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(19.02.15) Il valore sociale e culturale del cibo locale trova una definizione

In stampa il libro che ricostruisce il "modello" sul quale si basano alcuni casi di successo dove la difesa e la valorizzazione del patrimonio legato ai sistemi agroalimentari locali tradizionali innesca processi virtuosi di rigenerazione comunitaria. All'insegna di uno sviluppo autosostenibile. uscirà a metà marzo il volume di Michele Corti, Sergio De La Pierre, Stella Agostini Cibo e identità locale. Sistemi agroalimentari e rigenerazione di comunità.Sei esperienze lombarde a confronto . Edita dal Centro Studi Valle Imagna l'opera comprende una presentazione di Alberto Magnaghi, fondatore della scuola territorialista, e alcuni scritti introduttivi di sindaci e associazioni dei produttori dei sei "luoghi-prodotto" leggi tutto

(03.02.15) Non vendere la propria madre, la terra  Papa Bergoglio ieri ha pronunciato un discorso forte sull'agricoltura. Ha detto che chi svende la terra, avvelenandola o "destinandola ad altri sui apparentemente più redditizi" vende la propria madre. Ha sdoganato il concetto di madre terra anche al di là della "dimensione  francescana". Avrà certo fatto dispiacere a quei cattolici che considerano "pagano" parlare di madre terra e della sua sacralità per poter giustificare le violenze che ad essa sono inferte in nome del progresso e della tecnica leggi tutto

(22.01.15) Il tradimento della bioeconomia

Da qualche tempo la politica, l'economia, gli ambienti accademici stanno contrabbandando per "bioeconomia" qualcosa di molto diverso da quallo che questo termine aveva assunto nel dibattito scientifico e culturale. In occasione di un convegno promosso dalla Regione Lombardia dal titolo La bioeconomia come chiave per lo sviluppo futuro tutto declinato in termine di biogas, biomasse, chimica verde, terreno di spregiudicate operazioni speculative che implicano a fronte di rendite parassitarie pesanti impatti sociali ed ambientali ci è parto doveroso puntualizzare la mistificazione insita nell'attribuire l'etichetta "bioeconomica" a queste operazioni del biocapitalismo speculativo e predatorio. leggi tutto

 

(23.12.14) Una brutta storia di business del cibo. Ma in vista tra Modena e Bologna c'è anche di peggio

Il cibo come cultura (e con esso le città e i luoghi della cultura come spazi antropologici) stanno uscendo umiliati da una corsa della mercificazione spinta del 'cibo tipico'. Essa, in vista di Expo, conosce una prevedibile accelerazione con progetti che non fanno nulla per nascondere la loro ispirazione arrogante e mercantilistica. Due di questi progetti hanno per protagoniste due città a meno di quaranta chilimetri di distanza: le "grasse e rosse" Bologna e Modena, uno ha una dimensione locale, l'altro è più ambizioso.leggi tutto

 

(02.01.15) Fermiamo il TTIP

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(26.12.14) No biomasse come espressione di partecipazione e democrazia

L'azione di protesta dei gruppi di azione locale (come i Comitati No biomasse/biogas) è espressione di democrazia non manipolata e di cittadinanza attiva. Non contesta solo una concreta minaccia alla vita locale ma anche il degrado della democrazia a lobbysmo, la manipolazione e l'inganno dei cittadini, il trionfo della speculazione contro il bene comune. Pur non occupando le pagine dei quotidiuani nazionali il movimento no biomasse coinvolge decine di migliaia di persone che hanno partecipato a riunioni pubbliche e manifestazioni di proetesta di ogni tipo. leggi tutto

 

(09.09.14)  Assalto finale al territorio lombardo. La Regione vuole altri 200 km di autostrade inutili

Mentre i cantieri della Teem e della Pedemontana devastano quello che restava delle campagne milanesi e la Brianza la Brebemi si palesa opera inutile e fallimentare mentre gli agricoltori non stanno ricevendo i corrispettivi per gli espropri. Così per dilapidare altre risorse e sfasciare altri territori la Regione propone ancora 200 km di autostrade inutili. Ma utilissime per i cavatori (si parla di decime di milioni di m3), per i cementieri, per la mafia, per la politica (anche il PD sostiene la politica autostradale del centro-destra). Cremona-Mantova, Broni-Mortara le prossime vittime. leggi tutto

 

(03.09.14)  L'agricoltura civica come resistenza politica all'assalto finale ai territori

