. Presi dalla rincorsa a interessi personali e particolari, legati a caste politiche ed economiche che hanno altrove i loro centri di interesse, subalterni all’ideologia 'progressista' e 'ambientalista' urbana molti amministratori lasciano che la montagna diventi un deserto verde. Va anche rimossa la cultura della sfiducia e un deleterio campanilismo che – anche a causa del fallimento delle comunità montane - impedisce di unire le forze.leggi tutto
 
(28.05.11) Ricominciare dalla montagna?
Il titolo del saggio di Gianfranco Miglio (1978) è quanto mai attuale. Mai come oggi la montagna è a un bivio. Può ispirare al resto della società modelli utili a ripensare la gestione dello spazio, delle risorse, comprese quelle umane o può essere cancellata come realtà sociale. E ridotta ad un 'supporto fisico' colonizzato materialmente e simbolicamente dalla civiltà megapolitana. In vista di un 'ripensamento complessivo' della realtà della montagna è utile ripercorrere le tappe della presa di consapevolezza della realtà delle Terre alte. Una di queste è rappresentata indubbiamente dal convegno di Sondrio dell'aprile 1986 (foto) nel cui ambito venne redatta la 'Carta di Sondrio' che ripubblichiamo in vista di nuove iniziative. leggi tutto
 
(24.05.11) Meno stato più comunità nelle Terre alte
Dalle scuole parentali agli alberghi 'informali' delle 'donne di montagna', ai gruppi di consumo arrivano segnali della volontà delle terre alte alpine di voler tornare a gestirsi sulla base delle mai sopite tradizioni di gestione comunitaria. Lo stato, la burocratizzazione e istituzionalizzazione di ogni aspetto della vita economica e sociale, devono fare un passo indietro. E le terre alte diventeranno un modello vitale.
leggi tutto

 

(24.11.11) proseguiamo nella pubblicazione di contributi al dibattito su "la montagna nella crisi" riproponendo alcuni interventi dell'incontro che si è svolto a Pradleves (valle Grana) la scorsa primavera

 

Incontro di Pradleves: contributi al dibattito

sulle Terre alte

a cura di Mariano Allocco e Michele Corti

ll 25 marzo scorso a Pradleves (val Grana, Cn) si è svolto incontro sulla "questione montana" organizzato dal sindaco e vicepresidente della comunità montana Marco Marino e dai sindaci dei comuni di Castelmagno, Monterosso Grana e Valgrana. Pubblichiamo gli interventi più interessanti e pertinenti al dibattito che Ruralpini (in sintonia e collaborazione con altre testate e associazioni): quelli di Annibale Salsa, Werner Bëtzing e Mariano Allocco


Ritorno alla montagna: non bastano le buone intenzioni

di Annibale Salsa

(Il prof. Annibale Salsa, già presidente nazionale del CAI, ora è  Presidente del Comitato scientifico dell'Accademia della montagna del Trentino)

Da tanti anni mi occupo di temi e problemi legati all’avvenire delle Alpi, sia in veste di studioso, sia per gli incarichi che ho ricoperto alla Presidenza del Gruppo di Lavoro “Popolazione e cultura” della Convenzione delle Alpi. Un impegno che ha portato all’approvazione della Dichiarazione votata dai Rappresentanti dei Governi degli otto Stati alpini riuniti nella IX Conferenza delle Alpi ad Alpbach (Austria).Ho altresì presieduto per sei anni il Club Alpino Italiano nazionale. Attualmente sono Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Accademia della Montagna del Trentino e Coordinatore scientifico del Dossier “Ripensare la montagna” nell’ambito della collana Economia Trentina della Camera di Commercio di Trento.

Nell’ambito della redazione del Dossier ho voluto fortemente- fatto del tutto inusuale per una pubblicazione di area alpina orientale- chiamare a confronto esperti e studiosi del territorio piemontese, come Giuseppe Dematteis, Mariano Allocco, Enrico Camanni. Da tale impostazione si può comprendere come la mia concezione dei problemi della montagna faccia riferimento ad una visione “pan-alpina” che superi posizioni campanilistiche o localistiche e ciò alla luce degli inarrestabili processi di globalizzazione economica e di mondializzazione culturale. Sia come studioso che come uomo del territorio che ha vissuto in età giovanile sulle montagne a cavallo fra Piemonte e Liguria occidentale, a diretto contatto con un mondo rurale in crisi di spopolamento, sono sempre più convinto che le Alpi (soprattutto quelle “non firmate” secondo l’espressione di Mauro Corona), possano ritornare ad essere un “magnifico laboratorio” per mettere a punto idee e buone pratiche che abbiano come fine precipuo il ritorno degli uomini alla montagna.

