Ruralpini         Inforegioni/Lessinia: no lupi

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(13.12.14) Tutti i comuni dell'alta Lessinia unanimi dicono No ai lupi. L'altro ieri sera i sindaci erano presenti a Bosco Chiesanuova all'incontro in cui si è discusso di politiche del lupo e degli strumenti per opporsi al diktat della loggia internazionale dei Grandi Predatori

 

La Lessinia non vuole i lupi

(e diventa il centro italiano di una resistenza sociale

e civile alla politica neocolonialista dei Grandi Predatori)

 

 

di Michele Corti

 

In Lessinia le bugie del partito del lupo non attaccano. Sindaci, consigli comunali, allevatori, proprietari di malghe, commercianti, gente che vive nelle contrade (e si trova già oggi i lupi in casa) è unanime: "Non li vogliamo"

 

L'alta Lessinia è caratterizzata da una forte presenza di aziende zootecniche e casearie, è caratterizzata da paesaggi antropizzati da millenni e da un forte radicamente della cultura agropastorale, è un territorio densamente popolato con molti abitati sparsi. In Lessinia le cose non stanno come a Cuneo, dove la scarsa popolazione montana e gli allevatori sono disseminati su un vasto territorio diviso in molte valli e con forti difficoltà di comunicazione, non stanno come nella Toscana meridionale, dove la realtà pastorale è solo debolmente integrata con il tessuto sociale (anche in conseguenza del trapianto relativamente recenti di allevatori provenienti dalla Sardegna). In Lessinia c'è una concentrazione produttiva e demografica, una integrazione sociale e culturale della realtà allevatoriale nella configurazione sociale locale che hanno determinato l'attivazione di processi politici di resistenza all'imposizione del lupo in tempi rapidi, in tempi efficaci

La lobby del lupo nei suoi protocolli, più o meno segreti, raccomanda caldamente agli adepti di muoversi localmente con circospezione. Riassunte le "istruzioni" suonano più o meno così "Quando il lupo compare non cantate vittoria, aspettate che si insedi, che si costituiscano branchi, non diffondete la notizia. Gli allevatori e gli abitanti devono trovarsi di fronte al fatto compiuto, ad un fatto ineluttabile. Fate loro credere che il lupo è intoccabile, che si può solo rassegnarsi e accettare i graziosi aiuti che voi offrirete sotto forma di cani da difesa, recinti, amenicoli sonori e visivi. Quando i gonzi si accorgeranno che i lupi continuano a colpire e che per difendersi dovranno sputare sangue cominceranno ad abbandonare prima i pascoli, poi le aziende, saranno sempre meno e sempre meno capaci di organizzarsi e di provocare sostegni politici a loro favore, i villaggi e le contrade senza allevatori, senza bambini chiuderanno. E noi avremo vinto".

 

 

In Lessinia il giochetto non funziona più

 

Il copione, per quanto possibile, è stato seguito anche in Lessinia. Esattamente quattro anni fa l'asinella di Santa Lucia che doveva portare i doni ai bimbi di Bosco chiesanuova venne sbranata dai lupi. Ma i lupi erano già arrivati da anni, almeno dal 2008. Da dove? In alta Lessinia nessuno crede che siano arrivati da soli ma, di certo, gli ambientalisti e il Corpo Forestale dello Stato (che qui è percepito come una polizia politica di parte ambiental-animalista) si sono ben guardati dal diffondere la notizia della presenza. Tanto da tacere anche per due anni della notizia dell'avvelenamento di una lupa che pure avrebbe dato loro occasione di stigmatizzare la barbarie degli "indigeni". La crescita della popolazione lupina, però, è stata molto rapida e la crescita delle aggressioni al bestiame ancora di più. Grazie ad Internet e facebook (che al di là di tutto consentono agli straccioni di comunicare tra loro e di coordinare le loro azioni di resistenza ai poteri forti) la Lessinia era a conoscenza di quanto succedeva in Piemonte dove la protesta dei pastori e dei margari è forte e dove è stata anche costituita l'Associazione Alte Terre che pone il problema politico del lupo tra i suoi primi obiettivi. Così il tempo di 'inerzia di reazione' (il lag) è stato minimo in Lessinia e la rassegnazione e la smobilitazione non hanno fatto in tempo a serpeggiare. Non solo i comuni hanno preso una chiara posizione "i lupi vanno eliminati o trasferiti altrove" ma si è costitita anche l'Associazione per la Tutela della Lessinia rappresentata dall'allevatore  Daniele Massella.

