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(20.03.12) Il resoconto dell'incontro di Cavernago (Bg) svoltosi sabato scorso (17 marzo) con un primo nucleo di comitati aderenti

 

Nato il coordinamento

lombardo no biomasse

 

di Michele Corti

 

L'incontro di Cavernago è servito a produrre una sorta di "Linee guida" per i comitati già nati e per quelli che devono nascere. Nessuna comunità e singolo cittadino si deve sentire solo e impotente di fronte agli ecomostri; la rete dei comitati è pronta a sostenerlo. E il movimento che sta sorgendo in tante parti d'Italia è pronto a contobilanciare il peso delle lobby e a modificare un quadro normativo sciagurato che sta consentendo il Far West delle rinnovabili (non pulite). Di seguito gli interventi della giornata. Di particolare utilità le tre relazioni sulle possibiità di azione e sul "codice di comportamento" dei Comitati che non valgono certo solo per la Lombardia.

 

 

Adriano Carolo – Presidente del Comitato F9 che ha ospitato l’incontro

 

 

Nella sua introduzione al lavori oltre a presentare la scaletta degli interventi il presidente ha succintamente fatto la storia del Comitato F9 di Cavernago (il nome deriva dalla sigla della zona residenziale nel cui bel mezzo è stata "calata" la centrale a olio. Il Comitato F9 è un comitato “modello” che si è dotato di una struttura organizzativa e di organi statutari pronto per sostenere una guerra di trincea non breve.Ha messo in evidenza l’importanza dell’assistenza legale e della presenza di un avvocato all’interno del Comitato. Poi, però sono importanti anche gli aspetti tecnici e della comunicazione. “Non siamo qui per una conferenza sulle centrali a biomasse” ha pragmaticamente detto Carolo, ma per capire come si può unire le forze e come procedere. E a lasciato ai suoi il compito di relazionare.

 

Il "modello Cavernago"

 

In realtà l’incontro è stato utile non solo per conoscersi e per stabilire delle iniziative ma anche per capire il “modello Cavernago” , quello di un comitato “da copiare” con forte capacità organizzativa e un modus operandi “scientifico. Già l’efficienza con la quale gli amici di Cavernago hanno organizzato l’incontro era di per sé eloquente. Il “modello Cavernago” è stato in ogni caso illustrato con  tre relazioni: quella del consigliere Ezio Trinca Rampelin su “Come si crea un comitato” (che in realtà ha trattato anche “come opera un comitato” con tanto di appendice su “come realizzare un volantino”), quella del vice-presidente Enzo Galluzzo su “Come gestire i rapporti con le istituzioni” e quella dell’avv. Giuseppe Togni, membro del comitato nonché consigliere comunale di minoranza (ma i ruoli sono distinti e la partecipazione al comitato è a titolo personale).

Trinca Rampelin e Galluzzo hanno messo a disposizione le loro relazioni che potete scaricare in PDF (Come si crea un comitato Rapporti cittadini e istituzioni). Di queste relazioni riporto pertanto solo una breve sintesi, rimandando i lettori interessati ai documenti originali in extenso (ai quali si può accedere anche dal blog sgonfiailbiogas.blogspot.com). Dato l’interesse del tema trattato dall’avv. Togni riporto un’ampia sintesi dell' intervento (tratta dai miei appunti) che aveva solo il supporto di una presentazione PPT.

 

Ezio Trinca Rampelin- Consigliere Comitato F9

 

 

La relazione di Trinca Rampelin è un vero e proprio, piccolo “manuale per comitati no biomasse” articolata in 13 punti.Riportati telegraficamente di seguito (chi vuole leggerla tutta va a "Come si crea un comitato").

Primo. Si parte sul come costituire un comitato prospettando le diverse scelte con vantaggi e svantaggi. Si va dal comitato spontaneo informale costituito da tre persone che trovano un nome per il comitato , si danno degli obiettivi e si riuniscono periodicamente alle Onlus con tanto di riconoscimento giuridico. La forma intermedia è l’associazione senza scopo di lucro con atto costitutivo e statuto registrati (si esegue il deposito presso l’ufficio del registro pagando dei diritti). L’associazione ha una personalità giuridica e può ambire a riconoscimenti e a ricevere contributi pubblici. Per molte finalità del movimento di opposizione alle centrali il Comitato spontaneo è del tutto idoneo.