Un ritorno che deve coinvolgere in primis i giovani alla ricerca di un “ripensamento” e di una “rivisitazione” coraggiosa delle professioni tradizionali legate al settore primario. Troppa retorica si fa spesso sui giovani, ma poche sono le proposte concrete finalizzate a dare corpo e gambe ai progetti, alle idee, ai buoni proponimenti. Oggi, a differenza di alcuni decenni fa, la montagna incomincia ed essere vista con occhi nuovi e con nuove motivazioni. Non soltanto quale “terreno di gioco” turistico e sportivo, ma anche in veste di luogo di produzione.

Le nuove tecnologie informatiche e telematiche sono in grado di rendere possibile in montagna ciò che fino a ieri sembrava impossibile. I tempi ed i metodi del modello industriale fordista non lasciavano scampo all’abbandono e le pianure diventavano la meta delle tante vie di fuga. Le prospettive della green economy non sono più sogni nel cassetto anche in presenza della crisi energetica e dell’affacciarsi di nuovi bisogni. Tali spinte motivazionali ed esigenziali, però, non possono essere lasciate allo spontaneismo o a forme di velleitarismo utopistico. Mentre negli anni cinquanta, sessanta e settanta del secolo scorso i territori di montagna non lasciavano più spiragli alla speranza – soprattutto nelle nostre valli sudoccidentali radiografate da NutoRevelli – oggi le cose possono cambiare.

La scienza e la tecnologia mettono a disposizione nuove opportunità. Ma senza l’accompagnamento intenzionale della politica e senza la rielaborazione di nuovi modelli di governance si rischia di rimanere sospesi nell’iperuranio delle buone intenzioni. I montanari hanno colonizzato per 1500 anni le Alpi poiché, nei secoli del loro insediamento, i decisori politici del tempo si erano dimostrati particolarmente illuminati. Poi è arrivato il declino strutturale e congiunturale, unito al fatalismo, alla rassegnazione, alla disperazione. Farsi carico dei problemi delle terre alte è un dovere civile e morale. Ma le Alpi italiane non sono tutte uguali. Vi sono Regioni interamente intra-montane come il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta in cui la montagna è tutto e su quella vengono tarate le decisioni amministrative. In altre Regioni le montagne occupano spazi periferici come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, l’entroterra ligure in cui la dominante geografica è la pianura, la bassa collina, la riviera. Spesso si tende ad attribuire eccessivo peso alla presenza di autonomie speciali percepite come l’unica ragione che fa la differenza. Certamente l’autonomia è importante e costituisce l’essenza identitaria di una tradizione che risale al Medioevo (gli Statuti della Valle Maira insegnano). Ma vi sono anche Regioni Autonome dell’arco alpino - come il Friuli - in cui la perifericità e la subalternità della montagna rispetto alla pianura non differisce molto da quella delle Regioni ordinarie. Per invertire la tendenza negativa occorre, a mio avviso, promuovere incentivi economici e fiscali finalizzati a far decollare le iniziative ed a farle vivere in forma non episodica.

Occorre creare in montagna occasioni di crescita culturale e di ricerca finalizzata alle specificità della montagna. Fonti energetiche importanti come l’acqua ed il legno o vengono iper-sfruttate o sottovalutate. La situazione dei boschi nelle nostre Alpi non è delle migliori e, oltre a non fornire reddito, peggiora la qualità ambientale dei terreni. Una riforma importante sul piano politico-amministrativo dovrebbe essere quella fondiaria, finalizzata ad avviare un processo di accorpamento delle tante piccole proprietà frazionate. Parlo anche per esperienza personale di piccolo proprietario di terreni ultra spezzettati da un regime ereditario scoraggiante.

