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La nuova Piramide alimentare della dieta mediterranea moderna

 

(23.11.09) Suggerito un drastico taglio del consumo di carni fresche e conservate ma valorizzato il ruolo dei latticini

 

Alla base della  'nuova piramide' alimentare poca carne e il recupero del rapporto tra alimentazione e territorio

 

La 'nuova piramide alimentare' è stata presentata in collaborazione con l'INRAN (Istituto nazionale della nutrizione) a conclusione della III Conferenza internazionale Ciiscam, tenutasi a Parma il 3 novembree rappresenta la traduzione in raccomandazioni di consumo (giornaliero e settimanale) della 'dieta mediterranea moderna'. Si è detto molto soddisfatto delle 'rivoluzioni' introdottie nella 'piramide' Carlo Cannella, presidente dello stesso INRAN.

In realtà rispetto alla 'piramide alimentare italiana' (elaborata a suo tempo dall'Università La Sapienza e adottata dal Ministero della Salute, questa nuova piramide si presenta fortemente innovativa per diversi aspwetti.

Innanzitutto alla base dell'alimentazione riconosce che il fatto alimentare non è solo questione di composizione della razione assunta dal singolo individuo. Sono passati i tempi in cui ci si limitata a calcolare calorie e proteine o ad indicare categorie di componenti alimentari (amidi, grassi ecc.).  Anche in precedenza era stata introdotta l'attività fisica come elemento indispensabile per integrare una dieta, favorire le funzioni fisiologiche legate all'utilizzo degli alimenti. Ma restava un fatto individuale.

 

Due esignificativi elementi di novità

 

Ora si riconosce che non basta una giusta composizione della dieta ma che la dieta stessa e l'assunzione del cibo devono porsi in relazione positiva con il contesto ecosociale. Alla base delle piramide troviamo la convivialità Consumare i pasti da soli non favorisce una sana alimentazione: come tutti sappiamo si tende a pasti veloci, destrutturati. La convivialità favorisce un consumo degli alimenti più 'slow' e una condizione psicologica che condiziona positivamente anche i processi fisiologici. Di più si riconosce un valore basilare ai due principi di 'località' del cibo e di stagionalità. Garanzia di un cibo più fresco e meno manipolato. Questo il primo elemento di novità. Il secondo è dato da una sognificativa modificazione della 'gerarchia' degli alimenti (ovvero della loro posizione nella 'piramide'). Rispetto alla precedente 'piramide alimentare italiana' (vedi figure a lato) si nota come la carne sia adesso al vertice. Solo pochi pasti al mese di carni rosse, un po' di più di carni avicole, meno possibile salumi (anche per via dei nitrati). In compenso - anche nel complesso si suggerisce un dimezzamento delle proteine di origine animale consumate - i latticini 'scendono' nella piramide e si posizionano verso la base.

Si potrebbe forse discutere sul 'ridotto contenuto di grasso' dei latticini che potrebbe indurre a orientare verso alimenti 'light' manipolati industrialmente mentre - come sappiamo - è molto influente la qualità dei grassi (legata all'alimentazione degli animali) oltre la loro quantità.

  

Accogliere questi consigli sarebbe rivoluzionario

 

La nuova 'piramide' costituisce un insieme di raccomandazioni alimentari rivolte a tutti gli individui di età compresa tra i 18 e i 65 anni.  Se  accolti questi consigli avrebbero un effetto rivoluzionario sul sistema agroalimentare largamente basato sul consumo di carni, fresche e trasformate.

Tradotti in cifre i consigli della 'nuova piramide' si traducono in un consumo di carni di 20 (al massimo 25) kg di carni all'anno (tra rosse, bianche e salumi). Ne consumiamo (in media, ovviamente) 4-5 volte tanto.

Il calo dei consumi carnei comporterebbe degli sconvolgimenti ma sarebbe estremamente favorevole per l'ambiente (oltre che per la salute).

Non solo si farebbe a meno delle importazioni di carne, ma tutto il sistema zootecnico potrebbe recuperare sostenibilità destinando le superfici e le risorse 'liberate' ad una produzione lattiera  meno intensiva, meno inquinante e più rispettosa del benessere animale (oltre che di migliore qualità).

Il consumatore, alleviato dalla spesa di carni e derivati, potrebbe - a parità di budget destinato all'alimentazione - esercitare scelte più qualitative in materia di latticini e di frutta e verdura orientandosi più al biologico e a prodotti in grado di garantire la provenienza locale, la stagionalità, il mantenimento di un sistema di agricoltura e di trasformazione alimentare 'a misura di territorio' e rispettoso di ecosistemi, animali, equità sociale. Quella poca carne, poi può essere veramente di qualità e - visto che ne dobbiamo mangiare  poca - tanto vale che sia cucinata in modo egregio; non la bistecca mordi e fuggi ma piatti 'delle feste' elaborati in casa con la cura e le attenzioni della cucina tradizionale (che valorizza tutti i cinque quarti), valorizzando i valori conviviali o affidandosi a  dei professionisti e concedendosi di assaporarla in un locale dalla buona cucina.

Sarebbe interessante calcolare quanti nitrati in meno  finirebbero nelle acque, quanto si ridurrebbe l'uso dei pesticidi. Per ora un sogno. Sappiamo che i modelli di consumo non sono facili da modificare e che anche chi magari va in piazza o firma appelli contro le emisssioni di gas serra 'si fa' della sua brava bisteccazza quotidiana.

Quantomeno tutte queste discussioni hanno un merito: togliere alibi a chi pensa che il mondo va male perché colpa del 'sistema' ignorando che il modo di riempire la borsa della spesa e la disponibilità di aprire il portafoglio per questo o per quest'altro motivo sono fattori politici decisivi del mondo della tarda modernità.

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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