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Inforegioni/No all'eolico che devasta paesaggi

 

  

 

 

 

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via dal vento

 

(portale sugli impatti dei parchi eolici)

 

 

i ruggiti del leone veneziano: quattro giganti eolici sulla via priula

 

(comunicato di Legambiente valtellina del 31.03.2010)

 

 

Parere negativo Parco Orobie bergamasche


 

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Gli alpeggi del Bitto patrimonio dell'umanità (PDF)

 

Simulazione dell'impatto delle pale sul versante bergamasco (Valel Brembana News)

 

L'antico tracciato della Via Piùla presso il Passo di San Marco

 

L'oro degli alpeggi in stagionatura nel Centro del Bitto a Gerola alta

 

 

(01.04.10) Mentre dalla Sardegna arrivano buone notizie sul fronte di progetti che avrebbero deturpato spiagge e mare del Golfo di Cagliari giungono anche segnali di una prossima mobilitazione contro il primo impianto eolico in Lombardia

 

Stop definitivo alle pale nel Golfo di Cagliari. Intanto si rafforza l'opposizione alle maxi pale al Passo di San Marco sulle Alpi Orobie lombarde

 

di Michele Corti

 

Presa di posizione contraria alle pale di Lega ambiente Valtellina che evoca 'il ruggito del lion veneziano contro i giganti eolici'. Riportiamo anche il parere negativo del Parco delle Orobie bergamasche. Intanto la Pro Loco di Albaredo per San Marco, orientata contro il progetto, si riunisce il 6 per decidere il da farsi. E a fine mese la strada verrà sgomberata dalla neve per la posa di una targa a Papa Giovanni e ci sarà la possibilità per valtellinesi e bergamaschi di incontrarsi sul posto.

 

Simulazione dell'impatto delle pale sul versante valtellinese (Gianpiero Mazzoni)

 

Buone notizie dalla  Sardegna. Qui la mobilitazione trasversale delle forze politiche locali contro il 'colonialismo energetico continentale' è forte e crescente e nel Golfo di Cagliari la società Trevi Energy ha annunciato qualche giorno fa di riununciare definitivamente al progetto dopo le denunce per no averlo inoltrato alla Capitaneria di Porto.  Dai golfi della Sardegna (e di altre regioni costiere italiane) le mire dei 'signori del vento' si stanno allargando ai Passi alpini. Sono i passi, infatti, dove nell'Italia del Nord c'è un po' d vento, tanto da giustificare la installazione delle centrali.

Fermare lo scempio al Passo di San Marco - che come ricorda Legambiente è legato oltre all'impatto delle pale stesse alla necessità di realizzare strade di servizio a ciascuna pala che serviranno poi per la manutenzione - è importante non solo per salvare un passo che, in sè,  ha un grande valore simbolico, storico, turistico, ma anche per evitare che le mani dei 'signori del vento' si allunghino su altri passi della Lombardia e delle Alpi tutte.

 

Il ruggito del lion e il no di Legambiente

Nel comunicato di Legambiente si evoca il Lion, quello che sta a guardia del Passo. Nell'effigie scolpita nella pietra al Passo è lion de paxe (con l'evangelario aperto) come si conviene a chi è lì a tutelare i traffici commerciali, ma, si sa, in caso di necessità el lion oltre a ruggire chiude l'evangelario, lo custodisce sotto la zampa e sfodera la spada. Il Lion si aggiunge ad altri potenti  'protettori'  che, come abbiamo ricordato nell'articolo precedente, sono pronti a schierarsi contro le pale: l'Homo selvadego, nume tutelare di alpeggi e casari (con al sua clava), e le smisurate corna dei caproni della locale razza Orobica di Valgerola. Ma vediamo cosa dice Legambiente (link al comunicato integrale nella colonna a fianco).