Non voglio andare oltre per l’impossibilità di discutere direttamente le questioni sul tappeto. Desidero soltanto riaffermare il concetto che, senza un raccordo con le diverse (ma simili) realtà dell’arco alpino mediante un Patto unitario, si corre il rischio di una non augurabile ma incombente “rinaturalizzazione” o inselvatichimento dei residui spazi aperti della montagna. Con buona pace di un certo ambientalismo integralista e salottiero.


Le grandi sfide per l’arco alpino e per le Alpi piemontesi

di Werner Bätzing

(Bätzing è professore di Geografia culturale all'Università diErlangen – Norimberga/D. Si dedica senza sosta alle Alpi ed è attento e profondo conoscitore delle valli occitane del cuneese che frequenta dal 1977. Ha fatto la tesi di laurea sulla valle Stura e quella di dottorato sul vallone di Neirassa a Vinadio. La sua acuta analisi dello sviluppo dello spazio alpino è valsa al Docente numerosi riconoscimenti, ha inoltre ottenuto numerosi premi per il libro "Le Alpi" che oggi rappresenta, per i lettori di lingua tedesca, un classico sulle Alpi ( www.geographie.uni-erlangen.de/wbaetzing )

1. L’arco alpino come regione periferica nel centro d’Europa

L’arco alpino (la Macroregione Alpi nel senso della delimitazione della Convenzione delle Alpi) è una regione periferica nel centro d’Europa e, anche se l’andamento della popolazione e dei posti di lavoro dal 1980 è superiore alla media europea, rimane comunque tale per ben altri motivi:

-mancanza di città con importanza europea o globale;

-bilanciodel pendolarimo negativo verso l’esterno;

-difficoltà di accesso in ferrovia, camion e scarsità di trasporti pubblici (salvo i pochi fondovalle con grandi assi di transito);

-condizioni di vita assai difficili per chi ci lavorare e ci abita (salvo i fondovalle delle valli più grandi);

-grandi problemi per le infrastrutture e i servizi pubblici e privati (scuola, sanità, negozi, ristorazione etc.) a causa della difficile conformazione geografica e della bassa densità della popolazione (salvo i fondovalle).

Fatta questa premessa, ne risultano quattro tipologie di regioni alpine (intese come micro-regioni o comunità montane) caratterizzate da problemi e potenzialità assai differenti sull’intero arco alpino (per approfondimenti vedi: W. Bätzing: Le. Alpi. Torino 2005, p. 372-375):

  1. Regioni dominate da un centro urbano: caratterizzate da un forte aumento della popolazione e dei posti di lavoro (il paragone è con il resto dell’arco alpino), aumento però connesso con il pericolo di una dipendenza dalle grandi metropoli extra-alpine e di conflitti interni sempre più grandi.

  2. Regioni di pendolari: la meta del pendolarismo in uscita è verso un agglomerato extra-alpino (spesso), o verso una città alpina (come Innsbruck, Domodossola). Queste sono le regioni con il più forte tasso di crescita della popolazione dal 1980, ma il pericolo principale è la dipendenza dall’agglomerato extra-regionale.

  3. Regioni rurali: queste regioni sono caratterizzate della mancanza di una città intraregionale e della esistenza di attività economiche molto varie (agricoltura, artigianato, cantieristica, industria, turismo), ma sono strutturalmente deboli.

  4. Regioni di spopolamento: regioni ancora oggi con un forte spopolamento.

Le “regioni rurali” fino agli anni 1960 erano le regioni più diffuse sull’arco alpino, ma sono destinate a sparire: nel migliore dei casi diventeranno “regioni di pendolari”, nel peggiore “regioni di spopolamento”. A tutto il 2010 poche rimangono le “regioni rurali” e nel 2020 potrebbero essere sparite completamente.