 

Ovviamente il partito del lupo ha reagito con una serie di convegni ed anche con minacce nemmeno larvate  di "marcia punitiva, di strafenxpedizion  sulla Lessinia con i pullman evocando la peraltro modesta e abortita manifestazione che a Pinzolo vide la scorsa estate i fascistoidi del partito animalista tentare la marcia nelle Giudicarie per 'vendicare' l'orsa Daniza e punire i villici (detto letteralmente da loro).

 

 

"Siamo uniti, c'è tutto l'arco costituzionale"

 

La conferma che in Lessinia per il partito del lupo non sarà una passeggiata si è avuta la scorsa sera quando io e l'avvocato Mario Giuliano stavamo mangiando una pizza con i sindaci prima dell'incontro pubblico. I sindaci sono stati chiarissimi: "Siamo qui rappresentati di sette comuni, di ogni tendenza politica, c'è tutto l'arco costituzionale, su questa questione siamo perfettamente d'accordo". In Lessinia diventa palese che una questione come questa, che mette in discussione la possibilità stessa di vivere sul proprio territorio, mobilita un "istinto di sopravvivenza", fa appello a quelle risorse di coesione che vanno oltre qualsiasi divisione tra quelle categorie di "destra" e "sinistra". In queste contingenza appare chiaro che il "noi" e il "loro", che la discriminante che conta è socioterritoriale, è culturale. Da una parte chi concepisce la montagna come luogo per vivere, produrre, poter disporre di una certa autonomia, dall'altra chi non concepisce che il pensiero unico di una società che non vede mezze misura: da una parte la wilderness, dall'altra lo spazio urbanizzato e industrializzato (compresa l'agroindustria degli Ogm e del junk food americano). Dove tutto è controllato accuratamente dai poteri forti.

 

 

La consapevolezza che dietro il lupo ci sia ben altro, che il lupo sia solo un cavallo di troia per spezzare la vitalità, la libertà e l'autonomia (a partire dal modo di vivere e di pensare) delle comunità di montagna è emersa in tanti interventi di cittadini, allevatori, sindaci gente di montagna della Lessinia. La gente di montagna, gli allevatori, non sono con l'anello al naso come pensano (e proclamano)i lupologi.  Chi si oppone al lupo non sono i vecchi, gli esponenti di una cultura residuale come sostengono i Signori del lupo  nel loro arrogante razzismo intellettuale. Chi si oppone al lupo sono giovani allevatori che apprendono da Internet cosa succede in Francia, in Toscana, in Piemonte, che sanno bene come il lupo, a seguito di una espansione incontrollata anche in aree fortemente atrofizzate, si sia ibridato con il cane. Sanno che se il lupo appenninico fosse stato contenuto nelle aree con minor presenza dell'uomo (e non ci fossero stati "strani movimenti" tra i tanti, troppi centri che recuperano, mantengano, allevano, i lupi) sarebbe ancora in buona salute. Ma chi ha incassato milionate su milionate di finanziamenti a titolo di studi e azioni per la salvaguardia del lupo appenninico ha messo a repentaglio la sua stessa identità genetica. È la dimostrazione che è al partito del lupo interessano altre cose. I giovani allevatori, ma anche gli amministratori, i malghesi esperti sanno bene che sia in Francia che in Italia con il lupo non si convive e hanno capito che la cosiddetta informazione sul lupo non è nient'altro che propaganda, una rozza tecnica di manipolazione, mutuata dai regimi totalitari, che sfrutta la penetrazione nei media (con il denaro del contribuente). Il partito del lupo è organico ai poteri forti, al nuovo capitalismo che si tinge di verde per sfruttare in modo feroce persone e territori.

