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Commenti/Alpeggi fatiscenti

 

  

 

 

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Cascina Oro (Alpe Monte Alto) Costa Volpino (BG)

 

Malga Moren - insieme dei fabbricati - Borno (Bs)

 

Malga Moren - la stalla - Borno (Bs)

 

Malga Varicla - fabbricati diroccati- Borno (Bs)

 

Malga San Fermo - fabbricati - Borno (Bs)

 

Malga Varicla - tettoia diroccata - Borno (Bs)

 

 

(21.03.10) E' primavera ed è tempo di prepararsi alla prossima stagione d'alpeggio. Purtroppo non si può fare a meno di  pensare a quanti alpeggi presentino strutture fatiscenti che vanificano la volontà di tanti alpeggiatori, compresi molti giovani, di proseguire e rilanciare la loro attività

 

Gli alpeggi sono un pezzo di storia e una risorsa per il futuro. ll disinteresse non è più giustificabile

 

di Michele Corti

 

Lo sviluppo industriale, edilizio e turistico di molte località ha fatto del tutto dimenticare agli amministratori comunali di essere i responsabili di un patrimonio che chi li ha preceduti (da quando esistono i comuni, ovvero dal medioevo) ha gelosamente e scrupolosamente conservato quale risorsa strategica per la comunità. Ora, quando che si torni ad attribuire valore alle risorse 'rinnovabili', tradizionali, alle pratiche 'sostenibili'  il rischio il disinteresse pare proseguire. Con la prosettiva della perdita definitiva di un patrimonio prezioso

 

Le strutture d'alpeggio versano spesso in condizioni molto precarie nonostante qualche 'isola felice' e nonostante i molti investimenti delle regioni.

Il passato di intensa colonizzazione pastorale della montagna ci ha lasciato in eredità un patrimonio edilizio molto esteso. Spesso si tratta di strutture difficilmente adeguabili alle nuove esigenze. E' il caso degli alpeggi privati costituiti da nuclei o villaggi costituiti da piccole baite 'famigliari'. Le volumetrie, le altezze delle stalle e dei locali utilizzabili per la lavorazione del latte sono ridotte e la ristrutturazione è difficile. Si tratta di situazioni diffuse in Val Sesia (VC), Ossola (VB), Valchiavenna (SO). Situazioni di mancanza o di grave inadeguatezza di strutture sono presenti anche nel casi di alpeggi comunali nelle valli di Cuneo. Qui, però, vorremmo trattare di alpeggi comunali; quelli che da secoli sono dotati di capaci strutture in grado di accogliere la mandria dei 'comunalisti' e di lavorare importanti quantità di latte. Spesso tra '800 e '900 i comuni proprietari investirono in tettoie, stalloni, porcilaie tanto che all'epoca gli alpeggi erano delle 'aziende modello' modernissime se confrontate alle piccole stallette tradizionali di cui potevano disporre i singoli comunalisti  presso i villaggi e nei maggenghi di mezza costa.

 

Un comune industriale 'si dimentica' dell'alpe

 

Due esempi di situazioni di alpeggi trascurati dalle successive amministrazioni comunali (la situazione attuale è il risultato degli effetti cumulativi della scarsa attenzione di più sindaci e giunte e non è possibile né lecito colpevolizzare alcuno in particolare). Presi da due comuni della bassa Valle Camonica, l'uno in provincia di Bergamo: Costa Volpino (nell' 'alto Sebino se si preferisce) l'altro di Brescia: Borno. Il primo molto industriale, il secondo molto turistico. Eppure quanto era importante l'alpe Monte Alto per gli abitanti della Costa Volpino pre-industrale. All'inizio del '900 la famosa inchiesta Serpieri ci descrive un pascolo caricato da 115 'paghe' regolari (ma si arrivava a 160) più altrettante di 'comunisti' (così si chiamavano i residenti titolari di usi civici fino agli anni '20 del secolo scorso) che, proprietari delle 'cascine di monte' ai piedi dell'alpe, avevano il diritto di pascolarvi senza pagare alcuna tassa o diritto. Al catasto figura una proprietà di 200 ha di cui 84 di 'segaboli' (i prati magri in quota dove i 'comunisti' avevano diritto di segare il fieno selvatico). Oggi tra i rimboschimenti a go-go e l'incespugliamento (con rododendro)  di buona parte del pascolo alto non sono utilizzabili più di 60 ha. Ma il peggio riguarda la sorte della cascina ('Cascina Oro'). La vedete nella prima foto (Amerigo Grisa). E' così da quando, nel 2008, è stata oggetto di un incendio (non certo per autocombustione) a seguito di cessazione del contratto d'affitto con il precedente caricatore. Nel 2009 l'alpeggio è stato caricato da un giovane allevatore di Clusone che si è dovuto 'arrangiare' operando in 'società' con il caricatore delle vicine malghe di Songavazzo. E quest'anno?

