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Ruralpini             Biografia politica: assessorato

 

68 e postsessantotto (1969-76)

 

Autonomismo (1981-1989)

 

In Regione (1990-1992)

 

Tangentopoli agricola (1992-1993) f

 

Una battaglia troppo in anticipo sui tempi (1994)

 

I limiti del "potere" (1994-1995)

 

Post-leghismo (1995-2001)

 

Ruralismo (2001- )

 I limiti del "potere" (1994-1995)

 

In ogni caso mi accorsi che in Regione esisteva una "struttura" parallela e che, grazie al controllo dei sindacati sui concorsi e gli avanzamenti di carriera la CGIL e la cellula dell'ex-Pci dettavano legge. Il dirigente a capo della struttura era un DC ma di fatto era condizionato dai compagni. L'assessore lo facevano o almeno volevano farlo loro. I miei predecessori e anche i miei colleghi (persino i leghisti) avevano trovato dei modus vivendi con la struttura parallela rossa; io la sfidai (ero o non ero passato dalla loro "scuola"?). Dopo parecchio tempo (ormai la legislatura era finita) i miei trasferimenti furono bollati come "comportamento antisindacale", ma intanto i compagni dirigenti, finchè rimasi assessore, stettero a capo delle nuove strutture periferiche create con l'approvazione delle provincie di Lecco e Lodi.  Comunque il volantino della CGIL me lo beccai. Ma basta tirare dritto.

Così ho potuto operare un po' più liberamente, ma i lacci e lacciuoli della burocrazia sono tanti. Ti dai da fare per un provvedimento e poi con una circolarina applicativa o, semplicemente, nicchiando, i burocrati te lo svuotano. Mi impuntai per introdurre un sistema che differenziasse il sostegno alle aziende agricole di montagna in funzione del reale svantaggio. E' stato tutto insabbiato. E anche la promozione - da UOO (unità operativa organica in burocratese) a Ufficio - della struttura che si occupava di montagna dopo di me è "rientrata" e i funzionari che se ne occupavano dimezzati. Mi resi conto anche del peso acquisito dalle corporazioni. Per far digerire alle "Associazioni allevatori" un sistema di pagamento dei servizi di assistenza tecnica a prestazione, e non a forfait, sudai sette camicie. Accettarono, facendo rientrare l'opposizione dei ras (direttori) provinciali più riottosi, quelli con una marea di personale a fronte di un basso numero di capi e allevamenti, ma solo perchè il nuovo sistema garantiva continuità di finanziamento.

Dopo qualche anno mi accorsi che i sistemi per aggirare i controlli  si potevano trovare lo stesso. La burocrazia regionale poi ha una contiguità fisiologica con quella delle organizzazioni sindacali, dei vari Consorzi di tutela e di promozione, delle Associazioni allevatori ovvero del "parapubblico". E siccome "can non morde can".... inutile sperare in controlli efficaci.

Tutti questi enti vivono di finanziamenti pubblici (più o meno in forza dell'esercizio delegato di funzioni pubbliche" ma per il resto sono di diritto privato; si muovono spegiudicatamete tra i due piani (pubblico e privato) fino a divenire soggetti autoreferenziali che - di fatto - espropriano la politica del potere si esercitare le scelte che le competono. Tra burocrazia interna e lobby esterne ad un politico "riformatore" non rimane molto spazio di manovra. Poi vi sono le cooperative che continuano a chiedere soldi. Cercai di favorire quelle meno politicizzate e più "sane".

Ho anche imparato che, anche se sei assessore, noi puoi toccare certi "santuari" dello spreco. Allora c'erano 6 enti regionali che si occupavano di agricoltura. 6 presidenti, 6 cda. Un sistema per sistemare sindacalisti agricoli, politici, amici degli amici con necessità di parcheggio ben pagato. C'era un perfetto gioco di spartizione partitocratica: ai socialisti andava per diritto acquisito l'ARF (azienda delle foreste) che era una bellissima agenzia clientelare di assunzioni (non certo come la Calabria, intendiamoci!). Come rompere questo giochetto? Tentai una legge di riforma (Istituzione dell'Agenzia per l'Agricoltura lombarda e la valorizzazione delle risorse agroalimentari e forestali) ma ... figuriamoci. Indovinate un po' quanto ci è voluto per realizzare questa riforma che avrei voluto fare nel 1994? Ebbene non è bastata una legislatura, si è arrivati nel 2002 a creare l'ente unico (ERSAF).

