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Altri materiali

M. Corti. L'allevatore diventa un operatore zooenergetico. E il latte? (pubblicato in Caseus, anno XII, n. 2, marzo-aprile 2007, pp. 21-22) (PDF)

 

 

 

(23.06.11) L'abbattimento dei nitrati zootecnici, con sistemi analoghi a quelli degli impianti di depurazione degli scarichi civili, rappresenta uno scandalo ecologico, ma anche una questione morale. Esperti e ambientalisti tacciono perché coinvolti nel business

 

Siamo al far-west: corsa degli speculatori ad accapparrarsi liquami e insilato di mais bioenergetico

di Michele Corti

Le soluzioni prospettare per 'risolvere' il problema nitrati appaiono pericolose e insostenibili: spingono verso gli allevamenti senza terra, rafforzano la speculazione sulle colture bioenergetiche, legano mani e piedi agli allevatori ... e non fanno altro che spostare il problema di fondo di un ciclo azotato squilibrato e sprecone

 

Tra Bergamo e Brescia alcune società si offrono di provvedere alla realizzazione, a loro spese, di impianti di biogas (da liquami e mais) con trattamento secondario di abbattimento dei nitrati. Si riservano tutti i proventi energetici, acquisiscono diritti di superficie per lunghi periodi e vincolano gli imprenditori agricoli al conferimento della quantità pattuita di liquami. Un ciclo ad alta insostenibilità spacciato per 'ecologico'.  Uno degli aspetti più inquietanti è che questi progetti prevedono un largo uso di insilato di mais per la funzionalità dei digestori anaerobici che, con i soli liquami, sarebbero molto meno efficienti e produrrebbero meno sovvenzioni (in quanto all' energia 'netta', tolta tutta quella fossile impiegata nei cicli a monte, questi sistemi ne producono pochina). Al di là della pressione sul prezzo del mais e sugli affitti dei terreni (ce ne siamo già occupati su Ruralpini a più riprese, vedi colonna a fianco con i link agli articoli) ci sono altri aspetti preoccupanti.

Si finge di fornire una 'soluzione' ad una situazione divenuta drammatica con la Direttiva nitrati ma non s dice che la ricerca di soluzioni problematiche come l'abbattimento dell'azoto con bioreattori o con metodi chimici è la conseguenza del non avere per tempo introdotto dei correttivi e fornito alternative a un sistema zootecnico industrializzato partito per la tangente. Un sistema  caratterizzato dalla tendenza a creare enormi surplus di azoto con i conseguenti  impatti ambientali negativi (eccessivo accumulo nel terreno, lisciviazione e contaminazione delle acque di falda, eutrofizzazione delle acque superficiali, emissioni di ammoniaca e ossidi di azoto in atmosfera). Oggi  i 'rimedi' che vengono prospettati e, in qualche caso, adottati determinano a loro volta pesanti impatti ambientali e non fanno altro che spostare il problema.

 

Una via antiecologica spacciata per virtuosa

 

La produzione delle proteine vegetali e animali destinata all’alimentazione umana richiede una grande quantità di energia non rinnovabile (N-fertilizzante, lavorazione terreno, coltivazione). I sistemi di produzione di biogas e abbattimento dell'azoto distruggono sostanza organica trasformandola in C02 e degradano azoto 'pregiato' a N2 (azoto molecolare disperso in atmosfera).  Tolto l'azoto (immettendolo a caro prezzo energetico in atmosfera) i fanghi secondari si concentrano in fosforo (che si prevede già di abbattere con trattamenti 'terziari'. Ma poi ci sarà il problema del potassio e poi di altri elementi compresi gli insidiosi metalli pesanti con i quali non si può certo scherzare. Una strada senza via di uscita che solo un sistema di expertise fortemente coinvolto nel business può avallare. Ben sapendo che è un vicolo cieco sia l'accademia che la politica non hanno il coraggio di assumersi le proprie responsabiltà. Gli stessi ambientalisti si guardano bene dal porre la questione della reale 'sostenibilit' di certe soluzioni tecnologiche perché sono troppo coinvolti (in termini economici) nei vari business delle 'rinnovabili'.