2. La situazione delle Alpi piemontesi

Le Alpi piemontesi sono caratterizzate dalla massima presenza di “regioni di spopolamento” rispetto al resto dell’arco alpino, le valli Varaita-Maira-Grana-Stura ed il cuore delle Alpi Liguri sono le due “regioni di spopolamento” più estreme del tutto l’arco alpino. Le “regioni dominate da un centro urbano” sono molto rare nelle Alpi piemontesi (regioni di Domodossola, Bassa Val di Susa) e lo stesso vale per le “regioni rurali” e le “regioni di pendolari”. Contrariamente al resto dell’Europa, la regione metropolitana di Torino è l’unica regione metropolitana nell’area perialpina che da molti anni non cresce e così la sua forza nel trasformare regioni alpine in “regioni di pendolari” è abbastanza debole (sono interessate a questo fenomeno solo la bassa Val Chisone e bassa Val di Susa e solamente nove piccoli comuni al margine delle Alpi nella zona delle Valli di Lanzo).

Le città secondarie in prossimità delle Alpi come Biella, Ivrea, Saluzzo o Cuneo sono abbastanza piccole e economicamente deboli (se paragonate a Varese e Vicenza o a Grenoble – Ginevra – Zurigo – Monaco – Salisburgo) e hanno una influenza debole sul area alpina (in Valle Stura ad esempio sono influenzati da Cuneo solamente i comuni Borgo S.D., Roccasparvera e Gaiola). Questa situazione è economicamente delicata, ma allo stesso tempo è un grande potenziale perché, quando la pressione delle metropoli e delle grandi città sulle Alpi è debole, c’è spazio per uno sviluppo endogeno che può portare alla soluzione del problema del spopolamento, che è il problema centrale per le Alpi piemontesi.

3. Potenzialità e rivalorizzazione delle Alpi piemontesi

Le Alpi piemontesi esprimono da sempre grandi potenzialità per l’uomo, tant’è che nella storia delle Alpi sono state tra le prime ad essere popolate e questo vale ancora per l’attuale società postmoderna, che ha fame di prodotti alimentari di alta qualità, di energie rinnovabili, di acqua e di spazi di pregio per il tempo libero. Visto dal di fuori il problema centrale però mi pare essere una tendenza diffusa a un “irrigidimento culturale” (vedi Bätzing: Le Alpi, Torino 2005, p. 331-332), che blocca dall’interno ogni proposta di rivalorizzazione (mancanza di innovazioni, egoismi familiari, campanilismo a livello frazione, comune, valle) mentre la situazione politica italiana e la mancanza o inefficacia di una politica montana, bloccano dall’esterno un possibile sviluppo.

Fulcro per ogni progetto di sviluppo del territorio secondo me potrebbero essere iniziative che portino al superamento degli irrigidimenti culturali e che inneschino una cultura attiva, viva e innovatrice in diversi campi (musica, teatro, scienze, stampa, lingua ecc.) per dare risposte a domande del tipo: come vogliamo vivere ? cosa si intende per una buona qualità di vita ? quali sono gli elementi fondamentali per una buona qualità di vita? Su questa base si potrebbero sviluppare nuove iniziative per una agricoltura e un artigianato di qualità, per servizi pubblici e privati, per un uso delle energie rinovabili e per un turismo diffuso, tutte attività impostate in modo ecocompatibile e sociocompatibile, intese come pluriattività e non come strutture altamente specializzate. Per sostenere economicamente queste iniziative si potrebbe pensare ad un uso strumentale dei profitti dall’idroelettrico e dall’utilizzo del legname, tenendo conto delle diverse potenzialità locali.

La mia esperienza personale mi porta poi a valutare positivamente il contributo di un turismo diffuso, dal 1985 pubblicizzo la “Grande Traversata delle Alpi/GTA” in Germania e ora questo percorso è molto conosciuto. L’interesse dei tedeschi per le Alpi piemontesi negli ultimi anni è andato crescendo e sono tanti ora i tedeschi che hanno scelto di percorrere la GTA, calcoliamo che siano forse 2.500 – 3.000 persone all’anno che si spostano per un tempo medio di una settimana. Il loro interesse per le Alpi piemontesi è man mano cresciuto nel tempo e ho pubblicato in Germania (insieme a Michael Kleider) tre guide per camminatori, sempre in stretta collaborazione con persone e organizzazioni regonali. Nel 2006 è uscita la guida per le Alpi Marittime (tre mila copie la tiratura della prima edizione, una seconda edizione in 2010), poi quella della Valle Stura di Demonte nel 2008 (vendute fino oggi 2.400 copie), in fine la guida per le Alpi Liguri nel 2010. Tutte guide in tedesco pubblicate della piccola casa editrice Rotpunkt a Zurigo, che ha anche  pubblicato la famosa guida della Valle Maira. Questo successo ha significato una piccola rivoluzione sul mercato tedesco per le guide per i camminatori e per la prima volta nel 2010 anche le grandi case editrici si sono interessate alle Alpi piemontesi e ora c’è da aspettarsi nelle valli piemontesi un notevole aumento della presenza di tedeschi e logicamente anche di svizzeri, austriaci, olandesi e belgi.