L'unica legge da me proposta (quando ero ancora consigliere di opposizione) e poi approvata entrai in giunta, riguardava la "trasparenza" dell'erogazione dei contributi agricoli e per la precisione "Norme sulla trasparenza e pubblicità degli incentivi erogati alle imnprese agricole" Legge Regionale 30 dicembre 1994, n. 44. Le "previsioni" sono state largamente inapplicate finchè ci volle tempo per i "regolamenti" e quando furono varati con la scusa della legge sulla privacy non se ne fece più nulla. L'dea era pubblicare dei bei manifesti con l'importo preso dalle varie aziende in modo da scatenare un po' di reazione per finanziamenti esagerati a grandi aziende (il problema riguarda soprattutto la montagna dove pochissimi grossi imprenditori, un po' perchè grossi, un po' perchè accreditati politicamente, fanno il pieno lasciando le briciole ai contadini).

Ma la burocrazia non è la sola a impantanare qualsiasi slancio riformatore di chi entra in politca "da fuori sistema". Quando osai da assessore contestare il bilancio dell'ERSAL, altro ente agricolo, venni messo in minoranza in aula perchè, all'opposizione di sinistra che difendeva un Ente zeppo di compagni-dirigenti, si unirono gli interessi spartitori degli "alleati di governo". I compagni gongolavano e chiedevano le mie dimissioni. Anche in questo caso imparai che bastava tirare dritto. E poi infuriava tangentopoli e c'era ben altro da pensare. Restai al mio posto. Anche oggi penso che per scardinare il potere ben organizzato della dirigenza "rossa" ci vorranno 4 o 5 legislature Formigoni (ovvio che se ci fosse più decisione ....).

Con i cacciatori speravo di impostare un'alleanza strategica agricoltori-cacciatori contro la parchizzazione del territorio e per un nuovo ruralismo (non ero ancora  consapevole della dimensione ideologica di questa cosa, ma l'idea c'era già). In realtà i cacciatori mirano al provvedimento che li favorisce nell'immediato (spesso divisi tra loro) e non hanno ancora maturato una visione strategica. In realtà anch'io non disprezzavo l'idea di costruire un sicuro pacchetto di voti e, lo confesso, presi a recarmi spesso a Brescia. Questo "capitale" di consensi non è servito a nulla perchè in vista delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale diedi le dimissioni dal partito. Il dissenso all'operazione che mandò al governo D'Alema l'avevo chiaramente espresso ai segretari nazionali, provinciale e cittadino con una lettera del 24 novembre 1994 in cui deploravole "prove tecniche di ribaltone" già in atto a Palazzo Marino "L'esperie4nza amministrativa maturata attraverso cinque anni di impegno a vario livello di responsabilità mi induce a considerare assolutamente impraticabile qualsiasi condivisione di responsabilità di governo con il PDS" "Ritengo come moltissimi altri militanti che qualsiasi accordo di governo con il PSC-PDS sia incompatibile con i principi etico-politici che hanno portato alla formazione e quindi al successo della Lega". Ad ribaltone avvenuto mi limitati a partecipare solo al gruppo consigliare non intervenendo più in alcuna riunione di partito con l'eccezione del Congresso dove pronunciai un discorso fortemente critico della Lega in cui approvavo le posizioni del Prof. Miglio, che si era già staccato dalla Lega e da "padre nobile" era divenuto un reprobo. La platea abituata a interpretare il dissenso solo in termini di strappi ed espulsioni e poco avvezza alla dialettica politica "fine" non si scompose (forse nessuno si prese la briga di capire).   Il motivo dello strappo era semplice e lineare: una Lega che manda al governo D'Alema non la potevo digerire dopo tante battaglie personali contro la sinistra (sono stati necessari 13 anni per riavvicinarmi temporaneamente alla Lega!). Non potevo restare in un partito che il leader Massimo definì una "costola della sinistra". La constatazione che ai diessini faceva comodo il "ribaltone" e la loro somma ipocrisia nel dimenticare fiumi di invettive contro il "razzismo leghista", l'"egoismo", il "separatismo", la "rozzezza politica" non faceva altro che confermare i miei giudizi sulla moralità politica di una parte politica che ancora oggi, nonostante la "questione morale" anche in casa PD, si sente "superiore" .

Per mia fortuna, nonostante gli appoggi delle potenti Federcaccia e Unione agricoltori bresciane che non mi avrebbero fatto mancare I voti necessari e le loro pressioni su Forza Italia il partito di Berlusconi non mi ha candidato. Sono così sfuggito al destino del politico di professione costretto a digerire tutto per restare attaccato alla cadrega.

 

>>continua>>


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