Ruralpini        Commenti/Poschiavo da lezioni

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(15.10.12) I poschiavini si ribellano alle bugie di stato (Canton Grigioni)

Il Consigliere di stato (ministro) Cavigelli è stato accolto a Poschiavo dai contadini con le carcasse degli animali uccisi dall'orso M13. Cavigelli ha sostenuto che i problemi derivano dal "non essere abituati alla presenza dell'orso". Bugie. In Trentino sono "abituati" e i problemi aumentano. È una bestia pericolosa che le pallottole di gomma non allontanano dai centri abitati. Ma l'Ufficio caccia cantonale (come si legge nel comunicato sul sito del comune di Poschiavo) diceva: "M13 è un orso tranquillo, che non ha creato problemi". Bugie di stato alle quali i Poschiavini intendono dire basta.

Per smascherarle meglio si prepara (organizzato da Amamont e Ruralpini) un incontro a Poschiavo con il Comitato anti orso del Trentino

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(20.08.12) Alp Week a Poschiavo (5-9 settembre)

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(08.07.12) Poveri orsi

Esibiti come bestie da baraccone, sfruttati commercialmente, oggetto di voyeurismo, spiati, radiocollarati, attirati da incoscienti fotografi, disturbati da elicotteri, pallottole di gomma e petardi, narcotizzati, catturati in trappole-tubo, uccisi "dai loro amici", "stirati" dalle automobili, castrati e imprigionati. Gli orsi trentini sono le prime vittime della messa in scena della wilderness, sono vittime dell'ipocrisia dominante, che impone la caduta dei confini tra domestico e selvatico, la mitologia ribaltata dell' orso "vegetariano" e della "buona fiera", mescolando escatologia biblica, Disney e... business. Nel mondo ecologista si impone una riflessione. leggi tutto

 

(24.05.12) Strembo (Tn). Esplode la protesta per la strage degli asini. Nasce il Comitato anti-orsi

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(07.10.12) Il giorno 23 novembre a Poschiavo nell'ex cinema Rio alle ore 20 si terrà una serata informativa sul tema dei grandi predatori durante la quale sarà ascoltata anche la "campana" di chi con orso e lupo sulle Alpi non riesce proprio a convivere

 

 

Grandi lezioni

 

da una piccola valle

 

 

di Michele Corti

 

In Val Poschiavo (Canton Grigioni) la comunità reagisce con vigore all'arrivo di un orso che ha provocato molti danni, che ha imposto il "coprifuoco" agli animali (chiusi per ordine delle autorità nelle stalle). Non accetta che le autorità del cantone dicano: "Non c'è niente da fare, sono gli accordi internazionali". Che qualcuno decida e loro debbano rassegnarsi.

 

La Val Poschiavo rappresenta una piccola comunità alpina di 4.700 abitanti (con un territorio di 240 km2) che ha saputo conservare uno spirito di autonomia come poche altre. La vicenda attuale della "convivenza forzata" con l' orso M13 (che ha provocato molti danni e che non ha paura dell'uomo) è stata percepita come un sopruso, come una imposizione da parte di poteri estranei al territorio. La maldestra gestione da parte delle autorità di Coira del confronto con la popolazione (hanno inizialmente delegato a dei funzionari) non ha fatto che peggiorare le cose.