Nelle vallate piemontesi il messaggio è arrivato in modo chiaro e si è reagito di conseguenza e per la preparazione delle sesta edizione della mia guida GTA (prevista per l’aprile 2011) rispetto alla quinta edizione di 2006 ho trovato quasi 50 nuove possibilità di pernottamento su tutta la GTA (nuovi posti tappa, agriturismi, bed&breakfast, rifugio escursionistico, ecc.), uno sviluppo enorme! Mi pare importante ora utilizzare queste opportunità in modo efficace e attento, significa continuare a sviluppare sistematicamente le strutture di un turismo diffuso e ecocompatibile, migliorare certi posti tappa e creare nuovi posti tappa in punti importanti ora non presidiati.

E’ indispensabile continuare a sviluppare nuovi sentieri di valle tipo “Lou Viage” in Valle Stura o i “Percorsi occitani” in Valle Maira, inserire meglio questo turismo nel sistema di pubblicità turistica a livello provincia e regione e creare uno stretto legame tra questo tipo di turismo e la produzione locale (agricoltura, artigianato) coinvolgendo i ristoranti e i posti tappa.Tutto questo potrebbe sicuramente dare spazio a nuove potenzialità economiche e anche culturali per dare finalmente potenza a una rivalorizzazione delle “regioni di spopolamento”.


Ripensare la montagna

 

di Mariano Allocco

 

(Già presidente della Comunità Montana valle Maira, primo firmatario del Patto delle Alpi piemontesi)

 

Il 16 marzo a Trento abbiamo presentato il dossier “ripensare la montagna” edito dalla locale Camera di commercio, alcune copie sono a disposizione e può essere scaricato dal loro sito.

Nella presentazione il presidente Adriano Dalpez dice che “…riteniamo indispensabile la creazione di un progetto organico sulla montagna e ci offriamo come co-attori accanto alla Provincia autonoma di Trento, alla Regione Trentino-Alto Adige, alle regioni dell’arco alpino, alle istituzioni europee” e il prof. Annibale Salsa. “…bisogna ‘ripensare’ le Alpi nella loro accezione transnazionale e impedire che diventino meramente la periferia della Pianura Padana…importante recuperare i tempi più remoti quando esse erano territorio di eccellenza…..non è più sufficiente disporre di sola capacità tecnica ma è indispensabile poter contare anche su una solida base culturale…”.

 

Questo per il Trentino, anche in Lombardia le cose stanno muovendosi, ne ho discusso con Mario Maisetti, assessore della Provincia di Brescia e in un incontro che abbiamo avuto all’università di Edolo mi ha illustrato l’accordo strategico tra valle Camonica e val Tellina, il documento è agli atti.

 

La Regione Lombardia e le provinciedi Sondrio e Brescia hanno deciso di creare un “tavolo di confronto permanente per meglio programmare lo sviluppo e le potenzialità dei territori della Valtellina, Vallecamonica e valli bresciane” con l’obiettivo “di avviare un confronto in merito all’individuazione di una serie di iniziative progettuali che siano effettivamente in grado di dare nuovi impulsi allo sviluppo socio economico del territorio” “Fare della Valtellina e della valle Camonica il comprensorio alpino piu’ importante d’Europa…”. Badate bene che non è stato semplice, sonovalli in due provincie diverse in competizione sul turismo, ma ora hanno catalizzato l’interesse di tutti. Due esempi di come si stia pensando alla “questione montana” sul versante italiano dell’arco alpino: puntando su progetti, idee e risorse endogene.