Il business del 'rientro dai nitrati', combinato con quello delle energie rinnovabili (sostenute da incentivi drogati) sta riportando indietro la storia. Vent'anni fa la strada della 'depurazione' dei reflui zootecnici era stata bollata da politici, tecnici, scienziati come assurda e insostenibile. La legge regionale della Regione Lombardia del 15 dicembre 1993  n. 37 ("Norme per il trattamento, la maturazione e l'utilizzo dei reflui zootecnici") era statata antesignana nella materia e aveva scoraggiato in vari modi la strada della depurazione incentivando, invece, l'utilizzo agronomico delle deiezioni considerare una risorsa. Esse - una volta stabilizzate ed eventualmente sottoposte a trattamenti meccanici - sono fonte di prezioso materiale fertilizzante. Nessun contributo pubblico era previsto per gli impianti di depurazione.

 

Si torna alla depurazione (ma non si usa la parola) dei reflui zootecnici

 

Oggi, nell'omertà generale, si propone come soluzione del 'problema nitrati' la stessa via che vent'anni fa era stata bollata come assurda e antiecologica: si torna a trattare i reflui  (o i 'digestati', che sono reflui trattati) come i reflui civili con il sistema di bio-ossigenazione 'nitro-denitro' che 'abbatte' sino all'80% dell'azoto. Ma a che prezzo? I prezzi sono due: uno che si paga subito in termini energetici  (l'energia assorbita dal processo di depurazione), l'altro che si paga nel ciclo antropogenico (umano, industriale) complessivo dell'azoto e che coinvolge anche sistemi agricoli posti dalla parte opposta del pianeta. Una strada che chiunque conosca i rudimenti dell'agronomia e dell'ecologia sa essere una strada da 'ciclo dello spreco', da logica di risorse trasfrormate in rifiuto e quindi trattate per produrre... business.

Il sistema nitro-denitro è applicato normalmente alle acque reflue degli scarichi civili e prevede una fase di aerazione in cui l'azoto ammoniacale viene ossidato a nitrito (per azione dei batteri Nitrosomonas), poi a nitrato (nitrificazione per opera deibatteri Nitrobacter). L'ossigenazione forzata della massa nelle vasche non è 'gratis'; bisogna impiegare energia.  Questa fase è seguita da un apporto in carbonio organico (altra sostanza organica distrutta), poi da una fase di assenza di ossigeno  in cui le forme di azoto ossidate sono ridotte in azoto molecolare (denitrificazione).

 

Dal punto di vista dell'efficienza biologica ed energetica il punto critico è che si va ad allungare il ciclo dell'azoto naturale. In natura solo una parte minima dell'azoto presente nella biosfera viene trasformato in azoto molecolare. È molto più efficiente in termini energetici il riciclo. I funghi che utilizzano i detriti organici (corpi morti di organismi animali e vegetali, prodotti di 'scarto') trasformano le sostanze azotate in ammoniaca che viene in parte assorbita come tale dalle radici delle piante e, in modo più importante, nitrificata dagli 'appositi' batteri consentendo alle piante di assorbire l'azoto come nitrato (NO3-). Una piccola parte sfugge al riciclo per opera deibatteri denitrificanti. Quanto 'sfugge' in atmosfera provvedono poi i microrganismi azotofissatori (presenti in simbiosi sulle radici delle piante, nel terreno o nelel acque) a farlo rientrare nei cicli biologici. Quello che succede con lo sconvolgimento industriale dei cicli dell'azoto è schematizzato nella figura sotto.