Secondo: distribuzione ruoli e modalità delle riunioni. In un comitato le persone attive non sono mai moltissime e bisogna cercare di ripartire il carico di lavoro cercando nuovi volontari anche per sostituire quelli che per ragioni varie – è fisiologico – si ritirano. Le riunioni non devono essere dispersive ma su punti ben precisi.

Terzo: dialogare con gli enti in forma scritta sfruttando lo strumento dell’Istanza e nel caso dichiarandosi insoddisfatti (sempre per iscritto).

Quarto: Cosa fare quando gli enti non rispondono (sollecito con raccomandata, ricorso al Difensore Civico, ricorso a un legale).  

Quinto: Rapporti con i media. Devono essere assidui ma non assillanti.

Sesto: Il portavoce. A volte è opportuno distinguere il presidente dal portavoce; quest’ultimo non deve essere aggressivo ma sereno e chiaro nelle sue prese di posizioni. Il presidente non deve essere geloso se il portavoce è più citato dai media e deve parlare meno frequentemente ma con autorevolezza.

Settimo: Il vero nemico è la burocrazia. Bisogna capire che il vero nemico non sono i politici ma quel muro di gomma rappresentato dalla burocrazia. Anch’esso ha punti deboli e può cedere, ma serve pazienza e costanza. Non basta un assalto.

Ottavo: Il sindaco. Localmente è l’interlocutore più importante e averlo dalla propria parte è fondamentale. Va ricordato che è Ufficiale sanitario. Le sue responsabilità vanno sempre ricordate negli incontri pubblici.

Nono: la “partecipazione” prevede negli statuti che tutti gli organi istituzionali siano aperti all’istanza dei cittadini mediante Audizione. Va sfruttata inoltrando richiesta scritta.

Decimo: Manifestazioni di piazza. Stimare bene la partecipazione per evitare l’effetto boomerang. Annunciarle con anticipo e notificare all’autorità di p.s. (Commissariato o stazione dei C.C.). Non serve alcuna autorizzazione perché per costituzione manifestare è un diritto.

Undicesimo: L’esposto. Se si ritiene che vi siano illegittimità è possibile ricorrere alla magistratura (Procura), all’Asl, alla Polizia locale, alla procura regionale della Corte di Conti per segnalarle. Senza cadere nella trappola di lanciare accuse non motivate.

Dodicesimo: Forme di protesta creative. Al di là delle manifestazioni “classiche” possono essere inventate forme originali di protesta (il Comitato F9 ha consegnato al presidente della provincia le chiavi di casa – simboliche – dei membri del comitato stesso con la scritta “ex residente di Cavernago”). Usare i video (You Tube ecc.), creare performances irridenti, realizzare gadgets.

Tredicesimo: Utilizzare ampiamente gli strumenti Internet senza dimenticarsi della “realtà reale”.

 

 

Enzo Galluzzo- Vice-presidente Comitato F9

 

 

Rapporti dei comitati con le istituzioni. Galluzzo nel suo vademecum ha trattato i due casi: 1) Comune dalla parte del Comitato; 2) Comune dalla parte delle centrali.

Innanzitutto bisogna entrare in possesso della documentazione (il progetto e gli allegati). Anche Galluzzo è ispirato dal pragmatismo e dall’esperienza concreta del Comitato di  Cavernago.  Non date credito agli amministratori comunali che dicono di non aver ricevuto nulla, bisogna insistere e se vi fossero ostacoli rivolgersi  dell’opposizione per far si che sia questi a richiederne copia (a lui l’amministrazione comunale è tenuta a darne copia).

Una volta ottenuta la documentazione è necessario richiedere ufficialmente un incontro all’amministrazione comunale per capire all’interno di questo quali sono le reali intenzioni e gli eventuali passi che l’amministrazione stessa intende perseguire. Se l’amministrazione comunale è seriamente contraria alla centrale, a questo punto si può richiedere l’immediata istituzione di un tavolo di lavoro comune, quindi si chiede di indire un’assemblea pubblica per portare a conoscenza dell’intera cittadinanza dell’eventuale costruzione di una centrale ed esporre i passi che si intendono fare per ostacolarla. Accertarsi che l’amministrazione comunale partecipi alla prima Conferenza dei Servizi e motivi la contrarietà alla centrale utilizzando il fattore riguardante la tutela della salute pubblica innanzitutto e poi eventuali ulteriori motivazioni. Anche nei riguardi della stampa operare sempre il più possibile di conserva con il comune

Se sindaco, maggioranza o tutto il consiglio fossero favorevoli alla costruzione della centrale bisogna proseguire da soli facendo in modo che l’amministrazione conosca il meno possibile la strategia e le mosse del Comitato.

