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Il corno da pastore delle Orobie

tecnica costruttiva a partire dal corno grezzo di capra orobica

 

foto e didascalie di Giovanni Mocchi

 

  1. Procurarsi un corno di capra o di becco di almeno 30 cm

  2. Misurare con un’asta flessibile la lunghezza della cavità internaì

  3. Riportare sull’esterno il limite della parte vuota

  4. Tagliare la punta del corno dove il diam della sezione inferiore è di circa cm

  5. Con una punta di trapano da legno di mm 5 (in testa ha una piccola punta che facilita la tenuta della posizione) iniziare a forare fino a raggiungere la cavità interna. Va ricordato che la cavità non è al centro della sezione del corno, ma leggermente spostata verso la parte interna della sua curvatura.

  6. Quando la punta raggiunge la cavità (provare a far scorrere l’acqua) si può iniziare a svasare l’imboccatura per dar forma al bocchino. Con una lima da ferro, si dà anche la forma preferita alla bocca del corno. Se la punta è troppo corta si può tagliare una ulteriore sezione di corno o procurarsi una punta più lunga. Attenzione a non perforare il bordo della parete.

  7. Lavare interno ed esterno del corno prima con detersivo, poi con alcool o candeggina diluita, meglio con uno scovolino. Levigare la superficie esterna del corno con carta abrasiva fine da carrozziere, sempre a corno bagnato. A corno asciutto si può passarlo con cera d’api grezza, liquefatta con un phon e distribuita con uno spazzolino. Sempre a phon, con carta assorbente levare la parte residua di cera. Infine lucidare con un panno o una spazzola

.

  1. Sulle parti sporgenti della cresta del corno aprire due fori in cui passare una corda per appendere il corno alla spalla e a muro.

Suonare appoggiando le labbra contro il bocchino e producendo una pernacchia a labbra strette. Dopo alcuni tentativi il corno cattura la vibrazione che gli è congeniale. Evitare l’uso in spazi chiusi (si possono infrangere i vetri). In linea d’aria il suono del corno si sente a qualche chilometro.

Nelle Alpi il corno è utilizzato in baita per comunicare a distanza e per chiamare il bestiame. È anche protagonista nei riti della settimana santa e in quelli per scacciare l’inverno e ‘chiamare l’erba’.

Bibliografia

G. Mocchi-M Schiavi ‘Campanacci, fantocci e falò. Riti agro-pastorali di risveglio della Natura. Ardesio -Presidenza della Regione Lombardia, 2014. (in www.kijiji.it e www.subito.it)

 

 

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