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Commenti/Made in Italy McDonaldizzato?

 

  

 

 

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Lo spot per la McBresaola veramente Made in Italy di Zebù congelato brasiliano.

Una presa per i fondelli per la Valtellina e per l'Italia. Ringraziano il Sig. Rigamonti e McDonald's

Si potrà dire di tutto di FN ma non che siano Radical-chic

 

 

 

 

(05.02.10) L'operazione McItaly non fa che inserirsi in una strategia di differenziazione di McDonald, attuata per evitare la 'crisi di rigetto'. Ed era già cominciata con il connubbio con il Parmigiano Reggiano Dop. Ma si rischia di fare del Made in Italy alimentare la replica del tessile.

 

'McDonald 'convertito' sulla via di Damasco da  super Zaia o Made in Italy McDonaldizzato?

 

Operazione fortemente ambigua quella di McItaly. Un pout pourri di cibi IGP e DOP finisce nei panini di McDonald's. Un sincretismo di italicità ben poco 'federalista', così come poco leghista è la benedizione del simbolo del mondialismo alimentare.  E Zaia reagisce un po' sopra le righe alle critiche lasciandosi andare alla demagogia e offendendo i consumatori bio

 

Ha ricevuto molta enfasi l'operazione McItaly scattata il 27 gennaio con il patrocinio del Ministero dell'agricoltura e con Zaia testimonial entusiasta.  E' bastato un panino con un po' di prodotti Dop e Igp per 'benedire' McDonald's. Tanto entusiasmo ha fatto anche parlare di 'nuovi sbocchi di mercato' e di un futuro radioso per i 'contadini italiani' proiettati in una globalizzazione 'buona' che porta nel mondo l'identità alimentare italiana.  Carlin Petrini si è molto prudentemente riservato un giudizio

 

'Non prendo una posizione netta e faccio delle domande a McDonald's: mantiene la qualità media di un prodotto italiano? I contadini vengono pagati in modo giusto? Quando saprò le risposte dirò da che parte sto'. 

 

Ma ha anche detto:

 

Ho paura che la dichiarata 'svolta identitaria' - secondo le parole di Zaia - che l´operazione McItaly porterà all´agricoltura italiana possa rivelarsi né più né meno che una cancellazione d´identità in favore dell´omologazione. Una standardizzazione che va invece verso l´identità di un solo marchio, un brand sovranazionale noto a tutti, con il suo 'gusto inconfondibile' che infatti riconosciamo benissimo anche senza dover entrare in un fast food, perché è sufficiente avvicinarcisi, a Roma come a Parigi, a New York come a Shangai. Anche se servono il McItaly, il McGreek, il McLobster o il McHuevo.

 

Ad attaccare duro ci ha pensato il Guardian che ha parlato di 'mostruoso tradimento'. Attacco volgare che non ha credibilità dato l'antiberlusconismo viscerale (cui non sfugge anche po' di anti-italianismo) della testata sinistorsa britannica.  Ma Zaia ha risposto scrivendo direttamente al direttore,  tirando in ballo Stalin (ma cosa c'entra?) e facendo non poca demagogia con l'argomento del 'biologico appannaggio di chi ha il portafoglio pieno e la coscienza leggera' (veramente un po' troppo!).  Poi se l'è presa anche con Ermete Realacci che ha 'osato' criticare il patrocinio offerto dal Ministero alla multinazionale. Il fatto è che le stesse cose della sinistra le dice la destra:

 

Questa operazione di marketing è vergognosa ed è al limite della legalità. Vengono spesi soldi pubblici per aiutare un privato, una multinazionale che dovrebbe - invece - essere contrastata per il bene dell’interesse pubblico. McDonald’s non ha bisogno di favori. Con che coraggio si può presentare come il paladino del - made in Italy- di fronte a produttori ed esercenti messi in ginocchio dalla grande distribuzione straniera? Se - poi - identifica il McDonald’s come alfiere di operazioni ‘culturali’ siamo messi bene. Questa è una subcultura da combattere: la cultura dello sfruttamento e del junk-food (il cibo spazzatura). Il suo ruolo istituzionale dovrebbe impedire una vergogna del genere.’  (comunicato strampa di Forza Nuova)