Se il Comitato si trova l’amministrazione comunale dall’altra parte della barricata analizzata approfonditamente la stessa ed evidenziati i possibili punti da attaccare, scrivere al Presidente della Provincia e per conoscenza all’assessore all’ambiente ed ai vari capigruppo riportando innanzitutto il punto fondamentale della salute pubblica e di seguito riportando i vari punti attaccabili e riportando le motivazioni relative alla contrarietà. Richiedere un incontro e poi di essere ammessi alla Conferenza dei Servizi in quanto terzi in causa non individuati. Cercare uno o più contatti all’interno del Consiglio Provinciale in modo tale che tali contatti possano presentare una mozione da portare all’ordine del giorno. Gli stessi contatti politici vanno cercati con la Regione e possibilmente con un parlamentare che possa presentare delle interrogazioni. Tenere sempre sotto controllo le determine provinciali e la documentazione integrativa presentata dalla società. Se vi sono margini presentare ricorsi al Presidente della Repubblica, esposti. Tenere sempre vivi i contatti con i politici di riferimento.

Nei confronti della cittadinanza. Organizzare un’assemblea pubblica invitando tecnici, medici, legali, ecc… per mettere al corrente la cittadinanza sui passi fatti e sui possibili impatti negativi che la costruzione della centrale può portare. Organizzare la raccolta firme contro la centrale (con l’obiettivo di avere un numero di adesioni pari a 50% + 1 degli iscritti alle liste elettorali).

La petizione può essere presentata platealmente al presidente della provincia (o regione se non c’è la delega sulla materia). Tra una assemblea e l’altra tenere informata degli sviluppi la popolazione con volantini e attaccando la società sui punti deboli che mano a mano sono portati in evidenza.

 

Avv. Giuseppe Togni, membro del Comitato F9 di Cavernago e legale dello stesso

 

 

Togni ha illustrato gli aspetti legali dell’opposizione allecentrali a biomasse e biogas premettendo che il Decreto Legislativo 29 dicembre2003, n. 387 "Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità” non consente molti margini di iniziativa.

 

Il D.lds 387che attua la direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 ma lo stato italiano, per fronteggiare il ritardo nel raggiungimento della quota di energia da fonti rinnovabili, ha applicato la direttiva con un eccesso di zelo favorendo in tutti i modi la produzione elettrica dalle fonti rinnovabili. L’art. 12 del D.lgs ha rafforzato le previsioni europee arrivando a classificare la realizzazione delle centrali elettriche a energia “pulita” quali opere d’interesse pubblico, indifferibili e urgenti (comma 1. “Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”).

 

Lo stesso art. 12 stabilisce la procedura semplificata diautorizzazione unica, l’edificazione in aree agricole in barba ai piani urbanistici e la conclusione del provvedimento unico da parte delle regioni (o degli enti da esse delegati) entro il termine di 180 giorni. Nel loro insieme queste disposizioni rappresentano un primo e serio ostacolo alle azioni di opposizione. Una delle conseguenze della natura d’urgenza delle opere è che il giudice non può assumere provvedimenti di natura cautelare. È palese come la procedura autorizzativa adottata costituisca anche una palese contraddizione con le politiche di trasferimento di competenze ai comuni. L’autorizzazione unica rappresenta una variante automatica del Piano di Governo del Territorio e salta DIA e autorizzazioni edilizie. Uno dei motivi per chiedere con forza l’emanazione di linee guida consiste nella possibilità che esse escludano l’installazione delle centrali nelle zone residenziali restituendo almeno un po’ di controllo ai comuni nella fascia maggiormente abitata.

