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(26.07.13)Reclusi in casa per i pesticidi (Treviso)

Una testimonianza in diretta dai colli del Prosecco dove i pesticidi si irrorano ancora con l'elicottero a breve distanza dagli abitati. "Vivo ai piedi delle colline della pedemontana trevigiana, una zona tanto incantevole quanto invivibile, nel periodo da maggio ad agosto in cui vengono fatti i trattamenti fitosanitari" leggi tutto

 

(10.01.13) Amarone e Valpollicella: territorio per un prodotto o un prodotto per il territorio?

Dopo quella sul caso del Prosecco un'altra tesi di laurea si occupa dell'Amarone e della Valpollicella. Sottolinea come bisogna tornare a pensare che un prodotto valorizza un territorio leggi tutt

 

(01.01.13)  La pace col creato (e il prossimo) è anche non diffondere veleni (il caso del Prosecco)

Serve un maggiore impegno contro i pesticidi. L'avvelenamento "sostenibile" non si arresterà mai per opera delle agenzie di protezione dell'ambiente e la scienza ufficiali. Serve un movimento dal basso, di contadini e abitanti, una mobilitazione dei territori per un'agricoltura pulita, patrimonio di tutti, come la terra, l'aria, l'acqua, le piante e gli animali con i quali condividiamo uno spazio che non può essere solo "agroindustriale". Una tesi di laurea sui colli del Prosecco (TV) mette il dito sulla piaga leggi tutto

 

 

(08.03.10)Le mele? Una monocoltura intensiva e ben poco sostenibile in Val d'Adige

Da Luigi Mariotti (WWF Bolzano) riceviamo e pubblichiamo un rapporto sull'impatto ambientale della coltivazione intensiva delle mele in provincia di Bolzano. Recentemente è stato creato un superconsorzio trentino-sudtirolese per 'sfondare' sul mercato globale (in Russia e oltreoceano). I marchi accattivanti di Marlene e Melinda sono promossi sfruttando l'immagine ben costruita di un territorio alpestre  'pulito' e 'naturale' (c'è anche l'Orso, cosa volete di più?). Ma dietro c'è l'uso di pesticidi per ettaro più alto d'Italia. E nelle mele si trovano quantità di residui più frequentemente che negli altri ortofrutticoli (Legambiente 'Pesticidi nel piatto') leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(16.03.15) Bisogna dire basta alla logica spietata della monocoltura che scarica sulla società i danni alla salute e alla biodiversità compromettendo le risorse agricole per le generazioni future. Basta credere alle favole dei politici 'buonisti' che parlano di biodiversità e tipicità e poi sostengono l'agricoltura più impattante

 

Il Prosecco da un miliardo di

bottiglie devasta il territorio

 

Dal Friuli un grido di dolore: il Prosecco si mangia le colline e fa sparire gli ultimi prati stabili annientando valori paesaggistici ed ecologici. In nome di cosa? Della corsa alla produzione di massa, della diffusione mondiale del Prosecco, della monoProseccocoltura

La monocoltura ha portato non solo a disastri ecologici nel "terzo mondo" dove arrivavano (e arrivano) i piantatori europei (oggi anche cinesi) ma anche a casa nostra. Basti pensare alle risaie piemontesi (con ngravi problemi di inquinamento), alla Val di Non divenuta il meleto avvelenato d'Europa. La monocoltura cancella paesaggi e biodiversità e rende il mondo sempre più dipendente da lontani approvvigionamenti e da un'economia agroalimentare in mano a poche imprese, sempre più finanziarizzata, con un numero di prodotti che tende a ridursi sempre di più e a diveniere globali. Che coerenza ha poi recuperare antiche razze e antichi vitigni, parlare di biodiversità e di valori culturali. Che senso ha parlare di difesa del Made in Italy, delle eccellenze agroalimentari italiche (basta non se ne può più) quando si vorrebbe invadere il mondo con alcuni prodotti italiani ottenuti con monocolture insostenibili?