Una storia di indipendenza

Il sopruso è qualcosa che lo spirito poschiavino (genuinamente alpino e svizzero) non può sopportare. I Poschiavini alla loro indipendenza ci tengono come hanno dimostrato più volte nella storia. Nel medioevo, dopo aver sfruttato abilmente le concomitanti rivendicazioni di sovranità da parte del Vescovo di Coira e del Comune di Como, staccarono le loro sorti da quelle della Valtellina quando i Visconti di Milano imposero sconsideratamente come feudatario - senza ascoltare la valle - un personaggio inviso, tale Giovanni Malacrida di Musso (località sul lago di Como). Nel 1406 i Poschiavini si ribellarono distruggendo il castello e si misero sotto la protezione del vescovo di Coira. Alla fine del secolo si emanciparono da ogni dipendenza dal Vescovo ed entrarono liberamente a far parte della Lega Caddea (una delle tre leghe grigie). Per tre secoli la valle godette una condizione di grandissima autonomia all'interno di una confederazione (i Grigioni/Leghe grige) basata sull'aggregazione di comunità quasi del tutto indipendenti, con un ruolo molto ridotto degli organi centrali. La situazione si "normalizzò" con l'entrata dei Grigioni nelle Confederazione Elvetica (1803). Solo da allora i Grigioni si configureranno come uno stato moderno, con la conseguente affermazione del ruolo della capitale (Coira) e della burocrazia. Il governo cantonale e Coira restarono però lontani (specie in inverno) dalla Val Poschiavo che è separata dal resto del cantone dal Passo del Bernina di ben 2.323 m. Ma una volta superato il passo e arrivati in Engadina per andare a Coira bisogna superare altri passi (Albula - 2.312 m o il Julier - 2.284).

Isolamento ma anche ruolo di "ponte" e una forte identità plurima

Una condizione di relativo isolamento (accentuato dall'introduzione, da parte di Napoleone, di una frontiera politica con la Valtellina) ha favorito un senso di autonomia e autosufficienza. Prima di tornare a quanto sta succedento oggi a Poschiavo mi pare opportuno aggiungere che questa autonomia è anche legata a una forte identità, un'identità che si caratterizza anche per il suo carattere (antico ma anche post-moderno) di "pluriappartenenza". La geografia e la lingua materna (dialetto lombardo-occidentale) uniscono la valle alla Valtellina e alla Lombardia, la storia e le istituzioni al Canton Grigioni e alla Svizzera, l'uso della lingua italiana alla cultura italiana (qui vista separata dalla poco attraente realtà statalica).

I poschiavini maneggiano tutti più lingue (il tedesco per motivi di lavoro è utilizzato da buona parte della popolazione) e la loro piccola valle "isolata" è in realtà un ponte tra culture (ed economie) che continua come secoli fa a garantire un importanza alla valle ben superiore alla sua consistenza demografica. C'è anche una grande apertura verso le altre comunità alpine come testimonia il gemellaggio attuato qualche anno fa tra le scuole di Poschiavo e la piccola (ma famosa) "scuoletta alpina" di Coumboscuro in Valle Grana (CN).

L'orso a Poschiavo

Da aprile di quest'anno (fatta salva una "vacanza" in Tirolo) l'orso M13 si è insediato in Val Poschiavo cerando un grande scompiglio. Il 12 ottobre il consigliere di stato Cavigelli, direttore del Dipartimento costruzioni, trasporti e foreste del Cantone (nota per i lettori italiani : direttore è equivalente di ministro anche se con un ruolo che non è solo politico) è venuto a Poschiavo accolto da contadini che esibivano le carcasse di pecore sbranate dall'orso la sera prima. Ha cercato, senza molto successo, di rassicurare la popolazione sostenendo che la situazione è sotto controllo, che gli uffici cantonali hanno fatto tutto quello che è necessario fare ecc. In realtà Cavigelli non è stato per nulla convincente. Incalzato dai poschiavini in quella occasione si lasciò scappare che l'orso avrebbe potuto essere "promosso" da "problematico" a "pericoloso" (che in Svizzera equivale all'eliminazione dell'animale). Poi, però, in una lettera (datata 2 novembre) inviata all'associazione transfrntaliera Amamont (amici degli alpeggi e della montagna, molto attiva sul tema) è tornato su posizioni di totale chiusura rispetto alle proteste e istanze della popolazione. In essa Cavigelli sostiene che:

"Le autorità italiane sanno molto bene come gestire gli orsi. Ad esempio, anche in Italia gli orsi che mostrano un comportamento anomalo vengono catturati e dotati di un trasmettitore che ne permette un'osservazione più intensa".