 

La velocità del procedimento non consente ai comuni dielaborare in tempo utile osservazioni e obiezioni tali da consentire di esprimere, come richiesto, un parere motivato. I comuni molto difficilmente hanno poi a disposizione competenze specialistiche per analizzare i progetti sotto ogni aspetto e non hanno neppure a disposizione risorse per affidare incarichi a consulenti. Da questo punto di vista i comuni vanno spinti a costituire delle commissioni di lavoro aperte ai cittadini in modo da poter disporre più facilmente delle necessarie competenze.

 

Anche i Comitati locali, perché portatori d’interesse possono svolgere un ruolo importante nella Conferenza dei servizi alla quale devono essere ammessi ex art. 7 della legge 142 del 1990. Va comunque rilevato che spesso anche i comuni limitrofi a quello dove dovrebbe sorgere la centrale), sono palesemente portatori d’interesse perché spesso gli impatti risultano maggiormente a carico del loro territorio. Essi, a volte, non sono informati tempestivamente e neppure convocati in conferenza dei servizi. La costituzione di un “Comitato dei comitati” comprendente anche il comitato locale potrebbe consentire di far accedere alla conferenza dei servizi convocata in regione o in provincia o in comune (in funzione dell’organo delegato) una serie di esperti in grado di sostenere efficacemente le osservazioni del comune e/o del comitato locale.

 

In assenza di opposizione da parte di più soggetti(oltre al comune possono esprimere parere negativo motivato gli enti come Arpa, Asl, soprintendenze)  il procedimento è approvato dalla provincia (o dal Consiglio dei Ministri nel caso di empasse determinata dal contrasto tra enti nella Conferenza dei servizi) nulla è perduto. Vi è infatti la possibilità di ricorso al TAR o al Presidente della Repubblica o quella d’intrapresa di azioni in sede civile o penale.

Il ricorso al TAR . Il giudice amministrativo con il nuovo codice di procedura amministrativa oggi può adottare con giudizio monocratico misure urgenti e cautelari che portano alla sospensione dell’atto di autorizzazione sino all’emanazione del giudizio di merito (che richiede un anno).  Va anche segnalato che in casi di ricorsi da parte di comuni o cittadini in merito alla realizzazione di centrali si registrano diverse sentenze favorevoli.

 

Lo svantaggio del ricordo al TAR consiste nel pagamentodi un diritto unificato di 600€ e nella necessità di affidare la causa ad un amministrativista che opera presso la sede del tribunale amministrativo competente (spesso in un’altra provincia). Di qui spese legali non indifferenti che un comitato ma anche un piccolo comune faticano a sostenere. Va precisato che solo uno dei soggetti che si era opposto durante il provvedimento può fare ricorso.

Purtroppo data l’impostazione sbilanciata a favore delle centrali del D.lgs le possibilità di ricorso con successo non sono molte. Ci possono essere palesi violazioni di legge, falsità o mancanze negli atti, mancata convocazione di terzi che ne avevano titolo e quindi difetto del procedimento autorizzativo. Può darsi che non c’è stato il rinvio al Consiglio dei Ministri a fronte di obiezioni di soggetti  che ne avevano titolo. Questo è il caso quando i proprietari vicini non sono convocati.  Le manchevolezze formali del percorso di autorizzazione possono consentire di analizzare nel merito.

 

Mentre il ricorso al TAR deve essere inoltrato entro 60giorni dall’autorizzazione, quello al Presidente della Repubblica può essere fatto entro 120 giorni. In più non richiede l’assistenza obbligatoria di un legale e non prevede il contributo unificato di 600€. A presentare ricorso al PdR può però essere solo un cittadino che ha un interesse diretto nel procedimento (quindi non lo possono fare il Comune o il Comitato) Il ricorso al Presidente della Repubblica va al Consiglio di Stato che può adottare le misure cautelari. Il guaio è che la provincia che ha emanato l’autorizzazione o la stessa società che intende realizzare la centrale hanno 60 giorni di tempo dal deposito del ricorso per decidere se riportare al TAR il procedimento o lasciarlo al Consiglio di Stato. A questo punto il cittadino deve andare davanti al TAR ed è costretto a ricorrere ad un legale mentre non è chiaro se deve sostenere la spesa del contributo unificato.

