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Agricoltura e società

Michele Corti, 27 Febbraio, 2022


Avanti biogas e fotovoltaico a terra

Incuranti di quello che succede nel mondo, i nostri politici continuano ad assecondare il consumo di suolo, la trasformazione della terra che produce cibo in terra che produce - in modo assolutamente poco efficiente ma molto redditizio (per gli speculatori) - un po' di energia elettrica. A che prezzi? Elevati per il consumatore di energia, per l'ambiente, il paesaggio, l'agricoltura vera che produce cibo sano per le persone. Perché tanto accanimento con le notizie che parlano di grano accaparrato dalla Cima, di scorte di grano per due mesi, di riduzione dei raccolti per mancanza di concimi chimici azotati a causa del balzo del prezzo del gas (anche prima dell'aggravamento della situazione in Ucraina)? Un po' perché c'è un disegno strategico che mira a usare la terra per fare altro che il cibo e comunque a farla passare nelle mani del capitalismo finanziario, un po' perché nei business dei super incentivi pubblici ci sono dietro spesso società opache che riconducono agli stessi politici e ai loro amici. Intanto si loda la proiduzione di cibo senza terra: le vertical farm ("sostenibili" solo per chi le vede come un business di moda, per il Sole24 Ore e Confagricoltura), gli insetti, le alghe, la carne artificiale, le uova senza galline, il falso latte ecc. Tutto pur di staccare il legame tra la terra e il cibo, tutto per togliere autonomia alimentare alle nazioni, ai territori, alle famiglie, alle comunità. Tutto per averle in pugno. Tutto per creare una vita artificale, controllabile, programmabile, manipolabile a piacimento da parte di chi ha il potere economico e scientifico. E mentre il consumo di suolo, per cementificazioni logistica, "bioenergie" aumenta, aumenta anche la superficie agricola persa per il rimboschimento, per la wilderness, con la fauna nociva che prolifera senza controllo e mette in ginocchio sempre più aziende. Una tenaglia che si sta serrando. Una tenaglia ben congegnata, frutto della stessa volontà.

Incuranti delle nuvole nere che minacciano i mercati agricoli, degli scenari di penuria e di pesanti speculazioni che si fanno più concreti, governo e magistratura, con una serie di provvedimenti, dimostrano di voler assecondare la tendenza a ridurre la produzione di cibo, a destinare la terra ad altri scopi. Tanto il cibo lo si può fare senza terra, vogliono farci credere. Ma è una menzogna. Che sia una follia economica ed ecologica è palese, ma per gli interessi della finanza à smart usare la terra per produrre energia elettrica con rese inferiori al (20%) per produrre insalatina al buio delle vertical farm con luce artificiale. Far crescere cellule staminali in brode di ormoni. La terra è un sistema produttivo che sfrutta in modo efficiente l'energia solare con la fotosintesi ma anche con il "lavoro" di funghi, batteri, microfauna che decompongono, riciclano, fissano l'azoto; che favoriscono l'assorbimento di elementi minerali del substrato. Lavoro "gratis". Non piace al capitalismo finanziario che vuole sostituire i fattori naturali, che non si riesce a mercificare, con quelli artificiali, che producono profitto. Coltivare la terra significa rinnovarne la fertilità e amministrarla. Produrre cibo per gli animali - ancor più per gli uomini - impone un minimo di rispetto per i residui potenzialmente dannosi alla salute. Tali limiti non valgono per le coltivazioni energetiche. La terra diventa un supporto meccanico, inzuppata di pesticidi e concimi chimici. E allora, tanto vale l'idroponico (dicono loro), come se milioni, miliardi di persone potrebbero vivere con quello che cresce nei grattacieli. Chi incassa i super incentivi per le "rinnovabili" può permettersi anche i rincari del 200% dei concimi, chi produce cibo in modo pulito no. E così la moneta cattiva scaccia la moneta buona

Fotovoltaico a terra. Ma non era stato bloccato?