Il Leone di San Marco potrebbe ruggire rumorosamente all’idea di vedere quattro torrioni svettare sul passo. Il cigno di Legambiente storce invece il becco: l’associazione è sì favorevole agli impianti eolici, ma qualche no andrà pur lanciato.

Il no del Parco delle Orobie bergamasche

 

Lo scorso autunno in occsione della 2a conferenza dei servizi il Parco delle Orobie bergamasche ebbe modo di esprimere un secco parere contrario al progetto (link al comunicato integrale nella colonna a fianco).

 

Da quanto riassunto, considerata anche l’assenza di soluzioni alternative di minor impatto, si evince l’incompatibilità del progetto di parco eolico con i vincoli vigenti e le azioni programmate nell’area del Passo San Marco dallo scrivente Parco. Per questo motivo, per quanto di competenza, si esprime PARERE NEGATIVO alla realizzazione del progetto 'Piccolo Parco Eolico' in località Passo San Marco – Comuni di Albaredo per San Marco e Bema (SO), confermando il precedente parere espresso in data 10 aprile 2008, ns. prot. 504.

 

Ne seguirono reazioni un po' stizzite dei politici valtellinesi che invitarono nell'occasione il Parco bergamasco a 'non interferire'. E' bene precisare che il Parco sorgerebbe sul territorio di due comuni valtellinesi: Albaredo per San Marco e Bema. Quando il progetto è decollato era sindaco di Albaredo Patrizio del Nero (attualmente presidente del consiglio provinciale, assessore al bilancio del comune di Albaredo, persidente dell'assemblea dei comuni della Comunità Montana di Morbegno nonché direttore del Multiconsorzio delle Dop valtellinesi); sindaco di Bema era Silvano Passamonti (attualmente presidente della Comunità Montana indagato per 'grave turbativa d'asta' in relazione a vicende di appalti - 5 mil. di € - riguardani la frana di Bema). L'opposizione bergamasca ha fatto spostare dal confine le installazioni rispetto al progetto originario. Il Parco bergamasco infatti fece chiaramente prseente che

 

...  l’eventuale sconfinamento, in particolari condizioni, dell’Aerogeneratore n. IV nel territorio del Parco ad avviso dello scrivente implica la necessità di Autorizzazione Paesaggistica da parte del Parco Orobie Bergamasche.

 

Le nostre ragioni del NO. Per un Parco degli alpeggi storici del Bitto

 

Pur condividendo tutte le preoccupazioni espresse dal Parco delle Orobie, Legambiente, Cai ecc. vi sono a nostro avviso anche altre motivazioni sinora non adeguatamente espresse. Il Passo di San Marco è tuttora interessato dall'attività di diversi alpeggi su entrambi i versanti. Questi alpeggi sono parte integrante della 'civiltà del Bitto' e della epopea dei malghesi transumanti (cfr. M. Corti, C. Ruffoni, Il formaggio Val del Bitt. La storia, gli uomini, gli alpeggi). La storia della Via Priula, realizzata dal podestà di Bergano Alvise Priuli nel 1592, è anche la storia delle secolari transumanze (iniziate nel XV secolo e intensificatesi tra XVI e XVII secolo) tra la Bassa Lombardia e i pascoli delle Orobie, transumanze che non interessavano solo gli alpeggi brembani ma si spingevano oltre nelle Valli del Bitto. Quest'area è al centro della zona storica del produzione del Bitto e sono già state avanzate delle proposte per realizzare il Parco degli alpeggi storici del Bitto o Parco dei calec'. Ma Parco eolico e Parco degli alpeggi fanno a pugni e le pale potrebbero compromettere la realizzazione di un Parco unico al mondo legato ad un formaggio, ai suoi pascoli, alle sue tecniche. Con un flusso interssante di turismo sostenibile.

 

Gli alpeggi storici del Bitto tutelati dall’Unesco?