 

Le difficoltà di adire al TAR possono suggerire di agire per via civilistica o penale. Una delle possibilità è offerta dall’art. 844 sulle Immissioni (Art. 844 Immissioni - Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (890, Cod. Pen. 674). Nell’applicare questa norma l`autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.

Questo articolo vale tanto più si riesce a dimostrare come erano (es. dal punto di vista del rumore) le condizioni dei luoghi anteriormente all’inizio del funzionamento della centrale. In caso di prova del diritto violato si può  ricorrere all’ art. 700 (chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”).

Potrebbe risultare utile anche il ricorso all’art. 659 del codice penale (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone). In questo caso è sufficiente dimostrare con certezza che il funzionamento delle centrali sia idoneo a creare il disturbo. L’azione in sede penale non espone ai rischi di richiesta di risarcimenti per l’eventuale fermo dell’attività.

 

Luca Gibellini -Assessore all’ambiente del comune di Zanica (BG)

 

 

Gibellini ha illustrato come può muoversi un comune che intende opporsialle centrali, quali difficoltà si incontrano e quali strumenti siano a disposizione. A Zanica, un comune immediatamente a Sud del capoluogo di centrali se ne voleva realizzare due. Una a olio di colza e l’altra a biogas. Nel primo caso la richiesta di prescrizioni da parte del Comune (fatte poi proprie dalla Provincia) che ha fatto ha indotto la società proponente a spostare la localizzazione a Cavernago pur non rinunciando a presentare ricorso avverso le prescrizioni e chiedendo 200mila € di danni. Le prescrizioni riguardavano l’altezza del campino (imposta a 25 m e la cogenerazione).

 

Nel caso della centrale a biogas l’opposizione del comune hafatto si che dalla conferenza dei servizi il procedimento si sia trasferito al Consiglio dei Ministri dove verrà trattato a luglio. Nel frattempo, però, il Comune ha presentato anche ricorso al TAR contestando il progetto in merito ai criteri di calcolo delle quantità di azoto dei digestati e delle necessarie superfici per lo spandimento. Il TAR ha nominato un collegio arbitrale di cui fanno parte l’Università di Torino (dip. Agriselviter) e il CRPA, il centro di ricerche sulle produzioni animali di Reggio Emilia (che però partecipa a organismi in tema di biogas e biomasse a fianco della parte imprenditoriale a partire dal comitato scientifico del Consorzio Italiano Biogas).  Gibellini ha messo in evidenza come un piccolo comune con le attuali difficoltà di organici e di bilanci è in affanno a tutelare il proprio territorio dal momento che le modalità e  i tempi  della conferenza dei servizi, unite alla mancanza di adeguate professionalità nella pianta organica, mettono l’amministrazione locale in un a condizione di inferiorità  a confrontarsi con controparti agguerrite. Per compensare questo handicap il comune di Zanica ha creato un gruppo di lavoro aperto non solo a tutti i gruppi consiliari (di maggioranza e di minoranza) ma anche ai cittadini portatori di specifiche competenze. Ha anche affidato delle consulenze esterne sia in campo legale che tecnico. L’assessore ha richiamato come ogni parere negativo debba essere motivato e che al sindaco non restano a disposizione molte altre carte se non il richiamo alla tutela della salute e alla sicurezza stradale. Il comune si sente poco o nulla supportato dagli enti che dovrebbero tutelare ambiente e salute (ARPA e ASL). Solo nel caso della centrale a olio l’ARPA ha espresso parere contrario sulla base dell’art. 14 quater della Legge 241/90 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) che estende i casi di parere degli organi preposti alla salute anche ad opere non soggette a VIA.

Gibellini non ha mancato di svolgere alcune considerazioni politiche riguardo la necessità di informare i cittadini sulle reali sedi decisionali e spingerli ad agire al fine di ottenere la modifica delle norme (nazionali e regionali). La competenza delle regioni è grande perché esse possono individuare i criteri per la localizzazione delle centrali. La Puglia per esempio ha stabilito un limite di 1000 m dai centri abitati mentre in Lombardia si è scelto di non decidere. La Regione Lombardia si era impegnata nel 2011 a emanare le Linee guida entro l’estate. Poi in autunno aveva promesso di farlo entro gennaio 2013. Siamo nella seconda metà di marzo. In conclusione l’assessore ha lamentato come il comune si trovi espropriato di competenze su decisioni che incidono profondamente sul tessuto di un paese. Ha grande difficoltà a tutelarsi affidando consulenze per le quali non vi sono più risorse mentre non si sente supportato da provincie, ARPA e poco dall’ASL. Per di più succede che il comune stesso si trovi apertamente ( a volte anche sfrontatamente) osteggiato da funzionari regionali.

