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«Non è che non sia possibile sapere quali siano gli effetti sull’uomo di singole dosi di sostanze tossiche o della loro somma. II fatto è che non si vuole saperlo!
Ci pensi la gente a scoprirlo direttamente!
Si conduce per così dire una sorta di esperimento permanente in cui la cavia uomo, in un movimento di autosoccorso, deve raccogliere e far valere i dati sui suoi sintomi di avvelenamento sfidando lo sguardo severo degli esperti. Evidentemente anche le statistiche già disponibili su malattie, moria dei boschi ecc. agli occhi degli stregoni dei valori massimi non appaiono abbastanza convincenti». U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carroci, Roma, 2000. p.91.
 
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(02.04.12) In Trentino la Coldiretti se la prende con gli "allarmisti", ovvero la gente della Val di Non (appoggiata da alcune amministrazioni comunali) stufa di essere spruzzata di pesticidi a ridosso delle proprie case

 

Trentino felix (al pesticida):

tutto ok, tranne gli "allarmisti"

 

Dalle parti della Val di Non (Melinda Valley) qualcuno comincia a capire

che le proteste dei "reprobi" del Comitato per la salute Val di Non

prima o poi avranno eco a livello nazionale

e la gente si chiederà se questa Mel è linda o non tanto.

Così Melinda corre ai ripari e annuncia che la quota bio salirà in sei anni al 1.5%

di Michele Corti

 

 

 

Primavera. È tempo ditrattare, di spruzzare veleni. Specie nei meleti intensivi, specie in quelli coltivati in monocoltura su un'ampia e compatta superficie territoriale.

Al 28.03 la Fondazione Mach (ex Istituto Agrario di S. Michele all'Adige) aveva già emanato 9 bollettini di trattamenti con una serie nutrita di prodotti. In questi giorni per il diserbo viene consigliato il Glifosate (Roundup della Monsanto), un insetticida (Etofenprox) contro la psilla del melo e vari aficidi. Ma siamo solo all'inizio di una serie di decine di trattamenti. A costo di essere ripetitivi dobbiamo ricordare come il Glifosate, avendo la "sfortuna" di essere molto utilizzato nel mondo (e da molto tempo), ha avuto l'onore di parecchi studi sui suoi effetti. Difficile negare (vi sono troppi studi condotti su molti organismi viventi, uomo compreso) il rischio di danno genetico e le evidenze di un suo ruolo quale distruttore endocrino (alterazione delle azioni degli ormoni della riproduzione) mentre vi sono anche forti sospetti di cancerogenicità (per alcune specifiche forme tumorali). Quanto all'"innocuo" Etofenprox è comunque classificato molto pericoloso per gli organismi acquatici. Nel corso della stagione, da qui alla raccolta, si succederanno bollettini su bollettini che dicono quale pesticida, pardon, prodotto fitoiatrico, utilizzare. Alla fine saranno un bel repertorio.

Una specie di coprifuoco

All'uscita di ogni bollettino, emanato a pro dei melicoltori, il Comitato per la salute della Val di Non provvede a diffonderlo anche tra gli abitanti raccomandando di non far giocare i bambini per 48 ore nei meleti e in prossimità dei meleti. Un clima da coprifuoco che contrasta un tantino con gli idilliaci spot di Melinda con gente felice che sgambetta e pedala allegramente nei meleti e coglie al volo le mele senza lavarle.

Uccellacci del malaugurio questi abitanti della Val di Non che da un po' di tempo in qua hanno deciso di non voler più subire passivamente. Hanno intrapreso una campagna per il diritto alla salute e contro la nocività ambientale che è diventata permanente. Un bel coraggio considerato che l'economia della valle ruota intorno a Melinda, che nei consigli comunali c'è il problema del conflitto di interessi e che quando si affrontano questioni sensibili come i pesticidi molti devono allontanarsi. Un bel coraggio considerato che chi osa mettere in discussione Melinda è malvisto da molti abitanti anche non direttamente coinvolti nella filiera ma che temono che Melinda possa delocalizzare le fasi della lavorazione post-raccolta se gli fanno "girare le mele".

Al posto di Melinda si fa avanti Coldiretti

Eppure il Comitato non demorde e tutto questo, che loro qualificano "allarmismo ingiustificato", comincia a creare nervosismo.. A venire allo scoperto, però, è stata la Coldiretti con un comunicato del 28 marzo. Forse è bene ricordare che il presidente provinciale della Federazione Coldiretti (che si è chiamata Unione contadini trentini sino al 2003) è tale Gabriele Calliari di Romeno (Val di Non), un grosso imprenditore agricolo (altro che contadini) che opera in campo zootecnico e frutticolo. Un imprenditore dinamico tanto che ha acquistato terreni anche in Veneto dove, lui e altri trentini e altoatesini, sono sbarcati da piantatori bianchi alla conquista dell'Africa spianando intere colline (vedi articolo su Ruralpini) .

