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(08.07.13) la Commissione agricoltura riconosce che lupi e cinghiali rappresentano un'emergenza nazionale, che i lupi hanno causato l'abbandono da parte di aziende ma, a differenza della passata legislatura non osa pronunciare la parola tabù: "controllo"

 

Sui danni da fauna selvatica

poco coraggio del parlamento

 

di Michele Corti

Nella passata legislatura la commissione agricoltura della camera, sulla base di un'indagine conoscitiva aveva assunto posizioni abbastanza coraggiose. Si era spinta a ritenere necessaria una forma di controllo della popolazione lupina tanto che gli animalisti avevano gridato ad "una legge per uccidere i lupi". Oggi la stessa commissione ha partorito un documento molto più soft.

Anche la risoluzione della passata legislatura era stata presa all'unanimità, come quella attuale. Ma questa volta l'atto risente palesemente di una mediazione ancor più al ribasso con l'anima ambiental-animalista del parlamento, incurante della sofferenza del comparto pastorale e zootecnico e interessata solo a far valere la sua impostazione ideologica.

Se la commissione agricoltura si esprime in modo così prudente le prospettive di arrivare in questa legislatura a qualche iniziativa concreta sono pari a zero considerato che ogni eventuale provvedimento dovrà tener conto della posizione della commissione ambiente, ovviamente ancora più sensibile alle posizioni ambiental-animaliste e pronta a fare muro sul principio "il lupo è intoccabile".

La risoluzione contiene il riconoscimento della situazione di emergenza e riconosce che "essenziali attività economiche" sono a rischio. Si spinge a chiedere un vago "equilibrio" tra presenza del lupo e esigenza di difesa del pastoralismo ma senza arrivare a quello che era già stato acquisito nella legislatura precedente: "è necessario un controllo del lupo". Si riconosce anche che è necessario modificare la normativa europea (implicitamente valutata come troppo restrittiva) ma non si accenna minimamente per al fatto che è la "strategia lupo nazionale" che impedisce l'attivazione di quelle deroghe che anche sulla base della Direttiva Habitat consentono in Francia e altrove un sia pure limitato controllo del lupo. Una bella ipocrisia.

Ci sono altri punti poi che lasciano perplessi e delusi. I vaghi accenni ad una difesa attiva dal lupo sono ampiamente controbilanciati da una sottolineatura, di chiara matrice ambientalista, della miracolosa efficacia dei mezzi di prevenzione. La parte pastoralista, agricola, sostiene a gran voice da tempo che la prevenzione non basta se non si induce il lupo a comportamenti meno baldanzosi attraverso il tiro di difesa che induce il lupo a moderare gli attacchi in considerazione del rischio che essi comporterebbero in caso di reazione attiva dei pastori. I pastori sostengo anche che l'approntamento delle misure preventive comporta oneri economici (e non solo) pesanti. A fronte di ciò la risoluzione auspica il riconoscimento dei danni indiretti e la messa in capo ai Piani di sviluppo rurale l'attivazione di misure non estemporanee. Ottima cosa perché supera una situazione in cui le poche regioni che fanno qualcosa (vedi Piemonte) devono arrampicarsi sugli specchi e scucire le pochissime risorse proprie per alleviare la sofferenza dei pastori. In un contesto in cui le provincie non risarciscono neppure quelli diretti è evidente che sarà necessario mettere mani sul serio però anche alla normativa quadro nazionale (la legge sulla caccia e la fauna selvatica).

I riconoscimento (generico) del profondo diusagio del settore pastorale e della necessità di fare qualcosa sono poi bilanciati dalla solita cortina fumogena sui danni da cani "rinselvatichiti" e dagli "ibridi" (un comodo capro espiatorio per condondere le acque e negare le stragi dei lupi). Ancora più gfrave affidare sempre all'autoreferenzialità di parte naturalista/ambientalista i protocolli di rilevazione dei danni. Sacrosanto operare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale constatando i danno in modo oggettivo ma la materia implica valutazioni di tipo zootecnico e agricolo, conoscenza di sistemi pastorali e risorse pascolive e animali) e dovrebbe essere gestita in compartecipazione con le Regioni non lasciando come sino ad oggi agli amici del lupo ogni competenza non solo in materia di censimento della presenza del predatore ma anche di impatto sui sistemi zootecnici e pastorali (la volpe a guardia del pollaio non funziona).