 

Patrizia Bonardi – Vice-presidente Comitato Salute e territorio di Casnigo (BG)

 

 

A Casnigo nel 2010 sembrava si dovesse costruire una biogas a liquami. Ora il paese è di nuovo in fermento perché pochi mesi fa il presidente del Consiglio di Amministrazione del Centro Sportivo di Casnigo ha informato il consiglio Comunale dell'intenzione di concedere la creazione di una centrale da 450 kw ad olio di colza a fianco del centro per avvantaggiarsi del calore prodotto dalla medesima e risolvere i problemi energetici del centro.
A sorpresa è sopraggiunta la comunicazione di Energia Bergamo srl, ditta scelta per la costruzione della centrale, che ha annunciato un nuovo tipo di progetto. Si tratta di un impianto a cogenerazione che per il momento, visto il costo troppo elevato dell'olio di colza, verrà alimentato a gas naturale. Si dichiara comunque l'intenzione, vista la versatilità dell'impianto, di passare alla colza qualora il prezzo tornasse appetibile. 

Casnigo e tutta la Val Gandino sono località di intensa e antica industrializzazione (tessile e chimica) con forte nocività ambientale e del lavoro. Si registrano record negativi nazionali per l’incidenza di alcune forme tumorali e il prof. Bonandrini, oncologo nativo di Casnigo, durante un incontro pubblico di informazione ha affermato “Non potete permettervi alcuna emissione ulteriore”. Il Comitato si è costituito nel 2010 e Patrizia Bonardi ne è la vice-presidente. Siede ancora in consiglio comunale ma è passata all'opposizione per dissenso contro il sindaco Imberti su questioni ambientali (in precedenza era consigliere delegato dal sindaco all'ecologia). Il Comitato contesta il fatto che a fronte di un ulteriore aggravamento della qualità dell’aria il Centro Sportivo, di proprietà dei 10 comuni limitrofi, riceverà come unico vantaggio 25.000 € all’anno, una cifra ridicola a fronte degli utili di una centrale che brucia (o dovrebbe bruciare) oli di origine comunitaria per i quali la tariffa onnicomprensiva è di 28 cent/kWh (contro i 18 degli oli extracomunitari, di palma).  Non c’è da meravigliarsi che il consiglio comunale su questo tema si è spaccato a metà anche se nella votazione decisiva il sindaco – che in precedenza si era astenuto – ha votato a favore della centrale. Patrizia ha illustrato le attività del Comitato che oltre ad organizzare incontri informativi ha distribuito 4mila volantini che illustrano gli impatti di una centrale a olio di colza.

 

 

Giuseppe Raimondi. Presidente del Comitato cittadini di Boffalora Dub’biocontro la centrale a biogas di Bernate Ticino.

 

 

Ha ricostruito la vicenda della centrale realizzata sul comune di Bernate ma a ridosso di alcune abitazioni di Boffalora e del Salumificio Venegoni. Un esempio di situazione in cui i cittadini sono venuti a conoscenza con grande ritardo dell’iter quando la centrale era già stata autorizzata. Ora, però, sono decisi a vigilare sul suo funzionamento e a contrastare i disagi che essa procura (grande via vai di automezzi con liquami).

 

Antonio Ciassi. Consigliere di opposizione di Zanica.

 

 

Ha fatto presente la natura speculativa delle domande di autorizzazioni di centrali specie quelle a olio vegetale. Con i prezzi attuali dell’olio di colza non conviene far andare le centrali. Ci si chiede allora con che olio funzionino, se sia rispettata la tracciabilità della provenienza comunitaria o se si passi per colza comunitaria quello che sbarca a Ravenna. Chi vende le centrali si impegna a garantire il combustibile per un anno. E poi cosa succede? Si tratta di investimenti apparentemente ingiustificati con l’olio che ha superato i 1.000 € la tonnellata. C’è da temere che poi utilizzino dell’altro. Quanto alla (vera) cogenerazione sono pochissimi gli impianti che possono onestamente dichiarare di averla attuata.