 

Agli atti un contributo alladiscussione di oggi del prof. Werner Batzing dell’università Erlangen-Norimberga (http://www.geographie.uni-erlangen.de/pers/wbaetzing/ ), uno dei maggiori studiosi delle Alpi e grande appassionato delle nostre valli, sono sue le guide in tedesco delle valli Maira e Stura e si deve in buona parte ai suoi lavori se le nostre valli sono meta sempre più di tedeschi.

Il suo è un contributo importante che arriva dall’altro versante delle Alpi, come è importante la disponibilità che lui e il suo collega Michael Kleider danno a continuare il lavoro di divulgazione e il loro contributo sarebbe importante non solo per il turismo.

Batzing divide la realtà alpina (italiana o estera è lo stesso) in quelle che lui definisce “quattro regioni”.

Quelle “dominate da un centro urbano”, quelle “di pendolari”, le “regioni rurali”, infine le “regioni di spopolamento” e colloca giustamente le Alpi piemontesi per lo più nelle “regioni di spopolamento” e le valli Varaita-Maira-Grana-Stura sono la “regione di spopolamento” estrema di tutto l’arco alpino, spopolamento che la mia generazione ha vissuto in prima persona.

 

Condivido poi in pieno che “visto dal di fuori il problema centrale però mi pare essere una tendenza diffusa a un “irrigidimento culturale”, che blocca dall’interno ogni proposta di rivalorizzazione (mancanza di innovazioni, egoismi familiari, campanilismo a livello frazione, comune, valle )” .Va da se che questa situazione è un grande problema, ma allo stesso tempo è un grande potenziale perché, “quando la pressione delle metropoli e delle grandi città sulle Alpi è debole, c’è spazio per uno sviluppo endogeno che può portare alla soluzione del problema dello spopolamento”.

Si badi bene che questo è già successo altre volte nella storia delle Alpi a sono esemplari le risposte che hanno saputo dare le comunità alpine alla rottura di equilibri secolari provocata dalla prima industrializzazione dalla metà del ‘700 (per questo rimando al mio Ex sudore populi, pag. 34 – 40) e ora ci troviamo di fronte al periodo peggiore per le nostre valli dal dopo guerra.


Lo sviluppo endogeno, cioè un percorso di rinascita alpina che poggi sulle energie del territorio montano, è l’unica via di uscita dalla deriva che porta a un deserto verde.

E’ un segnale che giunge da tutte le Alpi e la discussione di oggi propone un grande e ambizioso progetto di ripensamento della questione montana che parte da energie endogene, prima fra tutte la volontà di vivere le Alpi da parte di coloro che sono rimasti o che vogliono scegliere di farsi montanari.


Un segnale della correttezza di questa analisi giunge proprio dalle valli Varaita, Maira e Grana. Il modello organizzativo della Val Maira potrebbe essere un esempio di innesco di sviluppo endogeno, come pure quanto sta realizzandosi in val Varaita. In val Maira vari tasselli tra loro complementari stanno dimostrando una sufficiente solidità strutturale.

  • Tecnogranda è nata come raccordo tra PMI, imprenditoria e territorio;

  • Espaci Occitan è il luogo in cui tutte le valli occitane si sono ritrovate per pensare le sinergie possibili per progettare l’avvenire utilizzando strumentalmente le comuni radici storiche e culturali;

  • Maira spa è il braccio operativo per l’utilizzo delle energie rinnovabili;

  • Comuni Riuniti permette una gestione in proprio da parte dei comuni del ciclo integrato dell’acqua;

  • Centro Giolitti recupera il contributo alla storia contemporanea delle valli in un contesto europeo;

  • il centro alberghiero e scuola professionale di Dronero sono poli di eccellenza formativa;

  • il convitto alpino permette di concludere il ciclo della scuola dell’obbligo in alta valle, è forse rimasto uno degli ultimi.

Con tutti i problemi che ne conseguono comunque, (da affinare sempre il corretto funzionamento di una macchina organizzativa che ha una parte elettiva, che da indicazioni programmatiche e obiettivi e che risponde all’elettorato e una parte gestita in modo autocratico che si confronta col mercato e che risponde ai proprietari) un impianto di questo tipo consente di confrontarsi con le regole del mercato con braccia operative efficaci.