La barbarie del fotovoltaico a terra si è rimessa in moto. Si è introdotta la destinzione capziosa tra impianti che coprono completamente la superficie del suolo e che prevede l'installazione dei pannelli su pali d'acciaio alti diversi metri che intercettano la luce del sole ma permettono al contempo di coltivare il suolo. Così spuntano impianti fotovoltaici con i piccoli frutti (quelli che usano i finti agriturismi per avere ore di lavoro sulla carta e ottenere la complementarietà) ma anche con le vigne (al Nord dove la radiazione è nettamente inferiore). E noi, trogloditi, che pensavamo che la qualità delle uve fosse incompatibile con l'ombreggiamento, che pensavamo che i tendoni fossero buoni solo per l'uva da tavola pugliese (irradiata abbondantemente dalla radiazione solare), che le pergole siano adatte per vini leggeri. Chi gestisce gli impianti fotovoltaici sa bene come l'ombra riduca la produzione perché la luce riflessa non è come la radiazione diretta. Lo sa perché conta i soldi in meno che incassa. I contadini lo sanno da sempre e, se piantavano alberi sui bordi dei campi, lo facevano solo per estremo bisogno di legname sapendo bene quanta resa si perdesse.


Un impianto fotovoltaico con il pretesto della vigna, oltretutto bio.


Il TAR della Puglia, annullando il diniego della Regione a un impianto, con la sentenza n. 248 dell'11.02.2022 ha aperto la strada a nuovi impianti.


Progetti di impianti fotovoltaici a terra stanno rispuntando come funghi. Nella pianura padovana, per esempio, su un terreno abbandonato di 40 ha, che era destinato a "Banca della terra" a favore di giovani agricoltori, imcombe un progetto fotovoltaico a terra. La legge regionale, che dovrebbe tutelare i terreni agricoli, ed è in discusisone al consiglio regionale veneto, riguarda comunque solo le "produzioni agroalimentari di qualità, i paesaggi di pregio, le opere di interesse storico artistico". Sono sli stessi (limitati) oggetti di tutela che, in base alle norme quadro nazionali, variamente recepite dalle regioni, avrebbero dovuto tutelare dagli scempi delle centrali a biomasse. Si sa come è andata a finire. Nessuna speranza di un indirizzo che imponga uno stop al consumo di suolo e, soprattutto, alla riduzione delle superfici coltivate per l'alimentazione umana, che sia cementificazione o fotovoltaico a terra. Pare che si voglia distruggere con ogni mezzo la sovranità alimentare.


La nuova corsa alle "rinnovabili" ha per protagonista anche il biogas. Con un emendamento molto apprezzato dal CIB, la potente lobby del biogas (potente quasi quanto quella del lupo, non per nulla sono complementari), nel decreto "Milleproroghe" sono finiti anche i super incentivi per il biogas, un viatico per realizzare nuovi impianti. E' triste vedere le organizzazioni agricole che, per "protestare contro l'aumento dei prezzi" (e della forbice tra quello che si paga e quello che si vende), hanno inscenato manifestaioni molto soft e molto poco partecipate ("non vogliamo disturbare il manovratore!" pare volessero dire). Vedasi l'inutile manifestazione di Confagricoltura a Cremona, davanti a una Fiera senza eventi, vedi i capannelli della Coldiretti in varie provincie. Alle OOPPAA interessa molto di più ottenere incentivi per le agrospeculazioni che danneggiano la generalità della categoria agricola e salvano dal triste destino generale solo pochi privilegiati. Forse (a pensare male si fa peccato ...) quelli più legati alle organizzazioni e alla politica per intenderci (o dei prestanome dietro cui si nascondono opache aggregazioni affaristiche, alle quali non sono estranei i paladini di queste "soluzioni green").