 

 

Unciclo dello spreco e dell'inefficienza biologica ed energetica

 

Il ciclo naturale è altamente efficiente, quello industriale altamente inefficiente. Tutto è iniziato quando l'industria ha imparato a catturare l'azoto atmosferico e a sintetizzare ammoniaca anidra, base della produzione nei concimi chimici azotati (oggi la fissazione industriale dell'azoto equivale al 30% di quella totale con una tendenza alla crescita).  Si tratta di un processo che è energivoro e che, almeno sino ad oggi, contribuisce anche a dilapidare le risorse di energia fossile sotto forma di gas naturale necessario per produrre l'idrogeno a sua volta indispensabile nel processo di sintesi dell'ammoniaca (NH4+) Bastano pochi dati per capire il carattere di 'ciclo dello spreco' del ciclo azotato industriale: solo il 10% dell’azoto utilizzato per le produzioni vegetali si trasfroma in proteine nutritive, i consumatori umani assimilano l’1% dell'azoto ingerito (ed è sempre troppo per la salute!), il 99% dell’azoto pregiato finisce in fognatura come rifiuto. Non parliamo poi del cibo che va direttamente in spazzatura.

 

Tornano i 'famigerati' allevamenti senza terra (o quasi)

 

La logica riduzionista imposta da un pensiero tecno-scientifico parcellizzato-industrializzato impedisce di comprendere che la sostanza organica bruciata nei nostri digestori, e l'azoto volatilizzato in atmosfera, corrispondono ad un eccesso locale che ha necessariamente corrispondenza con realtà di sistemi agricoli carenti di sostanza organica, carenti di azoto organico. Sistemi di produzione vegetale impegnati per alimentare i sempre più numerosi capi zootecnici degli allevamenti quasi senza terra. Sì perché grazie dall'adozione dei sistemi di abbattimento dei nitrati e dalla 'furba' equivalenza dei digestati ottenuti da questi processi al concime chimico (che consente di spandere sino a 340 kg di azoto da digestati anche nelle aree vulnerabili) gli allevatori potranno allevare ancora più animali rispetto a quelli giù fin troppo numerosi che hanno nelle stalle e nelle porcilaie.

Osserviamo per inciso che la 'furbata' del digestato = concime chimico (in opposizione a quanto stabilito dalle leggi vigenti) è stata attuata grazie ad una surrettizia 'legiferazione' (con circolari e software) dai burocrati della DG Sistemi Verdi della Regione Lombardia. Essa  - purtroppo - sta per trovare legittimazione anche sul piano nazionale sulla base di accordi  in discussione in sede di conferenza stato-regioni

Ma torniamo al richio di allevamenti ancora più intensivi ed industriali. I calcoli sono presto fatti: se sarà possibile distribuire il doppio di azoto da reflui, e se nel refluo viene abbattuto dell'80% il contenuto di azoto, sarà di conseguenza legalmente consentito allevare dieci volte tanti suini o vacche da latte per ettaro rispetto alla norma attuale (per quanto apertamente elusa). Allevamenti senza terra o quasi. C'è da ridere per non piangere se si pensa che, oltretutto, con la corsa al biogas le superfici adibite a colture foraggere stanno per essere drasticamente ridotte.

Da dove verranno gli alimenti per sfamare un patrimonio zootecnico che potrebbe anche aumentare? Dal mercato 'globale', un concetto economico astratto ma che poi ha dei necessari riscontri reali, agroecologici. Vorrà dire che ci saranno dei sistemia agricoli (senza animali) che produrranno solo per gli animali 'altrui' (avviene già). E non si tratta solo della fornitura di soja (azotofissatrice) ma, a questo punto, della necessità di soddisfare la mancanza di energia delle razioni zootecniche. Una 'fame' che può essere compensata solo dai cereali, che di concimazioni azotate ne richiedono eccome. Anche se (ammesso e non concesso) che l'uso dei fertilizzanti chimici azotati venisse nei nostri allevamenti intensivi padani ridotto a zero grazie ai digestati, l'industria del concime chimico azotato e, a monte, dell'ammoniaca è destinata ad incrementarsi. Noi volatilizziamo azoto spendendo energia, altri devono catturare l'azoto che noi rilasciamo in atmosfera (sempre a caro prezzo energetico).