 

 

Tecnocrazia, autoritarismo neocolonialismo

 

Qualche anno fa mettere in relazione la politica di diffusione dei Grandi Predatori con la pulizia etnica della montagna (quella che in Svizzera - dove c'è meno ipocrisia - è teorizzata anche a livello politico) con la politica di esproprio delle comunità rurali di tante aree del mondo era considerata fantapolitica. Oggi con il land grabbing che avanza in nome dei "carburanti verdi", con i contadini scacciati dalle loro terre per seminare soia Ogm o coltivazioni "energetiche" le denunce dello spietato programma delle multinazionali per ottenere il controllo integrale dei territori e disporre delle risorse strategiche di acqua pulita, biomasse, biodiversità da brevettare appaiono molto meno fantascientifiche. E in Francia ci pensa il combattivo sindacato contadino (la Confédération paysanne) a cantarle in musica agli écolos (termine affibbiato in Francia agli ambientalisti borghesi). Ai primi di settembre (vedi l'articolo qui su Ruralpini) il sindacato agricolo francese di sinistra radicale denunciava in un documento, che già nel titolo non lasciava spazio ad equivoci  ("Loups e pastoralisme, l'impossible cohabitation"), come la politica a favore della diffusione del lupo porti come conseguenza il declino dell'agricoltura contadina, del pastoralismo e l'accentuazione della tendenza a trasformare l'allevamento in senso industriale, senza terra. Cui prodest moltiplicare orsi e lupi e distruggere il pastoralismo? Noi la risposta ce la siamo data, da parecchio.

Qualche anno fa solo qualche socioantropologo accademico francese sulla scortadel pensiero di Faucault era arrivato a inquadrare in una biopolitica autoritaria quello che gli allevatori  e gli attivisti rurali francesi in termini meno aulici definiscono senza tanti complimenti "ecofascismo". Il mondo gira in fretta e oggi gli stessi strumenti concettuali sono manovrati dai pastori. La cosa spiazza  e infastidisce i Signori del lupo che vivono in una torre d'avorio di superiorità intellettuale ignari che l'autoriflessività sociale è sempre più diffusa e che a volte sono gli Specialisti, gli "scienziati" a essere arretrati rispetto alla società, a quelli che credono "gli ignorantiu". Il tutto perché si chiudono in una scienza forte solo di un sapere specialistico autoreferenziale che non sa più mettersi in discussione, che viene assolutizzata e trasformata in religione.

Per i lupologi gli allevatori, i pastori, i cittadini sono solo recettori passivi delle loro decisioni illuminate, non sono soggetti pensanti, soggetti politici capaci di soggettività. Tutta la politica della loggia dei Grandi redatori prevede di trattare allevatori, pastori,montanari come bambini: "Quando organizzate le serate informative fate in modo che non ci siano dei loro leader, offritegli il pranzo e regalate loro dei gadget". Questo è scritto non in protocolli segreti fantomatici (tipo quelli famosi dei "Savi di Sion" ma in documenti prodotti da Progetti europei pagati dai contribuenti, anche da quelli che devono essere ingannati e presi per i fondelli consapevolmente dai Signori del lupo e dell'orso).

 

 

Quando i lupologi costruiscono i loro modelli e sulla base di mappe prodotte al computer sulla base di pochissime variabili sentenziano quante migliaia di lupi DEVONO esserci sulle Alpi e quali sono i territori MASSIMAMENTE VOCATI al lupo arriviamo a comprendere bene le conseguenze sociali dell'autoreferenzialità di una scienza riduzionistica.