 
Biomasse nocive alla salute

Il governo Draghi e il parlamento hanno fatto diversi regali ai biomassisti: non solo la proroga dei super incentivi, che fa ripartire la progettazione e costruzione di centrali, ma anche i finanzimenti della conversione da biogas a biometano (che quanto meno evita la combustione sul posto della miscela di biogas, che contenedo metano in variabile proporzione è più inquinante del metano puro), lo sblocco del contingentamento degli incentivi per gli impianti approvati nel 2021. Il quadro è terrificante. nella sola provincia di Cremona, quella record in Italia con 200 centrali a biogas, sono progettate ben 57 nuove centrali (11 approvate). L'unica buona notizia viene dall'ATS Padana (ex ASL) di Cremona e Mantova che, notizia di questi giorni, ha opposto diniego all'autorizzazione di un impianto a Sergnano, dove esiste uno stoccaggio di gas naturale e una centrale a biogas da 1 MW (999 kW). Nove anni fa (vai a vedere) sostenevano che, allora erano 138 le centrali in Provincia di Cremona, le loro emissioni si erano "mangiate" il miglioramento dell'aria legato alla riduzione di particolato di fonte veicolare (i vari Euro 3, 4, 5 di auto e, soprattutto TIR). Oggi l'ATS, azienda regionale, 


Qualità dell'aria compromessa dalle centrali di "energia pulita"

Scrive l'ATS padana, motivando il diniego: Le province di Cremona e di Mantova sono, da decenni, territori critici in relazione alla qualità dell'aria a causa, principalmente, delle condizioni meteorologiche sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti. Tra gli inquinanti critici di interesse sanitario rivestono particolare importanza le polveri sottili (Pm10, Pm2,5) a causa dei lori effetti sulla salute. [...] Per entrambi i territorè tuttora attuale il sensibile sforamento del numero massimo di superamenti ammesso dalla normativa per il limite giornaliero delle Pm10 in tutte le Stazioni del programma di Valutazione. Per il territorio di Cremona, a ciò si aggiunge il superamento del limite annuale per il Pm 2,5 in alcune delle stazioni di monitoraggio. Si precisa, per correttezza, che lo sforamento del numero massimo di superamenti ammesso dalla normativa (…) per il Pm10 non rappresenta una criticità univoca della provincia di Cremona o di Mantova ma più in generale di tutta la Pianura Padana. Alla luce di queste condizioni, osserva l'ATS, Si ritiene pertanto che gli impianti di combustione a biomassa in territori con una qualità dell'aria già compromessa da decenni dovrebbero essere realizzati solo nel caso in cui siano finalizzati a soddisfare un bisogno essenziale, quale il riscaldamento domestico. Questo pronunciamento, come si vede, non riguarda solo Cremona, ma anche Mantova, dove pure le centrali sono meno numerose. E allora che senso ha insistere?

Danni all'embiente e all'agricoltura

Le centrali a biogas non risolvono il problema dell'eccesso di liquami e della Direttiva nitrati. Producendo biogas si brucia metano che torna in atmosfera come CO2, con il corteggio degli inquinanti (ossidi di azoto, biossodo di zolgo, IPA idrocarburi policiclici aromatici - alcuni cancerogeni -, acico cloridrico, polveri sottili, composti organici volatili - alcuni cancerogeni, polveri secondarie - derivate dagli ossidi di azoto). Per unità di energia energia prodotta una centrale a biogas produce 10 volte emissioni inquinanti di una centrale turbogas. Le vasche di stoccaggio (problema anche nel caso di produzione di biometano) emettono composti organici volatili, H2S, CH4, NH3, N2O, bioparticolato (spore ecc.). Sono frequenti gli sversamenti di digestato, maleodorante e con fortissimo potenziale inquinante (BOD) nei corsi d'acqua superficiali, poi c'è l'inquinamento delle falde a causa di ripetute e massicce applicazione dei digestati. Ma quello non si vede e, soprattutto, è impossibile individuare i colpevoli. I lauti incentivi sono concessi in nome dell' "economia circolare" e della "risoluzione del problema liquami" e per "motivi ambientali". Intanto va chiarito che, a parte l'azoto che si perde come ammoniaca o N2O dagli stoccaggi dei digestati, l'azoto resta. Cambia solo forma: è in forma ammoniacale. Il che significa che è già mineralizzato e che, se non è rapidamente utilizzato dalle piante viene lisciviato e finisce nelle acque superficiali e profonde. Quanto al carbonio, quello della sostanza organica viene convertito in CH4 e bruciato. Che circolarità è? E' un processo lineare. Quello della combustione.




