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Cultura rurale

Michele Corti, 28 maggio, 2024



La vita rurale di fine '800 in un libro prezioso

Antonio Carminati. Dalla nascita alla morte. Il ciclo della vita individuale nella dimensione rurale di un villaggio delle Orobie, Centro Studi Valle Imagna, Sant’Omobono Terme, 2024, pp. 414, 17x24 cm, brossura, sovracoperta, ill. B/N, collana: Genti, contrade e soprannomi di Valle Imagna.

Il valore di quest’opera di Antonio Carminati è legato, innanzi tutto, al suo carattere irripetibile. Irripetibile perché basato sulla raccolta paziente e continuativa di testimonianze orali di persone anziane che, in gioventù, hanno vissuto le ultime fasi della “società tradizionale” (concetto che chiariremo oltre) e che sono scomparse.

La ricerca di Carminati non è frutto di una “campagna” di indagini sul campo da parte di un etnografo, che può durare mesi o, al più, pochi anni, ma è il risultato dell’interesse di uno studioso a mettere in luce il passato recente della comunità nella quale è nato e vissuto. Nonostante l’intensa partecipazione sottesa al lavoro etnografico di Carminati, esso è contrassegnato da un rigoroso distacco dalla materia trattata che potrebbe apparire sin eccessivo; per esempio nelle pagine dolenti dedicate alla malattia, specie infantile. Evidente il proposito di non lasciarsi trascinare dall’empatia e di restare sul terreno dell’osservazione oggettiva marcando questa intenzione anche attraverso uno stile sobrio. Quasi assenti le concessioni a interpretazioni e a generalizzazioni nell’intento di un’aderenza rigorosa alla materia, descritta in dettaglio e con il supporto di informazioni ed elementi di immediata evidenza.



La ricostruzione del ciclo di vita è puntigliosa. Vengono individuati per ogni capitolo del ciclo numerosi aspetti ed è anche questo dettaglio, questa completezza che ne fanno un’opera preziosa. Che assume ancor più valore se si consideri come la memoria orale risulti integrata dalla fonte archivistica in modo da non creare due piani discorsivi ma un’unica rigorosa esposizione nella quale non si avvertono cesure. Dalla lettura di quest’opera viene spontaneo chiedersi: quanto il quadro della vita di una comunità della valle Imagna tra metà del XIX e inizio del XX secolo - messa così bene a fuoco da Carminati - corrisponda o differisca da quello di altre realtà delle stesse vallate bergamasche? La domanda è destinata a restare senza una risposta esaustiva perché non disponiamo di studi così approfonditi su altre comunità. A fronte di tante analogie, è indubbio che diversi elementi possano rendere il quadro descritto per Corna Imagna diverso da quello di altre realtà. Pensiamo alla diversa ricchezza di pascoli, alla collocazione rispetto alle vie di commercio, all’attività mineraria, allo sviluppo industriale nella seconda metà del XIX secolo (Valseriana in primis). A Corna Imagna l’elemento di apertura verso l’esterno era rappresentato solo dall’emigrazione e potrebbe quindi rappresentare una comunità più chiusa di altre.



Non era nelle intenzioni di Carminati comprendere nel suo lavoro gli aspetti comparativi. Ne sarebbe risultato un volume ponderosissimo, accessibile ai soli addetti ai lavori facendo così perdere il valore di restituzione alla comunità del lavoro stesso. Sarebbe però auspicabile che qualche studioso di etnoantropologia utilizzasse la preziosa fonte rappresentata dall’opera di Carminati per metterla a confronto con la letteratura disponibile in ambito alpino ed europeo; uno studio che dovrà, di necessità, basarsi su un’ampia bibliografia perché molti contributi anche monografici indagano solo alcuni degli aspetti della vita di una comunità “tradizionale”.

La comparazione con altre comunità nello stesso periodo storico rappresenta quindi un compito impegnativo per quanto affascinante. Molto più difficile risulterebbe la comparazione con la stessa comunità in epoche anteriori. Per esse disponiamo di poche fonti, le più importanti delle quali sono i registri parrocchiali che possono mettere in luce il fenomeno della crescita demografica a partire dal XVIII secolo e consentire considerazioni circa l’età al matrimonio. Ben poco, per quanto importante, rispetto alle dimensioni della vita illustrate nel lavoro di Carminati. Quello che possiamo dire, però, perché riguarda aspetti che vanno oltre la realtà delle singola comunità, è che la seconda metà del XIX secolo ha rappresentato il periodo più cupo della storia delle nostre comunità rurali, sulle quali pesavano già da secoli i processi di modernizzazione (a partire dall’ampliamento della sfera statale che ha inciso molto prima dei fenomeni di mercato sulla vita delle comunità). Il crescente e opprimente peso fiscale sulle classi subalterne, la crescita demografica con, come solo meccanismo di adattamento, l’emigrazione (data la sostanziale fissa disponibilità di risorse e tecniche agricole) hanno contribuito a peggiorare il livello di vita delle popolazioni rurali che, a dispetto del comune sentire, era nettamente superiore in età medievale.