Il Prosecco ha indotto a coltivare ogni palmo di terra delle colline trevigiane determinando oltre alla piaga delle irrorazioni dei pesticidi (anche con l'elicottero) anche problemi di stabilità idrogeologica. Ora l'assalto alle colline si estende al Friuli. Ma la logica è sempre la stessa: quella perversa della monocoltura che porta ad una vera e propria desertificazione. Le monocolture sono efficienti solo dal punto di vista dell'economia agroalimentare dominata dalla grande distribuzione, dalle multinazionali, dalle finanziarie, dal punto di vista agroambientale sono un disastro. Esse comportano una concentrazione di impatti che, con una sana alternanza di colture e allevamenti sarebbero compensati, mitigati, attenuati. Dove si è concentrata la zootecnia le acque sono contaminate di nitrati, dove la zootecnia è stata cancellata manca la sostanza organica nel terreno e cresce il rischio desertificazione; l'uso smodato dell'irrigazione in alcune aree provoca salinizzazione del terreno, le colture che lasciano a lungo il terreno nudo sono causa di erosione idraulica ed eolica. In tutti i casi la monocoltura aggrava le avversità biotiche (parassiti, agenti batterici e virali di fitopatologie)

 

 

Addio ad uno degli ultimi e, purtroppo ormai rarissimi, prati stabili naturali

di Luciano De Biasi*

A Campea, (piccola frazione del Comune di Miane), si sta perpetrando l’ennesimo stupro a Madre Natura con la distruzione di uno degli ultimi prati stabili naturali. Naturalmente per convertirlo all’ennesimo vigneto.

Il toponimo “Campea” ovvero luogo ricco di campi ha perso ormai completamente il suo significato storico. I suoi campi, vecchi di centinaia di anni, si sono trasformati quasi improvvisamente, in pochissimo tempo, in nuovi vigneti tanto che ormai il nome del luogo potrebbe essere cambiato da Campea in “Vignea”.

La macelleria del territorio e del suo paesaggio causata da una corsa irrefrenabile alla piantagione di vigneti scarnifica i suoli storici, li stravolge, spiana e livella distruggendo in modo permanente ed irreversibile l’ identità storica dei luoghi che diventano irriconoscibili agli abitanti e con essa anche l’identità biologica, la biodiversità degli habitat e delle specie tipiche locali della flora e della fauna.

La visione inorridita di questi scempi ambientali ormai abituali fanno risuonare sempre più forti le parole del poeta Andrea Zanzotto pronunciate nel giorno del suo 85° compleanno a Venezia di fronte ad importanti esponenti della cultura italiana: «Una volta avevo orrore dei campi di sterminio, oggi provo lo stesso orrore per lo sterminio dei campi». E, parafrasando Albert Einstein, aveva aggiunto che soltanto due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Si riferiva alla pervicace stupidità dell’uomo che nonostante le ormai evidenti ed incontrovertibili manifestazioni di disastri ambientali, sempre più frequenti e dannosi, persevera nella violenza contro la Natura che si ribella e si difende (1).

Ricordando ancora il Poeta, il suo monito risuona anche nella pubblicazione che ha come titolo “In questo progresso scorsoio”, che altro non è se non la metà di un epigramma dello stesso Zanzotto: “In questo progresso scorsoio / non so se vengo ingoiato / o se ingoio”. Il Poeta con questo aforisma si riferisce alla spasmodica corsa verso il consumismo senza limiti e fine a se stesso, verso un falso “progresso-a-tutti-i-costi”. Queste le parole di Zanzotto a questo proposito: “Oggi siamo alla mancanza del limite e alla caduta della logica, sotto il mito del prodotto interno lordo: che deve crescere sempre, non si sa perché. Procedendo così, la moltiplicazione geometrica non basterà più ed entreremo in un’ iperbole, quella appunto  del “progresso scorsoio” in cui non sappiamo più se veniamo ingoiati o se siamo costretti a dover ingoiare.”

Il suo monito si può applicare benissimo all’enfasi verso l’espansione del numero di bottiglie di vino prodotte, ogni anno sempre più numerose, sembra senza più un limite né una logica se non quella spasmodica del “progresso scorsoio”: milioni, decine di milioni, centinaia di milioni, un miliardo ….. (2)

Nelle parole semplici di una umile donna che abita appunto a Campea si raccoglie tutta l’amarezza di una visione mortificante: “fra un po’ ci pianteranno le viti anche sotto il letto dove dormiamo ….”.