Una dichiarazione che dimostra come Cavigelli non si sia preoccupato di documentarsi a sufficienza sulla questione. Altrimenti avrebbe scoperto che a chiedere la rimessa in discussione della Direttiva europea e del Piano di azione per l'orso bruno sulle Alpi è lo stesso presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai che auspica il dimezzamento della popolazione ursina trentina fonte di enormi problemi. Cavigelli forse ignora la problematicità delle operazioni di cattura (che in due casi hanno comportato la morte degli orsi coinvolti), ignora il grande numero di episodi di "incontri ravvicinati" con l'orso che hanno comportato, in alcuni casi, controlli ospedalieri e trattamenti con sedativi dei malcapitati. Le autorità italiane (almeno la provincia di Trento) maledisce il giorno in cui è stato attivato il progetto Life Ursus con la deportazione dalla Slovenia di orsi che già in partenza erano problematici perché alimenhtati sui carnai. Ma in Slovenia la caccia all'orso è pratica legale e diffusa. In Trentino, in assenza di caccia, il comportamento di questi orsi, di generazione in generazione (i cuccioli vivono a lungo con la madre e apprendono da essa il comportamento), è peggiorato. Non a caso Dellai sottolinea a ogni occasione che "la grana" lui se l'è trovata. Perché Cavigelli, che sostiene che "per il momento non sono perciò necessari ulteriori passi sul piano politico", non si degna di parlare - da politico a politico - con il presidente Dellai invece che prendere per oro colato i rapporti dei tecnoburocrati che non possono fare a meno che autogiustificarsi per le loro scelte? Dellai nella sua azione nei confronti di Bruxelles per modificare le regole del gioco che riguardano la superprotezione dell'orso trarrebbe grande vantaggio dal coalizzarsi con il Canton Grigioni e la Svizzera. Cavigelli non ha capito che non si tratta di protestare contro il Trentino e di chiedere di riprendersi i suoi orsi ma di agire di concerto per modificare il quadro normativo internazionale.

Però per fare questo i politici devono avere il coraggio di agire con la loro testa, di saltare i loro funzionari. Essi (non soli i trentini ma anche i loro colleghi lombardi e svizzeri) non ammetteranno mai che la situazione in Trentino è sfuggita di mano, che gli orsi si sono moltiplicati più velocemente del previsto, che il loro comportamento non è più da animale selvatico, che ciò mette a rischio la popolazione (considerato che si avvicinano senza tema ai villaggi e entrino anche frequentemente negli abitati). Il dogma dice che l'orso "non è pericoloso" e si fa di tutto per nascondere o manipolare le notizie sugli incidenti (anche mortali) che in Europa sono causati dagli orsi bruni.

Cavigelli preconizza la "distensione"

Nella lettera del 2 novembre Cavigelli "la mette facile"

Dopo questo colloquio [si riferisce sempre a quello del 12 ottobre a Poschiavo] ho incaricato l'Ufficio per la caccia e la pesca di elaborare un catalogo di misure per risolvere i problemi in relazione alla presenza dell'orso M13 in Valposchiavo. Questo catalogo di misure, che coinvolge tutti gli attori (Cantone, comuni, agricoltura, organizzazioni ambientaliste, ecc.) è attualmente in fase di attuazione. In particolare i contadini di Cologna hanno già disposto prime preziose misure e anche il Comune di Poschiavo ha recentemente avviato primi passi importanti. Nelle condizioni quadro giuridiche attuali, il Cantone vede con favore la ricerca di soluzioni per una convivenza il più possibile priva di conflitti tra tutte le parti coinvolte. Questo porterà a una distensione della situazione.