L’affresco di vita rurale dipinto da Carminati per la sua comunità descrive una società “tradizionale” ma solo dal punto di vista dell’immaginario contemporaneo. La società “tradizionale” è quella che si disintegra negli anni ‘60 del secolo scorso. In realtà la vita sociale aveva aveva ricevuto già forti scossoni con la Prima guerra mondiale, che, in realtà come quella di Corna Imagna hanno inciso indirettamente. Ben diversa la realtà dove le contadine-operaie lavoravano in fabbrica. In ogni caso l’idea di una società contadina “senza tempo” è illusoria perché ogni secolo ha prodotto influenze esterne che hanno inciso sulla vita locale. Basti pensare al tipo di emigrazione: se si va indietro di secoli l’emigrazione riguardava commercianti, artisti, artigiani qualificati mentre in tempi recenti solo il lavoro salariato. Va anche considerato che vi sono stati fenomeni di de-industrializzazione che hanno interessato le valli prima del ciclo di industrializzazione ottocentesco (lavorazioni di lana scomparse, forni fusori e fucine scomparse). La stessa realizzazione di una rete viaria moderna ha penalizzato la montagna “tagliandola fuori” dalle direttrici di traffico. Tutto ciò ha contribuito a impoverire la montagna.


Guardando alla dimensione agricola e all’alimentazione come sottovalutare poi l’importanza della rivoluzione colombiana? Essa ha comportato miglioramenti per la nutrizione e il tenore di vita delle comunità rurali? Sappiamo che la risposta è negativa: basta far riferimento alla pellagra. La modernità ha comportato anche profondi cambiamenti nella morale e nella sfera religiosa che, anche in questo caso, sono andati in una direzione peggiorativa (rigorismo, sensi di colpa, tabù sessuali). Come non esiste una “società tradizionale” non esiste un’”alimentazione tradizionale” e una “morale tradizionale”. Però, come già accennato vi è la percezione che si possa identificare come “tradizionale” quel tipo di società, famiglia, alimentazione, morale che sono definitivamente scomparsi sessanta anni fa. E’ stata la drasticità, la violenza della cesura degli anni ‘60 che ha creato questa percezione, sedimentatisi poi nell’immaginario collettivo. Con un prima, quello vissuto dai nonni (per chi è anziano) o dai bisnonni… e un dopo. Di certo, come già accennato, la modernità operava già da secoli, anche, indirettamente, sui villaggi rurali.

Questi richiami ci paiono utile per affrontare la lettura dell’opera di Carminati. Il suo distacco, teso a rimarcare la natura di prezioso e rigoroso lavoro etnoantropologico, stridono quando vengono affrontati i temi della sofferenza e della malattia perché Carminati vuole restituire un affresco dall’interno, senza interferenza con le emozioni di una sensibilità post moderne. Eppure come non essere presi da un senso di oppressione e di angoscia di fronte a tanta sofferenza, tanta povertà (mai miseria, però, come ripetutamente sottolineato), tanta durezza di vita, di relazioni. Ci pare opportuno quindi, al fine di evitare di identificare un determinato periodo storico con la “società contadina” (rischiando di esaltare solo gli aspetti positivi della modernità come da secoli fanno i suoi fautori), chiarire che la “cupezza” e la “povertà” delle comunità rurali del tardo Ottocento rappresentavano un prodotto della modernità, dell’affermarsi dello stato moderno e della borghesia, non dell’ottusità e dei pregiudizi dei contadini e dell’influsso “reazionario” del clero cattolico (secondo l’interpretazione liberale).Vorremmo in conclusione sottolineare che un’opera così importante come quella di Carminati merita una diffusione che vada ben oltre la dimensione locale. Rappresenta un materiale prezioso per gli studiosi di storia della società tanto che varrebbe la pena metterne a disposizione una traduzione in inglese. Antonio Carminati ha sempre messo davanti a sé stesso il Centro Studi Valle Imagna, la sua Corna (San Simù), la valle Imagna. Sta agli amici, a chi ne apprezza l’opera di studioso rendergli merito.

Articoli di Antonio Carminati su Ruralpini


Tra magia bianca e pratica terapeutica popolare: i "segnatori"
(17/08/19) I "segnatori" erano guaritori popolari che operavano (operano) su patologie di diverso tipo: slogature, ustioni, contusioni, sciatica, verruche, herpes zoster ecc. In genere i "segnatori" erano specializzati e diagnosticavano e curavano un solo tipo di male.