Dalle Alpi alla conurbazione milanese la tendenza è a trasformare il territorio in qualcosa incapace di produrre cibo. Il biocapitalismo ammette solo aree urbanizzate con annessi di agricoltura iperindustrializzata. Più una wilderness da sfruttare a piacimento. Tra le forme della resistenza c'è l'agricoltura civica. Coltivare, mangiare, cucinare sono atti politici. Se sono raccordati tra loro, se legano la gente tra loro e alla loro terra il drago non riuscirà a dominare tutto. leggi tutto

 

(28.12.13) Robi Ronza spara a zero sull'Expo

Un Expo in Lombardia che parla quasi solo di isole, deserti, cacao e caffè. Un Expo che passa  l'idea che l'alimentazione sia legata solo all'agricoltura vegetale di pianura (meglio se esotica). Robi Ronza con un articolo che dice pane al pane rispolvera la verve anticonformista e antiborghese della migliore C.L. delle origini e spara ad alzo zero contro un Expo "da National Geographic" (e indirettamente contro Maroni e la Lega)  leggi tutto

 

(19.12.14) I pesticidi sono una chiave di volta del sistema di potere mondiale

Sui pesticidi si gioca una partita che riguarda il potere mondiale,il controllo del cibo. Smontare il modello di agricoltura high input - low price - high pollution significa mettere in discussione i centri del potere globali. Solo la chiarezza delle poste in gioco e la radicalità di un movimento pacifico mondiale possono contrastare il controllo crescente da parte delle multinazionali della terra, del cibo, della vita. Non è facile lottare contro chi ha mezzi enormi per influenzare (leggi comprare) media, partiti, organizzazioni ambientaliste, università, organizzazioni economiche. leggi tutto

 


(21.08.14) L'appello di Coumboscuro. Per uno schema di agricoltura etica sostenuta dalla comunità

Gli amici di Coumboscuro hanno lanciato un appello. Noi rispondiamo e invitiamo a rispondere.  Cosa sia l'Escolo gli amici di Ruralpini divrebbero saperlo già. Qui non serve aggiungere ulteriori parole. Ruralpini crede alla montagna che fa da sé che trova in sé stessa le proprie risorse materiali, morali, spirituali. Chi non è lassù può dare una mano in vari modi e riceverà molto. L'appello è a distogliere una parte dei consumi alimentari dal sistema delle multiunazionali e a entrare in uno schema di Agricoltura Sostenuta dalla Comunità. leggi tutto

 

(21.08.14) Cibo, cultura e solidarietà (vera)

Gli amici di Coumboscuro hanno lanciato un appello (vai a vedere) per poter continuare le loro preziose attività culturali. Preziose per la loro piccola valle, per le culture ancenstrali, per le lingue minoritarie, per i popoli e le culture alpine. Le istituzioni non pagano. Spendono miliardi in opere inutili - utili per chi sappiamo - ma non onorano i debiti. Così le associazioni non legate ai carri del potere restano in balia delle banche. Ribelliamoci sostenendo Coumboscuro rispondendo all'appello che ha lanciato.

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(15.12.12) Benedetto XVI: difendere le comunità rurali e il cibo Nel discorso preparato per la prossima Giornata della pace, il papa, è tornato con parole belle e forti sul tema della crisi alimentare e della difesa delle comunità rurali.  leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(16.04.15) Un appello a Carlin Petrini per fermare l'operazione "campesinos ad Expo" che - stante la percezione diffusa che associa l'evento a multinazionali e malaffare rischia di diventare una deleteria operazione di social washing

 

Petrini non portare i campesinos a Expo

di Michele Corti

Expo è la fiera delle promesse mancate e degli orrori puntualmente verificatisi. Petrini farebbe bene a lasciare i campesinos a casa loro e a non compromettere il format di Terra Madre e la sua figura con l'Expo di Coca-Cola, McDonald e Farinetti (e del convitato di pietra: la Mafia)

L'Expo era nato male ma è diventato sempre peggio mano a mano che si avvicina la scadenza fatidica del 1 maggio. In tempi non sospetti quando ancora non erano ancora evidenti le mancate promesse dell'Expo, la serie di speculazioni e di scandali che molto hanno già dato da fare alla magistratura (e che ne procurerà ancora parecchio lavoro spenti i riflettori alla fine di ottobre), avevamo qualificato l'Expo come unoshow in bilico tra Club Med, New Age e Barilla Foundation (vai a vedere l'articolo di ruralpini del 28.12.2013).

 

Una visione tra National Geographic Magazine e Barilla Foundation (oggi, però, è molto peggio)

 

l'Expo della Lombardia, sin dall'inizio parlava di mare, di isole e di deserti nel cuore di una regione (non solo la Lombardia) fatta di montagne e di fiumi . Nessun accenno alle Terre Alte in una regione per metà montana, nessun accenno alle produzioni animali. In omaggio alle culture radical-vegan-chic (che allignano anche a destra) si parla di spezie e di cacao, di qualche più prosaica coltura vegetale ma di agricoltura animale nemmeno l'ombra. Va a dato atto a Slow Food, interessata pragmaticamente anche a “tirare la volata” a Cheese, di aver fatto rientrare il tema dedicando ai formaggi, in particolare a quelli lombardi, lo spazio principale del suo padiglione. Una delle poche occasioni visibili di collegamento territoriale.