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Atto Camera

Risoluzione conclusiva 8-00003
presentato da
FAENZI Monica
testo di
Mercoledì 19 giugno 2013 in Commissione XIII (Agricoltura)

Risoluzioni n. 7-00010 Faenzi e Oliverio e n. 7-00024 Bernini: Iniziative in materia di danni causati all'agricoltura dalla fauna selvatica o inselvatichita.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione,
premesso che:
le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica o inselvatichita hanno assunto negli ultimi anni dimensioni notevoli, con ripercussioni allarmanti che incidono negativamente, oltre che sui bilanci economici delle aziende agricole, più in generale sull'equilibrata coesistenza tra attività umane e specie animali;
la consistenza del fenomeno ha già indotto la Commissione Agricoltura della Camera dei deputati a svolgere, nel corso della XVI legislatura, una specifica indagine conoscitiva dedicata al fenomeno, alla quale ha fatto seguito l'avvio dell'esame di proposte di legge volte ad adeguare il quadro normativo vigente, che tuttavia non è stato possibile portare a conclusione entro la fine della legislatura;
il fenomeno dei danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche assume tuttavia, in alcuni casi denunciati costantemente dagli agricoltori, i connotati di una vera e propria emergenza, che sollecita l'avvio urgente di iniziative da parte delle istituzioni pubbliche, volte a prevedere un sistema adeguato di misure preventive e di contrasto;
in alcune aree del territorio nazionale ad alta vocazione agricola, si è potuto constatare, in particolare, un incremento della frequenza di attacchi da parte di lupi o altri canidi selvatici agli allevamenti di ovini che ha causato un inasprimento della tensione sociale, soprattutto tra gli allevatori, nonché gravi danni al patrimonio zootecnico, con la conseguente cessazione dell'attività per molte aziende operanti nel settore, specie nelle aree interne ed economicamente più svantaggiate;
l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), attraverso l'elaborazione di specifiche ricerche, ha rilevato che nel nostro Paese i lupi, dopo aver rischiato l'estinzione, si sono riadattati a sopravvivere in raggruppamenti, localizzabili in alcune aree isolate dell'Appennino centrale e meridionale, riapparendo successivamente in vaste zone lungo l'intera dorsale appenninica e sulle Alpi Marittime, interessando anche aree con grande vocazione rurale e densamente popolate dall'uomo e da attività zootecniche;
le aggressioni, secondo quanto risulta da numerose valutazioni e ricerche scientifiche, sembrano siano imputabili non solo al lupo, ovvero alla specie identificata e tutelata dalla direttiva 92/43CE (cosiddetta «direttiva habitat»), ma anche ad altre tipologie di canidi selvatici, come i cani inselvatichiti e gli esemplari ibridi nati dall'incrocio tra lupi e cani vaganti rinselvatichiti, che mostrano lo stesso comportamento del lupo e la stessa capacità di attacco al bestiame domestico;
la presenza degli ibridi, confermata da analisi di laboratorio svolte in diverse aree rurali, pone anche il difficile problema di assicurare la piena applicazione della «direttiva habitat» suindicata, che richiede di proteggere le specie dalla competizione con varietà simili e dall'inquinamento della loro identità genetica;
gli ibridi sono infatti assenti dalla normativa nazionale e comunitaria e pongono problemi di natura legale, tecnica e scientifica finora trascurati, la cui soluzione appare oggi centrale anche per una strategia di conservazione del lupo;
i problemi di gestione del territorio e gli strumenti per prevenire e ridurre i possibili conflitti tra le esigenze di tutela ambientale e quelle connesse all'esercizio delle attività economiche travalicano i confini regionali e chiamano in causa le responsabilità nazionali e anche quelle delle istituzioni europee, alla cui competenza normativa appartengono diversi aspetti coinvolti nel fenomeno;
con riferimento alle questioni connesse alla presenza del lupo, in particolare, occorre quindi riaffermare la necessità di promuovere iniziative di analisi e di studio nonché proposte in sede europea per rendere più adeguato il quadro normativo di riferimento, al fine di introdurre gli strumenti più idonei a garantire un giusto equilibrio tra la presenza della fauna selvatica protetta e quella degli allevatori, nonché la stessa sopravvivenza di attività economiche essenziali per la produzione di alimenti, per favorire di reddito per le comunità locali e per la conservazione e valorizzazione del territorio,