Il guaio è che le elecubrazioni dei lupologi si traducono in decisioni politiche perchéla materia è considerata altamente tecnicistica e di fatto sono i Comitati scientifici che, senza mediazione, scrivono l'agenda politica. I gruppi di specialisti, insieme alla LCIE (Large Carvivore initiative Europe) e alla IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura) e ai rappresentanti degli ambientalisti di fatto scrivono per le agenzie nazionali ed internazionali le Strategie sulle singole specie animali. Nel caso della politica dell'orso sulle Alpi le cose hanno proceduto in modo più diretto: il Parco Adamello Brenta (in realtà alcuni "scienziati" ha redatto un progetto che la Provincia di Trento ha  poi fatto suo a scatola chiusa e che le altre regioni hanno sottoscritto sotto la pressione della lobby animal-ambientalista interna alla burocrazia.

Come ho avuto modo di scrivere e di spiegare in altre occasioni la materia dei Granbdi Predatori è stata abilmente resa indisponibile alla dialettica democratica, alle decisioni degli organi elettivi. La governance in materia è completamente tecnocratica e antidemocratica. Cosa che alcuni amministratori pubblici finalmente cominciano a scoprire. Come si forma la politica del lupo in Italia lo illustra l'immagine sotto che ho fatto vedere a Bosco.

 

 

La politica italiana per il lupo, senza sentire il parere di Regioni, organizzazioni professionali agricole, sindaci dice semplicemente che le Alpi sono area di espansione del lupo e che nessuno deve osare contraddire questo diktat. La loggia ha deciso. Il lupo DEVE ripopolare le Alpi (e scacciare l'uomo). Esagerazioni? Quando la "scienza" lupologica (riduzionista come poche) produce le sue elaborazioni i risultati sono quelli esposti qui sotto.  Ci si chiederà: ma su quali criteri viene fuori che i lupi possono/devono stare quasi ovunque? È facile capire che il reticolo stradale è la variabile che pesa di più.

Le variabili antropiche considerate dai lupologi (il lavoro è di Boitani e coll.)(1) oltre alla distanza dalle strade si riducono ad UNA SOLA: la densità della popolazione. Basta.

Chissenefrega dei paesaggi agicoli, degli ordinamenti colturali, della densità zootecnica, dei sistemi pastorali. L'uomo è una variabile dipendente. Deve sloggiare, deve togliere il "disturbo" (il famoso "disturbo antropico" cui fanno riferimento di continuo faunisti, botanici e altri specialisti che, evidentemente, si ritengono talmente in alto nella torre d'avorio, nell'empireo scientifico da sentirsi dei marziani).

L'applicazione della lupologia

Quando la lupologia arriva ad identificare le aree maggiormente vocate al lupo continua ovviamente ad ignorare le variabili antropiche essenziali. Tra i "paradisi del lupo" c'è la Val Trompia, dove si trova la maggior concentrazione di fabbriche di fucili da caccia e ... la Lessinia dove si trova la maggior concentrazione zootecnica di tutte le Alpi e dove i lupi... sono già arrivati.

 

In Lessinia non c'è però, solo la dimensione economica e produttiva, c'è  una forte e radicata attenzione per la cultura pastorale come dimostrano i numerosi e approfonditi studi sull'architettura, il paesaggio l'archeologia pastorali della Lessinia.

 

L'avanzata dei boschi e dei lupi non cancella in Lessinia le tracce di una antropizzazione solo recente ma di una presenza che risale alla preistoria, un libro aperto che viene cancellato. Non ha valore scientifico queso libro? Solo quattro lupi hanno "grande valore scientifico"? E perché mai? In Italia ce ne sono più di 2 mila e in Europa decine di migliaia.