 

 Tutti i critici di McItaly per il Ministro sarebbero 'radical-chic'. In realtà Zaia reagisce un po' sopra le righe perché si rende conto che i critici non stanno solo sinistra. Anzi, sono  forse più numerosi e incazzati a destra e nella Lega.  Il Ministro sa bene che  McDonald's è stato il bersaglio della destra identitaria (e non si parla di formazioni estremiste) cui fanno riferimento anche non pochi esponenti del suo partito schierati contro il 'mondialismo'. Essi   amano le multinazionali a stelle strisce ancor meno di quella sinistra chevorrebbe tappare loro la bocca in nome del multiculturalismo, del buonismo, dell'internazionalismo e via discorrendo. Non crediamo poi che nella destra ex-an siano felici della fusione tra Tricolore e Stars and Stipes. E allora ci si chiede: vale la pena scontentere  destra e  sinistra, mettere in crisi non pochi del suo stesso partito, offendere i consumatori bio per McDonald's? Parrebbe di si perché:

 

Noi siamo certi di essere dalla parte dei contadini, dell’agricoltura di qualità e dei ragazzi italiani. Giovani che, tutti, non solo i figli delle famiglie abbienti, devono poter conoscere i grandi prodotti Dop del nostro Paese

 

Tutto ciò lo garantirebbe McDonald's!? Tralasciando gli aspetti ideologici e restando con i piedi per terra vogliamo fare comunque presente (se il diritto di critica esiste ancora) che è ambiguo e pericoloso per l'agricoltura vera (c'è n'è tanta che è un appendice colonizzata dall'industria) far credere che il solo entrare in enormi canali di distribuzione tuteli il reddito dei produttori (per non parlare di qualità e di conservazione dei 'giacimenti' enogastronomici).  

Zaia da per scontato che gli interessi del 'sistema' agroalimentare siano omogenei. Ma come fa ad essere così sicuro? Far 'girare' un grosso apparato di trasformazione e distribuzione a volte mette ancora più in difficoltà i produttori agricoli che si devono confrontare con il peso contrattuale accresciuto della controparte, con meccanismi di fornitura insiostenibili e con la tentazione dell'industria di ricorrere - lungo la filiera - a sempre più componenti di materia prima agricola provenienti dal mercato globale (mettendo fuori mercato le corrispondenti produzioni 'nazionali').

Del resto sono proprio alcuni prodotti di punta del Made in Italy (pensiamo al Parmigiano Reggiano) che lamentano di essere 'strangolati' dalla GDO e che hanno chiesto proprio a Zaia di battersi a Bruxelles  per gli ammassi sovvenzionati, peraltro dopo aver ottenuto dal governo di far ritirare montagne di prodotto dal mercato per consegnarlo agli 'indigenti'. La GDO 'gira', l'industria di trasfomazione anche, ma la remunerazione del prodotto agricolo scende. Non va dimenticato poi la la maggior parte della GDO è in mano a catene estere che per ora si approvvigionano per la maggior parte in Italia ma domani?

 

Carne 'nazionale' e prodotti Dop e IGP: un Made in Italy alimentare sempe più simile al tessile?

 

L'operazione McItaly viene 'venduta' come un successo dell'agricoltura italiana. Del Made in Italy alimentare. Ma è la stessa cosa? Anche i capi di abbigliamento cinesi fatti a Prato sono Made in Italy. Una situazione, quella del tessile, che fa comodo anche agli industriali italiani che hanno delocalizzato e sostengono che nel Made in Italy c'è comunque lo 'stile' italiano (anche quando i tessuti sono prodotti altrove e le confezioni sono prodotte altrove). Nell'alimentare l'industria (Federalimentare) spinge per definire un Italian food sganciato dall'origine agricola e legato allo 'stile', alla capacità tecnologica, all'esperienza dell'industria alimentare ma sempre meno vincolato possibile ad una filiera che parte dalla produzione agricola. Nel McItaly alcuni prodotti di punta sono rappresentati da IGP emblematiche di un Made in Italy globalizzato. La Bresaola IGP della Valtellina, come è noto, è al 95% un prodotto industriale, ottenuto con carni congelate di Zebù sudamericano. Aggiungasi che la manodopera è spesso extracomunitaria. Sulla Bresaola Zaia aveva avuto già modo di far capire come il suo impegno sia più  per l'industria di trasfromazione che la produzione agricola. All'inizio del 2008 erano state introdotte dalla UE delle restrizioni alla importazione di carne brasiliana giudicata poco sicura . Allora tra Zaia e la Coldiretti ci fu una feroce polemica, con la CD che accusava il Ministro di essere troppo sollecito nel chiedere alla Ue di rivedere le restrizioni alla carne brasiliana e di essere 'dalla parte degli industriali'. Zaia in effetti disse preoccupato:

 

 'La bresaola è uno dei gioielli (sic) del nostro agroalimentare di qualità. Voglio esprimere ai responsabili di Bruxelles tutta la mia apprensione per il comparto. Bisogna trovare strategie che, senza alterare l'impianto complessivo della politica commerciale della Ue nel settore carni, permettano di tutelare la specificità della produzione di bresaola e i lavoratori dell'indotto.'

 

La risposta della Coldiretti era stata di irrituale durezza:

 

'è particolarmente grave che un ministro, anziché valorizzare la produzione Made in Italy di carne bovina, intervenga a favore dell'importazione di carne dal Brasile". L'Europa - chiosava la Coldiretti - aveva fatto bene a bloccare quella carne 'per evitare che nei piatti dei cittadini europei finiscano carni provenienti da zone a rischio di malattie come l'afta epizootica'.

 

E' evidente che sul Made in Italy alimentare ci sono a dir poco due 'visioni'. Quale sia l'idea di 'gioielli' dell'enogastronomia Zaia ha avuto modo di chiarirlo anche in altre circostanze. Recentemente (novembre 2009) Zaia ha salutato con entusiasmo la definitiva approvazione da parte della UE della modifica del disciplinare di produzione del Bitto Dop, modifica che introduce in un gioello vero (altro che la bresaola di zebù!) l'uso dei mangimi per l'alimentazione delle vacche (prima alimentate solo al pascolo di alta montagna) e dei fermenti selezionati liofilizzati (nella lavorazione del latte). A chi giovano queste modifiche? Al produttore no visto che il prezzo che gli viene riconosciuto è calato parallelamente all'aumento della quantità e allo scadimento della qualità. Ai grossi stagionatori (le coop lattiero-caseatrie valtellinesi e qualche industriale privato) si. Un altro 'gioiello' sfregiato, dopo il Castelmagno moltiplicato a dismisura con l'utilizzo del 90% di foraggio 'da fuori' e ridotto a 'Castelgesso', dopo il Culatello di Zibello che dalla stagionatura artigianale nella nebbia invernale bassopadana è passato alla produzione industriale. Sfregi che servono solo ad una industria che non ha la lungimiranza di lasciare qualche 'nicchia' di vera eccellenza artigianale e che invece di 'fare sistema' e costruire una immagine articolata dell'Italian food (in connessione con il turismo)  pensa a sfruttare la rendita di posizione di una denominazione (finché non l'ha svuotata). In Francia non 'livellano' i Gran Cru Classé a Bordeaux Aoc per far piacere a qualche grosso industriale o cantina sociale ... e non pensano neanche di fare McFrance!  Ma torniamo alla  Bresaola nel McItaly.  Francesco Arrigoni (critico enogastronomico del Corrierone)  l'ha così commentata nel suo blog:

 

Sicché la carne di zebù trasformata in Bresaola della Valtellina IGP che finirebbe nell’ipotetico McItaly in vendita a Ceadr Falls – Iowa, partirebbe dalle praterie brasiliane per essere trasformata in Valtellina e quindi ritornare nel continente americano (questa volta settentrionale) per deliziare le papille degli americani che sicuramente sapranno apprezzare le delizie del “taste of Italy” con contorno di migliaia di chilometri

 