In verità, per “contestualizzare” l'Expo avevano promesso, per far digerire la pillola dell'enorme malaffare che ruota intorno all'evento, di far tornare Milano una città d'acqua, riscoprendo i navigli o, quanto meno, qualche tratto di essi. In realtà non si è riusciti nemmeno a riportare l'acqua nella Conca dell'Incoronata mentre, dei canali che dovevano collegare il sito dell'Expo al sistema dei navigli non vi è più traccia. Forse, ma anche questa ipotesi è ormai in dubbio, l'acqua al sito di Expo arriverà con una condotta rubandola dal Lago Maggiore e dal Ticino, aggravando i problemi dell'inquinamento e sottraendo acqua l'agricoltura. Che il tema di Expo: “ Nutrire il pianeta” rappresenti solo una beffa crudele .

 

Expo affama il pianeta e nutre le multinazionali

Ma la beffa peggiore è legata alla cementificazione. Intanto del sito Expo ( 110 ha) passato da area agricola a zona D (edificabile) con una operazione che ne ha portato il valore da 10 a 163 euro al mq facendo intascare lauti profitti al Gruppo Cabassi e alla Fondazione Fiera (pubblica quindi controllata dai partiti). E pensare che nel concept iniziate l'Expo doveva essere fatta di orti e giardini... e che si prometteva di rendere Milano la città dei sogni con acque pulite che scorrevano e tanto tanto verde e piste ciclabili (quelle vere, non quelle di Pisapia che sono trappole per ciclisti).

 

Il completamento dell'operazione consisterà nel rifilare l'area (che nessun privato ha voluto) all'Università di Milano che, per compiacere ai “Signori dell'Expo”, vedrà – a fronte dell'impegno colossale – bloccati tutti i suoi investimenti per lunghi anni.

Il peggio è avvenuto con le autostrade. 1000 ha di terreno agricolo perso, parchi (di Pulcinella) tagliati a fette senza colpo ferire con mostri da cinque corsie con il risultato che chi ha intascato ha intascato e che i collegamenti previsti sono in ritardo o sono stati cancellati. Data la situazione della mancanza di collegamenti (compensati da navette e soluzioni tampone) sono previsti giganteschi imbottigliamenti. In tutto questo su un piatto della bilancia c'è da mettere costi lievitati (come denunciato da Cantone), orrenda cementificazione e … problemi giganteschi di accesso a Expo. Complimenti.

 

La fiera dei ciarlatani

 

MaExpo è la fiera dei ritardi, degli imbroglioni e dei ciarlatani. Ritardi non dovuti solo a incapacità ma alle guerre tra cosche politiche e alla furbizia di chi ha retto le danze dei finanziamenti. Non decidendo sino all'ultimo si sono potute assegnare le risorse con procedure tali da consentire che arraffassero solo gli amici degli amici.

Quanto ai lavori sul sito e alle infrastruttura non solo non si completeranno in tempo (alcune saranno pronte dopo un mese o due o … mai e saranno celate ai visitatori paganti il biglietto da abili camouflage) ma non ci saranno collaudi (solo autocertificazioni), non solo non ci saranno i canali, i corridoi ecologici ma nemmeno le “Opere pubbliche”, le tante grandiose promesse che avrebbero dovuto far sognare i milanesi (molto scettici sin dall'inizio per la verità).

Qualcuno si era illuso di un rinascimento milanese fatto di ecologia, buon cibo, cultura, salute. Sull'area dell'ex stazione ferroviaria di Porta Vittoria (di fronte all'ex verziere ora Parco Marinai d'Italia) doveva sorgere la Biblioteca europea, un sogno, Milano capitale europea dei libri e della cultura. Risultato: i metri cubi di residenziale li hanno realizzati, la Biblioteca si è persa nelle nebbie (che non ci sono più ma tant'è..). E della Città del gusto e della salute”? Si sono perse le tracce. Della “Città biomedica”? Anche. Idem per la città dello Sport e quella della Giustizia.

Chissà cosa ne pensano al Bureau International del Expositions e a Smirne, volgarmente imbrogliati facendo balenare fantasmagorici progetti di archistars?