La situazione attuale, in ogni caso, non è il risultato di fatti contingenti ma il frutto di un processo di degrado e di cronico disinteresse. Il mancato adeguamento dei locali di lavorazione del latte alle benedette/maledette 'norme igienico-sanitarie' ha disincentivato il carico di vacche da latte. Il fatto, unito alle trasfomazioni delle stalle dell'Alto Sebino-Bassa Valcamonica secondo i moduli 'padani' (Frisona, insilato, cuccette, forti produzioni e corrispettivi liquami) e alla conseguente disaffezione per l'alpeggio, ha fatto si che l'Alpe fosse sempre più caricata negli ultimi anni con bestiame asciutto. Con a conseguente riduzione delle 'paghe' il pascolo arretra e si innesca un circolo vizioso. Fatto salvo tutto ciò è innegabile che la disponibilità di strutture idonee e 'a norma' potrebbe ribaltare la situazione attirando nuove leve tra gli allevatori medio-piccoli dell'area Clusone-Val Borlezza-Alto Sebino che - come i loro colleghi su tutto l'Arco Alpino  - su stanno accorgendo che tornare all'alpeggio conviene. Concludiamo su Costa Volpino ricordando che lo statuto comunale del 1488 dedicava numerosi e puntuali capitoli al Monte Monte Alto. Oltre ai vari obblighi dell'appaltatore (incantatore) si imponeva di cambiare ogni quattro giorni 'li baregi' (i barek) ovvero le aree di mandratura pena la multa di un 'ducatto' per notte di inosservanza. All'incantatore competeva la realizazione delle cassine e dei baregi (erano costruzioni primitive in pietra a secco).

 

Un comune turistico trascura le malghe

 

Il comune di Borno è sito in un altopiano incantevole tra la Valle Camonica e la Valle di Scalve. Meta precoce di soggiorno estivo ha mantenuto una buona vocazione turistica. Possiede 7 malghe, non tutte in cattivo stato come quelle di cui riportiamo alcune immagini (Stefano Martinelli) ma in maggioranza non 'a norma' dal punto di vista igienico-sanitario. Tre su sette presentano buona parte o solo alcuni dei fabbricati in pessimo stato. Va sottolineato che non si tratta di 'malghette' marginali ma di malghe che sino a non molti anni orsono erano ambite e, rispetto agli standard dell'epoca' dotate di buone strutture come testimoniano le ampie tettoie (spesso diroccate). Non tutti i fabbricati diroccati sono utili alla gestione dell'alpeggio. sarebbe però necessario sia per motivi di sicurezza che di rispetto dell'elevato valore paesistico del contesto provvedere a demolire, mettere in sicurezza o ricostruire. Nella realtà bornese si organizzano la Festa della Malga e la Festa della Transumanza. Sulla carta vi è un'attenzione alla valenza turistica di questo patrimonio ... ma rimane  di facciata e di facile spendibilità turistica. Una valorizzazione seria implicherebbe la realizzazione di percorsi tematici (le sette malghe sono facilmente raccordabili da percorsi che sfruttano in larga misura la sentieristica esistente), attività didattiche e dimostrative, escursioni guidate. Ovviamente vanno premesse  la sistemazione e l'adeguamento delle strutture e iniziative per valorizzare l'attività dei malghesi e i loro prodotti.

Borno è una delle località importante che ha anche alle spalle una storia di grande spessore di pastori transumanti e di malghesi e potrebbe a buona ragione ambire a realizzare una realtà ecomuseale o un 'parco rurale' sul tema. Cominciando dal prestare attenzione alle strutture. Nel caso di questo comune infatti gli interventi non rischierebbero come altrove di fare la fine delle 'cattedrali nel deserto'. Gli allevatori locali hanno dimostrato sinora grande attaccamento all'alpeggio operando in condizioni difficili ed è certo che risponderebbero.

 

 

 

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