Chissà forse Cavigelli è convinto di poter convincere M13 a fare il bravo orso. Di fatto le "preziose misure" cosa sono? Sono un cambiamento del modo di vivere e di allevare gli animali, un blindarsi della gente e degli animali domestici  mentre lui, il "signor orso" (proiezione delle visioni di "rigenerazione naturale" dei cittadini che contribuiscono all'impronta ecologica ben più die montanari) scorazza e uccide come gli pare. La scuola di Poschiavo, che di notte deve essere protetta con corrente ad alta tensione, gli animali tenuti forzatamente nelle stalle agli inizi dell'autunno (con il pascolo "da mangiare") sono misure intelligenti? È questo il futuro di "convivenza". Evidentemente Cavigelli spera che la gente si rassegni, che subisca quello che, comunque lo si presenti, sente come un intollerabile sopruso e un offesa al buon senso, all'intelligenza, alla cultura della montagna.

Non va proprio giù ai poschiavini che in Trentino, a Coira, a Berna, a Bruxelles decidano alle loro spalle, condizionino la loro vita per un vezzo ideologico che con l'ecologia non ha proprio nulla a che fare. I poschiavini in materia di ecologia non accettano lezioni da nessuno visto che la loro è una valle bio, con l'agricoltura quasi al 100% convertita ai metodi di coltivazione biologica.

L'orso poi non l'hanno loro, i burocrati, gli ambientalisti di città, nel giardino di casa ma resta a Poschiavo.

 

Autorità in sintonia con la comunità locale

 

Se Cavigelli ha potuto cavarsela con una lettera di risposta abbastanza sprezzante nei confronti di una associazione sarà più difficile farlo con l'interpellanza di membri del gran consiglio (il parlamento cantonale) rappresentanti Poschiavo e Brusio (Brusio è l'altro comune dlela valle): Alessandro Della Vedova, Karl Heiz e Dario Monigatti. Essi, con un'inziativa apprezzata da tutte le componenti politiche e sociali della valle (ricompattatasi su una questione percepita grave), hanno chiesto al Governo di "

"..intervenire nei confronti della Confederazione affinché possa essere modificato e adattato il concetto di gestione dell’orso, in modo che lo stesso tenga maggiormente in considerazione i diritti della gente confrontata con la sua presenza, soprattutto nel caso di orsi problematici come M13, no escludendo a priori l’allontanamento dell'orso verso territori disabitati e quindi più adatti alla conduzione della sua esistenza. Hanno anche chiesto anche al Governo grigionese d’intensificare i contatti con il Governo del Trentino Alto Adige al fine di favorire una gestione maggiormente coordinata della questione orso".

Pur con toni più soft anche le autorità chiedono al Cantone le stesse cose della gente comune. Non sarà facile eluderle.

Strani politici

La cosa curiosa è che, nel vivace (a dir poco) dibattito sull'orso svoltosi nel Gran consiglio, la presidente del Governo cantonale, Barbara Janom Steiner, aveva essa stessa richiamato l'allarme sociale causato dall'orso (ricordando anche come il padre pescatore in occasione del passaggio dall'Engadina dell'orso avesse dovuto rinunciare al puo sport preferito) e aveva quindi preso in seria considerazione le proteste dei poschiavini. Pareva nel corso del dibattito che Cavigelli, fermo sulla linea degli "esperti" e del "bisogna convivere" fosse in minoranza e oggetto di critiche da più parti. E invece... non è successo niente. Segno che anche in Svizzera, e non solo in Italia, lo scollamento tra politici e popolazione è ormai grave. Sembrano mr jekyll e dr hyde i politici. Di fronte alla gente, nei dibattiti sembrano dar ragione ai cittadini, nelle risoluzioni che contano, invece, firmano quello che la tecnoburocrazia, gli "esperti" sottopongono loro. E gli "esperti" in questo caso non sono affatto super partes, sono pro orso. Tutti, tutti i funzionari degli uffici faunistici, in Italia e in Svizzera.  Fino a che i politici lo consentiranno. Anche perché, se è vero che nelle grandi città il tifo per l'orso Yoghi, è indubbio è altrettanto vero che localmente, nei loro circoli elettorali, i politici condiscendenti all'animal-ambientalismo urbano la possono pagare cara. In città possono "scaldarsi" per l'orso ma non sarà quello che li orienta nelle scelte elettorali. In montagna, invece, la gente potrebbe votare proprio pensando all'orso. Antonio Platz in un articolo ("La società e l'orso") apparso su "Il Grigione Italiano" (n. 33) ha giustamente scritto:

"Il tema ha toccato troppo da vicino la popolazione perché la si possa escludere dalla discussione senza passare per le urne. Personalmente sono dell’opinione che sia l’uomo, sia gli animali abbiano lo stesso diritto di poter vivere nel loro ambiente con la massima serenità. Nel caso specifico dell’orso ciò non sembra possibile, fosse anche solo perché nel secolo trascorso tra la loro scomparsa forzata e il loro ritorno la biosfera sociale è cambiata in modo radicale e ha trovato equilibri che rischierebbero divenire compromessi".

Prendere esempio

In attesa di esprimere con il voto il loro pensiero sull'orso a Poschiavo non stanno con le mani in mano. Una comunità orgogliosa della propria autonomia e libertà non può accettare di essere trattada da sudditi, di sentirsi raccontare mezze verità se non vere be proprie bugie di stato.

Di sentirsi sudditi di Coira, di Berna, di Bruxelles non ne vogliono sapere i poschiavini. Così, tutt'altro che "distesi", stanno organizzandosi a loro modo. Quello che hanno stabilito di fare i è molto importante e rappresenta un esempio per tutte le comunità alpine. Innanzitutto, dopo aver saggiato la poca imparzialità delle "serate informative" a cura dell'Ufficio caccia ("guardiani della selvaggina") e non ritenendosi rassicurati dalle informazioni ufficiali su predazioni e spostamenti di M13, il comitato che sta organizzando la strategia sull'orso ha deciso un monitoraggio interno raccogliendo direttamente segnalazioni su tutti i movimenti dell'orso. Di più il comitato ha deciso un'azione molto importante: raccogliere dagli interessati tutte le denunce di danni subiti dall'orso presentando al Centro di consulenza agraria le relative fatture. Il comitato ha inoltre deciso di redigere un elenco di tutti i problemi derivati dalla presenza dell'orso per l'agricoltura e di trasmetterlo al competente dipartimento del comune. I poschiavini come si vede non aspattano l'iniziativa delle autorità.

 

Informazione dal basso (bisogna sostituirsi a istituzioni sorde)

 

La decisione più importante, però, è l'attivazione di una prima iniziativa di informazione approfondita e oggettiva su tutta la partita della reinbtroduzione dell'orso e dei grandi predatori.  Una prima serata si svolgerà venerdì 23 novembre presso l'ex-cinema Rio a Poschiavo. La serata, frutto dei contatti transfrontalieri di Amamont e Ruralpini, è rivolta non solo alla Val Poschiavo ma anche alle valli vicine (Endadina, Val Monastero) e alla Valtellina. All'incontro saranno presenti per testimoniare cosa significhi la "convivenza" con i grandi predatori i rappresentanti del Comitato anti orso del Trentino e alcuni piemontesi tra cui Tiziano Aiassa, allevatore di bovini di razza piemontese che ha avuto gravissimi danni a causa del lupo. Ci penseranno loro, gente a diretto contatto con il problema a spiegare quello che le "autorità" e gli "esperti" non vogliono dire secondo una tattica che a Poschiavo hanno definito di "omertà".

Il fatto che siauna piccola valle a stimolare un confronto tra diverse realtà alpine  non è certo un caso. È la riprova che le piccole comunità, forti della loro identità, internamente coese e ricche di reti di relazioni locali, sanno reagire alle minacce esterne. Chi vuole applicare alla montagna un neo-colonialismo bramoso di sfruttarne le risorse lo sa bene.

 

 


 

 

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