E' l'equilibrio tra allevamento e coltivazioni che va ripristinato

Nei concimi organici sia l'azoto che il carbonio sono incorporati e riciclati in organismi viventi o accumulati nell'humus che migliora le proprietà del terreno e cede lentamente l'azoto e altri nutrimenti alle piante, mantiene l'umidità, facilita l'assimilazione dei nutrimenti da parte delle piante, le protegge dalle patologie. Oggi i terreni italiani sono maledettamente scarsi di sostanza organica perché la zootecnia si è concentrata in poche aree con allevamenti di grandi dimensioni mentre, altrove, si è puntato alle monocolture vegetali (vedi le distese a perdita d'occhio di uliveti pugliesi, la viticoltura di alcune zone del veneto e della Toscana). Il problema non è "smaltire" i liquami come fossero rifiuti, ma riequilibrare il carico di animali e valorizzare la grande ricchezza dei concimi organici. Ci sono regioni italiane dove la zootecnia è quasi scomparsa, la sostanza organica nel terreno è meno dell'1% e il suolo rischia erosione e desertificazione (specie dove il clima è più caldo). Sono processi attuati sotto al "pressione del mercato". Poi, però, per sanare (o far finta di sanare) i danni ambientali, lo stato deve sborsare risorse ingenti. E a intercettarle ci sono i soliti furbi. Trattare e trasportare il concime organico a grandi distanze è enormemente costoso e la soluzione agroecologica non può che consistere in una redistribuzione degli allevamenti, non nell'ulteriore concentrazione delle mega stalle. Ma c'è anche il danno all'agricoltura. Le centrali a biogas, per ottenere buone rese, bramate da chi fa i conti sugli incentivi, non funzionano quasi mai con i soli liquami. Esattamente come avviene con l'apparato digerente di un ruminante, per avere produzioni "spinte" si riduce la fibra e si aumenta l'amido. Ecco allora che si utilizzano, oltre ai liquami, biomasse vegetali, appositamente coltivate (quando non si usano sottoprodotti dell'industria alimentare umana come crusca, farina). Così si sottragono terreni per la produzione di alimenti per il bestiame e per l'alimentazione umana o si fa direttamente concorrenza a chi produce alimenti per il bestiame e che riciclerebbe molto meglio certi sottoprodotti. Un assurdo con i prezzi dell'alimentazione animalie che schizzano in alto. Chi incassa incentivi per le "rinnovabili" ha comunque interesse a integrare l'alimentazione dei biodigestori , ha interesse a pagare i sottoprodotti e gli scarti sottraendoli a filiere virtuose, ha interesse a prendere in affitto terreni (per poter spargere i digestati e per produre biomasse) sottraendoli (un gioco sin troppo facile) agli agricoltori che si dibattono in condizioni di costi alle stelle e di prezzi che non riiescono a stare dietro neppure all'inflazione, spingendo in su il mercato degli affitti come hanno fatto in questi anni. Ovviamente possono permettersi di pagare di più anche i contoterzisti. 



Falso ambientalismo

A benedire le biomasse e il fotovoltaico "agricolo" sono gli ambientalisti istituzionali (Legambiente) che fanno finta di ignorare gli impatti negativi e si fermano alle parole che imboniscono il popolino urbano: "rinnovabilità", "economia circolare", "sostenibilità".  Sanno bene cosa c'è dietro ma fanno parte della torta e pensano solo a decantare le lodi di queste biotruffe. Poi si salvano la coscienza pseudoambientalista con la wilderness e il lupo. Ma non è solo un salvarsi la coscienza a danno dei rurali, è anche parte del piano. Perché per togliere l'autonomia alimentare ai popoli, per affermare il monopolio dei miliardari su tutto, e anche sul cibo, è assolutamente funzionale sottrarre, come vogliono gli ambientalisti, il 50% delle terre emerse alle attività umane e farne parchi incontaminati. A proposito, lo sapevate che a Cremona, in mezzo alle centrali a biogas con la densità maggiore d'Italia sono arrivati (dove non lo sono) i cari lupetti? La morsa si sta chiudendo. Sta stritolando l'agricoltura.



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