Quanto allo speck e alla pancetta dell'Alto Adige/Südtirol i maiali utilizzati sono meno esotici degli Zebù dei pascoli sudamericani ma altrettanto rigorosamente global (ovvero provengono da dove il prezzo è basso e con suino pesante 'nazionale' non hanno nulla a che fare). Rimane da dire qualcosa sulla sbandierata 'carne nazionale'. E' noto che negli hamburger non vanno a finire le costate di Chianina o i controfiletti di Piemontese. La carne Made in Italy di qualità - fatta da allevatori veri - è altra cosa. E' 'nazionale' perché proviene dai macelli nazionali che si riforniscono - per questi scopi - di bestiame da latte 'da riforma' (o peggio da 'rottamazione', ovvero vacche che non si reggono in piedi o stanno in piedi a malapena). Nulla di più falso che questa carne contribuisca al reddito degli allevatori che prendono poco o nulla per le bestie vendute e spesso sono soddisfatti se la bestia male in arnese viene portata via evitando magari una macellazione sul posto o ( con costi a carico dell'allevatore). Non si dice che è carne 'cattiva' ma non si dica, però, che  è un modo di aiutare l'agricoltura. Si aiuta l'industria di macellazione. Quello si.

Se poi la carne fosse di 'vitellone precoce', che, però,  ha altri mercati e difficilmente finisce in hamburger, avremmo sempre a che fare con un vitello nato all'estero e ingrassato in Italia con largo uso di componenti 'globali' dell'alimentazione. E anche in questo caso non si 'beneficerebbe' un 'contadino' ma delle grandi aziende zootecniche industriali (spesso 'integrate', ovvero appendici, delle industrie di macellazione e/o dei mangimifici industriali).

 

Un pout pourri

 

Arrigoni, pur precisando di andare ogni tanto da McDonald's e di non scandalizzarsi per McItaly, a proposito del panino che simbolegga e sintetizza l'italian food commenta:

 

Quello che non mi sembra funzioni è il pout pourri di ingredienti: carciofo laziale, olio extravergine d’oliva dei Monti Iblei DOP, formaggio Asiago DOP e Bresaola della Valtellina IGP. Troppi ingredienti e una sovrapposizione di proteine di carne con formaggio.

 

Sarà tutto cibo 'tracciato' come dice Zaia ma non sfugge alla McDonaldizzazione: è un unifood. Nell'alimentazione della vacca da latte 'spinta' si usa anche in Italia dagli anni '70 l'unifeed di derivazione, guarda caso, Usa. Il principio è lo stesso: mescolare, far perdere l'individualità dei singoli ingredienti e facilitare l'ingozzamento in tempi rapidi. Sia da parte delle vacche che dei consumatori umani. Da un punto di vista della 'identità alimentare italiana' che, secondo Zaia, verrebbe promossa e esaltata, abbiamo a che fare con un  con un sincretismo 'fusion' che mescola Nord e Sud, ma non in modo 'federalista' (dove le identità restano riconoscibili). Questo McItaly dovrebbe risultare indigesto ai leghisti che già devono sentirsi dire che McDonald's -  considerato un simbolo della globalizzazione 'cattiva' e del mondialismo alimentare - è diventato 'buono'. Altrettanto scontenti i 'sudisti' i cui prodotti sono inseriti come 'condimento' per dare una spruzzata simbolica di 'mediterraneità'.

E dal punto di vista dietetico e dell'educazione alimentare? Un po' di olio extravergine, un carciofino laziale, una cipollina di Tropea redimono il 'peccato originale' e il 'marchio di fabbrica' di un bel carico di proteine animali? Mescolare proteine da carne e da latte, come osserva Arrigoni,  non è il massimo.

Sorge poi una domanda. Se di speck e pancetta e bresaola se ne può produrre a piacimento (è pura 'manifattura', materia prima che viene prodotto che va) come la mettiamo con i palermitani Monti Iblei o con il veneto Asiago? Va bene che l'altopiano omonimo la Dop casearia veneta non lo vede spesso nemmeno di lontano ma il 'bacino' di produzione è comunque quello che è, a meno che non si arrivi agli allevamenti senza terra o quasi, meri 'trasfromatori' di mangimi globali e produttori di energia elettrica e concimi chimici (la merda se non torna sui prati e sui campi da 'trattata' industrialmente). Se McItaly 'tira' che si fa? Quanto agli ulivi ci vuole un po' a produrre. Di fronte a un grande successo qualcuno potrebeb suggerire di adottare la 'visione' del Made in Italy di Federalimentare, del presidente Auricchio: non formalizziamoci troppo è italian quello che reca l'impronta della creatività e della tecnica italiane.