Le conseguenze vanno valutate anche alla luce della riduzione di apporti di sostanza organica (conseguene al maggior uso di concimi chimici di sintesi nei sistemi agricoli senza animali). Qui il terreno potrebbe risultare carente di sostanza organica, di humus: ma la sostanza organicaviene in parte incorporata nelle sostanze umiche che rispondono ad esigenze di mantenmimento della struttura del terreno (glomerulare stabile), di scambio cationico, di assorbimento di elementi mobili facilmente dilavabili,  ha capacità di immobilizzazione e inattivazione di molecole bioattive quali gli erbicidi la capacità di  trattene l’acqua e tenere adeguatamente arieggiato il terreno, rappresenta una riserva di elementi nutritivi (anche microelementi) rilasciata lentamente con la graduale mineralizzazione delle sostanze umiche stesse. Non sono conseguenze da poco quelle di una carenza di sostanza organicca nei terreni agricoli.

 

Gli incettatori di liquami e silomais: agricoltura imbrogliata

 

Tutto ciò non è assolutamente sostenibile ed è giustificato con una politica di interessi speculativi che stanno mettendo le mani sull'agricoltura. A Covo, in provincia di Bergamo, al confine con Antegnate - Bs, si sta realizzando un impianto di biogas con successivo trattamento del digestato in vache (bioreattori). La superficie richiesta è di 24.000 m2 che verranno concessi in diritto di superficie alla società energetica per 23 anni. Per quindici anni gli agricoli si devono impegnare a consegnare le quantità pattuite di liquami. L'impianto (il solito 'piccolo impianto agricolo' da 1MW avrà bisogno di un 50% di insilato di mais (percentuale sul gas prodotto). La società investe 4 milioni di euro nell'impianto e  tratterrà tutti i proventi della gestione dell'energia prodotta. Come si vede gli imprendito agricoli, presi con la m. alla gola, si vincolano pesantemente adescati dalla 'generosità' della società (una società milanese delle tante sorte come funghi in un settore 'corsaro'). Non ci vuole molto a capire che presto si porrà il problema della grande quantità di fosforo. La normazione delle quantità di fosforo utilizzata per lo spargimento sui campi è ancora in elaborazione a livello europeo ma già da decenni è applicata in Olanda. Le ditte del settore si fregano le mani pensando che, a valle della vasca di abbattimento nitrati, verranno richieste di installarne anche una di trattamento per abbattere il fosforo. Dopo verrà il potassio e poi gli altri elementi che in quantità sempre più elevate verranno apportate ai terreni. Così, alla fine, ci si porrà il problema delle grandi quantità di Rame e Zinco utilizzate negli allevamenti intensivi e di altri metalli pesanti e residui indesiderati cui oggi si fa poca attenzione.

Intanto, però, il ricorso a fonti di alimentazione per il bestiame esterne alle aziende si farà sempre più oneroso; non solo per la concorrenza delle volture bioenergetiche,  ma anche per quella di miliardi di bocche umane e di un parco zootecnico mondiale in forte crescita in relazione al  benessere dei 'paesi emergenti'. L'accaparramento di terre agricole nel mondo da parte della Cina e, in ogni caso, la pressione sui mercati delle materie prime, saranno tali da mettere una pietra tombale su un certo modello di filiera zootecnica. Sarebbe saggio preoccuparsi di questo e imboccare strade completamente diverse da quella della super-industrializzazione zootecnica. Sarebbe, ma una politica improvvida fornisce armi economiche irresistibili a chi è a caccia solo di profitti speculativi da 'cogliere' nei prossimi anni. Poi chissenefrega.

 

            

 

 

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