 

Francesco Rolfi. Rappresentante del Comitato No centrale biomasse a Rodengo Saiano (Bs).

 

Il grintoso esponente dei no biomasse franciacortini ha esposto, con un po’ di comprensibile esasperazione, come a Rodengo ci sia stata una congiura del silenzio per impedire che la popolazione venisse a sapere del progetto della centrale a biomasse legnose. Il Comitato si è costituito in fretta e furia un mese fa appena scoperta la minaccia che incombeva sul paese (5 cantine di Franciacorta Docg, le bollicine più prestigiose d’Italia). Quello che ha spinto diversi abitanti verso posizioni radicali di avversione alla politica tradizionale e il movimento 5 stelle è il fatto che anche l’ulitimo dei consiglieri di minoranza, quello più critico ha taciuto. “Abbiamo trovato il progetto della centrale di Rodengo insieme ad altri 170 tramite Google; pensavamo ad un errore anche perché sino al 25 gennaio in comune negavano l’evidenza”. “Fuori i verbali abbiamo intimato. E loro … il comune non è tenuto….”. Come volevasi dimostrare

 

Lanciata una petizione popolare da indirizzare alla Regione

 

A me è toccato sintetizzare i lavori ed indicare il modo di procedere del coordinamento, ovvero del “comitato dei comitati”. Ho un po’ ricostruito le fasi della genesi dei coordinamenti, prima quello bolognese, poi l’inter-provinciale emiliano e romagnolo. Poi il primo incontro inter-regionale a Focomorto di Ferrara promosso dal medico ambientalista Luigi Gasparini e da me. Qui avevo conosciuto Dino Zerbinati di Felonica (Mn) – per motivi personali non presente a Cavernago ma che aderisce con altri tre comitati mantovani al coordinamento lombardo - e Adriano Carolo di Cavernago. Nelle ultime settimane abbiamo “agganciato” il Comitato di Boffalora (Mi) e altri che non hanno potuto essere fisicamente presenti: quello di Gussola (contro la centrale biogas di Torricelle del Pizzo, CR), quello di Sesto Calende contro una biomasse legnose a gassificazione attaccata a scuole e impianti sportivi. Il lavoro per aggregare i comitati e i cittadini che si sentono soli e impotenti contro la proliferazione delle centrali è iniziato. Occorre fare in fretta perché questi sono i mesi decisivi per frenare la corsa alla speculazione. La forza dei comitati consiste nel poter mettere a disposizione anche dei più piccoli comitati esperti autorevoli, una rete di legali, un bagaglio di esperienze maturate nella frenetica anche se breve vita del movimento no biomasse. Abbiamo anche i contatti con le altre regioni che ci consentiranno di fare pressioni a Roma e migliorare il quadro normativo oggi scandalosamente favorevole alle centrali. Quanto alla Regione Lombardia si tratta di sollecitarla con una petizione popolare e con la richiesta di un’inchiesta sui tanti lati oscuri delle centrali (localizzazioni assurde, rischi di passaggio da biomasse “pulite” ai rifiuti, bilanci energetici negativi, rebound). Intanto sabato prossimo le delegazioni delle diverse regioni si incontreranno a Bra (CN) con i dirigenti nazionali di Slow Food per organizzare un Convegno nazionale.

 

In coda al mio intervento si è sviluppato un breve ma utile dibattito . Si è deciso di invitare tutti i comitati (su proposta di Patrizia di Casnigo) ad affiancare la petizione locale con quella regionale (ex art Art 50. Comma 4 dello Statuto). Quindi si è stabilito di articolare il coordinamernto in 4 commissioni: comunicazione (tra comitati e con i media), legale, tecnico-scientifica, “politica”(rapporti con le istituzioni). Su proposta di Adriano Carolo, mi è stato accollato l'incarico di rappresentare il neonato coordinamento, in particolare nei rapporti con gli altri coordinamenti nazionali.

All’incontro hanno partecipato anche rappresentanti del Circolo di Rifondazione comunista di Torre Boldone (Bg) e del Circolo di Legambiente di Ghisalba (Bg).

 

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