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                        (07.04.10) Quasi un anno fa due città europee (Ghent e Nottingham) hanno 
                        dichiarato il 'giorno vegetariano'. Una proposta che 
                        merita di essere 'copiata'. E oggi arriva la notizia 
                        dalla California che San Francisco adotta il veggie 
                        day il lunedì 
                          
                        Fare qualcosa di concreto: un giorno (alla settimana) senza carne. 
                        Ci provano delle città intere 
                          
                        di Michele Corti                           
                        In realtà dovrebbe essere il contrario: la carne un giorno 
                        la settimana. Ne soffrirebbe il Pil ma ne avrebbe un 
                        grande vantaggio la salute dei 'consumatori', degli 
                        agroecosistemi, del pianeta. Ma accontentiamoci, ci 
                        vuole gradualità. Rispetto alle 'domeniche a piedi' 
                        o alle lampadine spente per un oretta o alle stesse 
                        giornate vegetariane una tantum  un giorno 
                        settimanale 'civico' senza carne ha un valore educativo 
                        immensamente più grande. E innesca anche stili di vita 
                        e di consumo veramente più sostenibili. 
                          
                        C'era una volta il 'venerdì di magro'. La fetta di salame era 
                        - per un giorno - peccaminosa. Sono passati solo pochi 
                        decenni, ma pare un'altra era. Vigeva ancora l'etica 
                        della rinuncia, sia pure simbolica, ritualizzata. Ora 
                        siamo nell'epoca dell'edonismo compulsivo che non ammette 
                        limiti o regole.  
                        Si dice che il consumatore è 'maturo' e che il business non fa 
                        che assecondare i suoi desideri. Saremmo nell'epoca 
                        del consumatore libero, sovrano, riflessivo, attentissimo 
                        alla propria salute e, cum grano salis, sensibile persino, udite udite, ad istanze etiche, ecologiche, 
                        sociali. E allora perché si continua a consumare 1 q.le 
                        di carne all'anno contro ogni raccomandazione della 
                        stessa medicina ufficiale? Di fronte all'evidenza sbattuta 
                        in prima pagina e nei TG che le fabbriche della carne 
                        dilaganti nel mondo stanno soffocando il pianeta con 
                        le loro emissioni (metano, ossidi di azoto, ammoniaca) 
                        il consumo di carne non cala.   
                        Il fatto è che è difficile sottrarsi al modello alimentare carnivoro 
                        perché ne è improntata tutta la cultura del cibo e la 
                        gastronomia. Dalla mensa scolastica (dove i tentativi 
                        di menù vegetariani sono molto timidi) alla ristorazione 
                        di ogni fascia (dalla trattoria pranzo-tutto-compreso-10€ al 
                        ristorante stellato) la carne è onnipresente. Non parliamo 
                        del fast food e delle pseudo-sagre dove si ingurgitano 
                        quantità industriali di salamelle congelate e affini. 
                        Unica nota di consolazione la riabilitazione della pasta. 
                        Già scaduta ad alimento socioculturalmente non 'aggiornato' 
                        (in favore di un piatto unico proteico con contorno) 
                        la pasta è stata riabilitata dalla 'dieta mediterranea' 
                        e da accorte strategie pubblicitarie dell'azienda leader 
                        e, fortunatamente, è 'accettato' ordinare solo un primo 
                        più verdure. Ma se guardiamo ai secondi i piatti vegetariani 
                        sono ancora una rarità (specie nella fascia bassa della 
                        ristorazione). 
                        Nota ancora dominante nella ristorazione e nel catering il modello 
                        alimentare basato sulla carne condiziona poi anche le 
                        scelte di consumo relative alle preparazioni casalinghe. 
                        La trabordante offerta di carni di ogni tipo nella grande distribuzione 
                        a costi contenuti, unita alla facilità e rapidità di 
                        preparazione di molti tagli di carne, all'offerta di 
                        prodotti precotti, preparazioni di ogni tipo portano 
                        alla triste conseguenza di un consumo esorbitante. 
                          
                        Utili dei segnali 
                          
                        Per controbilanciare i potenti fattori che sostengono elevati 
                        consumi di carne è opportuno e forse necessario che 
                        il consumatore riceva segnali ben precisi. Non serve 
                        il terrorismo nè il moralismo; l'appello alla sensibilità 
                        e coscienza individuale deve accomagnarsi a iniziative collettive 
                        e visibili. La scelta di limitare i consumi di carne 
                        (ben diversa dal veganesimo si badi bene) si scontra 
                        spesso con i vincoli della dimensione collettiva. Sei 
                        un guastafeste se rifiuti la carne in occasioni conviviali, 
                        se sei solo a chiedere il menù vegetariano. Se per un 
                        giorno si comincia tutti (o quantomeno in molti) ad 
                        evitare la carne la cosa risulta più facile (anche dal 
                        pnto di vista 'logistico'). Vi è l'idea della legittimazione 
                        della sanzione collettiva positiva alla base delle 'giornate 
                        vegetariane'. Sì ma cosa serve una 'giornata vegetariana' una volta l'anno? I vegetariani da anni hanno
proclamato il 1° ottobre giornata internazionale vegetariana. Consapevoli
dell'assurdità hanno proclamato la 'settimana vegetariana' (1-7 ottobre). Ben
difficile da attuare se non da chi ha già fatto la scelta. Pensare di
'convertire' per una intera settimana mense e ristoranti è francamente
impossibile. Ecco allora l'idea del veggie day (giorno vegetariano) inteso come
giorno della settimana senza carne. 
Idea per nulla nuova e che si ricollega direttamente alla
prescrizione del 'magro' al venerdì. Una regola che la chiesa cattolica, sulla
scorta di altre pratiche religiose,  ha seguito per secoli per poi
'cedere' e limitare il precetto ai venerdì di quaresima poi al primo e ultimo.
  
A reintrodurre il giorno senza carne ci stanno provando alcune
città intere: Ghent in Belgio, seguita a ruota da Nottingham in
Inghilterra, città gemellata alla prima. Ghelt è stata la prima città al
mondo a proporre una iniziativa del genere ma qui il terreno era già fertile
con 13 ristoranti vegetariani su 240.000 abitanti. Per evitare qualsiasi
riferimento confessionale si è scelto il giovedì quale giorno di
'astinenza' e si è voluto associare l'iniziativa ad uno scopo 'laico' e
'universale': la lotta ai cambiamenti climatici.  
Il veggie day è declinato in modo divertente (vedi a fianco i
manifesti che danno il tono della comunicazione), chiaro, coinvolgente,
stimolante. Nessuno è obbligato a non mangiare carne, niente di 'quaresimale'
di 'puritano'. Le persone sono stimolate
a mangiare vegetariano il giovedi, tutto qui. Il comune
distribuisce 5.000 mappe stradali vegetariane tra i suoi dipendenti. 80.000 sono diffuse
da EVA (associazione vegetariana) al resto della popolazione. 1500 opuscoli sono
stati distribuiti a tutti i ristoranti della città, illustrando perché e come
inserire i piatti vegetariani nel menu. I ristoranti della
città hanno ampliato la loro offerta vegetariana e da le scuole che ricevono
contributi dal comune offrono al
giovedì un menù del giorno vegetariano. Simili iniziative sono state varate a
Nottingham dove i consiglieri e i funzionari si sono impegnati a dare il buon esempio.  
Non sarebbe il caso
di seguire queste città? Lo possono fare diverse città italiane di media dimensione. Ma 
                        forse anche grandi come dimostrano le ultimissime notizie 
                        su San Francisco. Perché le città alpine e ai piedi delle Alpi non danno l'esempio? 
                          
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