 

In questomomento di crisi è una opportunità credetemi! Importante creare il giusto raccordo tra istituzioni locali e braccia operative. Questi impianti organizzativi se vogliamo sono semplici nei loro tasselli elementari, non si è inventata la luna, la complessità può derivare dalla ricerca di una corretta sinergia che porti alla ottimizzazione dell’efficienza in un contesto sempre più competitivo.

 

Occorre dare maggior consistenza e rendere più efficace l’azione dei singoli tasselli ricercando le giuste sinergie, gli accordi necessari, prepararsi al meglio per accedere ai finanziamenti strutturali in un ambiente sempre più competitivo.

 

La valleVaraita sta dandosi una organizzazione che vede istituzioni e privati realizzare qualcosa che ha obiettivi analoghi, il prof. Andrea Dematteis ora lo illustrerà. L’obiettivo del progetto della val Varaita è quello di gestire con una governance locale le filiere delle risorse naturali a finalità plurima: acqua, carne e latte; risorse forestali.


La differenza maggiore tra i due impianti organizzativi è che in val Maira l’innesco è venuto dalle istituzioni, i privati sono venuti dopo, in val Varaita sono i privati che sono partiti per primi e le istituzioni locali hanno aderito in modo convinto poi. Tutti e due i progetti partono da  energie endogene, prima fra tutte la capacità di progettazione delle comunità locali e, cosa di non poco conto, camminano con le loro gambe! In questa ottica va collocato l’accordo di collaborazione tra Espaci Occitan e il GESDIMONT di Edolo, ma qui c’è il presidente, il sindaco di Lusernetta in val Pellice Giorgio Cesano.

 

Quando Batzingdice poi che “Fulcro per ogni progetto di sviluppo del territorio secondo me potrebbero essere iniziative che portino al superamento degli irrigidimenti culturali e che inneschino una cultura attiva, viva e innovatrice in diversi campi (musica, teatro, scienze, stampa, lingua ecc.) per dare risposte a domande del tipo: come vogliamo vivere ? cosa si intende per una buona qualità di vita ? quali sono gli elementi fondamentali per una buona qualità di vita?” penso che qui c’è ancora un bel pò da fare e da portare a casa.

 

Utilizzare laleva di una “una cultura attiva, viva e innovatrice in diversi campi” per progetti di sviluppo è un percorso che ha funzionato sia sulla Alpi che sui Pirenei, pensiamo a cosa ha voluto dire questa leva per la Catalogna che è uno dei motori d’Europa e in altre regioni alpine. Qui bisogna lavorare molto tenendo presente che proprio nell’ambito culturale ci sono stati e ci sono i maggiori “irrigidimenti culturali”, per usare le parole di Batzing.


Paradossalmente però la crisi attuale ci viene in aiuto, l’azzeramento dei finanziamenti regionali obbliga tutti a fare delle scelte e a puntare all’eccellenza anche nell’ambito della cultura, in questo momento in ogni campo è in atto un processo di selezione darviniana che a volte può sembrare doloroso, ma è inevitabile.

 

Quando parlodi “questione montana” espongo un problema che non riguarda solo le Alpi, problemi analoghi ci sono in tutte le Alte Terre europee, ma le maggiori affinità ci sono tra Alpi e Pirenei, tutte e due le catene montuose sono percorse da confini di stato e tutte e due sono abitate da minoranze che hanno scelto di vivere sui monti.

Una di queste minoranze è presente da tutte e due le parti, questa è una opportunità che va coltivata, e su questo siamo d’accordo sia noi qui che le istituzioni catalane, questo intendo per “cultura attiva”.

È in programma in incontro a Barcellona in Generalitat e si stanno organizzando incontri a livello istituzionale tra la Regione Piemonte e la Catalogna.

Con l’ass.re Casoni eravamo già stati in Generalitat, ora ritorneremo per organizzare la collaborazione tra le nostre valli e i Pirenei utilizzando la comune cultura occitana come una opportunità per dare potenza alla progettualità che emerge dal territorio e prepararemo anche un incontro tra i governi delle due regioni.