Il tutto per espandere la produzione melicola visto che a casa loro le mele le hanno piantate ovunque (e quindi si spruzza a fianco delle case). Particolare da non trascurare, Calliari è anche vice-presidente dalla Fondazione Mach.

Basta allarmi ingiustificati destituiti da ogni fondamento

Ma vediamo cosa sostiene la Coldiretti. Il succo è che quello che viene definito come l'"allarmismo" degli abitanti della Val di Non, che si riconoscono nel Comitato per la salute, finisca per suscitare echi anche fuori del Trentino incrinando l'immagine costruita a furia di spot e compromettendo il fiorente business di Merinda.

 

"Da qualche tempo è stato diffuso un allarme ingiustificato da parte di un gruppo di cittadini del Trentino aderenti al Comitato per il Diritto alla Salute in Val di Non, rispetto ai presunti effetti nocivi per la salute e l’ambiente che sarebbero determinati dai fenomeni di deriva delle sostanze impiegate nei trattamenti antiparassitari effettuati dai produttori di mele della Val di Non. Purtroppo, la diffusione di notizie allarmistiche del tutto infondate rischia di incrinare gravemente l’immagine di qualità legata ad una delle varietà di mele più famose e tipiche dell’agricoltura".

 

Per sostenere la tesi dell'allarmismo ingiustificato la Coldiretti si appella alle conclusioni di uno studio dell'Azienda sanitaria provinciale .

 

"Lo studio conferma la possibilità che i principi attivi utilizzati possano, per varie ragioni, in primo luogo la deriva distribuirsi all’interno delle abitazioni; tuttavia, i valori riscontrati sono nell’ordine dei nanogrammi e cioè sono tracce di prodotto che dal un punto di vista tossicologico rivestono scarso, se non nullo significato".

 

Pesticidi a domicilio e dentro i corpi, ma "poco"

 

Non si nega che i pesticidi, in forza della deriva (vai alla nota) arrivino nelle case e che contaminino le persone.

 

L'art. 844 del codice civile qualifica come illecite le immissioni derivanti anche indirettamente (trasportate dal vento) da un fondo vicino ma ci si appella alla "dose accettabile" ovvero al fatto che i campioni analizzati dall'azienda sanitaria provinciale presentavano valori al di sotto del limite massimo ammissibile per legge. Peccato, però, che nei campioni di urine fatti analizzare dal comitato per la salute questi limiti erano superati (specie nel caso dei bambini, che l'azienda pubblica non ha considerato). Peccato che i valori osservati prima e dopo i trattamenti con i pesticidi mostrassero, anche nel caso dell'indagine dall'Azienda pubblica, un innalzamento. Quello che è certo è che i trattamenti determinano, in forza del fenomeno della deriva, una contaminazione delle proprietà private e dei corpi delle persone. Evidenze che non consentono alla Coldiretti di trarre le sue rassicuranti conclusioni:

 

"I risultati emersi dallo studio condotto dalla Asl evidenziano, quindi, che le modalità di utilizzo dei fitosanitari sono oggi ragionevolmente sicure e quindi le preoccupazioni del comitato per il diritto alla salute in Val di non hanno alcun fondamento".

 

Le preoccupazioni del comitato per la salute della Val di Non trovano invece riscontro nelle motivazioni della sentenza del Tar di Trento depositata il 14 gennaio scorso. Appellandosi al principio di precauzione (leggi l'articolo su Ruralpini) il tribunale amministrativo trentino ha respinto il ricorso dei melicoltori contro ilComune di Malosco che aveva stabilito limiti di distanze di nebulizzazione dalle abitazioni precauzionali e il divieto di alcuni pesticidi molto pericolosi (ma ancora in commercio e consigliati dalla Fondazione Mach nonché da altri servizi di fitoiatria pubblici).

 

Il TAR non la pensa come Coldiretti

 

Il TAR ha richiamato, sulla base della legislazione comunitaria, l'applicabilità del principio di precauzione anche alla tutela della salute oltre che a quella dell'ambiente. Tale principio asserisce che non si devono aspettare le prove definitive del danno provocato alla salute da un pesticida perché potrebbe essere troppo tardi. Bisogna agire prima. Il principio di precauzione quindi indica chiaramente che chi ha la responsabilità della tutela della salute dei cittadini e in primo luogo il Sindaco in quanto ufficiale sanitario (Legge 23 dicembre 1978 n. 833 articolo 13) non può esimersi dall'assumere comportamenti preventivi efficaci a fronte dell'evidenza di contaminazioni. È nella logica delle cose che di un pesticida si vengono a conoscere gli effetti nocivi solo nel tempo (gli studi sono costosi e richiedono tempo). L'amianto avrà pur insegnato qualcosa! La sentenza del TAR di Trento, che certo non piace alla Coldiretti e a Melinda, richiamato il principio di precauzione, ha tenuto conto che:

 

"accreditati riscontri medico-scientifici, come anche puntualmente indicati nella memoria depositata dall’Amministrazione comunale in data 22.7.2011, rilevano che l’esposizione a pesticidi, anche a dosi bassissime, rappresenta un rischio per la salute umana, in special modo durante le prime fasi della vita, comportando una documentata associazione a specifiche patologie cancerogene, in particolare linfomi, mielomi e leucemie".

 

Il principio di precauzione applicato in questo contesto ha tanto maggiore valore quanto più si consideri che, nel caso dell'esposizione ai pesticidi, ci si trova di fronte ad un cocktail di sostanze sul cui effetto combinato abbiamo ben poche conoscenze. Cosa succede quando l'organismo è sottoposto a dosi "ammissibili" di una pluralità di veleni? Ulrich Beck, teorico della "società del rischio", che a proposito dei livelli "ammissibili' di contaminazione, ha osservato che tali limiti sono spesso fissati in maniera del tutto arbitraria. Più in generale la logica della dose di avvelenamento "sostenibile" è giudicata dall'autorevole sociologo come il frutto di un'etica biologica di risulta:

 

"Abbiamo a che fare con l'etica biologica di risulta della civiltà industriale avanzata, un'etica che rimane caratterizzata da una sua peculiare negatività. Essa esprime il principio, un tempo del tutto ovvio, di non avvelenare il prossimo. Per essere più precisi si dovrebbe dire: il principio di non avvelenare completamente. Infatti essa, per ironia della sorte, consente proprio quel famoso e controverso "un po’''". [...] In questo senso i valori massimi non sono altro che linee di ritirata di una civiltà intenta a rifornirsi in abbondanza di sostanze inquinanti e tossiche. L'esigenza di per ovvia di non essere avvelenati viene respinta come utopistica.

Nello stesso tempo, con i valori massimi consentiti quel "po’" di avvelenamento diventa normalità, scompare dietro essi. (U. Beck. La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma, 2000, p. 85.

 

Quella lotta integrata che non diventa mai bio

Tra i vari argomenti addotti dalla Coldiretti per respingere l' "allarmismo" del Comitato uno merita ancora un cenno. La Coldiretti sbandiera come un vanto il fatto che: "produttori ortofrutticoli trentini hanno adottato la difesa integrata, come sistema di lotta fitopatologica, dal 1988". Allora è bene ricordare due cosette: la prima che senza la lotta integrata ("adozione di buona pratica agricola", "condizionalità") i contributi della PAC si perderebbero e quindi non è per amore dell'ambiente che si "integra" (ossia si usa un minimo di lotta biologica); 2) la "lotta integrata" è stata venduta come un modo per facilitare la transizione dall'era dei pesticidi a quella della lotta biologica integrale (non "integrata"). Chi scrive si ricorda ancora di una esercitazione nei meleti della Valtellina nei lontani anni '70 durante la quale veniva spiegato dai docenti agli studenti che la lotta integrata (allora una novità) era da considerare come un modo per facilitare la transizione alla lotta biologica". Dopo quarant'anni siamo allo stesso punto (o quasi). Dico "o quasi" perché a tante decantate innovazioni tecnologiche (atomizzatori più efficienti), principi attivi più mirati, il consumo di pesticidi non solo è in calo ma cresce.

Ecco allora che, forse temendo che gli "allarmismi" sortiscano indesiderati effetti presso i consumatori, che Melinda cerca di parare il colpo e dimostra di muoversi finalmente verso il bio (l'Adige del 30 marzo, pag. 41). Lo ha fatto in una conferenza stampa in cui si annunciava l'accordo con il Gruppo Poli (23 negozi in Trentino la più grande impresa privata della provincia) al fine di diffondere la Mela Bio. peccato che i numeri siano striminziti. Dallo 0,5% di bio sul totale Melinda (relegato in "corner") si arriverà in sei anni all'1,5%. Una crescita travolgente non c'è che dire. Eppure come riconosce Melinda i consumatori chiedono sempre più bio e l'offerta è scarsa.

 

Nota- La deriva dei pesticidi consiste nel trasporto delle goccioline di liquido irrorato per opera le vento la metà circa del "prodotto fitoiatrico" non raggiunge la vegetazione beraglio e si diffonde per trasporto passivo veicolata dalle correnti d'aria e raggiunge direttamente o indirettamente le acque superficiali e le falde acquifere. (torna su)

 

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