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Paolo Ciapparelli, il Guerriero del Bitto

 

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Il futuro del Bitto storico è garantito

da una rete di vera solidarietà

 

di Michele Corti

Oggi si è tenuta a Gerola alta presso il Centro del Bitto storico L'Assemblea della Valli del Bitto spa. La società che commercializza il Bitto ‘storico’ ha la sola finalità di sostenere la produzione dei 14 alpeggi aderenti all’ ex 'Associazione Valli del Bitto' (ora Consorzio salvaguardia Bitto storico) riconosciuto quale Presidio da Slow Food. Il sostegno è garantito assicurando il ritiro a un prezzo 'etico' del prodotto (14-16€).  La 'Valli del Bitto trading' è stata promossa nel 2003 da Paolo Ciapparelli, presidente dell'Associazione Produttori Valli del Bitto assieme ad altri dieci imprenditori locali apparentemente 'estranei' al mondo del formaggio.  La creazione della società commerciale a supporto della produzione del Bitto storico si è rilevata una felice intuizione che ha consentito 7 anni di sicurezza per i produttori nonostante le traversie che il Bitto storico ha dovuto e deve affrontare (per non piegarsi alle pesanti pressioni che vorrebbero la sua 'normalizzazione').

 

L'Assemblea di oggi è 'filata liscia'. Il bilancio è stato approvato all'unanimità. I pochi che, all'interno della società, vorrebbero la liquidazione della straordinaria esperienza del Bitto storico con la 'resa' al Consorzio ufficiale (CTCB) e il passaggio di mano della presidenza Ciapparelli erano venuti allo scoperto la settimana scorsa nel Consiglio straordinario della società. Oggi non si sono fatti vedere.  Tra loro c'è il sindaco attuelmente in carica di Gerola. Il sindaco nel  Consiglio straordinario si era trovato contro la maggioranza dei consiglieri, sorpresi e contrariati per un comportamento che contraddiceva il sostegno incondizionato  offerto da lui stesso e da tutta l'amministrazione comunale alla causa del Bitto storico sino allo scorso settembre quando, in conseguenza della formazione dei nuovi organi della Comunità Montana, c'erano stati dei 'riposizionamenti politici'. La conseguenza  era stato un riavvicinamento tra l'amministrazione di Gerola a quella di Albaredo (sempre nelle valli del Bitto) sino ad allora fieramente divise in tema di Bitto: Gerola con gli 'storici', Albaredo - che alle origini della 'Guerra del Bitto' stava anch'essa con i 'ribelli' e con Slow Food - con il Consorzio ufficiale del Bitto (CTCB). Un fatto ovvio visto che il direttore del Multiconsorzio (che raduna i consorzi Dop e IGP valtellnesi)  è  Patrizio del Nero  l'ex sindaco di Albaredo (tuttora assessore al bilancio). L'ennesima manovra per porre fine alla 'ribellione' del Bitto è stata sventata.

 

 

Ora il Bitto storico può pensare di consolidare le sue risorse: la società   'Valli del Bitto trading', i produttori, il mercato. Una notevole sicurezza operativa è data dalla disponibilità venticinquennale della casera del ‘Centro del Bitto storico’ per l'utilizzo della quale sono stati versati al Comune di Gerola alta (proprietario dell’immobile) 300.000 € a titolo di anticipazione dei canoni di affitto.  Una transazione definita con una convenzione che mette al riparo la Società da cambiamenti di atteggiamento delle amministrazioni comunali in carica nei confronti del grande pogetto 'Bitto storico' (e si è visto che si sono già verificati). Di notevole impegno sono stati anche gli investimenti per l'arredo della casera. Investimenti peraltro ripagati dalla meravigliosa funzionalità che essa sta dimostrando in termini di assicurazione delle condizioni ottimali dei maturazione del formaggio (ma anche in termini di coerenza e qualità estetica). Una soddisfazione indubbia per i finanziatori che hanno contribito a fare si che il sogno del Santuario del Bitto divenisse realtà.