Cito qui una delle prima lettere che ci siamo scritti, è la posizione chiara del sindaco d’Aran e di Joaquim Llimona, allora direttore degli affari esteri di Jordi Pojol e ora, che Convergencia i Uniò è tornata al governo, si occupa di rapporti con l’UE :

La iniciativa que hem anat comentant l’hi sembla molt interessant: intercanvi d’experiències en l’àmbit de la governança de regions de muntanya; col·laboració en qüestions més sectorials: TIC i accessibilitat, energia, turisme sostenible, gestió d’espais de muntanya, llengua i cultura, aprofitant i buscant recursos en els programes europeus i una certa acció de lobby davant les autoritats estatals i europees. Per això el primer pas seria fer una reunió, en principi a Barcelona, com també havíem parlat. A partir del dia 14 de mars, em pots proposar dues o tres dates, per a quadrar l’agenda del Síndic“.


Tutto questo potrebbe sicuramente dare spazio a progettualità congiunta e a nuove potenzialità economiche utilizzando in modo strumentale le affinità culturali per dare finalmente potenza a una rivalorizzazione delle “regioni di spopolamento”.


Vale la pena pensare a un progetto per fare delle valli Varaita, Maira e Grana un cantiere di sviluppo alpino in Piemonte? Penso di si .

Teniamo poi presente che Valle Maira, Grana e Stura si congiungono in alto sulla Gardetta, una zona tutta da valorizzare e che meriterebbe un progetto a parte. Sempre Batzing scrive “E’ indispensabile continuare a sviluppare nuovi sentieri di valle tipo “Lou Viage” in Valle Stura o i “Percorsi occitani” in Valle Maira, inserire meglio questo turismo nel sistema di pubblicità turistica a livello provincia e regione e creare uno stretto legame tra questo tipo di turismo e la produzione locale (agricoltura, artigianato) coinvolgendo i ristoranti e i posti tappa” e in questo la val Grana ha da dire molto ancora.


In val d’Aran ci sono delle terme e in valle Stura pure, sempre in valle Stura, valle di passaggio e collegamento col Midì, ci sono fortificazioni che raccontano un lungo periodo storico, una riflessione si potrebbe fare e anche di questo si potrebbe parlare ad esempio con il prof. Batzing.


Idee , progetti, investimenti e strategie ci sono, le istituzioni regionali e provinciali possono accompagnare questo processo individuando queste valli come “cantiere di sviluppo regionale” e utilizzarlo ad esempio anche per affinare norme regionali che a volte non sono il meglio, penso ad esempio alla legge forestale, so che l’assessore Sacchetto sta lavorando al riguardo con la Coldiretti e altri, penso alle norme per lo sfruttamento delle risorse rinnovabili, penso agli sforzi dell’ass.re Casoni per riportare anche nei parchi regionali la centralità sull’uomo che li vive e al suo impegno per far arrivare un contributo ai giovani che vanno alle superiori dalle alte valli, penso a un utilizzo dei fondi strutturali mirato all’eccellenza progettuale. Il mondo accademico e le associazioni di categoria, hanno un ruolo altrettanto importante per affinare e rendere più efficace l’impianto progettuale.

Mi viene in mente ad esempio il contributo che potrebbe dare quanto sta realizzando il prof. Terna dell’università di Torino e che è qui con noi come supporto al processo decisionale.Gli interventi che seguiranno ci aspettiamo possano aggiungere contenuto al dibattito, io chiudo qui per ora questa mia prima riflessione.

 

Proposta:

  1. Individuazione delle Valli Grana, Maira e Varaita come cantiere di sviluppo (credo sarebbe funzionale a tutti se si riuscisse ad aggregare la valle Stura sul turismo);

  2. Individuare un “luogo” (potrebbe essere Espaci) di coordinamento con un gruppo di lavoro rappresentativo, ma che sia operativo;

  3. Cronoprogramma entro giugno;

  4. Individuare progetti e iniziative di importanza strategica coerenti con gli obiettivi generali.

 

 

           

 

pagine visitate dal 21.11.08

Contatore sito counter customizable
View My Stats
commenti, informazioni? segnalazioni scrivi

 Creazione/Webmaster Michele Corti