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(12.04.12)Marco Bosetti, un rifugista che ha avuto un'asina sbranata dall'orso non risparmia giudizi taglienti contro "lor signori" che "sull'orso traggono stipendi dal denaro pubblico, nel quale rientra anche quello che verso io" .

 

 

"Perché il loro orso vale più

della mia asina?"

 

Riportiamo il testo di una lettera apparsa su l'Adige, quotidiano del Trentino il 10 maggio. È una testimonianza piena di indignazione di una persona che vive in montagna di montagna, di un montanaro della Val Rendena che si è visto l'amata asina sbranata dall'orso, dal "loro" orso, quello dei "signori del Parco", dei "signori degli uffici di Trento", di quelli che sull'orso ci guadagnano a spese dei montanari. Dicono che gli orsi sono raccoglitori e vegetariani ma in realtà sono dei carnivori che scelgono con la cura di un gourmand la loro carne. Prediligono la carne d'asino. Si accontentano anche delle pecore e delle capre, ma per gli asini hanno una particolare predilezione. L'orso Dino prima di rientrare in Slovenia ne aveva sbranati 14.

La lettera di Bosetto riflette la rabbia di chi ha perso un animale che amava non per una causa "naturale" ma per una scelta politica e di egoismo sociale, imposta dall'alto da una autoproclamatasi aristocrazia della scienza e dell'intelligenza che della democrazia e della partecipazione non sa cosa farsene, anzi!. Le masse per "lor signori" devono essere "rieducate" alla  ideologia del "ritorno alla natura selvaggia" (salvo consentire - lavata la coscienza ecologica sporca con orsi e lupi, di continuare a saccheggiare il territorio, a progettare le TAV ecc.). Ma questo inganno è ogni giorno che passa più chiaro alla coscienza di chi vive in montagna.

 

 

Oltre che esprimere una giusta rabbia la lettera del rifugista trentino esprime anche una chiara consapevolezza dei termini politico-sociali della faccenda. La consapevolezza della natura autoritaria della politica "verde", una politica che può contare sul sostegno nella cultura e degli intressi economici dominanti, su una politica sempre più lontana dai bisogni diffusi e pronta ad assecondare gli interessi di minoranze agguerrite ma che è oggetto di crescente contestazione.

Al consenso manipolato delle amorfe masse televisive fa da contrappunto una crescente resistenza delle comunità alpine (e appenniniche). Una resistenza che si rafforza quanto più si riesce a rompere la censura  che cerca di circoscrive accuratamente la portata di notizie che potrebbero scuotere l'opinione pubblica se solo fossero riprese dai media nazionali.

I casi di orsi e lupi avvicinatisi pericolosamente alle case, di stragi di animali domestici sono riportate solo in ambito strettamente locale o, al massimo, provinciale. Fuori di Trento (per l'orso) e di Cuneo (per il lupo) il dibattito sul ritorno dei grandi carnivori è praticamente assente. Interesse dei "nuovi signori feudali della wilderness" è che si parli il meno possibile di questi problemi in termini politici e sociali. Per questo è importante che testimonianze lucide e accorata al tempo stesso come questa, in grado di scuotere la pubblica opinione, cvengano riprese e diffuse il più possibile attraverso i blog e i social network per aggirare la censura imposta ai media dalla potente lobby "conservazionista"

 

 

Sbagliato e dannoso reintrodurre l'orso

 

di Marco Bosetti  (Docente e gestore del rifugio Carè Alto di Pelugo in Val rendena)

L' orso ha straziato e ucciso la mia asina «Rasa» che si trovava in montagna, in Val Rendena, in un ampio pascolo recintato assieme alla figlia Rasina di 10 mesi e al maschio delle mie capre Cosmos. L'orso, giustamente, si comporta da orso. Anch'esso, come i miei e altrui animali, con i rispettivi allevatori, si trova vittima di un disegno scriteriato che ha previsto la sua introduzione. È stato introdotto d'imperio in un ambiente non più adatto alle sue esigenze e, naturalmente, cerca di arrangiarsi come meglio può, facendo incursioni non solo nei pascoli di montagna, ma anche nei paesi, in cerca di cibo. In altre parole si è ritenuto opportuno costruire una casa partendo dal tetto.

La mia, o meglio la nostra Rasa, taglia grande, 12 anni, ci ha aiutati nei trasporti in malga, è cresciuta con i miei figli, si può dire faceva parte della famiglia e, sicuramente, nella sua vita ha smentito la nomea affibbiata agli asini dalla presunzione umana.

Lascio immaginare le sensazioni che abbiamo provato nel vederla ridotta in quelle condizioni; fra le varie cose ho pensato anche agli artefici di tutto ciò, seduti alle loro comode scrivanie, agli accondiscendenti ecologisti da salotto sulle loro calde poltrone, a tutti coloro che hanno ritenuto e ritengono che il mio asino sia meno importante del loro
orso. E che la distruzione di apiari che sta continuando in questi giorni, peraltro da me stesso subita qualche anno fa, e la distruzione di animali in genere sia risolvibile con un semplice indennizzo; ho pensato alle condizioni in cui ci troviamo, impossibilitati a portare il bestiame al pascolo con tutto ciò che ne deriva anche in termini ambientali, e ho pensato anche a coloro che da tutto questo traggono stipendi dal denaro pubblico, nel quale rientra anche quello che verso io.

Ma il mio caso personale non è altro che la manifestazione di un problema più generale: l'espropriazione del territorio della gente di montagna a vantaggio di una sovrastruttura che, se valutata in termini di costi e benefici (collettivi), non ha ragione di esistere. Il progressivo distacco della maggior parte delle persone dall'ambiente naturale e il diffondersi di una visione idilliaca della montagna, nonché di una concezione ideologica dell'ambiente e di un approccio «scientifico» presuntuoso che non tiene conto dei saperi derivanti dall'esperienza di secoli, ha portato a una prevaricazione da parte di modelli cittadini assunti anche a livello amministrativo. Per cui assistiamo da un lato a situazioni in cui tutto è vietato in nome dell'integrità e, dall'altro, nei centri abitati di fondovalle, al
proliferare di costruzioni, centri commerciali compresi, che nulla hanno a che fare con una gestione oculata dell'ambiente, e all'adozione di modelli economici a lungo andare deleteri. Risultato: distruzione del paesaggio su entrambi i fronti.

Le malghe, sempre più sfuggono di mano ai locali, per passare agli speculatori; chi decide di portare in montagna i propri animali sui propri appezzamenti svolge servizio viveri per l'orso: gran bel risultato per l'economia locale, la popolazione e l'ambiente. La responsabilità ritengo sia non solo a livello provinciale, ma anche dei residenti che, adagiandosi a più agevoli ritmi di vita e alle lusinghe del denaro, hanno perso di vista che il governo e la salvaguardia del proprio territorio è fondamentale per la sopravvivenza nostra, dei nostri figli e nipoti, dilapidando un patrimonio non solo materiale ma anche, soprattutto, culturale; di coloro che hanno amministrato e amministrano il territorio, i quali con scarsa lungimiranza e più o meno consapevolezza hanno permesso che questo avvenisse.

Per tutto questo quando gli agenti forestali della Provincia mi hanno consegnato il modulo da compilare per la richiesta di risarcimento del danno alla voce: «Il sottoscritto indica l'entità presunta complessiva del danno in.... », mi è venuto rabbiosamente da sorridere imbarazzato: mi si chiedeva di stimare un danno inestimabile. È tempo che chi vive in montagna ritorni ad essere artefice delle proprie scelte.

 

 

 

 

 

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