 

Gli alpeggi storici delle Valli del Bitto e della Valbrembana a cavallo del Passo di San Marco sono indissolubilmente legati al formaggio Bitto e un sistema in cui la gestione pascoliva, l’organizzazione dello spazio pastorale, la tipologia delle costruzioni rurali,  gli attrezzi tradizionali, i saperi tramandati entro la comunità di pratica, costituiscono un tutto unico indissolubilmente legato ai luoghi dove nei secoli tale sistema si è evoluto ed affinato.

Ne è simbolo il calec', la capanna casearia senza copertura fissa (si usa un telone impermeabile) dove si produce il Bitto 'storico', sono veri e propri  'caseifici nomadi' che si trovano disseminata sui pascoli. E si possono vedere in funzione come secoli fa anche allo stesso Passo di San Marco. Oltre ad essere sfregiato il ricordo e la testimonianza materiale della Via Priula verrebbe sfregiato e compromesso  il proposto Parco degli alpepggi storici del Bitto, un elemento di richiamo mondiale in considerazione dell'eccellenza del formaggio Bitto 'storico' e della sua storia profondamente radicata nella tradizione pastorale ma anche così legata alla 'grande storia'.

Tutto ciò rappresenta un patrimonio unico di grande valore talmente emblematico  da divenire oggetto di una ricerca condotta nell’ambito del Forum Unesco University da un gruppo di ricerca del Dipsa-Università di Milano (Dipartimento per la protezione dei sistemi agroalimentari e urbano e la valorizzazione della biodiversità) che coordina un nutrito numero di università partner sparse per il mondo che lavora con l’UNESCO (Heritage Centre, Parigi) per intervenire e vigilare sul patrimonio culturale mondiale.

La ricerca ha lo scopo di applicare ad una realtà alpina i criteri per l’  ‘Individuazione, il riconoscimento e la gestione del patrimonio d’identità culturale generato all’agricoltura (rural heritage) in ogni luogo (vernacular), nell’evoluzione del territorio e della produzione’. L’attività di ricerca è coordinata con le attività previste da Piano triennale dell’Ecomuseo della Valgerola (di Gerola alta)riconosciuto dalla Regione Lombardia nel 2008 e di cui il Centro del Bitto, gestito dall’’Associazione Produttori Valli del Bitto’/ Presidio Slow Food ‘Bitto Valli del Bitto’ è parte integrante. Va sottolineato che il progetto ‘Rural vernacular heritage’ dell’Unesco ha la finalità di individuare ulteriori categorie di beni culturali da tutelare in aggiunta ai siti di interesse culturale o naturalistico (categoria quest’ultima alla quale di recente sono state inserite le Dolomiti). Per la Lombardia dovrebbe essere motivo di orgoglio una realtà come quella del Bitto 'storico' che si candida quale caso pilota di una nuova categoria di beni culturali Unesco. Senza nulla togliere alle Dolomiti ad una montagna ‘monumento naturale’ la Lombardia, nell’ambito alpino, potrebbe affiancare un esempio mondiale di ‘montagna dell’uomo’.

 

Non è bastato il monito dei capannoni che pregiudicano la candidatura Unesco delle terrazze coltivate a vigneto?

 

Lo scempio eolico comprometterà ogni progetto di Parco degli alpeggi del Bitto. e le speranze di riconoscimento Unesco. E' bene ricordare che i capannoni dilaganti sul fondovalle valtellinese non hanno aiutato la candidatura della 'viticoltura terrazzata' valtellinese quale 'patrimonio Unesco'. Nel caso del Passo siamo in presenza di un 'salto di qualità': dopo la devastazione paesistica del fondovalle, con le costruzioni industriali e commerciali, ora si sale anche in alta montagna, ancora più su delle dighe dei bacini idroelettrici. E' una 'industrializzazione del paesaggio' alpino che distrugge più risorse di quelle che produce e va respinta perché frutto di una situazione contingente che non può che stimolare approcci speculativi di corto respiro di cui ci si pentirà amaramente.

 

 

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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