  Nell'appello a favore dei pastori e per il controllo del lupo sottoscritto da 35 specialisti francesi di varie discipline (ecologia, agronomia, sociologia, storia, geogradia, antropologia, etnologia, etologia, economia) e da Carlin Petrini (in quanto sociologo) si dicono delle cose molto importanti, certo non all'altezza di quelle che dicono Boitani e la lupologia. Ci mancherebbe... Però non del tutto banali e non del tutto "ascientifiche" come la superiore scienza della lupologia gradirebbe liquidarle. Sperano sempre di intimidire chi non la pensa come loro con l'anatema del sacerdote della Scienza: "voi non siete scientifici". Ecco l'autoritas che risalta fuori. Per fortuna che venerano Galileo. Ma vediamo cosa dicono gli studiosi francesi:

 

La Francia si è impegnata con lโ€™UNESCO a preservare i paesaggi culturali dell'agropastoralismo di Causses e Cevenne come Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Nelle Cevenne, come altrove in Francia, il declino delle attività pastorali causerà il rimboschimento e il degrado di habitat preziosi per una miriade di altre specie protette. Questa prospettiva chiaramente non può essere limitata alla musealizzazione dello status quo: i paesaggi sono vivi, i loro attori non hanno smesso di evolversi. Alcune associazioni, che in un passato recente sostenevano la "convivenza", oggi chiedendo la completa dismissione della pastorizia. Ma il nostro paese non è né il Wyoming né il Montana. Gli allevatori e i pastori francesi non meritano di essere dequalificati, spossessati delle loro attività. Appassionati, ispirati dal rispetto per la vita, questi uomini e queste donne si impegnano in professioni gravose, eppur poco remunerate.

 

Sostengono gli specialisti francesi che i paesaggi pastorali non sono solo ricchi dal punto di vista culturale ma anche da quello ecologico. La Lessinia, in ogni caso, non è il Wyoming o il Montana come gli adepti di Boitani tendono a credere (per quanto disconosciuti dal Maestro che sa abilmente utilizzare vari registri e sconfessare - in certe circostanze - l'ambientalismo più becero).  L'ignoranza di questi "ambientalisti" circa la ricchezza dei paesaggi pastorali è pari solo alla loro arroganza, alla loro presunzione, al loro disprezzo per i "villici".  Invitiamo pertanto gli ambientalisti lupofili decentemente acculturati a leggere due opere recenti sulla civiltà pastorale della Lessinia. Il primo a cura di U.Sauro, M.Migliavacca, V.Pavan, F.Saggioro, D.Azzetti ha per titolo "Tracce di antichi pastori negli alti Lessini". È un volume di grande formato di 365 pp. (edizioni Gianni Bussinelli, Vago di Lavagno, 2013) con contributi di studiosi di diversa estrazione e comprende oltre a un ricco repertorio di illustrazioni originali una Carta dei segni e delle strutture pastorali dei pascoli dell'alta Lessinia. Tra i segni anche delle steli a ricordo di ragazze sbranate dai lupi. Sotto quella della "pora Mada(lena) che mentre stava sciaquando il bucato in una pozza su assalita dal predatore". Il secondo è stato edito nel 2014 dal Museo di Scienze di Trento e raccoglie gli atti della tavola rotonda "Antichi pastori, sopravvivenze, tradizione orale, storia, tracce nel paesaggio della Lessinia" tenutosi a Bosco Chiesanuova il 26 e 27 ottobre 2013.

 

 

Il materiale raccolto è tale da poter candidare l'alta Lessinia a qualcosa di diverso di un ennesimo Parchetto del lupo. Ne esistono ormai troppi e presto il pubblico, per quanto rincoglionito dall'overdose di documentari e trasmissioni televisive "naturalistiche" (poi dicono che non c'è un programma ideologico...), ne avrà a nausea. Il Centro del lupo di Entraque fiore all'occhiello del Parco delle Alpi Marittime (WolfAlp servirà anche a mantererlo) quest'anno ha già avuto un calo di visitatori. Un Parco pastorale  che negli Usa non può esistere. Dove in assenza di storia (un'assenza presunta per giustificare il genocidio degli autoctoni amerindi) una parte della classe dirigente ha forgiato per costruire un'identità nazionale posticcia le ideologie conservazioniste della "wilderness". Per le stesse ragioni (l'assenza di storia) nasce negli Usa anche il modello di global food system che vuole essere imposto come strumento di potere imperiale, un sistema basato su junk food, Ogm, enormi catene di distribuzione e logistica che spazzerà via chi non è capace di opporre modelli autoctoni forti di valori e spessori culturali, storici, identitari. Chi vuole i Nationa Park e i lupetti non è mica un pirla. Dietro ha nientemeno che i poteri globali. Si vuole imporre anche da noi un cibo deculturalizzato, deteritorializzato. Così come i Parchi, i Santuari della Natura sono spazi presunti deculturalizzati e desocializzati. Ovviamente si tratta di pretese tanto stupide quanto pericolose.  Ci vuole poco a capire che tutto ciò è una costruzione sociale e non un frutto immacolato del "pensiero biologico". Tutte queste strutture mentali, ideologiche, sociali e di potere (per quanto camuffate di necessità biologica e di scientismo "neutrale") non possono essere concepite nel vuoto pneumatico ma nel contesto di idee, valori, significati elaborati da uomini, gruppi all'interno di relazioni sociali. I lupologi non sono marziani. Che tentino di salire sul piedestallo è umano. La storia degli stregoni e dei sacerdoti affonda le sue origini nel paleolitico, è storia lunga e radicata.