impegna il Governo:

a proseguire iniziative di monitoraggio, di studio e di ricerca, coinvolgendo tutti i soggetti istituzionali preposti e le associazioni interessate, per individuare una strategia di sistema su scala nazionale per gestire i problemi esposti in premessa;
ad affidare all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) il compito di definire un protocollo operativo e una banca dati per la raccolta a livello nazionale dei dati sui danni attribuiti alla fauna selvatica o inselvatichita riguardanti le attività agricole e zootecniche ed i relativi indennizzi;
a concordare con le regioni le modalità di gestione operativa da seguire sulla base del protocollo operativo, al fine di portare l'entità dei danni diretti e indotti al di sotto di una soglia di sopportazione fisiologica, riconducendoli nei limiti del normale rischio di impresa e garantendo, da un lato, gli introiti economici di chi lavora nel settore e, dall'altro, il regolare funzionamento degli ecosistemi;
a promuovere, pertanto, nell'ambito della programmazione – nazionale e regionale – dello sviluppo rurale, quelle misure di prevenzione e di sostegno per i danni diretti e indotti causati dalle specie protette, promuovendo specifici bandi nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale per investimenti non produttivi destinati ad interventi strutturali da parte delle aziende agricole per la prevenzione dei danni da fauna selvatica;
ad adoperarsi al fine di favorire, nell'ambito della prossima programmazione della PAC 2014-2020, nei programmi di sviluppo rurale regionali una specifica misura per la prevenzione dei danni e per il cofinanziamento di strumenti di gestione del rischio (assicurazioni) anche per i danni causati all'agricoltura dalla fauna selvatica;
a predisporre una adeguata procedura di verifica e di quantificazione del danno fondata su un protocollo basato su: una procedura standardizzata e rigorosa per la raccolta dati; personale tecnico specializzato, sottoposto a specifica formazione, incaricato dell'accertamento del danno da effettuare entro poche ore dalla predazione; a valutare l'opportunità di favorire lo sviluppo di un programma di erogazione di fondi per la conservazione dei grandi carnivori che riguardi anche l'aspetto dei danni diretti e indotti da questa eventualmente causati;
con particolare riferimento alle iniziative di conservazione del lupo, ad assicurare l'integrità della specie e la salvaguardia della sua identità genetica dal pericolo di ibridazione e contestualmente la tutela delle attività agricole, mediante una gestione e pianificazione delle attività di pascolo che determini un contenimento del fenomeno degli attacchi al patrimonio zootecnico; a tal fine, si dia seguito ai piani di gestione già messi a punto dall'ISPRA – riportanti l'analisi dei danni, le misure di prevenzione, la regolamentazione del pascolo ed il risarcimento dei danni – da recepire e formalizzare con apposito atto;
ad intervenire con urgenza presso le competenti istituzioni locali per approntare una efficace strategia per ridurre il fenomeno del randagismo e, stanziando le opportune risorse, per l'ormai improcrastinabile applicazione della legge n. 281 del 1991, recante «Norme per la tutela degli animali di affezione e la prevenzione del randagismo», la cui inadempienza è la causa del fenomeno dei cani inselvatichiti ovvero a procedere, laddove necessario, all'esercizio dei poteri sostituitivi, nonché al commissariamento delle regioni e dei comuni che persistano nella inadempienza alla stessa legge n. 281 del 1991;
ad assumere in sede europea, previa verifica delle misure adottate da altri Paesi europei per fronteggiare problemi analoghi, le iniziative eventualmente necessarie per adeguare il quadro normativo vigente alle esigenze dell'agricoltura italiana, al fine di assicurare la sostenibilità delle attività agricole e zootecniche nel rispetto delle esigenza di tutela delle specie animali.
(8-00003) «Faenzi, Oliverio, Massimiliano Bernini, Catania, Schullian, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Cova, Covello, Ferrari, Fiorio, Gallinella, L'Abbate, Marrocu, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli».

 

 


 

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