Ol sègn di èrem. "Segnare" i vermi come pratica di guarigione popolare
(13.08.19)  Antonio Carminati - I guaritori popolari operavano (operano) con varie modalità.  I gesti, i "segni", praticati sul malato (o su degli oggetti), sono tra quelli più caratteristiche. Una delle applicazioni più importanti dei "segni" era relativa alle verminosi, specie quelle che colpivano i bambini.

Quando i bimbi morivano in estate
(05.08.19) Antonio Carminati - Ancora alla fine dell'Ottocento la mortalità infantile in Italia, nel primo anno di vita, era pari al 20%, senza grandi differenze tra la regioni.  Era causata in prevalenza da gastroenteriti, ma anche da affezioni respiratorie e setticemia.  I più piccini i patìa tant per ol prìm cold, soffrivano molto per le prime calure, tanto più che  - in tarda primavera - tutti soffrivano per la fine delle scorte alimentari accumulate per l'inverno

Vita e morte nella dimensione rurale
(03.08.19) Antonio Carminati - Oggi la morte è stata rimossa dalla dimensione sociale, senza per questo allontanarne l'angosciosa incombenza. Anzi. L'individualizzazione esasperata la rende inaccettabile in quanto fine di tutto, nell'orizzonte materialista e narcisista della società attuale, limitato all'io, al presente, al piacere,all'efficienza. Nella dimensione rurale, vita e morte si confrontavano tutti i giorni. I cari defunti continuavano, in varie forme, a fare parte della famiglia, della comunità, attraverso varie forme di ricordo e di rito

Quel prato al centro del mondo
(15.07.19) Antonio Carminati - Luglio è il mese della riconquista degli spazi rurali, che al termine della fienagione ritornano ad essere fruibili, con gioia soprattutto per bambini e ragazzi, che finalmente possono correre un po’ dovunque e dare spazio alla fantasia. Il prato era anche una palestra di vita, un prezioso ambito per avviare i fanciulli ai doveri e agli impegni degli adulti.

Giugno: tra intenso lavoro campestre e rito
(16.06.19) Antonio Carminati - Nel mese di giugno, non possono essere dimenticati almeno tre eventi ricorrenti e particolari, assai sentiti e vissuti nel calendario rituale dei contadini: due di essi celebravano i poteri magici della notte, solitamente frequentata dagli spiriti che si volevano propiziare. Queste notti, che cadono nel periodo del solstizio

Il fienile come granaio (in montagna)
(08.06.19) Antonio Carminati - Nella civiltà agropastorale alpina il fieno assume unaforte centralità. Dalla sua raccolta dipende la possibilità di mantenere più o meno animali durante l'inverno, animali da vendere oda utilizzare per il latte, animali produttori del prezioso letame. Dal fieno quindi dipendeva la ricchezza (o la minor povertà, per meglio dire) della famiglia contadina


Tempo di preparazione all'alpeggio
(18.05.19) Antonio Carminati - A Corna Imagna, come in tante realtà delle prealpi, l'alpeggio è praticato spostandosi su maggenghi siti a diverse quote, sino a raggiungere i 1.000 m. Si reata, però, sempre a  moderata distanza dal villaggio. Così il contadino saliva  e scendeva ogni dai pascoli e la sua attività principale continuava ad essere la fienagione. Per le bestie, ma anche per gli uomini, era comunque un periodo atteso.

Maggio: natura fiorita e culto popolare 
(10.05.19) Antonio carminati -  Quando la fede popolare umanizzava e santificava la natura in fiore, i campi, il territorio. Nel mese di maggio, oltre al culto mariano, erano importanti le preghiere e i riti di benedizione delle case, dei campi, dei raccolti ancora incerti. Lo spazio abitato, che andava ben oltre quello "urbanizzato", era presidiato da contrade e cascine e marcato da numerose presenze del sacro, prime tra tutte le  santelle per le quali transitavano le processioni delle rogazioni a marcare lo spazio simbolico della comunità da difendere dal disordine e dalla negatività

Quando la vacca deve partorire. Quand che la aca la gh'à de fà
(05.05.29) Antonio Carminati - Per la famiglia contadina tradizionale, ma anche per il piccolo allevatore di montagna di oggi, l'attesa del parto della vacca è piena di trepidazione. Si spera che nasca una femmina ma si temono le complicazioni del parto. Ancor oggi tutto quello che ruota intorno alla riproduzione bovina nelle piccole stalle è oggetto di pratiche di solidarietà orizzontale che tengono insieme la comunità degli allevatori locali.

Hanno ucciso la montagna (la fine della grande famiglia del nonno)
(15.04.19) Antonio Carminati - Nel racconto autobiografico di Antonio Carminati la "grande trasformazione" degli anni '60. L'entrata nella modernità, vista per di più come limitativa e negativa, attaverso l'esperienza di un bambino che vive il passaggio dalla vita patriarcale di contrada a quella della famiglia nucleare e dell'appartamento "stile città", una distanza di un km o poco più in linea d'aria che segna il passaggio traumatico tra due mondi.