Il vento sta cambiando

Dobbiamo rassegnarci ad un destino ineluttabile o c'è anche uno spazio per la resistenza dei territori montani, delle comunità rurali? Il sistema non è invincibile, per fortuna. Ha punti deboli e presenta contraddizioni.  La diffusione dei grandi predatori incontra in Francia una forte reazione che sta riverberandosi anche in Italia dove, quando Ruralpini ha cominciato la sua campagna, si era condiderati "tipi da TSO" a chiedere il controllo dei lupi e a schierarsi con i pastori. Dopo le prese di posizione anti lupo di José Bové euro parlamentare verde e no global , dopo quelle della Confédération peysanne e dei 35 specialisti studiosi francesi (compreso Carlin Petrini), un drappello di parlamentari del PD di diverse regioni guidato da Mino Taricco (che è di Cuneo, una provincia confinante con la Francia dove risiede anche Carlino Petrini), ha presentato un'interrogazione parlamentare (vedi articolo su Ruralpini)  sul problema del controllo del lupo. Gli interroganti, che hanno deposto l'atto il 26 novembre, vogliono sapere se:

"esistono in Italia i presupposti necessari che configurino l'ammissione della deroga prevista all'articolo nove della convenzione di Berna, per consentire in Italia il contenimento, tramite trasferimento od abbattimento selettivo controllato, di alcuni capi delle specie più dannose per le quali noi corre pericolo di estinzione".

Dove è scritto "specie più dannose" va letto "lupo". Questa richiesta deriva evidentemente dalla necessità da parte della politica di tamponare l'esasperazione che è montata in Maremma, iemonte, Lessinia ma non solo. In questo contesto, dove uomini del Pd sono schierati gli uni con gli allevatori, gli altri con gli animalisti, in cui la destra (compresa quella palesemente fascista) cavalca l'animalismo, in cui la Lega in ordine sparso si schiera vuoi con gli animalisti, vuoi con la tutela della montagna e degli allevatori si è rotto un meccanismo costruito pazientemente dal partito del lupo. Esso tendeva a presentare un lupismo buonista , pacifista, progressista, di sinistra. Ma oggi chi tenta ancora di usare argomenti come: "chi tocca il lupo è un ottuso reazionario" si copre di ridicolo. In realtà la matrice della lupologia è autoritaria, tecnocratica oltre ogni ombra di dubbio.

La diffusione del lupo favorisce il disegno di controllo e sfruttamento integrale di società è territorio da parte di un capitalismo senza scrupoli che ci ha abituato al green washing per coprire (con l'aiuto degli ambientalisti istituzionalizzati) le più sordide operazioni antisociali e antiecologiche. Facciamolo capire a chi non lo ha ancora capito.

Note

(1) A.Falcucci,L.Maiorano,G.Tempio, L.Boitani, P.Ciucci "Modeling the potential distribution for a range-expanding species: Wolf recolonization of the Alpine range", in BiologicalConservation, 158(2013):63โ€“72.

 

 

 

 

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