 

La mazzata finale

Per chi ha a cuore il cibo (buono, pulito e giusto) la mazzata finale è arrivata con la decisione di ammettere come sponsor ufficiali McDonald e Coca-Cola (senza dimenticare che nei padiglioni ci sarà ampia presenza delle peggiori multinazionali degli Ogm e dei pesticidi). La cifra dell'Expo a questo punto è chiarissima e Carlin Petrini si è beccato con Oscar Natale Farinetti che ha commentato “Quelli di McDonald's li ho incontrati, e abbiamo parlato di prodotto sano e pulito. Intanto danno lavoro a tante persone”. Anche le fabbriche di armi, anche l'industria della droga danno lavoro a molte persone.

Intanto Farinetti si è portato a casa da bravo pescecane l'affaire dei 20 ristoranti regionali. La cucina italiana sarà monopolio di Farinetti che si è aggiudicato il contratto senza gara d'appalto. Cantone ha chiesto chiarimenti ma un proforma. Oltre a garantirsi il 95% degli utili Farinetti utilizzerà la piattaforma Expo per promozionare il suo più grande business: quel FICO (“la Disneyland del cibo”) un'operazione molto più ambiziosa che sta decollando alle porte di Bologna nell'ambito del CAAB, il Centro agro-alimentare, una società a prevalente partecipazione pubblica (Comune, CCIAA, Regione, Provincia) per quanto partecipata da Istituti di credito, Organizzazioni di categoria e operatori (ma a Bologna, si sa che – pubblico o privato – tutto ruota nella sfera di quello che lì chiamano ancora “il Partito”). Su spazi (prevalentemente) pubblici, grazie a investimenti privati (capitali asiatici), sorgerà la creatura più ambiziosa della megalomania di Farinetti, che – almeno nelle intenzioni dell'esponente del capitalismo renziano – dovrebbe proiettare la catena Eataly verso un ruolo primario nel retail italiano (dove è già largamente egemone se si considera il complesso Eataly-Coop). FICO è il nome ufficiale del progetto e l'acronimo (versione italiana e involgarita dell'onnipresente anglismo “smart”) e sta per Fabbrica italiana contadina (sic).

Social washing e rural washing

 

Eataly (di cui Slow Food è consulente) e, a maggior ragione FICO, fanno parte di quei fenomeni che, sotto l’etichetta del local food, del cibo tipico, presunto artigianale, delle tradizioni “contadine” reintroducono dalla finestra forme di ‘feticismo della merce’, di reificazione, (ri)commodificazione ovvero in definitiva l’assorbimento del cibo locale in un ruolo di nicchia del mercato – governato dalle stesse logiche di profitto - del cibo di massa, del divertimento e della cultura. Peggio ancora rappresentano forme di “esproprio della tipicità”, operazione di marketing cosmetico, di rural washing che danneggiano pesantemente i produttori rurali e le loro comunità.

Un grave rischio di rural washing si sta correndo anche all'Expo. Ancora poche settimane fa Carlin Petrini (ma non c'era ancora stato il battibecco con Farinetti parlava di portare a Milano “migliaia di campesinos” per Terra Madre giovani da tenere ai primi di ottobre.

Intanto a Milano si terrà tra il 23 e il 31 maggio la Worl Fair Trade Week. Anche in questo caso si parla di “centinaia di campesinos”. Pisapia e la sua giunta corresponsabili di Expo (sarà celebrata la frase del sindaco: “il sito sarà comunque fruibile dall'inizio”) hanno tentato una captatio benevolentiae dei tanti critici di Expo comunicando che accoglieranno questi contadini a casa loro. Lascia a dir poco perplessi che la stessa Slow Food per salutare questo evento usi frasi roboanti quali “Un rinascimento contadino globale per nutrire il pianeta”. Ma è giustificata tanta enfasi per eventi che rischiano di essere usati principalmente nel disperato tentativo di controbilanciare l'Expo delle multinazionali? Di fronte al precipitare della situazione e al dibattito interno a Slow Food (la partecipazione all'Expo ha creato mal di pancia anche all'interno) vale la pena mantenere l'iniziativa con “migliaia di campesinos nell'Expo? Non è che invece che per raddrizzare un po' il bastimento inclinato, che carica acqua da ogni parte, di Expo si va a delegittimare formule come Terra Madre?

Se l'evento scompare non se ne accorge nessuno visto che Expo è la fiera del “Chi l'ha visto”. Se, invece, in un Expo disastroso all'insegna di Coca Cola, McDonald, Barilla e global food system che la fa da padrone (ci sarà anche ampio spazio per le agroenergie che rubano terra al cibo) qualcuno cercherà di usare Slow Food e Terra Madre per mascherare i propri orrori le conseguenze sulla credibilità di tutto un movimento cresciuto intorno ad una diversa politica del cibo saranno pesanti.


 

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