* Portavoce Comitato BASTA VIGNETI! 3891394441 Via Driovilla 2 – MIANE

Note

(1) Nota: la Regione Friuli Venezia Giulia ha disposto la tutela dei prati stabili naturali con apposita Legge Regionale n. 9 del 29 aprile 2005 (vedi allegata comunicazione del Comune di Polcenigo)

(2) Vedi allegato: IL GAZZETTINO - Domenica 13 novembre 2011, pag. 21 edizione NAZIONALE - Il Prosecco punta al miliardo di bottiglie)

 

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Sotto l'articolo del Gazzettino dove si confonde lo Champagne (300 milioni di bottiglie vendute all'anno) con alcune marche

 

IL GAZZETTINO

Domenica 13 novembre 2011, pag. 21 edizione NAZIONALE

Il Prosecco punta al miliardo di bottiglie

Gianluca Bisiol: «L’obiettivo sarà raggiunto nel 2025 per Veneto e Friuli significa 30mila posti di lavoro in più»

Se l’aristocratico Champagne, che costa quattro volte tanto, è arrivato a toccare il record di 400 mila bottiglie, il democratico e versatile Prosecco supererà il miliardo. E sarà tutto made in Veneto e Friuli, perché i vitigni Doc e Docg sono qui. L’area è blindata. Non è come il Tocai che si fa anche in Ungheria. Per il Nordest significherà 30 mila nuovi posti di lavoro, mente oggi il settore occupa 10 mila addetti. Le proiezioni sono di Gianluca Bisiol, 45 anni di cui 23 in azienda, una delle firme d’autore della viticultura veneta (Prosecco e Cartizze), alla guida dell’azienda di famiglia che vinifica da 21 generazioni; più di cinque secoli, visto che un suo antenato produceva vino nel trevigiano già nel 1542. Bisiol è stato invitato al Wine future di Hong Kong, 2000 iscritti da oltre 40 paesi hanno assistito agli interventi tenuti dai più autorevoli opinion leader di settore, come Robert Parker, Jancis Robinson MW (Master of Wine) e Francis Ford Coppola, proprio per spiegare il fenomeno Prosecco. «Nel giro di pochi anni - dice Bisiol - è diventato un simbolo di successo internazionale. Piace e diverte: la sua forza risiede nella capacità di farsi conoscere non come status symbol, ma come lifestyle symbol. In questo rappresenta perfettamente la qualità e lo stile di vita europei: fine, moderno ed informale».

Le stime sulla produzione partono proprio dalla performance dei consumi. In 40 anni la produzione si è moltiplicata per quaranta volte. Già a partire dal 2014 tra Veneto e Friuli si otterranno 450 milioni di bottiglie. «Dunque siamo già quasi a metà strada» - commenta.

E il miliardo di bottiglie non andrà a discapito della qualità perché Bisiol calcola che saranno prodotte in un area di un milione e 70 mila ettari, che è pari al 7,5% della superficie agricola delle due regioni. 

Le potenzialità dunque ci sono e la domanda pure. «A parte Italia e Germania che sono abbastanza sature, gli altri mercati sono pressoché vergini». Negli Usa in 10 anni le vendite sono balzate da 500 mila a 2,6 milioni di bottiglie Docg. «In Cina sei anni fa - dice Bisiol - noi vendevamo 4 mila bottiglie, oggi 100 mila». La Bisiol è un’azienda familiare di nicchia. Quest’anno fatturerà 13 milioni (più 20% sul 2010) con un margine operativo del 12%. Vinifica su 125 ettari, più della metà di proprietà, il resto in affitto in 35 colline nel trevigiano. E qualche anno fa è sceso nella Laguna di Venezia a cercare di ricostruire il vino con cui i Dogi brindavano nel 1400. «Abbiamo trovato un centinaio di viti tra le isole della Laguna, le abbiamo clonate e reimpiantate a Mazorbo». Il risultato è un vino bianco dal gusto particolare, sui 13 gradi. Si chiama Venissa, tributo al poeta Andrea Zanzotto. Le prime 4880 bottiglie si stapperanno a febbraio 2012. E sono già tutte vendute.

 

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