Architettura identitaria. I tetti in piöde, bandiere di identità valdimagnina
(06.04.19) Antonio carminati - In valle Imagna  L'arte delle coperture, della posa delle piöde ha raggiunto particolare perfezione tanto da assumere i connotati di un emblema identitario. Non sono poche, però, le difficoltà nel conservare e far rivivere questo patrimonio di valori culturali (saperi, abilità) ed estetici. Un tema per un utile dibattito con il coinvolgimento delle comunità locali e non solo degli addetti ai lavori.

Pecà fò mars . Il rito della definitiva cacciata della cattiva stagione
(31.03.19) Antonio Carminati - Dopo il carnevale, ancora una volta, per cacciare la brutta stagione, soprattutto la sua pazza coda di marzo, occorre produrre altro rumore, diffondere suoni anche strani nell’aria, insomma fare chiasso e… tanto baccano.  La funzione è sempre stata duplice: da un lato allontanare gli spiriti del male, dall’altro richiamare ad alta voce la bella stagione, facilitando così il risveglio della natura.

Omaggio ai boscaioli emigranti (eroi del bosco, martiri del lavoro)
(25.03.19) Antonio Carminati -  Una vita di sacrifici durissimi, di frugalità, di duro lavoro quella dei boscaioli bergamaschi che emigravano abbandonando le loro valli e le loro famiglia a marzo per recarsi in Svizzera e in Francia. Doveroso ricordarla.

Lgestione del letame nell'economia agropastorale montana

(20.03.19) Antonio Carminati - Lo spargimento del letame nei prati e campi di montagna, utilizzatonaturale. Almeno così era nel passato.  quale fertilizzante, è forse una delle attività maggiormente faticose, ma anche più importanti, sul piano della conclusione di un ciclo.

La stalla e gli altri manufatti dell’edilizia tradizionale

(03.03.19) Una stalla, un prato, un pascolo, una vacca, quando sono in grado di accogliere relazioni generative con la popolazione locale, e quindi di esprimere i caratteri di una visione, rappresentano dei valori, più che dei beni o delle merci. Francesco, Ugo e tanti molti agiscono come tante api operaie, ossia contribuiscono in modo determinante a sostenere l’ossatura e il futuro del “sistema montagna” delle Orobie, presidiando il territorio e difendendo l’insieme delle sue caratteristiche naturali e antropiche.

La distillazione della grappa (una tradizione di libertà)
(23.02.19) Antonio Carminati - Oggi molti possono permettersi di acquistare la grappa (e il mercato ne offre per tutti i gusti) ma distillare in casa frutta o vinacce gratifica con quel senso di indipendenza, di libertà e, diciamo pure, di sfida. La sfida a uno stato che per non perdere le accise sostiene di vietare la distillazione casalinga per "tutelare la salute", disconoscendo un sapere contadino secolare (l'alambicco si diffonde dal Cinquecento).

La caccia alla volpe (e al lupo) nella realtà contadina
(15.02.19) Antonio Carminati - Nel periodo più freddo e nevoso dell’anno, quando cioè gli uomini avevano tempo a disposizione, öna ölta (una volta) i cacciatori più sfegatati, ma anche i contadini meno provetti all’uso dell’archibugio, i vàa a vulp (andavano [a caccia] di volpi).

L'economia delle uova nella società contadina
(05.02.19) Antonio Carminati - Loaröi e loaröle(venditori e venditrici di uova) erano protagonisti di una economia integrativa per il sostentamento del gruppo familiare, sia sotto il profilo alimentare, che per quanto concerne l’introito di qualche pur modesta somma di denaro...

In morte di un complesso rurale di pregio
(22.01.19) Antonio Carminati - La triste parabola di una contrada a oltre 900 m di quota in valle Imagna. Un tempo abitata tutto l'anno, poi alpeggio, oggi consiste solo di prati e di fabbricati in rovina. Quelli ristrutturati trasformati a "uso vacanza". 



La méssa dol rüt
(08.01.19) Antonio Carminati - La méssa dol rüt  (la concimaia) era l'elemento chiave di un paesaggio ordinato che nutriva animali e persone senza inquinare e sprecare risorse

Il Natale dei contadini. Un rito che non scompare: la macellazione del maiale (cupaciù)
(23.12.18) Antonio Carminati - Riti che rivivono, pieni di significato. Ancora oggi la macellazione del suino è occasione per aiutarsi tra giovani allevatori.  Quella che sembrava una pratica da amarcord da vecchie foto in bianco e nero possiamo documentarla come un fatto attuale e in ripresa. La sequenza della macellazione con qualche immagine di insaccatura.