 

 

Con queste premesse è evidente che la società ‘Valli del Bitto trading’, lungi dal perseguire fini di lucro, è l’espressione di una vera e propria rete di solidarietà, che si è concretizzata nel sostegno alla causa del Bitto storico da parte di alcuni imprenditori locali 'illuminati'. Essi  hanno rischiato (e rischiano) di tasca propria mossi dalla passione sincera per un prodotto simbolo della loro terra, che stava per rischiare di essere schiacciato dall’incombente 'sistema Dop'. A questi personaggi se ne sono aggiunti altri che, venendo da fuori, hanno condiviso sopratutto i valori incarnati dal Bitto storico. Da 11 soci con 200.000 € di azioni sottoscritte si è arrivati (31 dicembre 2010) a 43 soci con 363.000 € di azioni. Molti sono brianzoli o comunque lombardi ma ve ne sono anche di altre regioni come Zago titolare dell'omonimo birrificio friulano di birra artigianale di  fascia alta.

 

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Se solo alcuni tra i tanti vignaioli 'illuminati' seguissere  l'esempio di Zago (abbinare il proprio prodotto ad una buona causa ma anche ad un eccellente formaggio) la società valli del Bitto potrebbe conseguire buona parte dell'aumento di capitale che si sta ponendo come obiettivo. Oltre ai vignaioli e ai ristoratori che hanno la possibilità di divenire veri e propri coproduttori 'adottando' le forme da invecchiamento oltre che sottoscrivendo azioni della società la società Valli del Bitto guarda anche ad una maggiore corresponsabilizzazione di coloro che sono i primi beneficiari della sua attività: i produttori, i casari, gli alpeggiatori. Va detto che questi ultimi hanno già risposto in un modo che ci sembra straordinario: si sono impegnati a partecipare alal nuova capitalizzazione per 20.000 €. Non poco considerando la scarsa propensione degli agricoli a questi investimenti e le dimensioni modeste delle aziende.

Come sintetizzare tutto ciò: cittadini che comprano azioni, ristoratori e imprenditori del settore enogastronomico che non si limitano a essere 'clienti', gente che crea una struttura commerciale solo per aiutare dei produttori e produttori che ricambiano sborsando anch'essi dei capitali. Pare l'utopia della futura agricoltura senza burocrazie e Pac, sostenuta dai coproduttori. La community supported agriculture che si sta diffondendo negli Usa ma non solo.  Ed è segno dei tempi che questo laboratorio sociale nasca in montagna o, meglio, attraverso una integrazione tra montagna e città, tra produzione e consumo.

 

 

Ma la Valli del Bitto (un nome destinato a cambiare presto)  guarda a una nuova fonte di capitalizzazione l'azionariato popolare. Un modo per trasformare la vasta fascia di simpatia che la causa del Bitto storico ha saputo cerare in un concreto sostegno. Il relativo ottimismo che circola nella Valli del Bitto è comunque dovuto anche al lento ma continuo aumento del fatturato. Un aumento dovuto alla vendita diretta, alla partecipazione alle fiere, alla fatturazione a ristoranti e rivendite qualificate ma anche alla 'comemrcializzazione cerativa' (vedi le forme dedicate che sono una forma di acquisto anticipato o, se si vuole, un'adozione).  La Grande Distribuzione non è più considerata come uno sbocco su cui puntare (anche per una certa delusione nel rapporto con le Coop) e si punta ad allargare il mercato dei ristoranti e dei rivenditori che credono non solo alla qualità intrinseca senza pari di questo formaggio ma anche ai valori che rappresenta. Qui c'è una storia formidabile alle spalle e quello che il marketing banalmente definisce story selling non è frutto di costruzioni a tavolino ma di secoli di 'culto della qualità'.

 

 

La 'guerra del Bitto' ha fatto sì che gli elementi che definivano la qualità specifica del Bitto storico divenissero altrettanti emblemi, rivendicazioni, armi di battaglia. Il modo di lavorare 'con la testa', senza fretta, nel solco della tradizione è stato interiorizzato come parte di una identità personalee di gruppo irrinunciabile. Un incentivo potente per mantenere alta la guardia sul fronte della qualità. In qualche modo se il Bitto storico c'è ancora è anche merito di questa 'guerra'. Senza di essa  la straordinaria eredità del Bitto storico di sarebbe probabilmente svuotata dall'interno.

 

 

            

 

pagine visitate dal 21.11.08

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