 

Stategia di differenziazione, ma il 'peccato originale' resta

 

Qualla che sembra una 'rivoluzione' è una strategia di McDonald's già in atto da tempo. McDonald's ha 'sfondato' per l'atmosfera efficiente, per l'assenza di formalità, per i gadget dei bambini, per le toilette pulite, perché ovunque vai nel mondo 'sai cosa ti aspetta' in temini di prezzo, prodotto, servizio. Ma non per il cibo. La gente va da McDonald's nonostante il cibo, che non piace a nessuno fuori dagli Usa. Alla lunga non poteva reggere e darebbe stato prevedibile un rigetto. L'operazione Parmigiano (che ha preceduto McItaly) ha tanti altri riscontri nel mondo. McDonald's cerca di adattarsi ai gusti locali e alle nmaterie prime locali. Da tempo ha anche inserito un po' di insalatine a complemento delle grevi proposte ipercaloriche ed iperproteiche. Così la mamma a dieta o vegetariana può andare insieme alla famiglia senza suscitare conflitti. Ora il papà o un ragazzino si 'faranno' il McItaly. nel complesso è un sistema per mantenere consumatori e proporre il 'core menu'.  E la diseducazione alimentare continua. In dieci minuti, grazie alla interposizione in strati di pane molliccio che facilita la rapida masticazione e assorbe le salse e gli aromatizzanti, il consumatore ingurgita una consistente quota del fabbisogno calorico giornaliero. Quanto alla composizione è quanto di più lontano dalle raccomandazioni dietetiche, dalla 'piramide alimentare mediterranea' che propone una drastica limitazione della carne.

Se le autorità fossero altrettanto attente al campo alimentare quanto alla qualità dell'aria i McDonald's dovrebbero essere chiusi. Ma nel primo caso viene bloccata,  limitata o tassata la circolazione di autoveicoli 'inquinanti' (auto con pochi anni di vita la cui rottamazione non è certo priva di impatti ambientali e costa energia). Ergo si da ossigeno all'industria. Nel mondo del cibo tutelare la salute vorrebbe dire mettere in crisi l'industria.

E cosa dire a questo del modico 'sovraprezzo' che consente, aggiungendo 1,5 € al pasto standard, di assumere dosi maxi e di ingozzarsi di una quantità di calorie e proteine che soddisfa, con un breve pasto, quasi tutto il fabbisogno nutritivo giornaliero? E' educazione alimentare? E' promozione della salute pubblica?

Qualcuno - tra cui ceramente alcuni che probabilmente non hanno mai messo piedi in un McDonald's - sostiene a questo punto che 'sparare' contro McDonald's è uno snobismo che non tiene conto che la catena consente a chi ha poche possibilità economiche, specie in tempo di crisi, di sfamarsi. Viene da dire che, in tempi di crisi, è possibile a mezzogiorno consumare un vero pasto in trattorie più o meno tradizionali a 10 € (a volte anche meno). La differenza di prezzo con McDonald's è più che giustificata dal servizio e dal ben diverso 'tempo di occupazione' del 'coperto' (parlando in pieno inverno non è cosa da poco poter cincischiare un po' al calduccio piuttosto che essere costretti da un servizio rapido e da un sistema cronometrico a togliersi di torno).

 

E il 'sacro' tricolore?

 

Se per i leghisti vi è più di un motivo per non digerire bene i panini McItaly per gli ex-aennini non dovrebbe essere tanto piacevole vedere il tricolore ibridato con le star and stripes per promuovere McItaly. Ironia, si, certo. Ma sulla bandiera ci sono leggi e leggine che ne tutelano la 'religione'. E' espressamente vietato usarla in modo improprio, figuriamoci mescolata a un altra bandiera.  D'accordo che è religione praticata da poche vestali e sacerdoti, d'accordo che basta vedere quante bandiere lercie e sfilacciate che sventolano mestamente sugli edifici pubblici per capire quanto conti il Tricolore (al di fuori delle occasioni calcistiche), ma pur tuttavia a qualche collega di Zaia il McItaly 'americanizzato' potrebbe andare di traverso.

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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